Come Nintendo potrebbe essersi sbarazzata della timeline ufficiale di Zelda

The Legend of Zelda è una delle saghe più amate della storia dei videogiochi, se non la più amata; la devozione dei fan verso questa serie è senza precedenti e questo amore è continuamente versato su ogni nuovo episodio, quasi sempre impeccabile. Tuttavia, tal volta i fan possono rivelarsi delle bestie feroci: per anni, sin dai primi Zelda apparsi su NES, SNES, Gameboy e Nintendo 64, hanno speculato che la saga seguisse una sua timeline e, dunque, che tutte le storie fossero collegate. Una volta Miyamoto, in un intervista per la rivista Nintendo Power nel Novembre 1998 (volume 144), non diede una risposta esaustiva quando i giornalisti gli chiesero la collocazione temporale di Ocarina of Time, che di lì a poco sarebbe uscito, rispetto agli altri giochi; la sua risposta gettò il fandom nella confusione più assoluta poiché egli disse che Link to the Past, che fu presentato come il prequel del primo titolo per NES, adesso si collocava dopo Zelda II: the Adventure of Link. Le connessioni fra alcuni giochi sono da sempre state poverissime e, a tutt’oggi, sono poche le prove che le trame dei singoli titoli siano il proseguimento (o i prequel) di alcuni precedenti; è vero anche che quando si sono presentate le prove di una continuazione di trama queste sono state molto evidenti (vedi l’intro di The Wind Waker o di Majora’s Mask) ma ogni volta che usciva un nuovo gioco i fan cominciavano da capo: e via con le speculazioni spesso assurde e poco credibili.
La pressione della timeline è esistita sin dal primo gioco e così Nintendo diede una volta per tutte la spiegazione definitiva: nel 2013 esce Hyrule Historia, una vera e propria enciclopedia cartacea della saga in cui, per la prima volta, viene stabilita una timeline ufficiale. Tuttavia in molti si accorsero che questa era “leggermente” imprecisa e la stessa Nintendo comunicò di prendere queste spiegazioni con le pinze; chiaramente la grande N gettò la spugna sull’argomento e le correzioni, argomentazioni e obiezioni sulla timeline ufficiale continuano a tutt’oggi.
Noi non siamo qui necessariamente per discutere se la linea temporale sia corretta o meno ma siamo qui per parlare invece di come Nintendo potrebbe aver messo finalmente un punto a tutti questi dibattiti con l’ultimissimo The Legend of Zelda: Breath of the Wild per Switch e far si che i fan vedano i giochi della saga come loro li hanno sempre visti (ve lo diremo alla fine). In questo articolo verranno svelati alcuni risvolti di trama, decisivi soprattutto per Ocarina of Time, perciò lanceremo uno spoiler alert; gli altri, relativi a Breath of the Wild e ad alcuni titoli della saga della famosa serie Nintendo, non rovineranno necessariamente la vostra esperienza con il resto dei titoli però vogliamo comunque avvisarvi dei possibili spoiler. Inoltre vi consigliamo di guardare bene l’immagine qui sotto: questa è la pagina della timeline ufficiale della saga contenuta in Hyrule Historia e tante delle sue diramazioni e titoli verranno citati più volte.

Timeline e multiverso

Innanzitutto, dando uno sguardo linea temporale di Hyrule Historia, ci accorgiamo che questa in realtà, non è una timeline! Bensì questa è più una spiegazione del multiverso della saga. Per quanto da Skyward Sword, che segna l’inizio della saga, ci sia una linea del tempo lineare, arrivati a Ocarina of Time questa si divide in tre universi: una con Link che torna nel passato, l’altra che prosegue le vicende della Hyrule della Zelda adulta che rimanda l’eroe indietro nel tempo e una terza intitolata “The hero is defeated”, che diventa realtà se Link viene sconfitto. Al di là del fatto che pensiamo che quest’ultima possa avviarsi da qualunque punto della saga (sia dalla fase lineare che divisa) questa però è la prova del che esistono tre universi distinti e separati che poi proseguono, ognuno, per una propria linea temporale.
Questo è un concetto proprio della fisica quantistica, preso e ripreso più volte sia da scienziati che scrittori, e si basa su un concetto non semplicissimo (trattato già in Bioshock e Dark Souls). Proveremo a spiegarlo in poche parole: ogni evento o scelta nel nostro universo crea un universo alternativo in cui la possibilità scartata prende luogo. Vi facciamo un esempio: nel nostro universo Hitler è stato sconfitto e ha perso la Seconda Guerra Mondiale ma, secondo questo principio, ne esiste un altro in cui il dittatore tedesco abbia sconfitto le potenze mondiali e tutti, in questo universo, girano con capigliature e baffi orrendi. Stamattina eravate indecisi se bere del latte, del caffè, del tè o mischiare latte e caffè o latte e tè ma alla fine vi siete decisi nel mangiare uno snack ipercalorico al volo perché eravate in ritardo per la scuola o per il lavoro? Congratulazioni! Avete creato ben 5 universi paralleli in cui voi compiete le scelte scartate. E che dire di quelle in cui potevate mangiare lo snack e una di quelle 5 di quelle possibili bevande? È una di quelle situazioni in cui Mario direbbe: «mamma mia»!
A ogni modo, il concetto del multiverso può applicarsi perfettamente nel mondo dei videogiochi: di potrebbe spiegare, per esempio, come mai Cammy e Mega Man condividano gli stessi obiettivi in Cannon Spike per Sega Dreamcast o come mai Kratos, che ha solitamente un temperamento rovente, riesca a rientrare nei par in Everybody’s Golf 5, uno sport in cui la pazienza, la calma e la concentrazione non sono certo il suo forte. Dunque in Ocarina of Time avvengono 3 eventi fondamentali che creano 3 universi diversi che coesistono allo stesso tempo in cui però sussistono eventi e fatti diversi; ricordiamo che alla fine di questo titolo, Link, tornando nel passato, fa arrestare Ganondorf e così, le imprese compiute da Link adulto, non avverranno mai, non nel suo universo. Tuttavia, nonostante questa premessa, esistono certe cose che potrebbero non essere mai spiegate nella saga di Zelda (come le apparizioni dei Moblins, che sono dei tirapiedi forgiati da Ganon, in The Legend of Zelda: the Minish Cap, gioco in cui il temuto antagonista è assente) e dunque rimarranno per sempre senza una vera spiegazione.

Dove si colloca Breath of the Wild?

Eiji Aonuma in un intervista con Game Informer, parlando della collocazione di The Legend of Zelda: Breath of the Wild nella timeline rispetto a Ocarina of Time, ha apertamente risposto: “after”. Questo è un indizio fondamentale ma bisogna fare un po’ di analisi per capire meglio in quale linea temporale questa nuova avventura è collocata.
La geografia della nuova Hyrule ha una certa somiglianza con quella di A Link to the Pastessa presenta un monte (con un vulcano) a nord est, un deserto a sud ovest e il lago Hylia verso il sud, nonché la presenza del “Colle Occhiali” (Spectacle Rock in inglese) che appare solamente in questo titolo e nel primo per Nes, giochi della linea temporale “The hero is defeated”, universo generato dalla sconfitta di Link. Sempre collegato al suo fallimento, Ganon, secondo Hyrule Historia, rinuncia per sempre alla sua forma umana diventando per sempre il mostro che abbiamo conosciuto nei primi tre giochi accumulando, volta dopo volta, sempre più potere fino a diventare la Calamità Ganon,  forma della sua malignità più pura; non solo Ganondorf, la sua menzionata forma umana, non appare in nessun titolo della timeline ma a supporto di questa tesi Urbosa, dopo che avremo “esorcizzato” il titano Vah Naboris, cita il fatto che le origini di Ganon sono legate in qualche modo ai Gerudo, una comunità composta da sole donne, e la cui nascita comportò per loro un grande disordine e segno di sventura.
Altro elemento fondamentale è la presenza dei Lynel, i terribili centauri dalla forza sovraumana; dopo un’attenta analisi è possibile accertare che questi particolari mostri non appaiono in nessun’altra timeline e sono dunque esclusiva di questa. Tuttavia, le prove schiaccianti a sostegno dell’appartenenza di Breath of the Wild a questo particolare universo narrativo risiedono negli abiti tradizionali di Link (quelli verdi), ottenibili solo dopo aver completato le prove di tutti i 120 santuari. Il cappello e la veste, in particolare, presentano rispettivamente le seguenti caratteristiche: una banda gialla nel primo e una maglia marrone sotto la seconda. È incredibile notare non solo che gli abiti de “i Link” delle altre linee temporali non hanno queste caratteristiche ma anche che quelli della timeline “The hero is defeated” presentano tutti questi particolari nel cappello e nella maglia. È diventata dunque teoria solida fra i fan che Breath of the Wild appartenga a questo specifico universo e queste prove, insieme ai suoi assetti generali come la Hyrule distrutta, siano la prova schiacciante della sua collocazione.

(The Legend of Zelda: A Link betweenWorlds, sequel diretto di A Link to the Past, appartiene a questa specifica timeline; notate bene cappello e veste)

«Obiezione!»

Tuttavia, le discussioni sulla timeline ufficiale non sarebbero complete senza delle incongruenze tali da contraddire tutto quello di cui abbiamo discusso finora, facendo imbestialire i fan più accaniti, al punto da distruggere il proprio PC o buttare dalla finestra il proprio smartphone (non fatelo, altrimenti non potreste seguire questo fantastico sito). Esistono prove a supporto invece, all’appartenenza di questo titolo nelle altre due linee temporali, e dunque negli universi creati dopo il successo di Link in Ocarina of Time.
La primissima prova si trova nel salgemma, ottenibile frantumando le rocce che contengono i minerali; la sua descrizione recita: «sale cristallizzato del mare ancestrale». Il fatto che possa essere il deserto di Ranel o Lanayru di Skyward Sword, che era anticamente un oceano, è in realtà un ipotesi da escludere in quanto questo circoscriveva una zona ben precisa nella mappa del titolo per Wii; il salgemma, per altro, si trova in moltissime zone della Hyrule di Breath of the Wild perciò l’unica ipotesi valida è che il “Mare Ancestrale” (o “Grande Mare” in inglese) citato nella sua descrizione è quello di The Wind Waker, che sommerse l’intera landa per contrastare il risorto Ganon in assenza del, così chiamato, eroe del tempo. La prova che il nuovo titolo della saga possa essere collocato nella timeline della Hyrule precedentemente sommersa è anche sostenuta dalla presenza dei Korok e dei Rito, entrambe razze presenti nel fantastico titolo per Gamecube; i primi, così come spiegato Aonuma nella pubblicazione giapponese “Zelda Box: The Wind Waker Fanbook”, discendono direttamente dai Kokiri, la razza delle foreste della Hyrule del leggendario titolo del Nintendo 64 mentre i secondi, sempre secondo il direttore della saga, sono un’evoluzione della specie Zora. Questa affermazione, nonostante sia citata proprio dalla mente della maggior parte dei titoli della saga, risulta un po’ strana in quanto è improbabile che questi, in una Hyrule sommersa dal loro elemento naturale, abbiano avuto l’esigenza di uscire dall’acqua ed evolversi in creature alate; certi fan sono concordi con Aonuma ma noi pensiamo che ci sia qualche imprecisione, altrimenti non si potrebbe spiegare la coesistenza degli Zora e dei Rito in Breath of the Wild. Chissà, magari alcuni di loro sono usciti dall’acqua, durante la grande alluvione, per poi evolversi nelle creature alate mentre altri sono rimasti nascosti in acqua, saltando così la loro apparizione in The Wind Waker. Probabilmente non avremo mai una risposta definitiva. A ogni modo è bene ricordare che i Rito appaiono in tutti gli universi paralleli: nella “Thehero is defeated” vi è la presenza dei Fokka, i guerrieri alati che difendono il Great Palace, l’ultimo dungeon di Zelda II: the Adventure of Link; nei titoli della timeline di Link che torna dal futuro non c’è la loro effettiva presenza ma almeno abbiamo la prova della loro esistenza: in Twilight Princess, nei pressi del castello di Hyrule, c’è un incisione in un muro che mostra Link bambino incontrarsi con le razze principali del regno e i Rito sono presenti insieme ai Goron, Zora e gli umani.
E ora, avendo citato questo bellissimo titolo, vorremo citare anche le parole di Zelda (in inglese) nella cutscene “La finta cerimonia” in Breath of the Wild:

«[…] whether skyward bound, adrift in time or steeped in the glowing ember of of twilight […]»

Il dialogo, essendo collocato dopo Ocarina of Time, rimanda al tempo – il titolo citato poc’anzi – al cielo, rievocando le vicende in Skyward Sword, e al crepuscolo, che si collega direttamente agli avvenimenti in Twilight Princess, gioco invece, della linea temporale in cui Link torna dal futuro dopo aver sconfitto Ganon; trovandoci nell’universo in cui Link è stato sconfitto o in quello in cui il Grande Mare ha sommerso Hyrule per diverso tempo è impossibile che gli eventi di questo oscuro titolo possano essere avvenuti, semplicemente perché questi eventi sono propri di un altro universo. E ancora, rimanendo in questo tema “crepuscolare”, l’architettura del castello dell’ultimo titolo della saga è veramente molto simile a quello del gioco in questione. Stando a Hyrule Historia sembra ci sia un vero paradosso temporale e perciò pare che il tutto abbia poco senso. Ma qual è la vera risposta?

Il nostro responso

Anche se l’ipotesi più gettonata è quella dell’appartenenza alla timeline “The hero is defeated” noi vogliamo comunque arrivare alla nostra personalissima conclusione: The Legend of Zelda: Breath of The Wild potrebbe prendere luogo in ogni timeline oppure, più credibilmente (e preferibilmente), Nintendo ha voluto convergere definitivamente tutti questi universi paralleli senza dover pensare troppo al come, sbarazzandosi una volta e per tutte della loro stessa debole spiegazione. Per anni i fan hanno voluto una chiosa alla timeline della saga ma la vera risposta è che forse non c’è mai stata; in molti giochi si parla spesso delle origini di Hyrule, di come Link si renda conto del suo ruolo nel mondo, della Triforza e pochissimo invece dei collegamenti, sempre se ci sono, con titoli precedenti; noi crediamo che tutto ciò avviene probabilmente non solo per avvicinare sempre più nuovi giocatori ma anche per dare una spiegazione alle sempre diverse meccaniche di ogni gioco della saga.
Il punto forte di questa specifica serie non è solamente il suo eccelso gameplay o la sua intrigante storia ma la sua accessibilità e il fatto di poter cominciare a vivere le vicende di Hyrule da qualunque titolo; ogni gioco è una leggenda diversa e in ognuno di essi c’è un diverso Link, discendente, molto probabilmente, da uno precedente. Questa saga non è come la trilogia delSignore degli Anelli o qualcos’altro di super espanso come Star Wars oStar Trek; The Legend of Zelda è in realtà un qualcosa di molto semplice: tutto nasce dalla passione di Miyamoto nell’esplorare i boschi vicino la sua casa dell’infanzia, l’immaginario di un bambino che prende vita. Per ogni giocatore è dunque possibile prendere un qualsiasi titolo, per qualsiasi console, e trarre una conclusione; con questo non vogliamo dire che gli episodi della saga siano autoconclusivi ma probabilmente meno complessi di quel che sembrano.
È fatto risaputo che gli sviluppatori, per la creazione di un nuovo titolo di questa specifica saga, pensano prima alla meccanica portante del gioco e poi a una trama che possa girarci attorno, mai il contrario e mai lo sarà; Aonuma e Miyamoto non vorranno mai che i giocatori, dai più appassionati ai più novizi, debbano giocare a un titolo precedente per far sì che capiscano la trama e le meccaniche di un nuovo titolo di The Legend of Zelda ed è per questo che, probabilmente, la saga non ha mai avuto una timeline solida. In fondo tutto questo non è nulla di nuovo: Nintendo, prima che i fan possano dire qualsiasi cosa sulla grafica o sulla trama di un titolo, vuole che l’esperienza sia divertente e unica, una di quelle che non potrà mai essere fruita in un’altra console concorrente ed è anche per questo che questa fantastica saga, e specialmente quest’ultimo Breath of the Wild, è davvero unica.
A partire da questo ultimo titolo ci possiamo chiedere: avremo da adesso una timeline più lineare o verrà scartata del tutto? Avremo nuovi prequel, sequel o universi paralleli dopo tutto questo? Ma la domanda fondamentale è: dove si collocano Zelda: The Wand of Gamelon e Link: The Faces of Evil per Philips CDI?

(Tranquilli, l’articolo è finito, anche se… Hey! C’è una banda gialla! Appartengono alla timeline “-The hero is defeated”, caso chiuso!)




La lore di Super Smash Bros.

Durante l’ultimo Nintendo Direct è stata rivelata una fantastica sorpresa, l’arrivo di un gioco i cui fan considerano quasi un evento, una tradizione che si ripete dal Nintendo 64 e che, come un grande evento cittadino, richiama un grosso numero di fan e giocatori al di fuori dell’utenza della grande N: stiamo parlando di Super Smash Bros., il rivoluzionario picchiaduro crossover che fa da arena ai protagonisti dei più famosi titoli Nintendo. A differenza del picchiaduro classico, i personaggi non hanno una barra dell’energia ma una percentuale che aumenterà a ogni colpo e che segnerà la possibilità di spedire un avversario “oltre i bordi dello schermo”, unico modo per vincere, oltre al far cadere i nemici nelle voragini; il suo stile è molto ammirato e il gameplay è stato più volte emulato in giochi come Playstation All-Stars Battle, Teenage Mutant Ninja Turtles: Smash Up e DreamMix TV World Fighters. La natura crossover del titolo spingerebbe a pensare che questo non abbia una lore, non una almeno, che coinvolgerebbe i singoli personaggi della storia; in realtà Super Smash Bros. ha un’identità nascosta, un tema che non è così evidente ma è presente sin dal primo gioco e che, specialmente verso gli ultimi titoli della saga, diventa sempre più cupa e tragica. Anche se la lore di questo gioco è celata e gli elementi della trama abbastanza difficili da identificare, preferiamo lanciare uno spoiler alert per quei giocatori che non hanno ancora giocato ai titoli precedenti, anche se in realtà questi non rovineranno la vostra prima esperienza con i vecchi Smash.

La spensierata gioventù

La saga, come già ribadito, comincia su Nintendo 64 con l’omonimo titolo che dà il nome alla saga. Gli elementi della trama sono già presenti sin dal filmato iniziale: vediamo Master Hand, il boss finale della classic mode di ogni capitolo, prendere dei giocattoli (dei pupazzetti di pelouche) da una scatola, sistemare libri, portapenne e una scatola di kleenex e “dare il via alle danze”. È teoria concordata che i combattimenti, così come anche gli scenari, siano frutto dell’immaginazione di Master Hand, il quale in Super Smash Bros. sarebbe un ragazzino fra i 12 e i 14 anni d’età. Analizziamo insieme la stanza dell’intro: vi è il poster di un’automobile sul muro e uno stereo, il che ne conferma il sesso maschile e che si interessa ad argomenti “da grandi”, dei libri e delle penne, che ci suggeriscono che va ancora a scuola, e una scatola di giocatoli accanto al suo letto che suggerisce la sua ancora tenera età. Giocare con i giocatoli immaginandosi scenari e storie fantastica è la più comune delle abitudini dei ragazzi di questa età; è un po’ la stessa cosa che avviene all’inizio di Toy Story 3 nella testa di Andy, il quale immagina uno scenario fantastico di cui Woody e compagni sono i protagonisti. Il gioco ha tuttavia un’atmosfera spensierata e la sola cosa che al giocatore interessa, e soprattutto a Master Hand, è spassarsela senza alcun pensiero per la testa.

I primi passi verso la maturità

Arriva il Gamecube e, dopo pochi mesi dalla sua uscita, arriva Super Smash Bros. Melee, da molti considerato il titolo più bello e competitivo della nota saga Nintendo. Proprio nel filmato iniziale, è possibile vedere un braccio di un ragazzo che nel frattempo è cresciuto e che, vista la sua più matura età, ha sostituito i suoi peluche con delle figurine collezionabili, più precisamente dei trofei (o al giorno d’oggi: Amiibo). Grazie all’opzione “stanza dei trofei” abbiamo la possibilità di dare un’occhiata alla sua vita: vediamo che il protagonista ha un mobile dove ha sistemato una TV, altri oggetti, diversi dal gaming, nonché diverse console Nintendo che, probabilmente, colleziona dalla sua tenera età; l’ordine nella sua stanza denota una certa maturità, ma la dozzinale disposizione dei trofei sul suo tavolino indica che ancora non è ancora pienamente adulto, con buona probabilità è un ragazzo fra i 18 e i 20 anni. In questo gioco, però, verrà introdotto Crazy Hand, un boss più o meno simile a Master Hand ma dalle caratteristiche ben diverse: se quest’ultimo è elegante, delicato ma anche brutale , questo nuovo personaggio è imprevedibile, incostante e tutto sommato un po’ pazzerello. In Master Hand, come già ribadito, si può evincere lo spirito creativo e la fantasia, mentre in Crazy Hand si può notare una certa voglia “di fare casino” che fa emergere quello spirito ludico nel protagonista, e che fa sì che giochi ancora con i suoi trofei disposti sul tavolino in maniera disordinata. Si nota anche un certo disappunto che nasce dal voler rimanere ragazzi mentre si è costretti a fare i conti con la società moderna e l’inevitabile processo di maturità. La descrizione del suo trofeo è abbastanza inquietante:

«mentre a Master Hand piace creare, il suo alter ego è impulsivo e distruttivo, consumato da quella sensazione di vuoto che ci prende quando vogliamo distruggere le nostre creazioni.».

Ma perché mai questo personaggio, che ama creare queste storie e giocare con questi personaggi, vorrebbe distruggere le sue creazioni allo stesso tempo?

L’accettazione

Finalmente, dopo diversi anni, arriva Super Smash Bros. Brawl su Wii, il titolo che introduce le sfere smash e i primi personaggi non-Nintendo, come Solid Snake e Sonic. La nuova modalità avventura è identificabile nella campagna “L’Emissario del Subspazio”, una storia partorita dalla mente di Kazushige Nojima, scrittore che ha sviluppato la trama per diversi episodi di Final Fantasy e Kingdom Hearts. La storia vede Bowser, Ganondorf e Wario collaborare con Master Hand per far sì che tutti i personaggi diventino dei trofei di pietra e non muovano più un muscolo per sempre; ma perché quest’ultimo, che in tutti questi anni si è divertito con questi personaggi Nintendo, vuole disfarsene? Scopriremo più in là che Master Hand non è in sé ed è controllato da un misterioso personaggio semplicemente chiamato Tabuu. Il nome di questo potente essere non è scelto a caso e, appunto, rimanda proprio al vocabolo usato anche in lingua italiana: un tabù è qualcosa di proibito o ristretto a una parte della società. In poche parole, rimanendo nel contesto di Super Smash Bros. Brawl, ai bambini è concesso di giocare con i giocattoli, agli adulti no, e Tabuu rappresenta proprio la società che vuole fare in modo che Master Hand smetta di giocarci. Alla fine, i personaggi Nintendo avranno la meglio su Tabuu e la sua sconfitta rappresenterà proprio l’accettazione di questa condizione. Il ragazzo che giocava nella sua stanza è finalmente cresciuto e la famosa immagine dei personaggi che guardano l’orizzonte luminoso rispecchia proprio il luminoso futuro; nonostante questo lo abbia portato verso dimensioni creative lontane, i ricordi delle battaglie immaginarie all’interno della sua stanza saranno sempre parte di lui e non dovrà mai vergognarsene o giustificarlo di fronte alla società.

L’eterna lotta interiore

L’Emissario del Subspazio sarebbe stato il perfetto finale della saga, ma una console Nintendo, a oggi, non è tale se non è presente un titolo di questa serie; ecco così che arriva Super Smash Bros. for Nintendo 3DS and Wii U, un titolo espanso più che mai. Qui la lore del gioco prende una piega ancora più negativa e oscura: una volta sconfitto Master Hand, viene sprigionato Master Core, un’entità inquieta e distruttiva come nessun’altra nella serie. Questa entità vive appunto dentro la mano creatrice e, a quanto pare, è sempre stata parte di lui: secondo alcune teorie, egli è presente in ogni gioco e persino visibile in Super Smash Bros. Melee come parte dello stage “Battlefield”. La battaglia contro di lui è la più feroce della saga, e questa entità è in grado di assumere diverse forme: una persona gigante, un mostro, una forma oscura del personaggio in uso, una fortezza, ma il finale ha molti aspetti interessanti: dopo una vera e propria carneficina, Master Core assume la sua vera forma, una sfera con dentro una sfera più piccola con il simbolo di Super Smash Bros., e da lì il combattimento non è più tale. La sfera rimane ferma al centro dello stage, passiva, in attesa che il personaggio in uso la scaraventi al di fuori dello schermo. Chi è davvero Master Hand e perché dopo una lotta all’ultimo sangue si arrende in questo modo? Se lui è il creatore di tali battaglie, allora non ci resta che associare questa figura a Masahiro Sakurai, creatore della saga picchiaduro, nonché del notissimo Kirby; la sua vita è praticamente riassumibile seguendo gli episodi di Smash.

Il lato oscuro del successo

Masahiro Sakurai nacque nel 1970, il che significa che ai tempi del Famicom aveva 13 anni, l’età del ragazzo del primo titolo della saga; Nintendo fu parte dell’infanzia di Sakurai. Da giovanissimo fu assunto alla HAL Laboratory dove a soli 19 anni concepì Kirby, una delle saghe platformer più amate di sempre, che vide il suo successo proprio nel Gameboy e soprattutto nel Famicom; il successo della saga, tuttavia, aveva un lato oscuro, ovvero il dover produrre sequel in continuazione. Questo comportò che il suo senso di frustrazione crebbe in maniera esponenziale, e in Super Smash Bros. Melee si presenta proprio Crazy Hand, la sua voglia di distruggere ciò che ha creato per via della troppa fatica da investire nei sequel; non a caso, dopo qualche anno dalla sua uscita, Sakurai lasciò la HAL per via dei troppi episodi richiesti sia per la saga di Kirby che per la nuova saga di picchiaduro crossover. Di quel periodo egli ricorda:

«era dura per me accettare il fatto che per ogni gioco che facevo la gente desse per scontato che avrei fatto un sequel. In un sequel, tanta gente deve ridare lo stesso il massimo per creare un gioco fantastico, ma il pubblico pensa che un sequel nasca secondo un processo naturale.»

Super Smash Bros. Brawl è la storia della sua accettazione: Sakurai crea giochi per vivere ma questi, agli occhi di molti, sono solamente dei “giocattoli”, specialmente in una società rigida come il Giappone. Tabuu rappresenta la pressione di dover crescere ma, alla fine, terminata la campagna “L’Emissario del Subspazio”, questa viene sconfitta; egli rigetta le aspettative della società e accetta il lato di sé che è cresciuto con Nintendo, che vuole dar vita alle cose che da piccolo lo rendevano felice, che ama giocare anche se questo significa non poter distogliere l’attenzione da questa saga e non potersi cimentare in nulla di nuovo, specialmente perché dietro a ogni Super Smash Bros. ci sono anni di sviluppo. Sakurai ha confessato a Game Informer che la programmazione di questi titoli è infinitamente stancante, e si chiede spesso se lui sia la persona adatta per mantenere tale impegno. Nonostante la costanza e la serietà che dedica alla saga, la sua creatura è diventata così grande da non poterla più controllare (come per esempio l’inclusione di personaggi molto lontani dal canone della saga, come Mega Man, Pac Man o Cloud solo per poter vendere di più, o il più chiaro fatto che i nuovi titoli debbano essere pronti in tempo senza potersi dedicare ad altro); Master Core, la rappresentazione dell’essenza del creatore stesso, esce rabbioso da Master Hand non solo rivendicando ciò che è suo, ma anche mettendo in guardia i fan sul futuro della saga stessa, ovvero abbandonare la direzione della sua creatura, esattamente come è successo per Kirby; tuttavia, nonostante ne rivendichi il possesso, egli rappresenta il suo senso di frustrazione nel non poter più abbandonare la serie nonostante la sua voglia di allontanarsi e dedicarsi ad altro, tanto è vero che alla fine dell’infuocata lotta, Master Core si abbandona a se stesso in attesa che il giocatore lo faccia fuori e faccia della serie quello che vuole. Ai colleghi di Game Infomer il noto game designer ha detto che ogni scadenza è per lui un cappio che si stringe sempre di più man mano che il tempo passa, e che vorrebbe dedicare un po’ più di tempo a se stesso ma, non solo non ci riesce, è anche incapace di immaginarsi un’altra persona che possa sostituirlo nel suo lavoro. Di certo Masahiro Sakurai non vuole rinunciare alla programmazione di ogni nuovo Super Smash Bros. ma è decisamente logorato dal fatto che a ogni gioco che produce i fan debbano chiedere automaticamente un sequel; pensate che egli aveva intenzione di chiudere la serie già ai tempi del Gamecube per potersi dedicare ad altro, ma la richiesta di un sequel è stata così alta da non poter essere ignorata e lo stesso Sakurai sa che il compito di continuare la saga spetta solo a lui, per senso di responsabilità e per amore verso la sua creatura; egli in fondo è Master Hand e sa benissimo che la saga senza di lui non potrebbe mai essere la stessa e perciò rimane anche se ciò significa versare sangue, sudore e lacrime, a sacrificio di altri progetti a cui si potrebbe dedicare.

I giocatori comandano

Il vero insegnamento di questa storia, alla fine della fiera, è che il compito di mettere il punto alla serie è in mano ai fan, e Masahiro Sakurai non può fare altro che del suo meglio per poter consegnare ai giocatori la migliore esperienza possibile. Fortunatamente Super Smash Bros. è una saga che (ancora) non ha visto alcun periodo buio; ogni uscita rappresenta per Nintendo una grossa opportunità per richiamare i fan e giocatori sempre nuovi ,e Sakurai non può che esserne fiero. Chissà se l’ex prodigio del game design nasconderà un nuovo messaggio nel nuovo Super Smash Bros. per Switch, se abbia accettato con più serenità il fatto che questa saga dovrà essere presente su ogni console Nintendo o se sarà ancora più logorato del capitolo scorso. Di una cosa siamo comunque certi: Masahiro Sakurai farà del suo meglio e, con la sua umiltà, consegnerà un altro titolo che cercherà di essere all’altezza – se non migliore – dei suoi predecessori.




Il producer di Layers of Fear: Legacy si racconta

Uscito per Xbox One, Playstation 4 e PC, Layers Of Fear arriva anche su Nintendo Switch in una versione rivisitata, denominata Layers of Fear: Legacy. Ridisegnato per adattarsi alla capacità della console, sarà giocabile sia in modalità portatile che in modalità fissa e comprende anche il DLC inheritance. Il gioco è uno dei primi horror a essere uscito su Nintendo Switch. Dato che il gioco è appena arrivato sulla console ibridaper celebrare la sua uscita, Nintendolife ha intervistato il produttore del gioco Rafal Basaj. Durante l’intervista, il produttore ha spiegato come lo sviluppo di tale versione sia cominciato già nel 2017, ai tempi in cui Switch era poco più di un rumor. Ciò nonostante erano fiduciosi sul potenziale della console. Inoltre, durante lo sviluppo, a quanto pare, si sono stati riscontrati molti problemi per via delle specifiche tecniche della console, sopratutto per la poca memoria disponibile anche sulle cartucce. Fortunatamente è intervenuto il team Nintendo risolvendo ogni tipo di problema.

È stato anche chiesto quanto l’horror sia rappresentato sulle piattaforme Nintendo:

«Nintendo non ha mai avuto tanti giochi horror sulle sue piattaforme, ma quando sono usciti, si è trattato sempre di titoli di qualità. Da Sweet Home, distribuito in Asia per Famicom, attraverso Clock Tower (Super Famicom), a Eternal Darkness: Sanity’s Requiem pubblicato esclusivamente su GameCube, a Luigi’s Mansion. Questo dimostra che Nintendo ha idee su come presentare un horror in grande stile sulle sue piattaforme.  Siamo estremamente felici di poter essere tra quei titoli con il lancio di Layers of Fear: Legacy per Nintendo Switch

In seguito, l’intervista si è spostata sui gusti personali in fatto di horror da parte di Basaj, rispondendo anche in maniera sorprendente:

«Penso che la maggior parte di noi in ufficio, quando si tratta di Nintendo, pensi a Eternal Darkness,  Resident Evil 4 Resident Evil. Ma andando oltre Nintendo dobbiamo menzionare Silent Hill 2, Amnesia, Forbidden Siren, Phantasmagoria, Alone In The Dark e tanti altri. Mentre come titolo poco ortodosso da menzionare qui: Diablo. La maggior parte delle persone nel team è appassionata di horror,  ed è quindi  impossibile citare tutti i titoli.»

Basaj ha avuto modo di raccontare il suo passato da gamer, soprattutto su Nintendo:

«Ho iniziato con Donkey Kong, che ho giocato sul mio Atari ormai morente, ma successivamente le mie attenzioni si sono trasferite a The Legend Of Zelda: A Link To The Past per poi proseguire con l’intera saga. Il titolo migliore per me è The Legend Of Zelda: The Wind Waker, che considero un imbattibile capolavoro ancora oggi, ma ho un posto speciale nel mio cuore anche per Star Fox e la serie Pikmin

Durante l’intervista si è parlato anche degli obiettivi del team:

«L’obiettivo del team è volere che i nostri giochi siano più che solo puro divertimento.  L’horror è sempre stato un mezzo per tenere sotto controllo le tensioni sociali; affrontare le nostre paure, per gestire la realtà della vita. Vogliamo portare questo aspetto al livello successivo, quindi abbiamo deciso di seguire due regole, quando creiamo  nuovi giochi. Per prima cosa, tutto deve partire da un soggetto preciso, di natura psicologica o filosofica. Deve inoltre non solo alleviare le tensioni delle persone, ma anche far riflettere sui problemi presentati nel gioco e confrontarli con le loro visioni del mondo e delle loro vite. Nel corso del nostro lavoro spesso presentiamo dilemmi, scelte difficili e problemi che non hanno risposte giuste o sbagliate, in questo modo possiamo far sì che le persone inizino a discutere del mondo reale che li circonda.»

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The Legend of Zelda: Breath of the Wild

Annunciato come il titolo che avrebbe dovuto salvare Wii U, The Legend of Zelda Breath of the Wild è finito per diventare uno dei primi titoli di lancio di uno Switch le cui vendite, a tutt’oggi, sono in costante ascesa. Menzionato per la prima volta nel 2013, mostrato per la prima volta all’E3 2014 e arrivato solamente nel 2017, Nintendo ha consegnato un titolo destinato a rimanere nella storia, un esempio di come un titolo open world vada congegnato. Breath of the Wild rappresenta un nuovo traguardo  nel mondo videoludico, d’esempio non solo per il suo genere, un titolo che porta gameplay e storytelling a vette difficilmente raggiungibili, uno di quei casi in cui si eleva lo stato di videogioco a vera e propria opera d’arte. in occasione del recente arrivo del secondo e ultimo DLC, abbiamo deciso di recensire il Game of the Year 2017 nella sua forma più completa.

Nella selvaggia Hyrule

La storia vede Link svegliarsi da un sonno profondo: la calma luce blu illumina quel poco che c’è all’interno del Sacrario della Rinascita. Prenderemo in mano la Tavoletta Sheikah, strumento fondamentale in questo nuovo titolo, e, poco dopo, usciremo da questa caverna per un primo sguardo alla nuova e immensa Hyrule. Attorno è tutto molto strano: l’animosità della città, il mercato dove la gente pullulava, le guardie, gli sciamani, i negozi, i bar… la Hyrule che conoscevamo or non è più. Intorno a noi uno scenario deserto e nell’Altopiano delle Origini, fra qualche nemico e qualche animale selvatico, ci sarà solo uno strano personaggio che ci accoglierà e ci darà i primi consigli per imparare a muoverci in questo ambiente desertico e ostile. Apprenderemo presto che la Hyrule che conoscevamo è stata spazzata via dalla Calamità Ganon, una nuova forma del noto antagonista della saga che incarna tutto il suo odio e la sua cattiveria; Zelda è prigioniera di questo demonio da ben 100 anni e aspetta il nostro ritorno sin dal giorno del combattimento contro la Calamità, giorno in cui 4 campioni, rappresentanti delle 4 principali razze di Hyrule, caddero in battaglia insieme alle loro antiche macchine da guerra, i Colossi Sacri. In un ambiente selvaggio e decaduto dovremmo dunque iniziare a capire cosa è successo 100 anni fa, a ricordare tutto quello che abbiamo dimenticato, a trovare quelle persone che possono essere in possesso di indizi dal passato, ma soprattutto dovremo imparare a sopravvivere in quel contesto: dovremo dunque imparare a cacciare – in quanto i nemici in questo titolo non rilasciano più energia – cucinare, ma soprattutto imparare a valutare il vastissimo mondo intorno a noi per rendere l’esplorazione più efficace possibile. La nuova parola d’ordine di questo nuovo Zelda, anche se sicuramente non è la prima volta che tale parola ha avuto un significato così profondo, è libertà. Verremo presto dotati delle tre abilità fondamentali per esplorare ogni singolo meandro della vastissima Hyrule, la più grande mai vista in un titolo della saga di Zelda, e da quel momento il mondo ci apparterrà; tutto ciò che vedremo intorno a Link, dai punti più vicini a quelli più lontani, è costruito in un modo tale da stimolare la nostra curiosità, ogni luogo, a nostro rischio e pericolo, sarà accessibile; non saremo più legati agli oggetti tipici della saga che precedentemente limitavano l’esplorazione facendoci scoprire il mondo circostante gradualmente. A tal proposito, saremo persino liberi di affrontare le prove che ci vengono poste, e dunque di srotolare la trama, in qualsiasi ordine vorremo, ogni obiettivo del gioco, primario o secondario che sia, sarà del tutto opzionale: potremo, ad esempio, scegliere di affrontare i 4 colossi sparsi per Hyrule per poi alla fine scagliarci contro Ganon oppure, una volta scesi dall’Altopiano delle Origini, potremo direttamente andare al Castello di Hyrule e provare a buttar giù Ganon con un equipaggiamento minimale. La nostra curiosità ci porterà se non altro sino ai diversi santuari sparsi per Hyrule, dei brevi dungeon al termine dei quali otterremo un Emblema del Trionfo, o ai Colossi Sacri che rappresenteranno in un certo senso il vero progresso del gioco: si tratta infatti di vere e proprie macchine da guerra costruite appositamente per contrastare la Calamità Ganon e in questo nuovo titolo sono la cosa che più si avvicina ai dungeon tipici della serie. Breath of the Wild ci offre un’infinità di modi per sperimentare questa nuova avventura, e decidere dove andare e in quale ordine affrontare gli obiettivi principali non è che la superficie del gioco; in questo titolo vengono introdotti diversi tipi di armi che si suddividono principalmente in tre categorie (ovvero le spade, le lance e le armi pesanti come asce o spadoni), e ognuna offre modi diversi di combattere, ognuno adatto ai diversi tipi di nemici presenti nel gioco; le armi, a loro volta, così come gli scudi e gli archi, avranno caratteristiche proprie, un numero che rappresenta la potenza d’attacco (o la difesa nel caso degli scudi) e una resistenza. Anche se varie armi si rompono in poco tempo è davvero difficile rimanere senza un sistema d’offesa in quanto non solo sarà (quasi sempre) possibile recuperare qualche arma negli ambienti limitrofi, ma l’ambiente potrà venire in nostro soccorso, permettendoci di far cadere contro un nemico un lampadario scagliando una freccia, facendo rotolare un macigno da una rupe o muovendo una cassa di metallo con l’abilità Kalamitron; sarà possibile placare intere orde di nemici senza brandire la spada neanche una volta! E ancora, sarà possibile ottenere determinati effetti preparando pozioni speciali che saranno decisive non solo nelle battaglie ma anche nell’esplorazione; vogliamo affrontare un’altissima montagna ma non abbiamo i vestiti adatti? Ci converrà preparare qualcosa di piccante e riscaldarci a modo nostro! Abbiamo una vastità di variabili che possono essere ottenute tramite le pozioni, il cibo o i vestiti che andremo ad accumulare, tutte seguendo una normalissima logica di sopravvivenza, senza dover pensare a chissà quale astrusa soluzione. È incredibile come questo titolo, in realtà, rompa così radicalmente certi capisaldi della serie, come l’assenza dell’equipaggiamento tipico di Link o lo storytelling lineare, ma è a sua volta sorprendente come in realtà Breath of the Wild rispetti i principi e la filosofia dei precedenti giochi restituendo in tutto e per tutto quel senso di scoperta e di avventura di cui il primo titolo era famoso; insomma si combattono ancora i mostri, si risolvono i puzzle e si esplora il mondo circostante ma in The Legend of Zelda: Breath of the Wild  tutto è restituito con classe, pensato in un certo senso senza limitazioni: uno Zelda dei sogni, da sempre pensato e mai consegnato, fino ad oggi.

Poetry in motion

La grafica, considerando che è stata pensata per una console poco potente come Wii U, è veramente spettacolare; l’art-style ha un che di cartoonesco, non troppo accentuato come in The Legend of Zelda: The Wind Waker ma nemmeno troppo realistico o dark come in The Legend of Zelda: Twilight Princess. Abbiamo un bellissimo comparto di effetti di luce e ombra, ambienti ben caratterizzati che modificheranno il gameplay, ma soprattutto avremmo sempre una visione totale di tutto quello che abbiamo intorno, giusto per incentivare la nostra curiosità. Il tutto viene visualizzato perfettamente, anche a chilometri e chilometri di distanza sarà possibile intravedere santuari, torri o persino il centrale Castello di Hyrule avvolto dalla Calamità Ganon. Il framerate, in passato, è stato oggetto di alcune critiche ma, con il rilascio delle ultime versioni, questi problemi sono stati quasi del tutto debellati; nella maggior parte delle volte Link – e con lui il mondo circostante – verrà animato a 60FPS e i bug grafici sono per lo più inesistenti (anche nella versione per Wii U). Il comparto sonoro, curato da Manaka Kataoka e Yasuaki Iwata, è qualcosa di eccezionale: le musiche, specialmente in fase di esplorazione, avranno un tono minimale e rilassante che ricorda molto il pianoforte di Ryuichi Sakamoto ma non mancano composizioni più pompose nelle fasi d’azione, pezzi più caratteristici nelle zone più popolose nonché parecchi temi familiari che i giocatori di vecchia data apprezzeranno di cuore. Questo nuovo titolo offre dei brani veramente atipici per la serie e non sono stati in pochi ad apprezzare questa nuova colonna sonora.
Breath of the Wild, probabilmente, è un va oltre la definizione di semplice gioco: è un titolo che porta il giocatore a immedesimarsi in certe situazioni, un gioco la cui componente fondamentale, prima di buttarsi nell’azione, sta nell’osservazione attenta dei luoghi e delle cose, rimanendo inevitabilmente affascinati dai nuovi, sterminati paesaggi Hyruliani nei quali si finisce per perdersi, a volte dimenticando i nostri obiettivi a favore della contemplazione. La musica fa il paio con tutto ciò, offrendo melodie sognanti ma allo stesso tempo “descrittive”, restituendo benissimo ciò che abbiamo attorno; sembra tararsi in base alle situazioni e agli ambienti e anticipare in un certo senso le nostre sensazioni. Inoltre, anche se la maggior parte dei dialoghi avverrà tramite textbox come tipico della serie, questo titolo è il primo titolo della saga ad avere delle cutscene interamente doppiate; alcuni si sono lamentati delle voci dei personaggi nei paesi di lingua inglese, ma in Italia, grazie all’esperienza dei nostri doppiatori, l’esperienza di questo titolo è decisamente migliore grazie a professionisti del calibro di Natale Ciravolo, Pietro Ubaldi e Marco Balbi. Non potevamo chiedere di meglio per uno storytelling fatto con classe e di questo livello.

Come ciliegina sulla torta abbiamo i due DLC, il primo rilasciato a giugno e il secondo a dicembre 2017, che riescono a rendere un’esperienza di gioco già perfetta ancora più profonda e longeva. Il primo, intitolato Le Prove Leggendarie, si incentra sull’abilità e la potenza della Master Sword; Link dovrà risvegliare il vero potere della spada che esorcizza il male e lo potrà fare solamente dimostrando di essere un vero eroe, affrontando durissime prove che lo vedranno privo di ogni vantaggio. La Ballata dei Campioni, ultimo e più vasto DLC, vede Link alle prese con ulteriori prove verso un ultimo eccezionale potere; come il titolo suggerisce, ci verrà raccontato di come la principessa Zelda mise insieme la squadra dei campioni, Urbosa, Revali, Mipha e Daruk, chiudendo così l’intero arco narrativo di Breath of the Wild e dando ai fan una storia completa fino all’ultimo dettaglio. In tutto questo i DLC offrono un infinità di contenuti aggiuntivi come armature e maschere, bardature, oggetti rari e la fantastica modalità “Cammino dell’Eroe” che farà apparire sulla mappa l’intero itinerario percorso da Link, molto utile per farsi un’idea di dove si è stati e di quali siano i luoghi inesplorati, permettendo dunque di trovare qualche santuario ancora nascosto. Inoltre, col primo DLC, si potrà selezionare la modalità “Master” ovvero la modalità difficile della campagna principale, che vedrà dunque diversi cambiamenti nel gameplay e un innalzamento del livello di sfida.

Un gioco perfetto

Insomma, The Legend of Zelda: Breath of the Wild con la sua vastità geografica, le diverse quest, santuari, strategiem nonché i due recenti DLC, offre al giocatore centinaia di ore di gioco rendendolo probabilmente uno dei migliori – se non il migliore – gioco della nota saga Nintendo. Eiji Aonuma e il team dietro allo sviluppo di questo eccezionale titolo hanno superato le aspettative di fan e critici videoludici di ogni dove; un gioco che sfiora la perfezione e a cui è difficile trovare veri difetti. Al di là di qualche rarissimo calo di framerate, sistemati semi-definitivamente con l’ultimo aggiornamento, Breath of The Wild è infatti un titolo che offre tantissimo e che non lascia spazionulla di marginale o noioso; ogni singolo aspetto di questo titolo è curato maniacalmente, dall’esplorazione all’interazione con gli NPC, dallo storytelling al gameplay effettivo, nulla è stato lasciato al caso. The Legend of Zelda: Breath of the Wild è destinato a rimanere non solo un “must have” per i possessori di Switch e Wii U ma anche a segnare la storia dei videogame futuri, e a imprimersi nella memoria dei giocatori di tutto il mondo.




Hidemaro Fujibayashi: abbiamo un sacco d’idee per il futuro di Zelda

Di recente Hidemaro Fujibayashi, direttore di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, ha discusso sul futuro dell’ormai leggendaria saga. Eiji Aonuma ha già confermato che un team è già al lavoro per il prossimo titolo della serie; così Fujibayashi ci parla delle idee che sono state prese in considerazione e quali scartate:

«Non posso confermare al momento che ci saranno sequel o continuazioni ma al momento abbiamo un sacco di idee e motivazione. […] Penso che mentre stavamo lavorando al gioco principale e ai DLC, che è di suo un processo in cui molteplici idee vengono prese constantemente in considerazione, ne siano uscite diverse che hanno definito il titolo e soddisfatto la nostra visione del gioco. […] Anche in situazioni del genere, parlare con le persone e scoprire che questi vogliono accarezzare i cani all’interno gioco mi da tanta motivazione, sono un sacco di idee che possiamo aggiungere nel gioco.».

Il produttore Eiji Aonuma aggiunge:

«Ciò che abbiamo imparato questa volta è che un DLC può espandere e migliorare il mondo all’interno del gioco. […] In passato abbiamo sempre dovuto ricominciare da capo una volta completato lo sviluppo. Ci siamo spesso ritrovati a pensare: “oh, avremmo potuto aggiungere questo, potevamo fare così”. Avremmo poi cominciato lo sviluppo di un nuovo gioco partendo da ciò che non siamo riusciti ad inserire in quello vecchio. Ma col DLC abbiamo capito che è un ottimo modo migliorare il mondo del gioco, renderlo più bello, farlo crescere un po’ come se fosse un figlio.».




Top 7: Le migliori idee regalo per questo Natale

Come ogni anno scatta il periodo del “che cosa regalo a Natale”. Noi di GameCompass vi veniamo in soccorso, dando qualche dritta su idee regalo dedicate ai gamer. Del resto, tra amici e famiglia, chi non ne ha uno accanto!?

#7 TV 4K HDR

Grazie a console sempre più preformanti l’era del 4K si appresta a esplodere e monitor o TV con questa tecnologia, unita all’HDR, diventano essenziali per godere al meglio di quanto offerto da un film o videogame. Samsung, LG e Sony sono da preferire, stando attenti alla scelta dei pollici e alla frequenza di aggiornamento. Ormai questi prodotti posso trovarsi anche intorno ai 500€ e non mancano forti sconti sconti da poter sfruttare per strappare l’occasione della vita.

#6 Gadget

Un vero gamer che si rispetti deve essere circondato da una serie di gadget che, magari non hanno una reale utilità, ma che vengono usati come elementi in grado di affermare la propria natura in questa società diversificata. Ecco quindi lo spuntare di Action Figures dedicate agli eroi delle nostre serie preferite, libri e fumetti che ripercorrono o approfondiscono le lore, soundtrack ma anche vestiario, tazze, lampade fino alla biancheria intima, da sfoggiare nelle occasioni speciali.

#5 Controller

“La potenza è nulla senza controller”. Questa – all’incirca – si rivela sempre una frase attuale in quanto un buon sistema di controllo garantisce al giocatore migliori feedback e vantaggi nel campo del multiplayer. Uno su tutti è il Controller Elite Xbox, una macchina perfetta a livello qualitativo e personalizzabile in tutti i suoi aspetti. Costa un po’ ma sono soldi ben spesi. Ottimi anche le versioni avanzate dei controller PS4 e le versioni speciali curati da Razer mentre, per chi ama i picchiaduro, un buon Arcade Stic, come i Mad Catz, è un acquisto imprescindibile.

#4 Mini Console

Il 2017 è stato anche l’anno delle Mini Console che puntando sulla nostalgia sono riuscite a conquistare una buona fetta di mercato. Nintendo con le sue NES e SNES Mini, che hanno aperto la strada, seguite da SEGA e la sua Megadrive, permettono di rivivere le gesta passate quando le uniche preoccupazioni erano con chi andare a giocare nel pomeriggio.

#3 Headset

L’audio nei videogames è una componente essenziale e, per chi non ha a disposizione un impianto surround di alto livello, può tranquillamente ripiegare su Headset di qualità. La parte del leone la fa Logitec con G430, le migliori per rapporto qualità/prezzo. Alzando un po’ l’asticella possiamo trovare le Kingston HyperX Cloud II, con ottima qualità costruttiva che la rende estremamente leggera ed ergonomica. Tra le migliori sul mercato, SteelSeries Arctis 7 è un prodotto pensato per i gamer più esigenti e che contano su un design estremamente elegante e pulito rispetto alla concorrenza.

#2 Console

È vero. Probabilmente ci troviamo a cavallo tra due generazione ma questo “stare nel mezzo” può essere sfruttato per usufruire di grandi occasioni. Playstation 4 Standard, così come Xbox One S si trovano intorno ai 200€, risultando comunque attuali visto i recenti aggiornamenti. Nintendo Switch è la console più ricercata mentre, per chi è molto generoso, può spingersi verso console più performanti, partendo da PS4 Pro che, in bundle con un videogioco, è possibile acquistarla ad un prezzo più che ragionevole. Xbox One X è la nuova arrivata e la più costosa ma può contare su una maggiore potenza e un supporto totale al 4K, siano essi giochi o Bluray.

#1 Videogames

È stato un anno ricco di soddisfazioni in ambito videoludico, anche per l’ingresso in scena di Nintendo. Imprescindibile per quest’ultima sono Zelda: Breath to the Wild e Super Mario Odyssey. Per le restanti console si possono trovare titoli di alto livello a basso prezzo: un esempio su tutti è Prey, titolo passato un po’ in sordina ma che può contare su un ottimo impianto narrativo. Project CARS 2 è perfetto per gli amanti dei motori come FIFA 18 per chi ama il calcio. Da non dimenticare titoli come Wolfenstein II, NIER Automata o Persona 5, in grado di intrattenere come pochi.




Già hackerato il SNES Classic Mini: e spunta anche una video guida

Era questione di tempo e, ça va sans dire, è puntualmente accaduto: il Super Nintendo Classic Mini è stato hackerato.
Alcuni hacker e modder hanno già mostrato il frutto del proprio lavoro aggiungendo i primi titoli sulla piccola retroconsole Nintendo. Non poteva mancare fra questi il russo  Cluster, nickname di Alexey Avdyukhin, che aveva già portato a termine la stessa operazione con il NES Mini Classic:

I finally understood the format of #SNESMini’s ROMs

Un post condiviso da Cluster (@cluster_m) in data:

Hackerare il SNES Mini Classic deve essere risultato molto più facile, basandosi quest’ultimo su un hardware uguale a quello della precedente retroconsole, come scoperto da Digital Foundry, che ha rilevato all’interno del case un Allwinner R16 SoC con ARM Mali 400 MP2 GPU e quattro ARM Cortex A7,512MB di memoria NAND, un modulo 256MB DDR3 e un chip di memoria Hynix. Insomma, pare che Nintendo non si sia prodigata troppo a proteggere la nuova console.
Per portare a termine l’operazione, sarebbe necessario utilizzare il software HakChi2, come è possibile vedere da uno dei video più cliccati in rete.
Vi ricordiamo, ovviamente, che l’aggiunta di materiale coperto da copyright non acquistato su una console è un’illecito in termini di legge.




Nintendo TREEHOUSE

Speciale E3 – Secondo giorno per Nintendo Treehouse

Oggi è stato trasmesso in streaming il secondo giorno dell’E3 per la Nintendo Treehouse. Oggi non ci sono state delle novità ma sono stati presentati dei gameplay su Pokkén Tournament DX, Yoshi, Splatoon 2, Super Mario Odyssey.

Secondo giorno di Nintendo Treehouse all’E3 e grande spazio ai gameplay.
La giornata si apre con uno degli eventi più importanti e coinvolgenti, il Pokkén Tournament DX Invitational, un torneo in cui si sono sfidati dei giocatori che, diventando i campioni, hanno ricevuto una bella sorpresa: i due vincitori, con i nickname di “Matpat” e “Allister Singh”, hanno infatti avuto l’onore di giocare contro gli sviluppatori del gioco, Mr. Hoshino e Mr. Suzaki. (Hoshino-san e Suzaki-san, per dirla alla maniera nipponica).
I match si sono svolti in quest’ordine:

  1. Mr. Hoshino contro Matpat:
    Mr. Hoshino ha utilizzato Croagunk, mentre Matpat ha utilizzato Empoleon con cui ha dominato il torneo e soprattutto la finale.
  2. Il secondo scontro, invece, è stato caratterizzato da Mr. Suzaki contro Allister Singh.
    Mr. Suzaki ha utilizzato Charizard mentre Allister ha utilizzato Pikachu, e quest’ultimo ha stupto tutti poiché ha dominato il torneo e la finale grazie al suo Suicune.

La vittoria è andata al team degli sviluppatori, nonostante abbiano sudato non poco contro i campioni. Momento finale dedicata alla foto dei 4 finalisti con in mano il premio, un “quadro” di Pokkén Tournament DX.

YoshiIn seguito è stato mostrato il gameplay di Yoshi, il nuovo gioco della serie per Nintendo Switch. È stato possibile vedere il gameplay del primo livello da due prospettive diverse, fronte e retro. Inoltre sono stati svelati anche dei segreti relativi al gioco.Il terzo gameplay è stato occupato da Splatoon 2, in cui sono state giocate un paio di partite tra commenti ironici dei giocatori e sviluppatori, tra cui “Non ridete vi prego, sappiamo di fare schifo a questo gioco” (dicendo la verità, ma il modo ironico con l’hanno detto ce li rende simpatici).Come se il gameplay di ieri non fosse bastato, anche oggi un gameplay di Super Mario Odyssey, dove sono stati mostrati altri segreti riguardo il primo livello e piccole gaffe divertenti da parte dei giocatori.Il Treehouse è attualmente in corso con il gameplay del nuovo DLC di The Legend of Zelda: Breath Of The WildThe Champions’ Ballad, e c’è da restar soddisfatti anche di questa giornata di E3 nella parte dedicata a Nintendo, ma rimane ancora un po’ di dispiacere per la mancanza di dettagli su Shin Megami Tensei Deep Strange Journey (redux nel gioco giapponese), titolo molto atteso dai fan. Vi terremo aggiornati se ci saranno ulteriori novità di rilievo.




Annunciati i prezzi dell’abbonamento online di Switch

Sul proprio sito ufficiale, Nintendo ha annunciato alcune novità sul servizio di abbonamento online di Switch.
In particolare, i costi saranno di 3,99$ per un mese, 7,99$ per tre mesi e di 19,99$ per un anno.
Il servizio permetterà ai possessori di Nintendo Switch di giocare online i titoli multiplayer e di scaricare un’app per smartphone utile allo scopo.
Sarà possibile la voice chat e, per tutti gli iscritti, sarà disponibile in download una raccolta di titoli classici da giocare online.
L’attivazione del servizio era prevista per l’autunno-inverno 2017, ma è stata rinviata al 2018.




Una nuova avventura di Link su mobile?

Secondo il Wall Street Journal, Nintendo e DeNA starebbero sviluppando una nuova avventura della saga di The Legend of Zelda per il mercato mobile.
In base alle fonti, il colosso Giapponese, si starebbe occupando anche dello sviluppo di Animal Crossing, sempre per mobile, che dovrebbe precedere l’uscita del nuovo Zelda (che potrebbe anche essere una versione mobile di Breath of The Wild) tra qualche mese.

Nintendo e DeNA non vogliono rilasciare alcuna voce ufficiale al riguardo.