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Videogame nello Stivale: breve storia dei videogiochi in Italia

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Quando si parla di videogiochi, l’Italia è tra i paesi industrializzati meno gettonati. Software house poco presenti – e soprattutto una cultura non al passo col resto del mondo– ci hanno un po’ penalizzati, anche a livello di mercato. Solo adesso vediamo un po’ la luce con SH come Milestone e Kunos e nuove realtà emergenti come Caracal Games, 34BigThings, MixedBag, Storm in a Teacup e altre che stanno cercando di dare un po’ di lustro al nostro paese. Nonostante ciò, la storia che riguarda i videogiochi del Bel Paese ha origini più antiche di quanto si possa pensare.

Il principio

Nonostante i cabinati fossero già comuni a partire dagli anni settanta, è dal decennio successivo che il nostro paese comincia realmente a muovere i primi passi all’interno di un mercato in ascesa costante. Paesi come Stati Uniti e Giappone erano pionieri di una tecnologia digitale che in Italia attecchiva con difficoltà, ma questo non impedì a società lungimiranti di fare i loro primi tentativi, sia nella produzione di hardware che di software. Già nel 1981, la Zaccaria costruì il suo primo cabinato, il Quasar. Non solo era una novità in sé ma risultò anche innovativo per via dell’introduzione del co-op: infatti due giocatori potevano condividere il singolo schermo entrando nella stessa partita. Questa peculiarità lo spinse al punto di essere uno dei cabinati più apprezzati negli Stati Uniti.
Furono realizzati altri cabinati, che non ebbero la stessa fortuna fino a quando, con l’avanzare della tecnologia delle console casalinghe, cominciarono a sparire del tutto. L’ingresso in campo dell’Atari VCR 2600 spinse alcune aziende, tra cui la GIG, a investire su questo nuovo tipo di videogiochi. Uno dei primi tentativi fu Leonardo, una console progettata sulla base della Bandai Arcadia che, come la console giapponese, faticò a trovare mercato. Nel frattempo però, oltre alla costruzione di intere macchine da gioco divenne fondamentale entrare nel mercato videoludico con dei software proprietari. Essendo la patria del calcio, uno dei primi videogiochi italiani ad avere un discreto successo fu I Play 3D Soccer per Amiga e Commodore 64, sviluppato da Simulmondo. Se oggi possiamo giocare a FIFA o a Pro Evolution Soccer lo dobbiamo anche a questo, in quanto fu uno dei primi giochi di calcio con visuale tridimensionale dall’interno del rettangolo di gioco. Questa software house italiana si dedicò successivamente alla produzione di avventure grafiche, fra cui quelle su Dylan Dog, che ebbero un discreto successo.
Nonostante la crisi di mercato di metà anni ottanta, questo settore cominciava a prendere sempre più piede tanto che, in quegli anni, cominciarono ad apparire anche le prime riviste dedicate come Video Giochi di Jackson o Zzap edita da Hobby/Xenia.
Negli anni novanta è sempre il calcio a portarci avanti, e Italy ’90 Soccer di Bardari Bros, sfruttando le notti magiche dei Mondiali, seppe ritagliarsi il suo spazio arrivando sulle console più popolari dell’epoca. Oltre a questo, ampio respiro ebbero anche Over the Net e Warm Up, che resero Bardari la società italiana più affermata.

La crescita degli anni novanta

Se sui software gli italiani cominciavano a prendere spazio, sull’hardware le difficoltà cominciavano a diventare eccessive: l’8-bit era ormai obsoleto e nuove e più potenti macchine – tra cui il PC che entrava nelle case – portarono le società italiane a rinunciare alla produzione di proprie console per via dei costi divenuti ormai proibitivi. Ciò nonostante, molte software house cominciarono a muovere i primi passi cercando di sfruttare un mercato che cresceva in modo esponenziale e che non dava segni di resa. Tra i giochi più conosciuti in questi anni vi è sicuramente Lupo alberto, basato sul fumetto creato da Silver nel 1973. Fu un titolo di grande successo, sviluppato da Idea Software con personale del calibro di Antonio Farina e Simone Balestra che di lì a poco avrebbero fondato Graffiti/Milestone, nel 1994. Proprio la Milestone diventa una delle software house più affermate non solo in Italia ma anche nel resto del mondo, specializzandosi nei titoli motoristi con o senza licenza.
Un’altra figura di spicco in quegli anni è Christian Cantamessa che, dopo aver contributo alla creazione di The Big Red Adventure per Dynabyte, divenne – ed è tutt’ora – Lead Designer di Rockstar Games per lo sviluppo di Red Dead Redemption e Level Designer per GTA: San Andreas.
La metà degli anni novanta vede l’entrata in campo di nuove e più potenti console come Sony Playstation che, con l’utilizzo di supporti ottici, consentiva l’utilizzo di una maggiore quantità di dati. Questo diede modo ad alcune software house come Trecision e PixelsStorm di sviluppare titoli più complessi, come Puma Street Soccer, un gioco di calcio da strada con una fisica per certi versi innovativa ma che non diede modo al titolo di riscuotere il successo sperato. Altre software house, come LightShock Software, si dedicarono allo sviluppo di picchiaduro come Pray for Death, che prendeva molto da Killer Instinct ma riuscì ad avere una propria identità, diventando un titolo abbastanza controverso per via della musica di sottofondo utilizzata (Techno ndr) e una trama che consisteva nella creazione di un torneo indetto da Lucifero in persona e personaggi che spaziavano da cloni di Bruce Lee a vichinghi e dominatrici. Non siamo al livello di Tempesta d’ossa o va all’inferno, ma ci andiamo vicino.
Tra quegli anni e il nuovo secolo nascono e muoiono infinite SH ma, se c’è un elemento che ha cambiato radicalmente la fama delle società italiane, è sicuramente il Nintendo GameBoy Advance, per il quale lo sviluppo di titoli italiani ebbe notevole fortuna. Questo spinse alla creazione – tanto da diventarne pionieri – e allo sviluppo di giochi per handheld che ebbero notevole successo anche fuori dai confini italici.

Un mondo nuovo

Nel nuovo secolo è sempre Milestone a fare la voce grossa, collaborando con colossi del calibro di Electronic Arts: Superbike 2000 e Superbike 2001, sfruttando la licenza della SuperBike, riscossero un ottimo successo internazionale sia di critica che di pubblico, considerati ancora tutt’oggi, tra i migliori giochi sulle due ruote di sempre.
Il 2000 è un anno importante anche per l’entrata in scena del primo studio Ubisoft in Italia, Ubisoft Milano, che contribuì a dare i natali a Paperino: Operazione Papero. Lo studio milanese ha aumentato di anno in anno la sua sfera d’influenza, passando dallo sviluppo e la conversione di titoli per le console portatili fino allo sviluppo di interi titoli come l’acclamatissimo – e recentissimo – Mario+Rabbits: Kingdom Battle. La sua mano è presente anche nei recenti Assassin’s Creed, Rogue e Liberation, in Ghost Recon: Wildlands e Just Dance 4, titoli dall’ottimo successo e che sicuramente danno lustro al nostro paese.
I primi anni del 2000 sono contraddistinti dall’avvento di nuove console come PlayStation 2 e Xbox. Queste console permisero uno sviluppo tecnologico non indifferente e una delle software house che prese la palla al balzo fu proprio l’italiana Idoru che, assieme a Double Jungle, contribuì a sviluppare titoli su licenza di campionati di Basket o Pallavolo ritagliandosi una notevole fetta di mercato.
In questi anni anche diversi publisher vengono fuori, come Halifax o 505 Games. In stretta collaborazione con Konami, Sega, Square-Enix, o l’italiana Kunos Simulazioni, permettono la distribuzione nel nostro paese di titoli dal calibro di Pro Evolution Soccer, Assetto Corsa o Payday 2.

Ci siamo anche noi

E dunque arriviamo a oggi. Chi si ritaglia ampio spazio nel settore è sicuramente Milestone che, sfruttando licenze come quella del Moto Mondiale, conquista ogni anno grandi consensi da parte di critica e pubblico nonostante tecnicamente non proprio al passo coi tempi. I motoristici sono il suo pane e titoli come i vari WRC, MXGP e un titolo come Ride, che con la nomea di Gran Turismo delle moto” ha avuto un grandissimo successo, e ulteriormente migliorato col secondo capitolo, hanno contribuito a far sì che Milestone sia una delle software house più apprezzate a livello globale.
Chi ha mosso i primi passi in questi anni – e molto bene anche – è Kunos Simulazioni che dopo aver sviluppato simulatori di guida come NetCar Pro e Ferrari Virtual Academy, ha portato – e sta ancora portando avanti –  il progetto Assetto Corsa, apprezzatissimo simulatore di guida non solo dalla critica e dal pubblico ma anche da case costruttrici come Ferrari, Lamborghini o Porsche. L’utilizzo del laser scan e migliori tecnologie per la raccolta dati delle vetture hanno reso Assetto Corsa, il più preciso simulatore di guida sul mercato. L’avvento del titolo su console, seppur con qualche problema, ha portato questa piccola software house, con sede nel Circuito di Vallelunga, a rivaleggiare con i pezzi grossi nel settore, come Turn10 e Polyphony Digital, facendosi ben valere.
È una delle maggiori realtà italiane e anche questo sta contribuendo alla crescita di piccoli team di venir fuori, fra cui, oltre a quelli citati all’inizio, c’è anche Ovosonico che ha appena sfornato il suo piccolo capolavoro Last day of June.
Il futuro sembra quanto più roseo e dopo un lungo e tortuoso percorso, siamo riusciti finalmente a ritagliarci il nostro spazio nell’immenso universo dei videogiochi.

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