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Lara Croft, storia di un’icona

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A volte capita che un brand, una volta creato, sfugga al controllo dei propri creatori, divenendo ben più importante rispetto a quanto preventivato. Questo è il caso di Tomb Raider e della sua eroina Lara Croft, divenuta una dei simboli più importanti della cultura pop degli anni ’90 e prima vera paladina di tutte le donne videoludiche.
In concomitanza con l’uscita di Shadow of the Tomb Raider, ultimo capitolo della nuova trilogia, che ha riportato al pubblico una Lara molto diversa ma sempre in gran forma, e nonostante gli svarioni precedenti, ripercorriamo la storia della prosperosa archeologa, della sua creatrice Core Design sino all’avvento di Square-Enix e l’ultimo lungometraggio con Alicia Vikander. Sarà un viaggio trentennale alla scoperta di aneddoti, scelte sagge e disastrose, in un percorso oggetto di studio in molte università.

Dalla Gran Bretagna con furore

Tutto ebbe inizio a Derby, una piccola cittadina inglese, che nel 1988 vide nascere Core Design, azienda fondata da Chris Shrigley, Andy Green e altri componenti, molti arrivati da Gremlin Graphic, altra software house con sede a Sheffield. Tra i primi lavori del developer spiccò Rick Dangerous, un platform che richiamava in maniera poco velata le gesta di Indiana Jones, riprendendone ambientazioni (I predatori dell’Arca perduta) e nemici, quei Nazisti tanto odiati dagli statunitensi quanto dai britannici. Il gioco ebbe un buon successo, tanto che, l’anno dopo (1990), arrivò il suo sequel diretto: Rick Dangerous II.
Le ambizioni di Core Design erano però molto più grandi e mentre il mondo del 3D cominciava a muovere i suoi primi passi, allo studio venne in mente di replicare quanto realizzato con l’archeologo Rick ma, fortunatamente, il lavoro prese quasi subito un’altra piega.
Nel 1993 i lavori per il nuovo progetto cominciarono a essere abbozzati da un team di sole sei persone, ma solo l’anno dopo si cominciò a entrare nel vivo. Toby Gard stava già lavorando sul protagonista che inizialmente doveva essere di sesso maschile, come da tradizione. È qui che a Core Design e Toby venne in mente un’idea rivoluzionaria e che avrebbe cambiato per sempre il futuro di entrambi. Il nuovo titolo avrebbe avuto per protagonista una donna, lontana dalla classica “principessa da salvare”, forte, indipendente e capace di tenere testa ai vari nemici uomini. Con una caratterizzazione sudamericana, Laura Cruz fu il primo nome scelto per la nuova eroina ma ben presto sostituito con Lara Cruise, più incline a un pubblico americano. Nel frattempo il background della protagonista cominciava a venir fuori e, pian piano, si decise di renderla “british”, una ricca ereditiera con la passione per l’archeologia, nata nel 1968. Dopo aver sfogliato a casaccio un elenco telefonico, il più era fatto. Lara Croft era nata. Ed era nata già… abbondante.
La caratteristica fisica più evidente – è inutile far finta di niente – è indubbiamente il suo seno, divenuto comunque più discreto nel corso degli anni. Tutto nacque da un errore – o almeno è così che ci raccontano – del suo creatore Toby Gard che durante la lavorazione sul modello 3D di Lara, accidentalmente fece scivolare la rotellina del mouse proprio sulla zona incriminata, aumentandone le misure del 150%. Dopo aver ripristinato il tutto, molti si accorsero che quell’abbondanza piaceva e così decisero ben volentieri di mantenere l’errore. La famosa treccia invece, fu rimossa dato che la sua gestione utilizzava fin troppa memoria a discapito della fluidità del gioco. Comparve infatti solo con Tomb Raider II, a seguito anche di una migliore ottimizzazione.
Lara era dunque pronta a farsi conoscere dal grande pubblico, ma non prima di un grande cambiamento per Core Design.

Girl Power

Le cose cominciarono a farsi più interessanti una volta che Eidos Interactive acquisì la compagnia, immettendo nuovi capitali da investire in uno dei progetti videoludici più ambiziosi di sempre. Dopo 18 mesi di lavoro dunque, Tomb Raider fece il suo debutto su Sega Saturn per poi approdare su PlayStation (che inizialmente bocciò la prima versione del progetto) e PC il mese successivo. Fu un successo su vasta scala con un’avventura mozzafiato tra le Ande peruviane e le rovine di Atlantide, fluido e innovativo sotto ogni aspetto, con un eccellente level design e la possibilità di muoversi sott’acqua,  tutto in uno spazio 3D. Ovviamente a colpire sin da subito fu Lara, grazie anche alla doppiatrice Shelley Blond, in grado di caratterizzare un’eroina forte e determinata, capace di conquistare immediatamente il pubblico. L’esplorazione, la risoluzione di enigmi ambientali e le fasi action erano qualcosa di sbalorditivo per l’epoca, e questo non fece altro che aumentare il successo di Lara Croft. Ben presto, infatti, la procace archeologa avrebbe conquistato il mondo, apparendo dappertutto, dalla riviste fino ai concerti degli U2 con il loro PopMart Tour; il suo successo però non piacque al suo papà Toby Gard che non apprezzò l’eccessivo sfruttamento commerciale della sua creatura, decidendo di lasciare di punto in bianco Core Design, cosa che probabilmente lo salvò dalle critiche di qualche anno più tardi.
Nel 1997 infatti, è il turno di Tomb Raider II, titolo nato – per così dire – da una costola del suo predecessore: infatti, il sequel venne realizzato per lo più sfruttando asset mai utilizzati per il primo capitolo, spiegando in parte, la mancanza di novità di rilievo.
L’introduzione di effetti d’illuminazione dinamica e location più ampie, oltre ai veicoli guidabili, bastò a bissare il successo, divenendo vera e propria killer application per PlayStation, essendo divenuta nel frattempo sua esclusiva. Fu tra l’altro il primo a essere doppiato in italiano. In questo episodio, Lara si presentò meno spigolosa e con la treccia, grazie anche al lavoro di Stuart Atkinson, nuovo designer della protagonista. Ma questo successo non poteva durare: solamente un anno dopo arrivò il terzo capitolo, Tomb Raider III che, nonostante un buon successo commerciale, cominciò a far storcere il naso a critica e pubblico, che fecero notare come le caratteristiche del franchise cominciavano a risultare ripetitive. In fin dei conti, si è cercato di spremere il successo di Lara sino allo svilimento, come del resto accaduto – anche se con le dovute proporzioni – per altri brand come Call of Duty e Assassin’s Creed. Evidentemente imparare da quanto avvenuto può risultare complicato, eppure i problemi per Eidos e Core Design dovevano ancora arrivare.

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