Con l’uscita di Ready Player One nei cinema, l’argomento della realtà virtuale si fa sempre più diffuso e comprende molte più diramazioni. Oggi analizzeremo una di queste, quella della realtà virtuale in campo cinematografico, di cui uno dei pioneri è Chris Milk. Famoso regista e fotografo statunitense, Milk si è specializzato nella realizzazione di video musicali, che ha girato per molti nomi internazionali come Kayne West, U2, Audioslave e molti altri ancora. Ultimamente ha intrapreso un progetto interessante, in grado di unire il mondo cinematografico con quello della realtà virtuale che, da un paio di anni a oggi, ha visto una vertiginosa scalata nel mercato in campo videoludico. Il suo primo progetto è stato un video musicale girato in VR, che riprendeva una cover di Beck Hansen, di un vecchio brano di David Bowie, Sound and Vision. Ai tempi di questo primo progetto, la realtà virtuale era ancora agli albori e molto costosa, e quindi non tutti avevano la possibilità di creare questi video. Milk racconta che in precedenza si attaccavano digitalmente fra di loro molteplici filmati ripresi con le microcamere GoPro, per ottenere un effetto simile. Secondo Milk la VR, ha molto più potenziale rispetto ai film, alle canzoni o ai libri, in quanto si potrebbero collegare molte esperienze più profonde, cosa che un normale libro difficilmente riesce a fare. In proposito Chris Milk dichiara:
«Un esempio semplice è che una canzone che è o è stata la tua canzone preferita quell’estate. Quella canzone e l’esperienza di quell’estate sono collegate insieme, e quando senti quella canzone ti riporta indietro a quel tempo. La VR ha il potenziale non solo di ricreare ciò che quella canzone significa per quell’estate, ma può farci ricordare l’intera esperienza. E se potessi tornare indietro e vivere quell’estate di nuovo attraverso la memoria scatenata da quella canzone? Come formato artistico è molto interessante: se è la tua tela, puoi dipingere un sacco di immagini interessanti su di essa.»
Infatti la VR è passata da semplice oggetto di curiosità tecnologica, a essere presente nelle conferenze cinematografiche più importanti tra cui Tribeca, Sundance, Toronto e Cinequest, fino a quando nel 2017 un progetto in VR, Pearl, fu persino nominato agli Oscar. Al Festival di Cannes del 2017, il progetto in VR di Alejandro G. Iñárritu, ha portato alla luce un’argomento molto scottante, quello dell’immigrazione clandestina tra USA e Messico. Oggi la VR è molto diffusa anche grazie ai visori come PSVR, HTC Vive e Lenovo Mirage Solo e il nuovo visore di Facebook, Oculus Go, che verrà lanciato entro l’anno.
«Penso, e la maggior parte delle persone fa lo stesso, che avere un dispositivo indipendente che è solo per VR sia la soluzione migliore. I dispositivi attuali, legati a un computer, che si appoggiano su basi di ricarica, che si indossano e viceversa, sono barriere di accesso, ostacoli che devi attraversare per poter entrare in un’altra realtà. »
I filmati registrati in VR si fanno sempre più diffusi e la società acquisisce sempre più esperienza in questo campo, stimolando le case cinematografiche a investire in questa nuova tecnologia, producendo delle pellicole in VR che potrebbero avere molto successo. Ci vorranno ancora molti anni per avere il modello di VR definitivo e numerose innovazioni, ma il futuro corre verso la realtà virtuale.