GamePodcast #11 – Da Half-Life Alyx e il VR alle esclusive, sino a Blasphemous

Nella puntata di oggi:
Half-Life: Alyx è davvero così innovativo?;
– La rubrica di Gero Micciché (Gameloft): la situazione VR e le potenzialità;
– Il concetto di esclusiva si sta evolvendo?;
– Recensione di Blasphemous;
Tutto questo in compagnia di Marcello Ribuffo, Dario Gangi e Andrea Celauro.
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La lore di Super Smash Bros. continua: i risvolti di Ultimate

Come abbiamo trattato in un nostro precedente articolo, la saga di Super Smash Bros. non è solo un semplice gioco crossover in cui tutte le IP principali Nintendo si riuniscono per darsele di santa ragione, ma una celata autobiografia, pagine in cui si narra della vita, delle soddisfazioni, dell’orgoglio, ma anche della frustrazione, del senso di stanchezza e della voglia di abbandonare tutto da parte del suo creatore, il geniale Masahiro Sakurai. Come ha già espresso in passato il leggendario game designer, la creazione dei sequel non è un processo naturale che avviene tranquillamente dopo il rilascio di un gioco: è invece un nuovo investimento di risorse, energia psichica e fatica che porta molti, ma soprattutto lui, sull’orlo della frustrazione. Fu l’eccessiva richiesta dei sequel di Kirby, nonché la quasi certa necessità di riconcentrarsi presto su un nuovo capitolo di Super Smash Bros. (che aveva intenzione di terminare già dopo Melee), che lo portò a lasciare Hal Laboratory nel 2003 e fondare la nuova compagnia Sora LTD. Nonostante sembrava avesse definitivamente voltato pagina, Satoru Iwata annunciò all’E3 dell 2005 che un nuovo Super Smash Bros. per Wii sarebbe presto entrato in sviluppo, senza che Masahiro Sakurai ne fosse al corrente; chiariti i malintesi, il creatore non ebbe altra scelta che rimettersi a bordo del progetto che pensava di aver abbandonato e ancora una volta e tornò alla guida di un un gioco che amava ma odiava allo stesso tempo. La saga era già un qualcosa di titanico, qualcosa al di fuori della sua portata, e pertanto non ebbe altra scelta se non quella di tornare per i successivi Super Smash Bros. Brawl e For Wii U & 3DS, logorato dalla frustrazione pur mantenendo una certa nota di orgoglio e coerenza, conscio del fatto che solo lui poteva (e può tuttora) mandare avanti questa saga.

Super Smash Bros. Ultimate ha promesso (o meglio, ha mantenuto la promessa) di essere il più grande titolo della saga includendo il miglior gameplay mai visto nella sua storia, i migliori stage e soprattutto tutti i combattenti apparsi in questo magnifico crossover. Nella nuova modalità avventura, soprattutto nei filmati collegati a essa, possiamo trovare tutti quei elementi della lore tipici di ogni capitolo della saga che come al solito ci svelano, o per lo meno ci indicano, un qualcosa relativo alla vita di Masahiro Sakurai; il nostro è un tentativo di rispondere alle domande che ci siamo posti giocando a Super Smash Bros. Ultimate, perciò siete liberi di confermare o mettere in discussione le nostre teorie, sempre coi giusti toni. Prima di leggere questo articolo vi consigliamo, come al solito, di completare la modalità avventura, splendida per altro, di Super Smash Bros. Ultimate, nonché leggere la prima parte della lore di questa saga di crossover.

Nelle puntate precedenti

Riassumeremo comunque, brevemente, le “trame” dei precedenti giochi. Tutto comincia in Super Smash Bros. per Nintendo 64, in cui Master Hand (che noi abbiamo identificato con Masahiro Sakurai) è un bambino fra i 12 e 14 anni che semplicemente gioca con i suoi pelouche all’interno della sua stanza che “si trasforma” grazie alla fervida immaginazione intrinseca nei bambini; lui è la mente creativa che fa lottare i personaggi e genera i fantasiosi scenari con i normalissimi oggetti della sua cameretta. In Super Smash Bros. Melee, grazie all’opzione stanza dei trofei (ma anche dall’introduzione stessa), possiamo notare che il bambino non è più tale: è un ragazzo fra i 18 e i 20 anni, ha sostituito i peluche con dei trofei da collezione “da grandi”, giusto per evidenziare come questi siano ancora parte di lui. Insieme a Master Hand, che è l’elegante spirito creatore, stavolta troviamo anche Crazy Hand, un essere simile ma disordinato, imprevedibile e, in un certo senso, frustrato: egli è proprio quel senso di frustrazione che ci porta a fare i conti con noi stessi, quella libido che siamo costretti a reprimere perché non siamo più dei ragazzini e che proprio quando si assumono delle responsabilità ci vuol portare a distruggere tutto e voltare le spalle al futuro. Nell’Emissario del Subspazio, la modalità avventura di Super Smash Bros. Brawl, troviamo un Master Hand intento a sbarazzarsi di tutti quei personaggi che tanto ha amato e che hanno caratterizzato la sua vita; scopriremo in seguito che non è in lui ed è controllato da un entità di nome Tabuu, un essere che rappresenta la società che detta i costumi sociali, gli usi e le consuetudini e che dunque, specialmente in una società rigida come il Giappone, circoscrive il giocare coi giocattoli ai soli bambini. Il suo messaggio allora ci risulta chiaro: ai bambini è concesso giocare con i giocattoli, per gli adulti è un tabù. La lotta contro di lui, combattuta dai personaggi della sua infanzia, e il finale ci dimostrano che quello spirito ludico che trasformava la sua stanzetta in un campo di battaglia sarà sempre parte di lui e una persona come Masahiro Sakurai, un adulto che per vivere crea “giocattoli”, non dovrà mai vergognarsene. In Super Smash Bros for Wii U & 3DS la trama prende una piega molto oscura. Alla fine della modalità classica si affronta Master Core, l’essere che vive dentro Master Hand: è un essere selvaggio, caotico e inarrestabile. Il vero spirito creativo di Masahiro Sakurai, che negli anni ha prodotto tutti i sequel di Super Smash Bros., è allo stremo delle forze, frustrato dall’obbligo volontario/involontario di curare ogni sequel della sua creatura, vuole distruggere tutto ma allo stesso tempo vuole proteggere la sua stessa saga che nel tempo è diventata più grande di lui, basti solo pensare a tutti quei combattenti non-Nintendo che col tempo si sono aggiunti al mix; alla fine della violentissima battaglia Master Core mostra la sua vera forma e attende passivo al centro dello stage che il giocatore, il fan, faccia di lui quello che vuole, tristemente concessivo del fatto che alla fine è lui che in realtà ha le redini della serie e il creatore non può fare altro che essere al suo servizio.

La macchina

In questo nuovo Super Smash Bros. Ultimate, la lore viene di nuovo raccontata tramite la modalità avventura e noi, ancora una volta, vi vogliamo invitare a giocarla prima di leggere questo articolo; per quanto gli elementi, come al solito, siano abbastanza celati in simbolismi più o meno complessi è necessario vedere lo svolgere del gioco e non tanto vedere solo i filmati. E poi, la modalità avventura di questo nuovo titolo è veramente divertente! L’avventura si apre con il filmato che abbiamo visto nell’ultimo Direct prima del lancio: tutti i personaggi giocabili sono su una rupe, apparentemente la stessa che si vede in Super Smash Bros. Brawl nel filmato di presentazione, e in lontananza vediamo un essere sconosciuto, quasi una creatura celestiale, al comando di un esercito di Master Hand. Vediamo che i Master Hand si sgretolano e al loro interno c’è una storta di luce azzurra che li comanda (e non Master Core come abbiamo visto in Super Smash Bros for Wii U & 3DS), ovviamente un chiaro segno che è la creatura celeste di nome Kiaran (o Galeem nel resto del mondo) alle loro spalle ad averne il controllo, e una volta mostrata la loro vera forma si stringono intorno a questo essere celeste; improvvisamente il tutto viene risucchiato da un buco nero e da questo escono dei raggi luminosi che catturano tutti i personaggi, anche altri personaggi non giocabili (che ritroveremo nella sezione collezione degli spiriti), ad eccezione di Kirby. Dopo che la palletta rosa sfuggirà definitivamente a Kiaran e sarà pronto ad accettare il proprio destino, l’attenzione si sposta in una sorta di “laboratorio” in cui vediamo un Mario catturato e legato con una sorta di laccio luminoso; mentre l’iconico eroe Nintendo è completamente immobilizzato, comincia a colare del liquido luminoso dall’alto, simile a oro colato, che lo ricopre producendone di conseguenza una copia oscura, un “Dark Mario”. Ovviamente tutte le copie prodotte sono quelle associate agli spiriti combattenti che troveremo per la mappa della modalità avventura, tanto è vero che quando affronteremo una lotta per liberare un personaggio, e dunque aggiungerlo al nostro roster della modalità avventura, troveremo sulla mappa una sorta di modellino avvolto da un nastro luminoso (esattamente come Mario nel filmato).

Ma cosa significa tutto questo? Beh, e se vi dicessimo che Kiaran non sarebbe altro che una rappresentazione di Nintendo stessa? Pensateci: è un “entità brillante”, composta da tante persone che lavorano tutti giorni sul fronte del gaming, delle vere e proprie Master Hand la cui creatività è letteralmente il mezzo per creare scenari come quelli in Super Smash Bros. Ultimate. Tuttavia, il punto della lore si concentra su un altro punto più oscuro, una realtà scomoda per creatori sensibili e meticolosi come Masahiro Sakurai, ovvero l’appropriarsi delle creazioni altrui: all’inizio la luce provenire dalle Master Hand sembra bella, azzurra, pura, ma quando si stringono intorno a Kiaran generano un buco nero, buio, dalla quale escono centinaia di raggi luminosi che catturano i tutti i personaggi presenti sulla rupe per poi clonarli, creare delle versioni alternative diverse, addirittura talvolta contrarie, alla concezione originale del creatore, un meccanismo crudele che riduce la più pura creazione artistica a un mero consumismo capitalistico, tanto elegante quanto distruttivo, esattamente come il carattere di Master Hand. Kiaran, nonostante il suo aspetto semi-angelico, nasconde in realtà una personalità famelica, che risucchia tutto per poi clonare i personaggi prosciugandoli della loro anima, privandoli della loro personalità. Uno dei finali, uno di quelli cattivi (ovviamente qui li vedremo tutti), mostra l’intero mondo che viene avvolto dalla luce: la macchina della creatività viene alimentata al punto di esplodere, conquistando definitivamente il mondo sotto la sua legge. Tenendo conto di questo aspetto, dopo che Kiaran si impossessa di tutti i personaggi giocabili e il resto dei “combattenti non giocabili” (proprio per via di qusti astrusi termini vi consigliamo di leggere la nostra recensione di Super Smash Bros. Ultimate), chi è l’unico personaggio che sfugge al raptus di Kiaran? È proprio Kirby, la prima creazione di Masahiro Sakurai, la più pura delle sue creazioni, una di quelle che peraltro è stata spremuta fino allo sfinimento da questa macchina di entertainment che non si ferma mai. Toccherà a lui, dunque, andare alla ricerca dei personaggi per liberarli da questo giogo logorante e combatterlo (che anche Kirby, come Mario, sia comunista?). La pratica della creazione dei sequel e spin-off (senza poi parlare delle microtransazioni), rappresentato proprio da questo sistema di clonazione, è proprio quello a cui Masahiro Sakurai si è opposto nel tempo e tante volte, sia velatamente con questa lore nei Super Smash Bros. sia più apertamente in molte interviste, non ha mai avuto paura di condannare queste pratiche tanto salutari per il mercato quanto terribili per chi sta dietro le quinte (specialmente per chi, come lui, deve dirigere i lavori). Lui stesso ha detto tempo addietro:

«Non esiste un industria simile a quella dei videogiochi che dipende dal riutilizzare uno stesso concetto… La fame per nuovi titoli di uno stesso franchise e remake è a un livello innaturale.».

Eppure, il creatore non ha mai rinunciato alla sua creatura, persino quando ormai sembrava avesse voltato pagina dopo aver fondato Sora LTD., giusto dopo aver abbandonato HAL Laboratory nel 2003. Dopo Super Smash Bros. Melee, Masahiro Sakurai pensava di aver definitivamente chiuso con la serie ma, come già detto, tutto cambiò quando Satoru Iwata accennò ad un Super Smash Bros. per Wii all’E3 del 2005, senza che lo sviluppo fosse iniziato o addirittura sbrigata la burocrazia per i diritti con HAL Laboratory che li possedeva. Per capire meglio di cosa stiamo parlando vi riporteremo una parte del dialogo fra Iwata e Sakurai nell’intervista Iwata Ask riguardo proprio all’annuncio dell’E3 2005:

Iwata: «Tutti gli impiegati di Nintendo of America coinvolti all’E3 di quell’anno volevano annunciare a tutti i costi un nuovo Super Smash Bros. che sarebbe avrebbe incluso il gioco online ma allora non ne avevamo ancora discusso con HAL Laboratory, con la quale condividevamo i diritti su Smash Bros.… Dunque ho accennato alla possibilità. Ovviamente è stata una doccia fredda per te.».
Sakurai: «Assolutamente. Non puoi immaginare la mia sorpresa quando mi è stato detto da altri che all’E3 tu avevi fatto l’annuncio dal nulla.».
Iwata: «Ho sentito che ci sono state persone che all’E3 ti hanno chiesto se fossi coinvolto o meno nello sviluppo di [questo nuovo] Super Smash Bros.».
Sakurai: «Già, è stato strano… Il fatto che avevo già lasciato HAL Laboratory rese le cose ancora più complicate…».
Iwata: «Dunque, durante l’E3 ti invitai nella mia stanza d’albergo… E ti dissi ciò che avevo in mente di fare. Pensavo anche a cosa fare nel caso in cui avresti rifiutato, ovvero prendere l’ultimo titolo di Super Smash Bros., Melee, e implementare il gioco online. Forse è più giusto dire che capii che non avrei mai potuto aggiungere alcun nuovo elemento al gioco senza il tuo aiuto e pensai di aver detto abbastanza quando ne discutemmo in hotel quel giorno… Non è stato giusto, e tu potresti persino dire che ti ho quasi ricattato.».
Sakurai: «Di sicuro ha generato l’effetto desiderato!».

Queste poche righe bastano per capire quanto Sakurai ami la sua creatura ma Nintendo, in questo caso, si comportò esattamente come Kiaran: un buco nero mascherato da angelo. E così, pur di non vedere la sua creatura “spremuta” tornò di nuovo a bordo visto che se c’era qualcuno che poteva espanderla era proprio lui.

E gli altri

Proprio quando pensavamo che l’avventura possa essere arrivata al termine succede qualcosa di insapettato, qualcosa che non avevamo proprio messo in conto. La battaglia contro Kiaran apre un varco dimensionale dalla quale esce un esercito di Crazy Hand capitanato da Teneber (o Dharkon nel resto del mondo), un essere demoniaco molto simile a Kiaran, praticamente una sua totale antitesi; da lì si entra in un mondo oscuro, con strade disordinate ed edifici fatiscenti, contrariamente al “mondo luce” che invece presenta strutture più ordinate ed eleganti. L’oscurità legata a Crazy Hand, quel simbolo di imprevedibilità, rabbia e frustrazione, è l’esatta rappresentazione dei fandom, che in tante occasioni rappresenta la fetta più grande dei giocatori, popolati da ultra fans pronti a stroncare, letteralmente distruggere, la più bella delle opere nonostante il loro estremo interesse. Inutile è elencare le miriadi di video su YouTube delle “Top 10 personaggi più richiesti in Super Smash Bros.” oppure, addirittura, video in cui i fan immaginano set di mosse per personaggi che loro richiedono e addirittura altri, come spesso accade nell’era dei social network, in cui esplodono se le loro richieste non vengono ascoltate. Fate caso al fatto che Teneber, nel filmato in cui appare per la prima volta (dopo aver sconfitto Kiaran nel mondo della luce), non ha bisogno di assorbire le Crazy Hand, come Kiaran fa con le Master Hand, per combattere la sua antitesi: questo simboleggia proprio il fatto che questa creatura oscura è fatta da singoli individui che non seguono un obiettivo comune come una compagnia videoludica (o un fandom unito) bensì il proprio personale, seppur intriso da una certa negatività rappresentata dall’oscurita di Teneber. Il simbolismo legato a questa creatura è ancora più chiaro sbloccando il secondo finale cattivo in cui Teneber, che vince su Kiaran, non uccide il suo rivale, bensì lo incatena, facendo sprofondare i personaggi nell’oscurità più totale: i fan che si appropriano del tutto della compagnia produttrice del loro svago preferito, rendendola schiava delle loro volontà e del loro divertimento. Questa avventura non rappresenta altro che i due lati di un qualsiasi videogioco: la compagnia dietro il suo sviluppo e i fan che vogliono controllarlo e ottenere un così un titolo esattamente come lo chiedono, l’eterna lotta fra l’industria che posside, ma consuma, i personaggi e i fan, accomunati da una tossica negatività, che pensano essere loro i padroni delle loro creature. Chi ne soffre in tutta questa battaglia, così come rappresentato nel gioco, sono proprio le creazioni, i personaggi che, all’apparire di queste due entità, passano in secondo piano e pertanto non hanno più voce in capitolo, ovvero quella del loro creatore originale.

Il vincitore, ma anche il vinto

Questa battaglia sottolinea quanto siano distruttive entrambe le parti, di come la voglia per il possesso di questi personaggi distrugga tutto ciò che c’è intorno, ma la verità sta nel fatto che questi personaggi non possono (o meglio, non dovrebbero) essere posseduti e che in realtà, esattamente come spiegato nel gioco, essi sono degli spiriti: una fusione del loro creatore e di come i fan li amano, la più pura forma dell’immaginario collettivo, qualcosa di sacro e che non può essere tangibilmente toccato, in poche parole dei personaggi creati per la gioia il divertimento di chi li vuole amare. Alla fine della campagna, proprio prima dell’ultima e definitiva battaglia finale (quella per accedere al finale buono), Crazy Hand apre un varco dalla quale Master Hand può passare e sconfiggere tutte le copie luce e oscure appartenenti alle due entità, aiutando realmente i veri personaggi da noi comandati: lo spirito del creatore e lo spirito del fan collaborano per distruggere Kiaran e Teneber, per estirpare l’aura di tossicità che ogni volta si crea attorno a una creazione nata principalmente per far del bene, fan responsabili che combattono la loro peggior versione e creatori che combattono lo spirito consumistico delle loro creazioni. Il finale vede Kiaran e Teneber annientati contemporaneamente e nel silenzio è possibile vedere un’orda di spiriti che si libera e si dirige verso il cielo: i personaggi sono finalmente liberi da questo conflitto e finalmente possono essere intesi come tali, un simbolo di gioia e immaginazione. In tutto questo però viene raccontato il vero dramma di Masahiro Sakurai, che vorrebbe abbandonare la sua creatura ma alla fine viene tirato sempre dentro e letteralmente avere a che fare con i lati peggiori di Nintendo e i suoi fan. Tuttavia, nel tempo, egli è stato sia fan che creatore e questo finale dolceamaro potrebbe proprio rappresentare la sua volontà: di fronte a questo terribile conflitto, che vede la sua creazione contesa fra la compagnia che la gestisce e i fan che vorrebbero controllarla, Masahiro Sakurai ha compiuto il suo ultimo e definitivo gesto, ovvero liberare gli spiriti, liberare la sua creatura.

Questo sicuramente non sarà l’ultimo Super Smash Bros. che vedremo, ma dubitiamo, di fronte a un tale semi-cristallino messaggio, che Masahiro Sakurai tornerà a sviluppare un nuovo titolo della saga. Inserire ogni personaggio della saga mai coinvolto, così come il particolare sottotitolo scelto per questa nuova uscita (ultimate: definitivo, ultimo), è probabilmente una grande festa di addio al suo generoso creatore che nel tempo è stato gamer e fan (un po’ come Iwata… Chissà, magari tutta questa festa è anche per lui), nonché una base dalla quale i futuri sviluppatori potranno continuare a creare nuovi titoli di questa magnifica saga crossover. Non vogliamo dare nulla per certo, ma ci sembra adesso più che mai improbabile che Masahiro Sakurai tornerà a sviluppare il prossimo Super Smash Bros..




VR in the Box: la realtà virtuale di Nintendo

Seppur lenta, l’ascesa della realtà virtuale non pare arrestarsi, e anche Nintendo si butta nella mischia con il Toy-con 04 VR Kit, nuovo prodotto della linea Nintendo Labo.
Sulla falsariga dei precedenti kit, un’oretta piena verrà dedicata all’assemblaggio degli stravagantissimi controller “Do It Yourself”, poi basterà inserire la cartuccia e godersi la realtà virtuale in salsa Nintendo.

La grande N sfrutta qui la versatilità di Labo per fornire esperienze che i competitor rendono possibili solo acquistando periferiche esterne: se per avere un fucile in mano giocando con il PSVR è necessario l’acquisto di un AIM controller, qui è possibile costruire da sé un’arma con cui sparare, senza dover ricorrere ai controller classici. La risoluzione di Switch in dock può essere un ostacolo a chi ha già provato altri visori di sicuro più avanzati, ma questo non sembra spaventare la casa di Kyoto, che punta sulla creatività offrendo toy-con di ogni sorta come quello del cigno, le cui ali genereranno addirittura un po’ di vento (regalando agli utenti un ulteriore layer di realismo), quello dell’elefante, che sarà il tool per creare dei disegni in 3D, quello della fotocamera e quello della girandola.

La grande N ha aspettato tanto prima di gettarsi nella mischia del VR, e questo era di certo dettato da ragioni di studio di una tecnologia ancora delicata: il prezzo di lancio di 70€ è di certo il più competitivo a fronte di una VR ancora costosa sul mercato, anche se, come già criticato per i precedenti kit Labo in passato, al momento si tratta di investire di fatto su una sorta di super-demo di 60€ con dei controller DIY venduti per 10€.

Nintendo pare voler mandare un messaggio chiaro: un software, un kit DIY. L’unicità di questa esperienza, legata soprattutto al tenere con mano oggetti simili a quelli utilizzati nei giochi, spinge a credere che Nintendo difficilmente lancerà nei negozi un visore VR dai prezzi simili al Google Cardboard, senza software o controller DIY da accostarvi, non almeno in tempi brevi. Per quanto interessante sia il modellare un controller di cartone attorno al Joycon questo potrebbe costarci una fortuna ogni volta che un titolo debba accostare un’esperienza VR, senza considerare poi lo spazio da dedicare in casa per i controller già costruiti, specialmente se abbiamo collezionato anche i kit precedenti! In questi giorni sono stati rilasciati gli aggiornamenti per The Legend of Zelda: Breath of the Wild e Super Mario Odyssey e in molti non sono rimasti soddisfatti per il fatto che le esperienze VR non aggiungono quasi nulla all’esperienza di base. Tuttavia la scelta di inserire queste nuove opzioni per due capisaldi dello Switch è secondo noi una scelta dettata dalla fretta di rendere il parco titoli per il VR immediatamente vario ma non necessariamente divertente o funzionale: nessuno dei due titoli è stato progettato con un esperienza VR in mente e perciò era comunque difficile aspettarsi un miracolo. Almeno i possessori avranno adesso tre titoli da sperimentare col visore ma per un esperienza VR pensata a 360° bisognerà aspettare ancora un po’. Sappiamo inoltre che lo sviluppo di Metroid Prime 4 è partito da capo: che includerà, visto che il mondo viene letteralmente visualizzato tramite il casco di Samus Aran, un esperienza VR incredibile?

Una domanda sorge comunque spontanea: le compagnie 3rd party potranno offrire in futuro alternative al Kit VR con dei controller più versatili per ogni titolo e senza includere software extra? Se così fosse vedremo molti più visori 3rd Party sugli scaffali, possibilmente costruiti con materiali migliori del cartone, e che potrebbero eclissare l’invenzione originaria Nintendo. Il lancio di questo Kit VR ha senza dubbio ottime premesse, ma adesso Nintendo, se non vorrà che altre compagnie ci pensino al posto suo, dovrà puntare a tutta quella fascia di pubblico che non ha intenzione di possedere il Toy-con Kit 04 di Nintendo Labo, né possedere miriadi di controller di cartone sparsi per casa, e potrebbe farlo con la semplice mossa di offrire un visore VR della qualità e del prezzo del Google Cardboard, con tutto quel che comporta (prima fra tutti l’assenza di ulteriori controller o software, o l’inclusione di accessori più versatili): una strategia semplice, che potrebbe portare ottimi frutti.




SNK 40th Anniversary Collection

Se qualcuno non lo sapesse, cominciamo col ricordare che SNK è stata una delle case videoludiche più influenti e importanti del Giappone in campo hardware e software. La Shin Nihon Kikaku (in inglese “New Japan Project”) fu fondata nel 1973 e cominciarono a produrre videogiochi dal ’79 per tutti gli anni ’80 ma fu negli anni ’90 che diventarono dei protagonisti del gaming di quegli anni. Popolari nell’home market ma soprattutto nelle arcade, la SNK rilasciò il Neo Geo MVS (che sta per Multi Video Sistem) nel 1990, segnando così un punto di svolta nel mercato. Oggi SNK è una delle compagnie più attive nell’ambito del retrogaming, avendo rilasciato molti dei suoi titoli chiave sullo store del Nintendo E-Shop e lo spettacolare Neo Geo Mini, una bellissima mini console che riproduce la forma e le funzionalità di un cabinato MVS.
A fine 2018, il 13 Novembre, SNK ha rilasciato per Nintendo Switch la bellissima SNK 40th Anniversary Collection, approdata lo scorso 29 marzo su PS4, una raccolta di titoli pre-MVS curata da Digital Eclipse e SNK, che racconta le radici di questa nota compagnia giapponese. Non troveremo nessun Metal Slug, King of Fighters, Fatal Fury o Samurai Showdown ma avremo in compenso dei grandi titoli che hanno posto le basi per l’avvenire di SNK e i suoi futuri “big red monster”, i cabinati Neo Geo MVS,  che dominarono le arcade negli anni 90. Vediamo cosa c’è all’interno di questa bellissima collection che celebra la vita e l’eredità di una compagnia giapponese che fronteggiò Nintendo e Sega con risultati veramente eccellenti.

Una notte al museo

Prima di scendere nelle (brevi) analisi dei singoli giochi che compongono questa raccolta, vogliamo analizzare la presentazione della collection in sé. All’avvio avremo la possibilità di accedere alla sezione museo dove poter conoscere la storia dei titoli SNK dal 1978 – pensate –  al 1990, anno in cui fu lanciato il più standardizzato sistema Neo Geo MVS, includendo dunque anche giochi che non sono presenti in questa raccolta. Ogni presentazione include solitamente artwork, manuali di istruzioni, illustrazioni pubblicitarie, screenshot e a volte anche foto dei cabinati, il tutto accompagnato da brevi ma dettagliatissime linee di testo che ci raccontano la storia dello sviluppo del gioco in questione, le innovazioni portate e retroscena esclusivi. Sono così utili e belle che le abbiamo consultate più volte nel compilare questa stessa recensione!
La sezione museo include inoltre le colonne sonore di tutti i giochi presenti in questa collezione, nel caso vorreste ascoltare singolarmente alcuni dei brani dei giochi a cui avete giocato. Nelle opzioni invece potrete guardare i crediti, cambiare la lingua (dei menù, non certo dei giochi), vedere il progresso degli achievement esclusivi di questa collection e scegliere la visualizzazione verticale o orizzontale, come un vero cabinato arcade (ma questa opzione è possibile solo in modalità portatile).
Nei giochi, così come accade per le migliori collection che si rispettino, abbiamo la possibilità di cambiare il ratio dell’immagine, ovvero il classico 4:3 (spesso allungato) centrato, il 4:3 che si lega ai bordi superiori e inferiori dello schermo e 16:9 (le stesse opzioni presenti nella release Sega Ages di Thunder Force IV); poi possiamo cambiare filtro dell’immagine, ovvero il pixel perfect (senza filtro), con gli scalini della TV e il filtro monitor da sala giochi, ai tempi più avanzati rispetto ai monitor casalinghi. Essendo questa collection principalmente indirizzata ai giocatori di una certa età che hanno giocato in passato a questi titoli, e che con buona probabilità hanno sempre meno tempo per giocare ai videogiochi, è stato inserito un tasto rewind, “L”, che permette di mandare indietro l’emulazione dei giochi giocati e dunque giocare al meglio ogni singola partita; un compromesso veramente superiore, e più veloce, dei più comuni save/load state (a ogni modo presenti e utilizzabili dal menù di pausa). Qualora doveste abbandonare per forza la vostra partita potrete tornare al menù principale con l’opzione “salva ed esci”; in questo modo, quando riprenderete la vostra partita, vi ritroverete esattamente nel punto in cui l’avevate lasciata, una scelta semplice, standard, essenziale e perfettamente funzionale. In alcuni dei giochi è possibile cambiare la regione e scegliere le versioni arcade e Nintendo Entertainment System (ove presente). Quest’ultima opzione è una vera e propria manna dal cielo per quegli utenti che non hanno ancora preso in considerazione l’iscrizione al servizio online di Nintendo Switch che permette l’accesso ai titoli NES in streaming. Ma adesso diamo un breve sguardo di dettaglio a buona parte dei giochi inclusi in questa raccolta.
Di seguito vi verranno riportati i titoli (anche alternativi), l’anno di produzione, le versioni regionali (selezionabili dal menù col tasto “X”) e versione hardware, ovvero arcade e/o NES.

  • Alpha Mission/ASO1985US, JPArcade, NES. Uno dei primi shoot ‘em up moderni della SNK, che dunque seguì la rivoluzione lanciata da Gradius nel 1985. Il gameplay si rifà principalmente a Xevious, con obiettivi in volo e in superficie da eliminare coi missili, ma la sua unica meccanica consistente nel raccogliere pezzi di armatura in volo, e dunque creare diverse combinazioni di offesa e difesa, lo accostava tranquillamente ai giochi RPG di cui i programmatori SNK erano ghiotti. È un gioco veramente difficile e tedioso ma grazie alle opzioni inserite in questa collection potremo giocarlo con molta calma, la stessa che mancava tempo addietro quando orde di bambini sudati inserivano le proprie 500 lire per provare a superare anche un solo livello.
  • Athena1986INTArcade, NES. Platform che ha per protagonista la dea greca della sapienza, dell’arte e della guerra (rigorosamente in bikini rosso come da tradizione epica), lo si può considerare come un insolito mix di Alex Kidd in Miracle World, per il design generale, e Ghost ‘n Goblins per la sua incredibile difficoltà. Sebbene il gioco non sia esente da difetti, Athena fu una delle più grandi hit della SNK prima del lancio del Neo Geo MVS; il titolo portò elementi propri del RPG, genere più propriamente legato alla dimensione casalinga, in un semplice platform per arcade tramite la semplice collezione di armi, scudi e pezzi di armatura che apparivano addosso ad Athena una volta raccolti: una vera rivoluzione per l’epoca. La protagonista stessa divenne una delle prime mascotte della SNK, tanto che per il titolo Psycho Soldier (che vedremo più avanti) venne creata Athena Asamiya, una discendente diretta dell’originale Athena, che apparirà più in là anche nella serie picchiaduro King of Fighters, anche con l’iconico bikini rosso nelle schermate di vittoria. Sconsigliato a chi ha poca pazienza e ai puristi dell’epica greco-romana.
  • Crystalis/God Slayer1990US, JPNES. Questo titolo per NES si discosta in tutto e per tutto dallo stile arcade che caratterizza molti dei giochi SNK presenti in questa collection, infatti Crystalis è un iconico gioco d’avventura sullo stile di The Legend of Zelda che provò a colmare la grande fame venutasi a creare dopo il rilascio di Zelda II: The adventure of Link, titolo che lasciò i fan della saga con uno strano amaro in bocca per il suo forte scostamento dal primo capitolo. A differenza dell’iconica saga Nintendo, il design generale di Crystalis ha una spiccata sfumatura sci-fi, più vicina a Phantasy Star, e altre componenti RPG non presenti in The Legend of Zelda, prima fra tutti la crescita livellare. Il gioco ricevette nel 2000 un porting per Gameboy Color ma solamente con l’avvento di internet Crystalis ottenne lo status di cult following. Una vera e propria chicca per NES che difficilmente gli iscritti del servizio online di Nintendo Switch vedranno in tempi brevi (sempre se mai arriverà) in streaming; una vera e propria gemma nascosta che potrete persino giocare offline! Se c’è un titolo che vale l’acquisto di questa collection, Crystalis è esattamente quel gioco.

  • Ikari Warriors/Ikari1986US, JPArcade, NES. Ispirato a film come Rambo e Commando, Ikari Warriors è un gioco simile a uno shoot ‘em up che però ci permette di controllare l’avanzamento dei nostri soldati Ralph e Clark (Paul e Vince al di fuori del Giappone), futuri combattenti in King of Fighters. Sebbene, come Athena, il gioco presentava una miriade di difetti (soprattutto sulla versione per console) il gioco diventò popolarissimo, sia nelle sale giochi che nelle case dei possessori del NES, per via dell’avvincente campagna da giocare in due giocatori contemporaneamente. Dopotutto, come non poteva Ikari Warriors diventare popolare? Insomma, includeva due virili soldati che uccidevano ondate di nemici in una giungla a petto nudo a colpi di fucile (infatti molti giocatori speculavano che i due personaggi giocabili erano proprio John Rambo e John Matrix di Commando, in poche parole Sylvester Stallone e Arnold SchwarzeneggerRambo Commando!), granate ed era possibile anche guidare i carri armati, feature che diventerà essenziale in Metal Slug. La versione per console è decisamente la più difficile in quanto non era possibile includere la feature dello stick rotante presente in sala giochi (oggi fedelmente riprodotta nella la versione arcade col secondo stick del controller del Nintendo Switch, le stesse meccaniche di un twin stick) e non era possibile continuare a giocare dopo la perdita delle due vite; tuttavia, alla perdita dell’ultima vita, potrete riprendere a giocare se digiterete, con i tasti “A” e “B” del NES, il nome di una famosa pop band svedese di quattro lettere… Mamma Mia, che complicazione!
  • Ikari Warriors II: Victory Road1986US, JPArcade, NES. Terminata la prima avventura, Paul e Vince tornano a casa in aereo ma una strana turbolenza li porta avanti nel futuro, in uno strano mondo sci-fi popolato da strane creature e alieni. Il gameplay generale rimase lo stesso del primo capitolo ma furono aggiunte giusto nuove armi, come i bazooka e le spade in grado di uccidere i nemici senza un proiettile, le aree nascoste e sostituiti i carri armati con delle armature. Questo nuovo titolo incluse inoltre delle chiarissime linee di dialogo, uniche per entrambe le versioni. Nonostante i temi più seriosi, in Ikari Warriors II furono inseriti elementi di humor per rendere la fruizione del gioco più leggera. Se giocate a questo gioco in due provate a incrociare le spade come si vede nell’artwork!
  • Guerrilla Wars/Guevara1987US, JPArcade, NES. Inizialmente il gioco fu concepito come un ulteriore sequel di Ikari Warriors ma durante lo sviluppo il presidente della SNK si interessò ai personaggi di Ernesto “Che” Guevara e Fidel Castro dopo aver letto il libro “La Guerra di Guerriglia” scritto dal rivoluzionario cubano, unico libro che trattava la rivoluzione cubana disponibile in Giappone. Fu così che un giorno, a metà dello sviluppo del sequel, si presentò ai programmatori chiedendo che il titolo venisse trasformato in un gioco sui rivoluzionari cubani. Ebbene sì, nella versione Giapponese (in realtà anche quella americana ma i nomi dei personaggi giocabili non vengono mai menzionati) controllerete il guerrigliero Che Guevara e l’ex leader cubano Fidel Castro, come secondo giocatore, intenti a rovesciare il durissimo governo di Fulgencio Batista… altro che lezioni di storia! Il gameplay riprende Ikari Warriors in tutto e per tutto ma aggiunge il salvataggio di ostaggi, che se colpiti da un nostro proiettile comporteranno la perdita di 500 punti, e il miglioramento delle AI dei nemici, ora più furbe e più strategiche. Probabilmente è un gioco che non portò grandi innovazioni, ma era un gioco “rivoluzionario” a modo suo!

  • Ikari III: The Rescue1989US, JPArcade, NES. Stavolta per la rabbia, visto che “Ikari” in giapponese significa proprio “rabbia”, Paul e Vince abbandonano le armi e decidono di far fuori i nemici alla vecchia maniera: “mazzate”! In Ikari III le armi da fuoco si fanno rare, così come i neo-introdotti oggetti contundenti, e il nostro metodo di difesa principale diventano i pugni e i calci – un vero e proprio tributo a Chuck Norris!. Da notare è anche l’abbandono dello stile animato degli artwork in favore di uno più realistico e crudo.
  • Iron Tank1988US, JPNES. Altro titolo sviluppato per NES che non arrivò mai nelle sale giochi ma che, a differenza di Crystalis, conserva un gameplay prettamente arcade. Iron Tank è il sequel di TNK III (che vedremo più avanti), ovvero un gioco simile a Ikari Warriors ma in cui controlleremo un carro armato. I due tasti del NES serviranno a sparare due tipi di fuoco diversi, ovvero uno sparo che segue la direzione del carro armato e uno direzionato nel verso del cannone principale. TNK III era dotato dello stesso stick rotante di cui Ikari Warriors era munito per muovere il cannone principale (dunque si poteva mirare dritto col cannone principale e spostarsi lateralmente continuando a sparare coi cannoni inferiori, sparando così in due direzioni contemporaneamente) ma col controller del NES è tutto un altro discorso: il cannone superiore si muove soltanto quando terremo premuto “B” (layout del NES), ovvero il tasto dei cannoni inferiori, perciò sarà impossibile sparare in due direzioni in questa versione. Nonostante le limitazioni Iron Tank risulta comunque un gioco molto gradevole.
  • P.O.W. Prisoners of War/Datsugoku1988US, JPArcade, NES. Uno dei primi beat ‘em up della SNK, P.O.W. si rifà principalmente a film come Fuga di mezzanotte o Fuga da Alcatraz in cui un protagonista programma, e conclude, una fuga da una prigione di massima sicurezza. La versione arcade di questo gioco ha un sistema di controllo a quattro tasti che includono un calcio e un pugno forte, un tasto per le combo e un tasto per il salto. Nel 1989 P.O.W. uscì per NES e, visti i problemi relativi al controller e alla memoria del sistema, fu semplificato il sistema di combattimento e tolta la modalità per due giocatori; in compenso furono introdotte nuove armi e oggetti contundenti, sub-aree e un nuovo boss finale. Per una volta la versione NES sembra che abbia dato di più rispetto alla controparte arcade!

  • Prehistoric Isle in 19301989US, JPArcade. In questo spettacolare shoot ‘em up sulla scia di R-Type partiremo alla volta di una misteriosa isola per capire cosa si cela dietro allo strano fenomeno della scomparsa degli aerei che le si avvicinano; una volta lì scopriremo che l’isola è abitata da creature preistoriche, dinosauri, cavernicoli e altri esseri ancestrali. Come il rivoluzionario gioco della Irem, avremo una sorta di satellite che rimarrà attaccato al nostro aereo ma potremo posizionarlo in otto posizioni diverse dalle quali partirà un colpo di supporto diverso: in diagonale bassa verrà lanciato un siluro in pieno stile Gradius, se lo posizioneremo sul retro lasceremo delle mine, e così via. I passi avanti rispetto ad Alpha Mission e Chopper I (arrivato in questa collection come DLC) sono evidenti e, fra gli Shmup presenti in questa collection, Prehistoric Isle in 1930 è certamente il più completo e il più avvincente.
  • Psycho Soldier1987US, JPArcade. Sequel spirituale di Athena che include la sua erede Athena Asamiya, Psycho Soldier è un platform a scorrimento automatico che funziona su quattro superfici, un po’ come avviene in City Connection della Jaleco. Ha pochi legami con l’originale Athena, come il poter rompere i blocchi e l’inclusione di Athena stessa, ma offre un gameplay nettamente superiore al suo predecessore, con potenziamenti di vario tipo e persino trasformazioni, e si gioca con molto piacere, soprattutto in cooperativa con un secondo giocatore che comanderà l’amico Sie Kensou, anche lui futuro combattente in King of Fighters. Di degna nota è soprattutto la colonna sonora, la prima nella storia dei videogiochi a includere una traccia con delle linee cantate dalla cantante giapponese Kaori Shimizu; la versione giapponese venne curata con particolare attenzione, tanto che poi per l’uscita di Athena per Famicom venne inclusa una musicassetta con il singolo, ma la versione inglese presenta delle linee “broken english” molto risibili!
  • Street Smart1989US,JPArcade. Il primo esperimento della SNK in ambito picchiaduro. Il genere era ancora agli albori: Street Fighter, uscito nel 1987, pose le basi per i picchiaduro in tutto il mondo, ma non stupì abbastanza da imporre uno standard, e molte compagnie videoludiche ponevano in essere un proprio sistema di gioco sempre diverso. Street Smart mette i giocatori in un area di gioco tridimensionale, ponendosi dunque come una specie di area boss di un beat ‘em up, ma il tutto risulta molto giocabile pur non avendo mosse speciali e tutte quelle feature che faranno grandi i tournament fighter à la Street Fighter II. Al posto della parata, Street Smart offre un tasto per fare una capriola all’indietro e evitare con stile gli attacchi avversari. Gli unici due personaggi disponibili, Karate Man e Wrestler, sono rispettivamente primo o secondo giocatore. L’obiettivo del gioco? Mettere al tappeto gli avversari per la gloria, i soldi… e le ragazze!

  • TNK III/T.A.N.K.1985US, JPArcade. In TNK III si combatte con un carro armato, guidato dal Ralph di Ikari Warriors, e il sistema dello stick rotante, per la prima volta implementato qui, permette di far fuoco col cannone principale in una direzione e muoversi in un’altra facendo fuoco con un altro cannone che segue la direzione dell’autoblindo. Grazie ai controlli di una console moderna come il Nintendo Switch possiamo rivivere l’esperienza autentica di questo storico titolo che non solo ha avviato questo filone di titoli di sparatutto dall’alto con lo stick rotante ma ha anche salvato la SNK da un incombente fallimento. Un vero e proprio capolavoro!
  • Vanguard 1981 INTArcade. Primo grande successo mondiale per SNK, Vanguard era così popolare che Atari ne comprò i diritti per poter fare un porting per l’Atari 2600 che divenne un successo anche nel mercato casalingo. Era uno shooter simile a Scramble, gioco della Konami che pose le basi per gli shmup e la sua stessa saga di Gradius, ma proponeva feature ambiziosissime: aveva quattro tasti per sparare in alto, in basso, a destra e a sinistra, scorreva in orizzontale, in diagonale e in verticale, aveva delle linee di dialogo, rese con una primitiva sintesi vocale simile a quella vista in Berzerk, ed era uno dei primi giochi per sala giochi a includere una funzione di continue (tanto che nei filmati demo, prima di inserire il gettone, veniva spiegata questa futuristica feature). A bordo della nostra navicella dobbiamo arrivare in fondo alla caverna in cui risiede il re Gondo, un alieno che terrorizza le colonie vicine; al termine dell’avventura, come consueto per i primi giochi arcade, il gioco ricomincia a una difficolta elevata e potremo continuare fin quando ne abbiamo voglia (che fortuna non dover più inserire monete in una macchina). Magari ai giocatori più giovani Vanguard potrebbe non dire niente, ma ciò non toglie che è uno dei giochi più importanti della storia del gaming e merita di essere giocato almeno una volta nella vita. L’unica cosa che avrebbe potuto migliorare questo gioco sarebbe stata inserendo un’intonazione di Danger Zone di Kenny Loggins ogni qual volta la voce robotica annuncia l’ingresso in una “danger zone“, ma in fondo va bene così (e poi… non l’aveva ancora scritta)!

Quelli che abbiamo elencato sono i titoli originariamente rilasciati per Nintendo Switch, ma la stessa edizione è stata gratuitamente implementata l’11 dicembre 2018, quando tutti i possessori di SNK 40th Anniversary Collection si sono ritrovati un aggiornamento che aggiungeva ben altri 9 titoli:

  • Bermuda Triangle1987US, JPArcade. Un insolito shoot ‘em up che incorpora le meccaniche dello stick rotante visto in TNK III e Ikari Warrior, Bermuda Triangle permette di controllare una nave madre di grandi dimensioni (simile a una Great Fox della saga di Star Fox, per intenderci) e pertanto, visto che schivare i proiettili non sarà semplicissimo, potremo contare sui caccia che affiancheranno la nostra nave madre, anche per quel che riguarda la potenza di fuoco. Ciò che stupì all’epoca, insieme all’emozionante gameplay che includeva anche meccaniche di viaggio nel tempo, fu anche la sua coloratissima e vibrante grafica, visivamente un grande passo in avanti per SNK.
  • Chopper I/Legend of Air Cavalry1988US, JPArcade. Un moderno shoot ‘em up che ricorda nelle sue fattezze la saga di 19XX di Capcom. Altro grande titolo per SNK, Chopper I offre un gameplay veramente da manuale, con un intensità di proiettili nemici simile ai primi titoli della Toaplan, come Truxton e Zero Wing, famosi per aver – diciamo – lanciato quella tendenza che anni più avanti si sarebbe evoluta nel bullet hell (ma questo titolo è ben lontano dall’esserlo). Un titolo più che mai adatto per gli appassionati degli shmup vecchio stile, non troppo moderno ma neanche troppo datato.
  • Fantasy 1981US, JPArcade. Altro titolo proveniente dall’epoca d’oro delle arcade, per tanto costruito intorno allo stesso hardware di Vanguard e Sasuke vs. Commander (rilasciato in questi DLC), questo titolo offre un gameplay incredibilmente vario che si rifà principalmente ai più popolari Donkey Kong, Jungle Hunt e lo stesso Vanguard, in cui un ragazzo corre dietro alla sua sfortunata ragazza che viene rapita da pirati, scimmioni e tribù di cannibali. Come il precedente successo arcade SNK, Fantasy include l’innovativa feature di continue, chiare (ed esilaranti) linee vocali e persino, in un livello, parte della popolarissima hit disco “Funkytown”! Un altro titolo storico che, come Vanguard, possiede quella magia capace di portarci in un epoca in cui ci si stupiva con poco fatta principalmente di giochi elettronici, code interminabili dietro a un cabinato, senza cellulari e senza internet.

  • Munch Mobile/Joyful Road1983US, JPArcade. In questo strano gioco dai toni “pucciosi” controlleremo un’automobile senziente dalle braccia elastiche, utili per raccogliere mele, ciliegie, pesci, sacchi di soldi e taniche di benzina ai bordi della strada. Munch Mobile è un gioco particolarmente difficile, soprattutto perché la strada è piccola e l’uscita fuori strada comporta la perdita di una vita, ma se si è bravi potremo arrivare addirittura agli uffici della SNK! Il gioco, inoltre, tenta di sensibilizzare i più piccoli riguardo i temi dell’ambiente e dell’inquinamento: una volta raccolto e mangiato un oggetto commestibile possiamo guadagnare molti più punti se getteremo i suoi resti nei cestini della spazzatura riallungando le braccia verso questi oggetti sparsi nei per i bordi della strada. L’ironia sta proprio nel fatto di come un’automobile, un oggetto artificiale, riesca ad essere più pulita di certe persone!
  • Ozma Wars1979 INTArcade. Questo titolo, il più vintage di questa collection, è un fix shooter sulla scia di Space Invaders, il primo gioco che imitò il successo arcade della Taito. Ozma Wars nacque dall’impossibilità di Taito di produrre abbastanza cabinati e tabletop di Space Invaders; SNK, in mezzo alle tante compagnie che acquistarono i diritti per produrre Space Invaders al fine di aiutare Taito con la distribuzione, creò parallelamente sullo stesso hardware un kit di conversione per offrire ai giocatori delle sale giochi, che erano colme di cabinati di Space Invaders, un’esperienza diversa e lanciarsi nel mercato come un nuovo produttore, al pari di Taito, Sega e Nintendo. Anziché far fuori una schiera di alieni come nel popolare arcade, Ozma Wars innova il concetto proponendo navicelle, più dettagliate e sullo stile dei caccia spaziali di Star Wars, che come in uno shooter moderno scendono dall’alto verso il basso, sparano con più frequenza e persino di riducono la loro hitbox mettendosi di taglio (come quando si premono “L” e “R” in Star Fox) o addirittura rendendosi invisibili per qualche secondo; probabilmente, però, l’innovazione più grande di questo titolo fu quella di offrire dei livelli sempre diversi e la barra di energia, che si ricarica attaccando la nostra navicella alla più grande nave madre. Il modesto successo di questo gioco, primo vero loro titolo originale, spinse la SNK a puntare sempre più in alto e Ozma Wars rappresenta in tutto e per tutto l’inizio della compagnia che noi oggi conosciamo e amiamo.
  • Paddle Mania 1988INT Arcade. Probabilmente uno dei primi crossover della storia, ma non come intendiamo oggi un Super Smash Bros.: Paddle Mania mette faccia a faccia, in un campo chiuso in cui la palla non può andare fuori campo, giocatori di tennis, pallavolo, pallanuoto, sumo e persino surfisti! Nonostante le bizzarre premesse lo scopo del gioco è comunque molto semplice: mandare la palla nella porta avversaria, esattamente come in Pong. Sebbene il gioco originale prestava due tasti per muovere la racchetta da destra verso sinistra e viceversa, sul Nintendo Switch si è deciso di optare per dei controlli twin stick che rendono l’esperienza un po’ tediosa e non realmente gradevole. L’esperienza del twin stick è portata avanti in tutta la collection, ma probabilmente Paddle Mania è il gioco a cui meno serve questa feature!

  • Sasuke vs. Commander 1980INTArcade. Altro innovativo gioco arcade della SNK, costruito ancora una volta sullo stesso hardware di Vanguard, Sasuke vs. Commander è ancora una volta un gioco simile a Space Invaders. Invece di conformarsi a uno stile sci-fi, come andava di moda ai tempi, questo titolo offrì al giocatore uno scenario tipicamente giapponese con shogun, il carattere “grande” che si vede in lontananza (che segnala il culmine della festa dei morti di Kyoto) e gli immancabili ninja. Alla fine delle schermate di combattimento, in cui i ninja lanceranno a Sasuke gli iconici shuriken, apparirà un nemico più tenace e più grande; per tale motivo si dice che Sasuke vs. Commander introdusse il concetto di boss al termine di un livello. Un altro gioco che ci racconta le origini delle arcade.
  • Time Soldiers/Battle Field1987 US, JPArcade. Ancora una volta un top-down shooter sulla scia di Ikari Warriors con la differenza che lo stick ruotante qui montato ruota in 16 direzioni anziché in 8 come in tutti i giochi con questa caratteristica che abbiamo visto in questa collection. Time Soldier offre un campo di gioco più ampio e perciò possiamo muoverci in tutte le direzioni che vogliamo. Ovviamente, come il titolo ci suggerisce, questi futuristici combattenti – uno dei quali, dall’alto, sembra Pegasus dei Cavalieri dello Zodiaco – si spostano nel tempo per salvare i loro compagni, alcuni di loro in un’antica Roma popolata da soldati romani e persino creature mitologiche! Anche se il gameplay, dopo aver giocato ai vari Ikari Warriors, Guerrilla Wars e TNK III, può risultare ripetitivo almeno ci consola il fatto che qui il ritmo si presenta un po’ più veloce, con una difficoltà attenuata e una grafica più dettagliata.
  • World Wars1987 INTArcade. Sequel di Bermuda Triangle, il gioco, che gira sulla stessa arcade board, presenta le medesime caratteristiche del suo prequel ma con una navicella più piccola. Il concept della nave madre fu abbandonato in favore di un gameplay più fruibile e classico, con power up e proiettili più facilmente evitabili; viene abbandonata anche la componente del viaggio nel tempo in favore di un più semplice viaggio intorno al mondo, anche se mantiene le stesse componenti sci-fi. Da provare indubbiamente.

The future is now!

Come abbiamo visto, la collection (che include anche Beast Busters e SAR: Search and RescueI) prende in considerazione un periodo poco conosciuto della storia della SNK ma ciò non toglie che sono comunque 32 grandi giochi che vi possono regalare ore e ore di gameplay di stampo prettamente arcade, ormai quasi del tutto perduto. La presentazione e le funzionalità di questa collection sono veramente superbe e ci sono comunque diversi giochi in grado di giustificare l’acquisto per Nintendo Switch e PS4, primo fra tutti Crystalis. Non sarà forse una collection che interesserà ai più giovani (a parte i più virtuosi interessati a “studiare la storia”) ma vi garantiamo che è un gran salto nel passato e, per chi non conosce la SNK, una vera e propria lezione sulla loro storia e sulla loro eredità che ancora oggi influenza il panorama videoludico mondiale.




Link sarà giocabile in Halo Infinite

La partership tra Microsoft e Nintendo sembra consolidarsi sempre di più. Sappiamo già come i due colossi dell’entertaiment abbiamo stretto accordi per portare un’apposita app di Xbox Gamepass su Switch e di come i lavori su Project X Cloud della casa di Redmond permetteranno alla console giapponese di usufruire di titoli attualmente inaccessibili. Dopo l’arrivo di Cuphead (18 Aprile), Nintendo potrebbe vantare altre esclusive Microsoft nel suo pacchetto ma, un accordo, vale in entrambi i sensi.
Microsoft ha annunciato a tal proposito, che uno dei personaggi più iconici della storia arriverà come personaggio giocabile sul prossimo capitolo di Halo: Link, infatti, vanterà un gameplay appositamente studiato per far fronte all’alta tecnologia e armi da fuoco presenti nel titolo 343 Industries, anche se ancora mancano numerosi dettagli.
Attendiamo dunque con ansia l’E3 di Giugno, sperando di vedere qualche gameplay.




Super Smash Bros. Ultimate

Super Smash Bros. è più di una semplice saga videoludica, è il culmine generazionale di tutto ciò che è Nintendo, la cronaca che registra la storia dei personaggi ad essa legati a questa leggendaria compagnia giapponese. Dall’inaspettato successo del primo gioco su Nintendo 64, all’ottenimento dello status di eccellenza con Melee, al meno fortunato Brawl e ai più o meno popolari Super Smash Bros. for Wii U & 3DS arriviamo a Nintendo Switch, la console che ha preso il mondo di sorpresa grazie alla sua natura ibrida: qui, giusto lo scorso dicembre, è stato rilasciato l’incredibile Super Smash Bros. Ultimate, un gioco che, come ha promesso il creatore Masahiro Sakurai, estrae tutto il meglio dei precedenti giochi, traducendosi nel miglior gameplay, estratto ovviamente da Melee, i migliori stage e ogni personaggio mai apparso nella serie di Super Smash Bros., insieme a tanti nuovi combattenti che prendono parte (e più in là prenderanno parte) al più grande crossover della storia. Vediamo insieme questo nuovo titanico capitolo della saga, oggi più voga che mai grazie anche ai grandissimi tornei che lo vedono protagonista.

Anni di tradizione

Come abbiamo già menzionato, il gameplay è quello del velocissimo Super Smash Bros. Melee, e ciò da per scontato che gli scivoloni casuali, presenti invece in Brawl, qui non sono presenti. Il sistema di combattimento, lo stesso sin dai tempi del Nintendo 64, differisce sia dai più classici picchiaduro 2D che presentano sistemi di combo e mosse speciali (come Street Fighter, per intenderci) che da quelli 3D “free range” alla Tekken o Dead or Alive, basate invece su combo veloci e chain attack: con il tasto “A” possiamo eseguire gli attacchi fisici e gli iconici “smash” anticipando di poco un movimento alla pressione del tasto (gli stessi possono essere richiamati, e caricati, con lo stick destro), con il tasto “B” e direzione possiamo eseguire i 5 attacchi speciali presenti in ogni personaggio, come attacchi a proiettile, colpi caricati, contromosse e molto altro, con i dorsali “ZL” e “ZR” attiviamo lo scudo per proteggerci dai colpi avversari o evitarli se lo richiamiamo insieme a una direzione e con “L” e “R”, in prossimità dell’avversario, potremmo bloccarlo ed eseguire una presa. Ogni personaggio, inoltre, ha anche uno smash finale ma questo sarà eseguibile, con “B”, solo se il giocatore riuscirà a rompere una sfera smash che (salvo modifiche al match in modalità Smash) apparirà casualmente nello stage, oppure riempiendo la barra di energia speciale, come in Street Fighter, in modalità avventura o tabellone degli spiriti (di cui parleremo più in là). Il salto, come tipico della saga, è eseguibile premendo i tasti “X” e “Y” oppure, come tipico di ogni picchiaduro 2D o 3D, inclinando lo stick per il movimento verso l’alto; inoltre, come da tradizione, potrete eseguire dei taunt, 3 per ogni personaggio, premendo uno dei tasti direzionali (o una direzione del pro controller o controller Gamecube, indicato, da sempre, per la migliore esperienza con questi picchiaduro).
Super Smash Bros. Ultimate, così come ogni altra uscita precedente, offre una miriade di customizzazioni ma, senza scendere troppo nel dettaglio (credeteci, ci vorrebbe un infinità di tempo), ci sono principalmente tre tipi di incontri: a tempo, in cui nel tempo limite stabilito bisogna mandare più volte possibile l’avversario fuori dal riquadro dello stage, a vite, in cui un giocatore ha un numero di vite stabilito e deve cercare di farle perdere agli altri combattenti, e a energia in cui, come nei più classici picchiaduro, bisogna mandare KO il nostro avversario facendo terminare la sua stamina, indicata nella parte bassa dello schermo. Come appunto anticipato, e come ovviamente vuole la tradizione, a ogni colpo a segno aumenteremo la percentuale di eliminazione del nostro avversario, indicata nella parte bassa dello schermo: più è alta più abbiamo la possibilità di mandarlo fuori dallo schermo (ovviamente ciò non accade con l’incontro a vita).
All’avvio del gioco finiremo sul menù principale, questo diviso in 5 grandi categorie; per darvi un overview benomale completa di questo gioco (credeteci, è immenso) li guarderemo tutti uno per uno, spiegando anche a caratteri generali le particolarità di questo nuovo capitolo di Super Smash Bros.. La modalità smash, che troveremo in alto a sinistra del menù principale, ci permetterà di esplorare, da soli contro il computer o insieme ai nostri amici in locale, tutte le possibili modalità di combattimento che includono anche l’apparizione degli oggetti contundenti, assistenti, sfere poké, frequenza di quest’ultimi, la possibilità di aggiungere agli stage, che presentano sempre 3 versioni differenti (standard, rovine e omega), terreni infuocati, elettrificati, soporiferi, avvelenati e tanto altro ancora; insomma, è veramente impossibile riproporre due volte lo stesso match! In questo menù, visto che è quello che apre gli utenti al multiplayer in locale, potrete avviare gli incontri a squadre, i tornei e accedere alla sezione “mischia speciale” in cui potrete accedere agli incontri “sudden death”, mischia totale, che funziona più o meno come un incontro a vite ma in cui potrete assegnare a ciascuna di essa un personaggio diverso, e mischia variabile, ancora una volta un’altra modalità in cui avrete ancora un’altra miriadi di customizzazioni, stavolta relativi ai singoli partecipanti di un incontro. Tutto questo, diciamo, copre la base del gameplay di questo Super Smash Bros. Ultimate, rispetto ai precedenti più vario che mai.
Inutile a dirlo, potrete usufruire di tutte queste customizzazioni anche in online, dove potrete competere in match casuali veloci oppure creando o partecipando in lobby in cui si stabiliscono tipologia di match, modalità di eliminazione, eventuali modifiche e molto altro ancora. La qualità degli incontri online, al solito, dipende dalla connessione dei giocatori che incontrerete, soprattutto di quelli che organizzeranno la stanza, ma vi possiamo assicurare che il più delle volte non ci siamo imbattuti in problemi che hanno limitato la nostra esperienza esperienza online; giocare online non solo protenderà la vostra esperienza con Super Smash Bros. Ultimate verso l’infinito ma potrete anche collezionale le schede smash, delle vere e propre placchette contenenti i nomi degli avversari che sconfiggerete online e che potrete anche scambiare per dei gettoni da spendere nel negozio in-game, in cui potrete comprare brani musicali, vestiti e accessori per i Mii fighters, spiriti, snack (di questi ultimi due ne parleremo più avanti) e aiuti vari per la modalità tabellone degli spiriti.

Everyone is here

Prima di analizzare le due restanti sezioni principali del menù iniziale, vogliamo dare un attento sguardo all’immenso roster di personaggi di questo nuovo capitolo che comprende letteralmente ogni personaggio mai apparso in questa serie di picchiaduro, anche i personaggi non-Nintendo come Solid Snake, Sonic, Bayonetta o Cloud Strife. In questo gioco sono presenti ben 76 personaggi selezionabili (che si sbloccheranno piano piano ma comunque molto facilmente) e altri sono in arrivo come Joker dalla serie RPG Persona di Atlus e il cubettosissimo Steve direttamente dal popolarissimo Minecraft. Ogni personaggio potrà portarvi alla vittoria in quanto, in linea generale, non esistono disparità di nessun tipo (ma solo vantaggi e svantaggi) o personaggi particolarmente over-powered; Sora Ltd. e Bandai Namco hanno davvero consegnato ai giocatori dei combattenti ben bilanciati in grado di offrire delle sfide sempre eque e ciò non è facile quando si consegna un roster di questa portata. Per ogni personaggio, o meglio per ogni saga presente in questo gioco, c’è una gran bella selezione di stage che ben le rappresentano, molti storici, come il Castello di Peach per la saga di Super Mario, le rapide di Donkey Kong Country, Brinstar di Metroid, Mute City di F-Zero, Onett di Earthbound e lo stage di Pictochat, ma molti nuovi come New Donk City da Super Mario Odyssey, la torre delle origini di The Legend of Zelda: Breath of the Wild o le Torri Cittadine di Splatoon e Splatoon 2.
Fornire un’overview dei temi degli stage (che, come tipico della saga, sono più di uno per stage ed è possibile impostarne la frequenza nel menù delle opzioni), è veramente impossibile in quanto, in proporziona alla grandezza del gioco, tanti sono i personaggi, tanti gli stage, tanti i brani! Nella sezione musica, dove possiamo ascoltare i brani liberamente (con una convenientissima divisione per saghe), possiamo renderci conto non solo della quantità di quest’ultimi ma anche della qualità degli stessi. Come al solito troveremo tanti nuovi temi composti per l’occasione ma a rubare la scena saranno senza dubbio i temi familiari delle saghe dei combattenti presenti, che sia rivisitati per l’occasione che in versione originale; ascoltare per credere!
Sempre nella stessa sezione “musica” è possibile creare delle playlist con i vostri brani preferiti ma anziché fissare come dei vegetali la schermata di selezione durante l’ascolto potrete premere “L” e ”R” insieme per fare andare la console in modalità riposo: in questo modo, in modalità portatile, potrete attaccare gli auricolari alla console e continuare ad ascoltare la musica dal vostro Nintendo Switch come fosse un tablet, l’ideale se la trasporterete all’interno di uno zaino.
La grafica, come al solito, non presenta caratteri di particolare rilievo ma i dettagli dei personaggi, laddove sono richiesti (insomma, ricordiamo che è un gioco dove potrete far scontrare Mario contro Bayonetta o Pac Man con Snake) sono sempre ben accentuati e ben presentati, come la texture a jeans della salopette di Mario o la pelliccia dei “combattenti pelosi” come Fox, Inceniroar, Pikachu o la versione yarn di Yoshi; sia in dock che in modalità portatile la qualità della grafica HD vi restituirà sempre una grafica veramente all’altezza e per nessun motivo l’eccezionale azione di Super Smash Bros. Ultimate calerà dai suoi stabili 60 FPS (fatta eccezione per qualche match online con qualche giocatore con una brutta connessione di rete, ma lì parliamo di lag e non di cali di framerate).

On that day…

Passiamo alla modalità avventura, qui un mix della precedente campagna di Brawl, L’Emissario del Sub-spazio, e la event mode di Melee, caratterizzata da una serie di sfide a tema. Abbiamo anche una storia il cui filmato iniziale, apparso in diretta mondiale nell’ultima direct di Nintendo dedicata a Super Smash Bros. Ultimate prima del lancio, ci mostra una creatura celeste al comando di un esercito di Master Hand. Gli eroi Nintendo, appositamente schierati per combatterli, cadono uno dopo l’altro e una volta catturati vengono clonati; l’unico a salvarsi è Kirby, non a caso la prima creazione di Masahiro Sakurai, e toccherà dunque a lui salvare i restanti personaggi del roster. Come al solito, le tematiche che avvolgono la ormai famosa lore di Super Smash Bros. sono celate dietro a un simbolismo abbastanza complesso che racconta metaforicamente la vita e il rapporto di Masahiro Sakurai con Nintendo e, anche una volta arrivati al termine dell’avventura, non tutto è mai chiarissimo; affronteremo questo discorso in un futuro articolo, a continuazione del precedente (che vi abbiamo linkato qualche riga più su) in cui spiegammo la complessa lore di questo gioco, in quanto ci sembra di aver decifrato i simboli di questa nuova avventura… E vi anticipiamo che i risvolti possono essere abbastanza tragici!
Nella modalità avventura ci verrà spiegato tutto ciò che c’è da sapere riguardo agli spiriti di cui si parla tanto nel gioco. Questi sostituiscono i trofei dei precedenti giochi in tutto e per tutto e dunque viene abbandonato il modellino 3D in favore di un più semplice ma più caratteristico artwork originale; a questi, adesso, vengono attribuiti elementi RPG e diventano dunque degli equip da usare in battaglia in questa modalità. Gli spiriti, oltre agli spiriti del personaggio ottenibili dalla modalità classica (e dal negozio per quel che riguarda i costumi alternativi di alcuni personaggi, come Mario sposo, Alphie o i Koopalings), si dividono in spiriti combattenti e spiriti aiutanti. I primi sono di tre tipi + uno, ovvero attacco, difesa, presa e neutro: fra i primi tre c’è un rapporto triangolare (difesa batte attacco, presa batte difesa e attacco batte presa) e tendono a migliorare quel determinato aspetto (se ci equipaggiamo di uno spirito difensivo dureremo di più in battaglia, con attacco infliggeremo più danni e con quelli presa infliggeremo più danni con le prese) mentre il neutro batte tutti quanti anche se non concede particolari vantaggi. Lo spirito combattente equipaggiatoad ogni battaglia accumulerà esperienza salendo di livello e ciò aumenterà il numero di overall: questo ci permette di capire orientativamente il livello del nostro avversario o squadra avversaria perciò, se vogliamo avvantaggiarci in battaglia è meglio sempre superare quello del nostro avversario e selezionare la tipologia opposta (insieme ad una buona tecnica generale, non sempre il numero più alto e la tipologia inversa assicura la vittoria). Si possono potenziare questi spiriti, inoltre, con i già citati snack, le basi del personaggio, che otterremo quando congederemo uno spirito dal menù congeda, con la palestra di Doc Luis, l’iconico allenatore di Little Mac di Punch Out!!, e le zone di esplorazione di Toadette, Charlie e Linebeck (questi da sbloccare nel corso dell’avventura).
Ogni spirito combattente ha degli slot, da uno a tre, a questi possiamo assegnare gli spiriti aiutanti: questi modificheranno ancora di più l’esperienza di gioco migliorando un nostro determinato aspetto, come l’aumento della potenza degli attacchi fisici, frontali, in corsa, alzare la difesa contro pugni e calci, esplosioni e oggetti contundenti, oppure annullare delle particolarità dello stage o dell’avversario. Gli effetti sono veramente tantissimi e ci è impossibile elencarli tutti ma ciò che vi basta sapere è che tutti questi permettono un tipo di gameplay, in modalità avventura o persino in modalità smash o online se i giocatori vorranno, altamente personalizzabile. Capire tutti questi meccanismi, specialmente con le poche righe di tutorial, è abbastanza difficile e confusionario ma vi assicuriamo che facendo esperienza nella modalità avventura capirete tutto quello che c’è da sapere su questa nuova meccanica RPG.
Il nostro Kirby verrà catapultato in un mondo devastato da questa creatura celeste di nome Kiaran (o Galeem in inglese) e qui, passo dopo passo, incontrerà spiriti dei combattenti da liberare, diventando dunque giocabili in questa modalità, e spiriti combattenti e aiutanti da salvare, incarnati dalle copie generate dalla loro cattura all’inizio del gioco. Gli spiriti, anche se non l’abbiamo menzionato, sono – diciamo – personaggi non giocabili di cui è però presente l’artwork all’interno della lista degli spiriti: pertanto, qualora dobbiamo affrontare uno spirito in battaglia, troveremo il o i personaggi del roster che più somiglia a quello spirito: lo spirito di Baby Bowser (che ricordiamo non è Bowser Jr. ma il Bowser bambino della saga di Yoshi’s Island) sarà rappresentato da un Bowser Maxi (esattamente come nel finale del primo titolo della sua saga), X verrà rappresentato da un Mega Man con un blu più schiarito, Chibi Robo da R.O.B., Meowth da Fuffi (o Isabelle), T. Hawk da un Inceneroar blu e così via. Nonostante l’assenza dal roster principali di questi personaggi (e che forse, apparendo lì, Nintendo ci sta facendo intendere che non usciranno più tardi come DLC… Spiacente fan di Waluigi di tutto il mondo!) è veramente interessante vedere come gli sviluppatori abbiano fatto di tutto pur di offrire al giocatore una lotta, seppur scarna, con questi ipotetici personaggi al di là del semplice colore: la lotta contro Rocky, uno dei nemici/amici di Kirby che permette la trasformazione in roccia nella sua saga, è rappresentata da una battaglia contro più Kirby ma l’unico attacco che questi faranno è solamente la mossa speciale in basso, la trasformazione in roccia, esattamente il potere che conferiva questo nemico a Kirby nei suoi giochi! È davvero uno spasso riconoscere tutti questi segnali, specialmente per i “nintendari” più affiatati!
In questo overworld, costruito all’incirca sulla falsariga dei Super Mario in 2D, incontreremo questi spiriti sotto forma di aura luminosa e una volta superata la sua battaglia lo otterremo e sarà disponibile nel nostro arsenale degli spiriti. A ogni modo, il vagare per l’overworld alla ricerca di spiriti non è di certo tutto, né l’esplorazione sarà così lineare come pensiamo: al di là dei semplici incroci troveremo le palestre per attribuire ai nostri spiriti combattenti ulteriori abilità, le zone di esplorazione, empori dove poter comprare spiriti esclusivi, ma anche sentieri bloccati dalle rocce, ponti rotti, ferrovie, laghi da attraversare ma soprattutto sub-aree tematiche, importantissime per procedere nell’avventura.
A ogni battaglia riceveremo inoltre delle sfere abilità da spendere nell’albero delle abilità del menù di pausa della modalità avventura: similarmente a Final Fantasy X o Fist of the North Star: Ken’s Rage (l’iconico spin-off della saga di Dynasty Warriors basato sulla saga di Ken il Guerriero per Xbox 360 e PlayStation 3) avremo una mappa delle abilità in cui espanderemo le nostre abilità spendendo le sfere, dal centro verso fuori. I giocatori potranno cominciare a sbloccare le abilità più avvantaggianti rispetto al loro stile di gioco, come per esempio migliorare le prese se ne sono grandi utilizzatori, ma una volta riempito il 50% delle abilità di questo albero (e ci vorrà del tempo) il nostro stile di gioco, inevitabilmente, diventerà un po’ troppo over-powered e ciò lederà un po’ alla fruizione della modalità avventura visto che le battaglie, nonostante gli avversari diventano sempre più forti, diventeranno molto facili, anche impostando la difficoltà a difficile. Nonostante tutto, questa modalità ci porterà a milioni di sorprese e proprio quando pensiamo che l’avventura stia volgendo al termine, ecco che ci sorprende con qualcosa di inaspettato (vogliamo rimanere più no spoiler possibili), sensazioni paragonabili al trovare il castello inverso in Castlevania: Symphony of the Night. Provare per credere!

L’ultima modalità del menù spiriti è il Tabellone degli spiriti. Qui si possono trovare grossissima parte degli spiriti che non siamo riusciti a trovare nella modalità avventura (e ve ne accorgerete guardando l’elenco degli spiriti nel sub-menù collezione) ed è di base, diciamo, un proseguo parallelo alla modalità avventura: in questo menù c’è un tabellone con 10 spazi, ognuno contenente uno spirito, dunque una battaglia alla fine della quale parteciperemo a un minigioco che ci permetterà di ottenere effettivamente lo spirito. La particolarità sta nel fatto che questi 10 spazi hanno un tempo limite, 5 minuti per slot (15 se si tratta di uno spirito leggenda, uno raro), e perciò, anche qui, bisogna agire con astuzia e dar dunque precedenza agli spiriti che non abbiamo o ci servono per evocare gli altri spiriti nella modalità evocazione. In questa modalità, come possiamo aspettarci, gli spiriti appariranno casualmente e anche se troveremo spesso tanti spiriti che possediamo già vi garantiamo che quasi sempre troverete almeno uno spiriti che non avete; diciamo che la probabilità, nel tabellone degli spiriti, gioca a vostro favore, diversamente dalla vecchia macchinetta dei premi/slot machine di Melee e il flipper/pachinko di Brawl.
L’ultimo modo, invece, per ottenere gli spiriti è evocarli dall’apposito menù: qui troveremo ancora molti altri spiriti, molti dei quali non appariranno né nel tabellone degli spiriti né nell’overworld dell’avventura, e per ottenerli dobbiamo semplicemente sacrificare almeno due spiriti dalla nostra collezione. All’inizio sarà difficile scegliere quale e addirittura se evocare uno spirito, tanto che l’istinto naturale è quello di aspettare di collezionare dei doppioni per poi evocare uno degli spiriti, ma il nostro consiglio è tuttavia quello di buttarvi: anche se si perdono due o a volte anche tre, quattro spiriti l’importante è riempire la collezione, che non si priverà mai di uno spirito perduto, e anche se si perdono certi spiriti alla quale potreste essere particolarmente affezionati vi basterà sapere che quello che evocate sarà superiore in tutto rispetto a quelli che sacrificherete. Perciò non vi preoccupate, riempite la vostra collezione generale anche perché vi garantiamo che, a differenza di tutte le precedenti entrate della serie Super Smash Bros. in cui per ottenere tutti i trofei spesso e volentieri si ricorreva a Game Shark e Action Replay, sarà possibile collezionare tutti 1303 spiriti presenti nel gioco (perora), giusto per mostrare il vostro “spirito nerd” al mondo intero!
Ultima azione che potrete fare nel sub-menù collezione e congedare gli spiriti. In questo menù potrete liberarvi degli spiriti che non vi piacciono oppure dei doppioni, facendoli trasformare in basi e ottenendo dei punti spirito, che permettono il potenziamento coi snack degli spiriti combattenti e possono essere spesi per comprare gli oggetti in vendita negli empori della modalità avventura. Una base può esservi utile per il potenziamento degli spiriti combattenti ma in realtà sono ancora più ultili per le evocazioni: nel caso avevate già congedato, per farvi un esempio, un doppione, e dunque ottenuta la sua base (che rimarrà legata al personaggio dalla quale viene ottenuta), qualora serva il suo spirito per una evocazione potrete usare questa anziché sacrificare uno spirito.

Una nuova pietra miliare

Anche per questa generazione Sora LTD. e Bandai Namco, insieme a Nintendo e tutte quelle compagnie esterne che si sono offerti di partecipare a questo incredibile crossover come Sega, Konami, Capcom e persino Yacht Club Games e Way Forward (che hanno garantito la presenza di Shovel Knight negli spiriti e nel roster degli aiutanti e di Shantae solo negli spiriti), si sono letteralmente superati consegnando un gioco capace di offrire a un giocatore un quantitativo di ore infinite di gioco fra campagne single player, multiplayer locale e online. Non ci sono pecche in questo eccellente picchiaduro che non mostra alcun segno di invecchiamento… Se non un accorgimento (personale) che vorremo fare. L’unico punto a sfavore, secondo noi, di questo incredibile Super Smash Bros. Ultimate è proprio il sistema e la sezione degli spiriti. Per quanto funzionante, funzionale e chiara possa essere questa veste RPG nelle modalità in cui è applicabile essa, in parte, snatura ciò che è la serie in sé, ovvero un gioco picchiaduro in cui ogni secondo conta: per quanto ciò non intacchi il gameplay in generale e sia giustamente innovativa in un gioco del genere, essa è difficile da comprendere ed è un qualcosa che secondo noi, per quanto interessante, possa essere quanto di più lontano c’è da questo genere videoludico. E, in conclusione, vorremo anche sottolineare quanto abbozzata sia stata la scelta di soppiantare i trofei in favore degli spiriti, che sono in sé degli artwork originali dei giochi da cui provengono. Sì, sono molto belli, sì, è molto bello guardarli e inserirli stato senza dubbio molto più conveniente di creare dei modellini 3D da zero risparmiando tempo, denaro e spazio in memoria – sarà bastato buttare a casaccio una serie di file png – ma perché togliere le descrizioni che accompagnavano i trofei in Melee e Brawl? I vecchi giochi, sotto questo aspetto, non erano solo dei giochi competitivi ma erano anche delle vere e proprie enciclopedie dalla quale era possibile conoscere la storia di ogni trofeo, e dunque personaggio (o oggetto), rappresentato nei trofei, una vera e propria celebrazione della storia di Nintendo. Super Smash Bros. Ultimate è certamente un titolo inarrivabile… Ma forse non riesce ancora a detronizzare un gioco come Melee che, a distanza di quasi diciotto anni, risulta ancora incredibilmente attuale.
A ogni modo, come il titolo ci suggerisce, è il titolo definitivo di questa immensa saga che a sua volta ne abbraccia tante altre, il culmine del gameplay, il coronamento generazionale della “nintendosità” che ha soddisfatto in toto le aspettative degli appassionati. Decisamente un titolo obbligatorio per chi possiede un Nintendo Switch, un titolo che ancora ha ancora molto da dire grazie ai DLC che ancora devono addirittura essere annunciati.




Moonlighter

Da giocatori, o più precisamente da avventurieri, siamo stati in una marea di negozi, fra venditori più o meno tirchi per comprare o vendere oggetti. Ma vi siete mai chiesti cosa si prova a stare al posto del venditore? Come fa questi ad avere tanti begli oggettini da vendere? Per la prima volta potremo scoprirlo in Moonlighter, il piccolo miracolo indie della Digital Sun Games pubblicato da 11 Bit che incorpora parti action à la The Legend of Zelda, e dungeon per raccogliere tesori, e parti da business simulator in cui dovremmo vendere, in base alla domanda e al valore, tutto ciò che abbiamo saccheggiato (o parte di esso) e gestire il nostro negozio e il piccolo villaggio dove risiede il nostro Will. Il titolo è disponibile per Playstation 4, Xbox One e PC, e quest’ultima è la versione che prenderemo in considerazione.

Sogno di un commesso viaggiatore

Una notte, vicino al villaggio di Rynoka, appaiono dal nulla delle porte che conducono a dei dungeon, delle cripte in continuo mutamento piene di tesori preziosi; si formano così due squadre di esploratori contrastanti, i mercanti e gli eroi. Di questi non molti fanno ritorno e, con l’aumentare delle vittime, gli abitanti del villaggio decidono di chiuderne tutte le entrate. Senza tesori da vendere, Will, proprietario del negozio Moonlighter, vive giorni molto bui, ma un giorno, armato del suo coraggio e la sua voglia di seguire le orme del suo avventuroso padre Pete, decide di andare di entrare in un dungeon per cambiare la sorte della sua attività ed essere sia un eroe che mercante. Il gioco si alterna in sezioni diurne, nelle quali potremo aprire il negozio al pubblico e guadagnare più soldi possibili, e notturne, che sfrutteremo principalmente per andare a saccheggiare i dungeon. La loro forma richiama immediatamente quella del primo The Legend of Zelda (stanze rettangolari con quattro porte) ma la particolarità di queste cripte, così come accennato nella storia, è che a ogni nostro ingresso troveremo una struttura diversa; i dungeon si comporranno su tre livelli e, più scenderemo nel profondo, più rari saranno i tesori che troveremo (ma anche più resistenti e forti i nemici). Non troveremo mai porte da aprire con delle chiavi: è possibile infatti fiondarci direttamente all’ingresso delle sezioni successive, ma il tempo che dedicheremo all’esplorazione verrà ripagato col ritrovamento di ceste che conterranno dei tesori molto preziosi oppure oggetti che potremo usare per costruire armi, armature, migliorie per quest’ultime o creare delle pozioni. Il nostro inventario è composto da 20 blocchi (disposti a 5×4) ma il disporre i tesori all’interno di esso non è molto facile in quanto tutti gli oggetti che raccoglieremo dalle casse (che saranno sempre quelli che valgono di più o i più utili nel crafting) avranno delle maledizioni o degli incantesimi particolari: alcuni dovranno essere messi obbligatoriamente sul fondo o sulla cima della nostra borsa, altri distruggeranno un oggetto vicino quando usciremo dal dungeon oppure non appena gli troveremo una collocazione nella borsa, altri si romperanno se prenderemo troppi colpi e altri ancora rimarranno oscurati fino alla nostra uscita; a ogni modo, sempre dalle casse, avremo modo di raccogliere dei tesori intrisi da incantesimi che possono distruggere le maledizioni sopracitate (e dunque poter raggruppare un determinato numero dello stesso tesoro in un solo blocco), mandare i nostri ritrovamenti più preziosi direttamente al Moonlighter liberando la nostra borsa oppure addirittura trasformare un tesoro vicino in uno più prezioso. Se proprio non abbiamo più spazio per portare altri tesori possiamo “sacrificare” i tesori allo specchio magico che trasformerà istantaneamente i tesori in denaro; una meccanica semplice e intelligente purtroppo rovinata dall’assenza di un tasto “seleziona tutto”, che si traduce nel dover portare ogni singolo oggetto (o gruppo di oggetti) dallo slot dell’inventario, o cassa, allo slot dello specchio che si trova in basso a sinistra… per ogni singolo tesoro! La gestione dell’inventario, insieme all’azione vera e propria, è decisamente l’elemento più importante e bisogna sin da subito capire il meccanismo delle maledizioni e incantesimi per poter fare uscire dai dungeon più tesori possibili al fine di migliorare il nostro equipaggiamento sin da subito senza perdere troppo tempo; a tal proposito, non ci sono molti tutorial e, per quanto l’inglese utilizzato nel gioco non sia eccessivamente astruso, bisognerà comprendere il prima possibile questi meccanismi per non finire nel logorio di un grinding che potrebbe rivelarsi lungo, talvolta erculeo, in quanto i prezzi del fabbro che crea le armi e la strega che prepara le pozioni sono veramente tarati per un margine d’errore vicino allo zero!
Per questa ragione – dover guadagnare denaro di continuo per ottenere le migliorie necessarie – ci toccherà andare in uno stesso dungeon più volte, con il risultato di un gameplay ripetitivo, ma ciononostante piacevole, in un certo senso molto simile alla meccanica dei 3 giorni proposta in The Legend of Zelda: Majora’s Mask; capiterà spesso che, per esempio, arrivati alla terza sezione non saremo abbastanza forti o non avremo un armatura decente e perciò potremo uscire in qualunque momento offrendo dei soldi al talismano o al catalizzatore (catalyst) che, a differenza del primo, potrà farci tornare nella stessa stanza del dungeon dalla quale siamo usciti (e dunque senza doverlo ripercorrere dalla prima sezione). Gli altri due modi per uscire dai i livelli sono i più classici, ovvero uccidere il boss di fine livello, che ci farà avere accesso ai tesori più preziosi della cripta, oppure l’essere sconfitto in qualunque parte del dungeon, che comporterà la perdita di tutti gli oggetti nella borsa a eccezione dei primi cinque blocchi in alto che rappresentano le nostre tasche (è meglio dunque mettere in queste posizioni gli oggetti più importanti). Per non morire dovremo capire sin da subito che tipo di approccio vogliamo utilizzare: Will potrà portare due delle cinque armi proposte nel gioco, ovvero spada e scudo, lancia, spadone, artigli e arco e frecce, e a ciò consegue che il giocatore potrà scegliere tra stili di gioco diversi. Abbiamo un temperamento audace? Preferiamo sferrare pochi attacchi ma potenti? Contempliamo per lo più attacchi ravvicinati? L’arma di base sarà la spada e lo scudo ma ben presto, come scenderemo nel Golem Dungeon, avremo modo di prendere i primi materiali per poter costruire le restanti armi e capire velocemente quale stile di combattimento ci si addice di più, anche perché Moonlighter non è affatto un gioco facile; fino a quando, procedendo nel gioco e finendo nei dungeon successivi, non avremo un’armatura completa (e possibilmente omogenea visto che possiamo comporre delle armature di stoffa, acciaio o ferro) i nemici ci faranno sempre il cappotto e perciò avere una buona armatura fin da subito è fondamentale. Controllare Will è molto semplice: si muove e attacca esattamente come farebbe Link in titoli come A Link To The Past anche se l’esperienza è rovinata da una sorta di legnosità generale (persino all’interno dei menù); i comandi rispondono bene, ma alternare attacco e difesa risulta un po’ astruso, specialmente se si usano armi diverse dalla spada e lo scudo, che si richiama col tasto B se si usa un controller per Xbox. Con le altre armi, al posto di difenderci con lo scudo, è possibile sferrare degli attacchi speciali (caricati) e dunque mettere al tappeto i nemici in tempi più brevi; l’unica vera maniera per difenderci con le armi diverse dalla spada è il tasto RB che, in perfetto stile Link, farà allontanare Will con una capriola (che funzionerà ugualmente andando contro il nemico o tentando di superare un attacco a proiettile). Nonostante qualche piccola sbavatura, il gameplay puro risulta tuttavia molto piacevole, è molto soddisfacente uccidere i nemici per raccogliere i loro tesori e una volta abituati alla legnosità dei comandi si imparerà a sfruttare al meglio le capacità di Will; tuttavia, il gameplay all’interno dei dungeon non è che il 50% del gioco.

Che vada a lavorare!

Come abbiamo accennato prima, Will è il proprietario del negozio Moonlighter, che di giorno ci toccherà gestire accogliendo i clienti interessati alla nostra mercanzia. Ogni tesoro ha, diciamo, un valore oggettivo ma dovremo venderlo tenendo conto della domanda generale. Quando venderemo un oggetto per la prima volta, e dunque non ne conosciamo il giusto prezzo di vendita, dovremo fare attenzione alla reazione del cliente e, a seconda di questa, potremo ogni volta parametrarci. Ci sono 4 reazioni principali e saranno mostrate sul balloon al di sopra di ogni cliente intento a comprare un oggetto:

  • la prima ci mostra una faccina molto felice con degli occhi “a monetina”; questa reazione ci indica che il cliente ha trovato un oggetto a un prezzo stracciato e dunque, anche se faremo la sua felicità, la prossima volta che rivenderemo lo stesso oggetto ci converrà gonfiare un po’ il prezzo.
  • La seconda è una faccina normalmente felice; beccare questa reazione significa fondamentalmente aver trovato il prezzo perfetto e ci converrà mantenerlo a discapito della domanda.
  • La terza faccia è una faccina triste; solitamente il cliente eviterà di comprare l’oggetto ma è anche possibile che lo prenda ugualmente e lo pagherà per il prezzo stabilito. Tuttavia, se lo farà, farà abbassare la domanda generale e perciò quando vedremo un cliente reagire in questo modo e lascerà l’oggetto sullo scaffale ci converrà cambiare tempestivamente il prezzo prima che si verifichi lo stesso caso con uno che lo comprerà (ovviamente è possibile cambiare il prezzo durante le fasi di vendita).
  • L’ultima faccina è quella oltraggiata; se un cliente reagirà così di fronte a un oggetto significa che il prezzo supera di gran lunga il suo valore effettivo e perciò nessuno comprerà mai l’oggetto.

Tutti i dati che raccoglieremo sui tesori in fase di vendita, ovvero i prezzi correlati alle emozioni che vengono scaturite e il livelli della domanda, saranno segnati sul nostro quaderno del mercante e ciò ci sarà di grande aiuto sia in negozio che nei dungeon qualora ci troveremo nella situazione di dover scartare un oggetto in favore di un altro. A ogni modo, gestire un negozio (così come nella realtà) non consiste solamente nel piazzare degli oggetti sugli scaffali e nell’aspettare che i clienti vengano a comprarli; dobbiamo rendere l’ambiente piacevole e, come si solitamente si dice, avere gli occhi anche dietro la testa. È possibile anche intuire quale tipo di oggetto vogliono i clienti quando entrano (sempre da un balloon che appare sopra la loro testa), così come possiamo capire se qualcuno è intenzionato a rubare; noi non possiamo cacciare i ladri quando entrano ma dobbiamo stare attenti a non perderli di vista in mezzo alla folla e quando allungano le mani e tentano di scappare con la refurtiva dobbiamo fermarli tempestivamente con una capriola. Ai clienti, inoltre, non piace fare shopping in un ambiente scialbo e perciò dobbiamo fare in modo che si trovino a loro agio… così da far in modo che sborsino di più! Avremo modo di abbellire il negozio con oggetti da appoggiare al bancone o sui muri e ognuno di essi avrà un effetto particolare: alcuni faranno sì che i clienti lasciano una percentuale di mancia, altri fanno fanno scorrere il tempo più lentamente, altri diminuiscono i furti o fanno sì che in una giornata entrino più clienti del normale. Tuttavia nulla di tutto ciò è possibile fino a quando non apporteremo la prima modifica al negozio. All’inizio il nostro negozio sarà minuscolo e ci sarà spazio per giusto quattro oggetti per la vendita ma possiamo allargarlo utilizzando la bacheca al centro del villaggio dalla quale è possibile finanziare il proprio negozio per delle migliorie: queste includono l’allargamento del locale, l’aggiunta dei cesti per gli oggetti in offerta, casse più larghe per accumulare gli oggetti invenduti o quelli che ci servono per la creazione delle armi e pozioni, migliori letti, che ci faranno dormire meglio recuperando così della vita oltre il massimo, e migliori registratori di cassa per far sì che i clienti lascino una grossa percentuale di mancia (magari fosse così semplice nella vita vera). Un buon imprenditore però non è tale fino a quando non investe i propri soldi in altre attività; in Moonlighter avremo anche la possibilità di finanziare altre attività e queste ci daranno l’opportunità sia le fasi di vendita che la nostra esperienza nei dungeon. Dalla bacheca potremo finanziare un fabbro, che ovviamente ci costruirà le armi e le armature, un negozio di pozioni, un negozio simil Moonlighter che venderà gli stessi oggetti che troviamo nei dungeon (molto comodo se, per esempio, abbiamo bisogno di un certo materiale per costruire un arma e ci noia andare in un dungeon per un solo oggetto), un negozio per gli oggetti che servono ad abbellire il nostro locale e un banchiere che investirà un po’ del nostro capitale in altre attività e ce lo restituirà dopo sette giorni con gli interessi. L’esperienza commerciale di questo gioco è veramente curata e trasmessa con passione ma, un po’ come accade per le armi e le pozioni, il tutto è sempre collegato ai meccanismi dei tesori dei dungeon perché i prezzi, anche per i finanziamenti, sono tarati per un margine di errore pari a zero.

Venti di cambiamento

In termini di grafica Moonlighter ci delizia con una pixel art veramente deliziosa che si esprime nelle fasi di gameplay e  nelle brevi cutscene che mostrano delle immagini statiche (sempre molto belle). La grafica, in maniera generale, si rifà per lo più a The Legend of Zelda: the Minish Cap e ai giochi Pokémon della generazione del Gameboy Advance e perciò, nonostante la palette da 16/32-bit, personaggi e ambienti risultano molto curati, e dettagliati quanto basta. Non ci sono bug grafici di rilievo, e quelli presenti sono addirittura utili per avere un vantaggio con i nemici; in poche parole, è possibile (specialmente con lo spadone) colpire i nemici dalla parte opposta di un muro e rimanere protetti da (alcuni) attacchi nemici. Il titolo non si pone certamente come un gioco altamente realistico e dunque piccolezze come queste possono essere perdonate senza grossi compromessi e, in questi casi, persino sfruttate. La colonna sonora presentata è veramente deliziosa e tranquillamente accostabile a una di quelle di The Legend of Zelda; nulla al livello di Koji Kondo, ça va sans dire, ma i pezzi sono davvero ben composti, ben caratterizzati e anche ben registrati. Ci sono in totale quattro livelli, il dungeon di pietra, della foresta, del deserto e quello tecnologico, e pertanto i pezzi proposti sono molto vari e riescono a dare la giusta personalità, e persino serietà, ai determinati ambienti; ci sono bei pezzi orchestrali, riprodotti molto fedelmente, sfumature etniche, elettroniche nel dungeon tecnologico… insomma, si riesce a adattare perfettamente a ogni situazione regalando al giocatore un ottima cornice per un’avventura veramente particolare. Ogni dungeon ha sempre il suo tema e man mano si cambia di sezione varierà anche il tema, senza perdere le melodie portanti o il mood generale del pezzo; davvero molto ambizioso per un gioco indie. Unico problema, forse, è che si sarebbe potuto fare di più sul piano delle voci; non si chiedeva certamente un gioco interamente doppiato ma sentire anche un lamento da parte del personaggio principale sarebbe stata una buona implementazione. Abbiamo pertanto un personaggio con, sì, una personalità ben definita ma senza alcuna vera profondità; Will non si dimena quando dà un colpo di spada, non si lamenta quando viene colpito e non urla quando cade. Un po’ deludente come fattore.

Diamo a Will ciò che è di Will

Moonlighter è un gioco veramente curato in ogni dettaglio, è pieno zeppo di obiettivi, personalizzazioni, crafting e tanto altro. Può certamente interessare ai fan di The Legend of Zelda, gli amanti dei dungeon crawler e persino dei gestionali. Il solo problema di questo titolo, che sorprendentemente è al contempo anche il suo punto forte, è l’esubero di contenuti, non tanto perché risulti difficile stare dietro ai tanti obiettivi che il gioco ci pone, ma tanto perché è un po’ come giocare a Jenga! È davvero snervante andare in un dungeon con l’obiettivo di cercare un determinato oggetto che ci servirà per creare o migliorare un arma per poi uscire, ad esempio, con una quantità insufficiente oppure terminare una sessione di vendita e non avere ancora abbastanza soldi per poter finanziare un’attività o comprare qualcosa dal fabbro o dalla strega pur avendo i materiali. Insomma, se si fa qualcosa di sbagliato crolla tutto il resto! È importantissimo inoltre comprendere il funzionamento del sistema di maledizioni e di incantesimi dei tesori per fare più soldi possibili e purtroppo è molto difficile comprenderlo senza un tutorial o una vera guida.
Bisogna appunto essere molto pazienti con questo titolo, sperimentare, stare attenti alle icone e, in fase di vendita, alle reazioni, alle intenzioni dei clienti, e altro. Ci sono molte cose su cui dovremo istruirci, ma in Moonlighter saremo soli contro un sistema un po’ difficile da capire. Ma nella vita non abbiamo un tutorial, e anche per gestire un’attività bisognerà far ricorso a intelligenza e intuito.
È un titolo che o si ama o si odia, Moonlighter. Noi abbiamo più motivo d’amarlo, per la sua marcata personalità, per l’originalità e per meccaniche di gioco che sembrano non aver nulla in comune fra loro ma che in realtà si amalgamano molto bene. È uno Zelda-like molto più efficace e armonico di altri recentemente usciti come World to the West, che semplicemente soffrono di un’identità non troppo marcata. Speriamo solo che Moonlighter possa annoverarsi presto fra i grandi indie come Undertale, Axiom Verge o Limbo. Davvero sorprendente!




I migliori board game tratti dai videogame

Si avvicinano le vostre vacanze estive e non potete portare con voi la vostra console con i vostri giochi preferiti? Non c’è problema! Potreste sempre acquistare un gioco da tavolo.
Ormai come sappiamo dagli elementi di un videogame è possibile trarne fuori quasi ogni tipo di genere per l’intrattenimento, dai film a serie tv, giocattoli e persino board game. Negli ultimi tempi parecchi franchise famosi si stanno tuffando nel settore, ma solo alcuni riescono a portare qualcosa di davvero nuovo e coinvolgente.

Prendiamo come esempio lampante, tutti quei brand, come Zelda, Super Mario, Skyrim o Fallout e fidatevi, tanti, tanti altri, che anziché studiare qualcosa che sia in linea con il gioco in modo da offrire un prodotto originale, si affidano semplicemente alla semplice trasposizione, di alcuni degli elementi che li caratterizzano, in giochi come il Monopoli, Risiko!, o semplicemente in un gioco di carte, come per esempio Resident Evil Deck Building Game, in cui ci si limiterà a sfidarsi in un testa a testa utilizzando carte pescate dal deck.

In questo modo non offrono nulla di davvero significativo all’utenza: l’amante dei videogiochi, vuole qualcosa che duri nel tempo, un’esperienza di gioco che offra avventure durature e sempre nuove, in cui astuzia, ingegno e strategia siano il pane quotidiano.
Fortunatamente non tutti i brand si lasciano trasportare dalla corrente e spesso riescono anche a creare qualcosa di veramente eccezionale. Come Dark Souls: The Board Game, un dungeon crawler con tabellone modulare che ha mandato in solluchero i fan, con avventure degne del brand e miniature tanto belle e dettagliate da far girar la testa anche ai giocatori più esigenti.

Altri titoli sono in lizza come This War of Mine: The Board Game, un progetto nato tramite Kickstarter e quasi interamente fedele alla controparte digitale. Un gioco cooperativo in cui i partecipanti dovranno fare delle scelte morali, raccogliere informazioni e beni per la sopravvivenza e combattere con gli altri sopravvissuti se necessario. Il gioco prevede oltre 1900 tipologie di eventi differenti in cui i giocatori potrebbero trovarsi coinvolti e, nonostante comprenda centinaia di carte e token vari, come potete notare dalla foto, nasce in realtà per essere un “open & play” quindi ci vuole veramente pochissimo tempo per impostare una partita.

Ci sono inoltre giochi altrettanto belli ma più strategici: è il caso di The Witcher: The Adventure Game., con un tabellone un po’ più “classico” rispetto a quelli visti fino a ora. Ma non dimentichiamo le trasposizioni da tavolo di Doom e Gears of War: anche per questi due, le miniature catturano completamente la scena lasciando il resto quasi in secondo piano. Può essere davvero complesso riportare su tavolo un gioco come Doom, con le sue caratteristiche orde di demoni furiosi, sparatorie al cardiopalmo e glory kills ma, fidatevi di me, Doom: The Board Game, ha davvero tutto, anche le glory kills! In questo gioco co-op da 2 a 5 giocatori possono scegliere di schierarsi con i soldati della UAC oppure con i demoni e giocare in una serie di scenari differenti grazie alla board modulare a tessere. Meccaniche molto simili a quelle di Gears of War, che prevede un full immersion nel mondo delle locuste, con meccaniche, armi, abilità e compagni con i quali si dovrà pianificare la strategia giusta per eliminare gli alieni. Anche qui le dinamiche richiamano a gran voce quelle che troviamo nel videogioco.

Insomma, il mondo dei board game è davvero sconfinato, i succitati sono solo alcuni dei titoli disponibili tra quelli tratti dai videogame e, considerando che questa categoria di giochi coinvolge sempre più appassionati, speriamo possa esserci sempre più ragione di parlarne con titoli sempre nuovi e originali.




Dusty Rooms: il viaggio di Link in Majora’s Mask

The Legend of Zelda è una saga che certamente non ha bisogno di presentazioni. È difficile trattare questi titoli nell’ambito del retrogaming in quanto ognuno di esso, che sia uscito negli anni ’90, nella scorsa decade o per una console portatile, è sempre così attuale da poter essere giocato in ogni era videoludica, risultando quasi sempre al passo coi tempi (ne sono esempi i numerosi remake usciti per Nintendo 3DS e Wii U). Oggi entreremo nel profondo di uno dei titoli più strani della saga, un titolo molto discusso e, a oggi, ancora fra acclamazioni e stroncamenti. The Legend of Zelda: Majora’s Mask fu un titolo che, come al solito, riscosse un gran successo commerciale ma lasciò ai fan una certa angoscia, un retrogusto amaro che, in realtà, non è facile da descrivere. Frase molto comune, fra i più appassionati, è: “Majora’s Mask è uno dei titoli più cupi della saga di Zelda“. Ma perché? Cosa c’è dietro agli scenari bizzarri, agli artwork ombrosi e alle tristi storie di Majora’s Mask? Diamo uno sguardo alle tematiche che abbracciano questo spettacolare gioco per Nintendo 64, rilasciato non molti anni fa per 3DS con una nuova veste grafica. Ovviamente, se non avete ancora giocato a questo titolo ma avete comunque intenzione di farlo, vi sconsigliamo di leggere questo articolo e perciò preferiamo lanciare un allarme spoiler.

Le fasi del lutto di Kübler-Ross

Come ogni capitolo prima di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, Majora’s Mask ha una storia lineare e ci viene rivelata visitando i luoghi prestabiliti e i loro dungeon. In molti si lamentano del fatto che questo titolo è molto corto in quanto presenta solamente quattro dungeon e un hubworld. È possibile, tuttavia, riconoscere in questi cinque luoghi le altrettante fasi del lutto di Kübler-Ross, psicologa americana che ha studiato a fondo i fenomeni psicologici che avvengono prima della morte. Vediamoli insieme seguendo l’avventura di Link:

  • Negazione: la nostra avventura comincia a Clock Town, un borgo la cui luna ci si sta per schiantare. Nonostante questo grosso problema, nessuno sembra darci peso, appunto, sembrano negare che la luna stia per abbattersi sulla loro città: gli abitanti vivono nella più normale tranquillità, tanto è vero che la città è in fermento per il carnevale che comincerà fra tre giorni, tempo in cui la città verrà spazzata via. Per farvi un esempio, nell’ufficio del sindaco, il capocarpentiere Muto reputa dei codardi quelli che intendono fermare il carnevale per via della caduta della luna e il maestro di arti marziali del distretto est arriva persino a dirci che al terzo giorno taglierà in due la luna con la sua spada.
  • Rabbia: la nostra prima incursione al di fuori di Clock Town è alla palude a sud, zona della tribù dei Deku. Qui il capo tribù sta per giustiziare una scimmietta ritenuta responsabile per la scomparsa della principessa Deku nonostante la sua provata innocenza; il loro capo è semplicemente arrabbiato perché, non sapendo come reagire perde il controllo prendendosela con chi gli capita a tiro.
  • Patteggiamento: nel territorio a nord, lo spirito del goron Darmani prega Link affinché lo possa far tornare in vita per poter aiutare il suo villaggio. Tuttavia, l’unica cosa che il nostro eroe è in grado di fare è alleviare il suo dolore con la canzone della cura (no… Non quella di Franco Battiato!) e far vivere il suo spirito in lui dopo la sua definitiva morte.
  • Depressione: il passo precedente ci insegna dunque che alla morte non c’è scampo; si perde il contatto col mondo e perciò si cade in depressione. Nell’area ovest della mappa troviamo Lulu, una cantate zora che ha perso le sue uova, dunque i suoi figli; verremo a conoscenza della sua storia tramite i ragazzi della sua band mentre lei sta ferma a guardare l’orizzonte in silenzio, senza dirci nulla e, se è per questo, senza reagire di fronte alla scomparsa dei suoi piccoli.
  • Accettazione: l’ultima area da espolare sarà il Canyon Ikana. Nonostante questa sia una zona arida piena di morte è anche una zona in cui si accettano i propri sentimenti e si perdona per raggiungere la pace interiore. Per prima cosa troveremo il compositore Sharp che, quando sentirà la canzone della pioggia, ripensera a suo fratello Flat, anch’esso compositore, e lo perdonerà per essersi concentrato troppo nel ricostituire la famiglia reale con la conseguenza di averlo trascurato. Tuttavia, il simbolo più grande dell’accettazione è la Stone Tower all’interno del canyon; dopo averla scalata duramente finiremo all’interno di dungeon dove recupereremo la freccia luce che sta a simboleggiare l’illuminazione (che viene dal cielo, esattamente dove ci troviamo avendo letteralmente scalato una torre), l’accettazione della morte.

La tematica del lutto ci accompagna per tutto il gioco e il fatto che la quest principale finisca proprio con “l’illuminazione” non è di certo un caso. Il gameplay di Majora’s Mask si ripete costantemente negli stessi tre giorni e ciò simboleggia il lutto stesso: il fatto di essere intrappolati nella stessa situazione non è che un’allegoria di questo triste sentimento e appunto, l’unico modo per uscirne è accettare le nostre perdite o il fatto stesso che si muoia al termine della nostra vita. Tuttavia, premettendo che tutto questo sia vero, sorge una domanda spontanea: quale perdita stiamo elaborando, o meglio, quale perdita sta elaborando Link?

L’elegia del vuoto

Una prima ipotesi ci sorge guardando sia la fine di Ocarina of Time che quella che l’inizio Majora’s Mask: Navi, la fatina che accompagnò Link sia da adulto che da bambino nella precedente avventura, abbandona il nostro eroe una volta riposta la Master Sword nel suo piedistallo mentre, all’inizio del secondo gioco per Nintendo 64 ci viene spiegato che Link, dopo aver liberato Hyrule dal male, è partito alla volta di un viaggio personale e segreto, un viaggio alla ricerca di un amico. Che Link stia cercando di riempire il vuoto lasciato da Navi? Potrebbe essere una semplice spiegazione che giustificherebbe il tutto ma ciò non spiega diverse altre cose che in realtà ci portano a pensare ben altro, ovvero che Link si trovi in uno stadio oltre la vita e dunque in una sorta di purgatorio.

Innanzitutto diamo uno sguardo al nome di questa nuova landa che, ricordiamo, non è Hyrule: Termina ci fa pensare proprio a “termine“, “fine“, un luogo dove appunto terminano le nostre avventure. Questo mondo si trova sotto terra ma nonostante tutto c’è un cielo e si alternano giorno e notte (se non altro c’è anche una gigantesca luna che non potrebbe stare di certo all’interno di un pianeta), decisamente un po’ strano per essere un mondo sotterraneo dalla quale accediamo tramite un dirupo altissimo; è strano inoltre come Link possa essere sopravvissuto alla caduta dopo che la serie ci ha insegnato che cadere da punti alti non è sicuramente salutare. Ancor più strano è il fatto che Epona, il destriero dell’eroe, non solo possa essere sopravvissuta alla caduta ma anche aver percorso la stessa strada percorsa da Link (impossibile per un cavallo visto che bisognava sfruttare i fiori Deku) per poi finire al Ranch Romani. Inoltre, rimanendo tema, in questo nuovo mondo troviamo tante persone che abbiamo già visto in Ocarina of Time, come appunto le sorelle Romani (che reincarnano la gioventù e l’età adulta di Talon del precedente gioco), il suonatore d’organetto, la banchiera e molti altri. Non dimentichiamo inoltre la meccanica principale del gioco: le maschere e dunque l’abilità di prendere le sembianze di Darmani, Mikau e il figlio del maggiordomo della famiglia reale Deku, tutte persone morte. Che le persone all’interno del gioco, che per altro hanno le stesse sembianze di molti NPC di Ocarina of Time, possano essere tutte passate a miglior vita e noi ci ritroviamo dunque in una sorta di oltre mondo? Ma ancora più inquetante è l’effetto della Elegy of Emptiness che per altro ci aiuterà a trarre delle conclusioni quasi definitive (seppur assurde). Concentriamoci intanto sul tipo stesso del componimento musicale: “elegia“, un componimento triste, malinconico, dai toni meditativi che nascono principalmente da una condizione di infelicità (come appunto la morte). Tuttavia, quando la si suona con l’iconica ocarina del tempo si formano delle statue che sembrano dei veri e propri monumenti alla memoria, e le abbiamo di Darmani, di Mikau, del Deku e di Link stesso… Ma i primi tre non erano morti? Ciò significa che anche Link è morto?
Per quanto la domanda sia assurda ci sono ben due prove a sostegno di questa assurda teoria, la cui prima potrebbe trovare persino conferma in Hyrule Historia stesso. Lo spirito dell’eroe in Twilight Princess è l’incarnazione dell’eroe del tempo, ovvero il Link di Ocarina of Time e Majora’s Mask, sottoforma di Stalfos (ovvero i guerrieri scheletro tipici della saga che, stando a ciò che dicono i Kokiri in Ocarina of Time, erano in origine persone che si sono perse nei Lost Woods); stando ad un suo dialogo, lo spirito tramanda le sue tecniche al Link di Twilight Princess non solo per l’appartenenza alla stirpe dell’eroe ma anche perché nella sua vita, a quanto pare, “ha avuto dei rimorsi”. Confrontando questo titolo con Majora’s Mask le domande sorgono spontanee: che l’eroe del tempo possa essere morto prematuramente? Oppure, vista la sua forma attuale, che possa essersi perduto nei Lost Woods e sia diventato uno Stalfos (visto che prima di cadere nel dirupo che lo condurrà all’interno della torre dell’orologio di Clock Town è in una foresta molto simile ai Lost Woods) e che dunque non ci sia mai arrivato fisicamente a Termina ma in un altro stadio?
La prossima prova solidifica ancora di più la prima e, dunque, il fatto che Link in Majora’s Mask sia fondamentalmente uno spirito. Nelle prime fasi di gioco l’Happy Mask Salesman ci accoglie dicendo: «sei andato incontro a un terribile destino, non è così?» (in inglese: “you’ve met a terrible fate, haven’t you?”). Questa frase, vista la forma di Link quando incontreremo il venditore di maschere per la prima volta, potrebbe riferirsi a primo acchito al fatto che Link sia diventato un Deku ma non è esattamente così; se permetteremo alla luna di cadere su Clock Town, dopo le animazioni della distruzione della città e dell’annientamento di Link, sentiremo la risata del venditore di maschere e la linea di dialogo sullo schermo che ci indica proprio che il nostro eroe è morto. Dunque: che il significato di questa frase sia collocabile anche all’inizio del gioco e pertanto Link sia già morto?

Vivo Morto X?

The Legend of Zelda: Majora’s Mask potrebbe rappresentare tranquillamente l’accettazione di Link della sua stessa morte, un viaggio attraverso le cinque fasi del suo stesso lutto per poi arrivare alla sua illuminazione e, in un certo modo, andare avanti. Moltissime altre storie di di questo titolo ci insegnano proprio di accettare il nostro destino, che non si può vivere per sempre ma che possiamo farlo tramite i nostri insegnamenti se il nostro spirito non sarà tormentato (le maschere di questo titolo rappresentano proprio questo, il far vivere “uno spirito” in noi per sempre). A ogni modo, nulla di ciò che abbiamo detto è stato mai accolto da Nintendo ma ciò non significa che questo articolo non possa trovare riscontri con la realtà dei fatti; il gioco, proprio per la sua diversità rispetto gli altri titoli della saga, la sua tristezza nelle sue storie e la delicatezza nei suoi temi da spazio a moltissime chiavi di lettura e, con buona probabilità, questa non è l’unica (anche perché ci sono decine di altri elementi che non abbiamo preso in considerazione). Probabilmente è quella che da più senso alla frase “Majora’s Mask è uno dei titoli più cupi della saga di Zelda” e per tanto, chissà, magari questo titolo può essere un ottimo gioco che può aiutarci di fronte alla perdita di un nostro caro, un evento traumatico o capovolgente in quanto, una volta completata la nostra difficile avventura, Termina sarà salva, noi non saremo più soli ma soprattutto non ci troveremo più intrappolati nei soliti tre tristi giorni; sarà l’alba di un nuovo giorno, una vita tutta da vivere e da godere momento per momento.




Speciale E3 2018: Conferenza Nintendo

Ed eccoci qua! Dopo le conferenze Ubisoft, Sony e Pc Gaming parte la conferenza Nintendo, un direct pieno di sorprese e a un orario veramente comodo per gli spettatori italiani. Diamo uno sguardo ai titoli annunciati e che, nei prossimi tempi, giocheremo sui nostri Nintendo Switch.

Si comincia con una ip non Nintendo totalmente nuova: Marvelous Entertainment ci ha presentato Daemon X Machina, un gioco incentrato sulle battaglie fra mech alla Gundam e che ricorda vagamente Virtual On. Una delle sorprese più belle di questa conferenze e che ci lascia onestamente con molta curiosità. Davvero interessante!

Un regalino per chi gioca Xenoblade Chronicles 2 e ha acquistato il season pass: un prequel intitolato Torna – The Golden Country e disponibile dal 21 Settembre. Il gioco avrà anche una versione fisica per chi volesse acquistare il pacchetto completo sin dall’inizio; una vera chicca per chi non ha ancora preso in esame l’acquisto di Xenoblade Chronicles 2.

Finito il trailer è apparso Reggie Fils-Aime che, dopo una bella introduzione sulle diverse opzioni di gioco che offre Nintendo Switch, ha mostrato Pokémon Let’s go Pikachu e Pokémon Let’s go Eevee: il presidente di Nintendo of America ha illustrato le funzionalità di condivisione con Pokemon Go e le battaglie competitive con gli amici, per la prima volta, su un sistema solo. Ma ciò che ha rubato la scena è decisamente la Pokeball Plus, mostrata nei trailer qualche settimana fa ma il cui utilizzo rimase un po’ ignoto: al di là dell’utilizzarlo come sostituto per un Joycon, sarà possibile portare con voi un Pokémon dal gioco e utilizzarlo al di fuori dal suo contesto originale. Chi acquisterà questo gadget, che uscirà il 16 Novembre 2018, avrà inoltre Mew in regalo, uno dei Pokémon più rari di sempre.

Abbiamo poi una sorpresa del tutto inaspettata, il ritorno di uno dei giochi più divertenti del panorama Nintendo: Super Mario Party. Al centro dell’attenzione è l’interattività fra più schermi di Switch se utilizzati in modalità portatile: l’azione potrà dividersi e dare a tutti i giocatori una prospettiva diversa dei divertentissimi minigiochi che contraddistiguono da sempre il gameplay di questo divertentissimo brand.

E dopo un titolo mobile e un musou, ecco che arriva Fire Emblem: Three Houses, un gioco che riprende la forma più classica di questo brand Nintendo. Apparentemente nulla di nuovo ma il trailer mostrato è senza dubbio esaustivo, mostrando un buon comparto tecnico e delle belle cutscene in stile anime; si aspetta questo titolo per la primavera 2019.

Preannunciato, aspettato e certi di vederlo a questa E3 2018: la frenesia di Fortnite arriva integralmente su Nintendo Switch, una console che, senza dubbio, saprà utilizzare la sua natura online e cross-platform (che, secondo le ultime indiscrezioni, funziona con tutte le console eccetto la PlayStation 4). Tuttavia, la più grande sorpresa è che il gioco è già disponibile negli store di tutto il mondo; perciò, agguantate i controller e cominciate pure a scendere in campo!

Dopo questo bel trailer, Reggie è tornato sotto i riflettori, introducendo una serie di titoli indipendenti per Nintendo Switch: si aprono le danze con Overcooked! 2, un sequel che introduce nuove ricette, personaggi, cucine, abilità, come quella di lanciare gli ingredienti, modalità e la possibilità di giocare con gli amici in cooperativa locale o online.

L’attenzione si è poi spostata a Killer Queen Black, un gioco originariamente per arcade e che sta per fare il suo debutto su Nintendo Switch; il suo originale gameplay è molto simile a Joust e, contrariamente al titolo storico di Williams, sarà possibile giocare in due squadre da 4 giocatori ciascuno, per un totale di otto. La sua uscita è prevista per il 2018 ma non è stata annunciata una data precisa.

Altro titolo che potrete giocare già oggi (per 14,99€) è Hollow Knight, un metroidvania sensazionale e pluripremiato che, come tipico del genere, si divide fra sezioni di esplorazione e azione infuocata; la versione per Nintendo Switch includerà inoltre tutti i DLC rilasciati originariamente PC.

Ancora un aggiornamento per Octopath Traveler che, come annunciato nello scorso Direct, arriverà giorno 13 giugno esclusivamente su Nintendo Switch: proprio il giorno dopo sarà possibile scaricare una nuova demo che includerà il primo capitolo di ogni personaggio.

Dopo questi tre titoli, il presidente di Nintendo of America ci ha riempito con una valanga di titoli per Switch, alcuni in uscita e altri già disponibili: Starlink (10 Ottobre) con il suo DLC esclusivo a tema Star FoxArena of Valor (autunno 2018), Minecraft (21 Giugno), Sushi Striker: the way of Sushido (già disponibile), il DLC Donkey Kong Adventure per Mario + Rabbids: Kingdom Battle (26 Giugno), Pixark (autunno 2018), l’annuale Just Dance 2019 (25 Ottobre), Dragon Ball Fighterz (imprecisato 2018), Splatoon 2: Octo Expansion (Estate 2018) Captain Toad Treasure Tracker (13 Luglio), Crash Bandicot: N-sane Trilogy (29 Giugno), Ninjala (primavera 2019), Carcasonne (2018), l’update per FIFA 18 contenente il Mondiale di Russia (già disponibile), FIFA 19 (28 Settembre), Ark: Survival Evolved (autunno 2018), Wasteland 2: Director’s Cut (autunno 2018), Paladins: Champions of the Realm (già disponibile), Fallout Shelter (già disponibile), Dark Souls Remastered (estate 2018), SNK Heroines: Tag Team Frenzy (7 Settembre) Monster Hunter Generation Ultimate (28 Agosto), Wolfenstein II: the New Colossus (29 Giugno), The World Ends with You (autunno 2018), Mega Man 11 (2 Ottobre) e Mario Tennis Aces (22 Giugno).

Dopo una breve parentesi di Shinya Takahashi, general manager della divisione entertainment planning & development, la parola è passata a Masahiro Sakurai che ha mostrato in dettaglio il gameplay del nuovo Super Smash Bros. Ultimate. Sarà il più vasto titolo della saga, in quanto includerà ogni personaggio mai apparso nei capitoli precedenti; ciò significa che troveremo, oltre ai più classici Mario, Link, Samus, Kirby e Captain Falcon, anche tutti quei personaggi non-Nintendo, come Snake, Pac Man, Mega Man, Bayonetta, Ryu e Cloud. Saranno inclusi diversi costumi alternativi e i nuovi echo fighters che, al di là del semplice cambio di skin, avranno anche delle piccole differenze in termini di gameplay: sarà possibile, per esempio, scegliere Daisy da Peach, Lucina da Marth e Dark Pit da Pit; inoltre, molti Smash finali e caratteristiche di alcuni singoli personaggi verranno ridisegnati per bilanciare il gameplay. Torneranno, ovviamente, tutti gli stage classici, fra cui il popolare Big Blue, il Castello di Peach e le Cascate di Donkey Kong, insieme ad alcuni nuovi, come la Torre delle Origini di The Legend of Zelda: Breath of the Wild e tutti gli stage, avranno una forma Battlefield e una forma Omega; come se non bastasse, riavremo tutte le armi classiche e gli assist trophy, fra cui il nuovissimo Bomberman insieme a molti altri. Verso la fine ci vengono svelati ancora nuovi dettagli riguardanti il gameplay più puro, come aggiornamenti riguardanti le schivate e gli smash, ci viene garantita la compatibilità con gli Amiibo e, come fu per il precedente Super Smash Bros. for Wii U & 3DS, col controller del GameCube (anche se non capiamo se sarà installabile direttamente via USB). Finita la lunghissima presentazione ci vengono svelate due fantastiche sorprese: la prima è l’inclusione di Ridley, lo pterodattilo a comando dei pirati spaziali nella saga di Metroid, e la seconda è la data d’uscita fissata per il 7 Dicembre, giusto in tempo per averlo per le feste natalizie.