Action 52: fra ambizioni troppo grandi e ghepardi ninja

Videogiochi, videogiochi, videogiochi… Ogni giocatore ne vuole più che può! Quelli più giovani, oggi, nascono in famiglie in cui, con buona probabilità, i genitori sono stati dei gamer più o meno attivi e pertanto, quando arriva il momento di comprare il primo videogioco, conoscono il mercato e perciò non cadono vittime delle assurde console tarocche con 100.000 giochi del Nintendo Entertainment System (che poi sono solo una manciata che si ripetono più e più volte). C’è stato un periodo in cui i genitori dei giocatori, oggi un po’ più vecchiotti, erano prede ideali per questo tipo di prodotti e, non raramente, quando a Natale si chiedeva una PlayStation c’era il pericolo che i parenti avrebbero potuto regalarti una PolyStation traumatizzandoli a vita! A ogni modo, nel 1989, un visionario ispirato da questo concetto provò a  inserire in una cartuccia per NES ben 52 giochi originali, tutti programmati da zero, un idea che, a senso suo, gli avrebbe fruttato milioni di dollari in poco tempo ma che invece si rivelò un disastro senza precedenti, finendo per diventare solamente un pezzo da collezione che nessuno vuole nella sua retrolibreria. Oggi, su Dusty Rooms, vi parleremo dell’orrendo Action 52, dal concetto, alla realizzazione, fino al suo inevitabile destino.

La formazione del team

Stati Uniti, 1989: il Sega Genesis era appena uscito ma il mercato era ancora nelle mani di Nintendo che, col suo NES e il neoarrivato Game Boy, era semplicemente sinonimo di videogioco. Anche senza internet, la comunità di giocatori era attivissima, il passaparola sostituiva le discussioni su Facebook, le riviste erano l’unica vera fonte di informazioni e, in assenza dei periodi dei saldi sui videogiochi o negozi dedicati come Gamestop che rottamano l’usato, l’unico metodo per aggirare gli alti costi di un solo videogioco era scambiarsi le cartucce a scuola o quando il tempo lo consentiva. Che i software li comprassero i genitori o i giocatori un po’ più grandicelli, rimaneva sempre il problema dei problemi: un gioco costava 60 dollari e in pochi potevano permettersi una libreria da sogno. Come scritto sul press kit dei tempi di Action 52, Vince Perri, ideatore di questa multicart, era un genitore con gli stessi problemi di molti americani e perciò odiava spendere 60$ ogni volta che suo figlio finiva un videogioco. Tuttavia, un giorno si imbattè in una strana cartuccia illegale proveniente da Taiwan contenente 40 giochi e la regalò al figlio che ne rimase sorpreso; Vince Perri diffuse la voce nel suo vicinato e molti genitori comprarono la stessa cartuccia e la regalarono ai propri figli. Egli rimase stupito dal concetto e ben presto in lui nacque l’idea di produrre e vendere un prodotto simile, però per vie legali e con giochi tutti originali; di lì a poco, Perri fondò la Active Enterprises LTD. e andò a caccia di investitori in Europa e in Arabia Saudita per realizzare la sua visione, cui aveva in mente di farne persino un franchise. Nonostante la grande idea, Vince Perri non era un programmatore, non aveva chiaro come funzionasse il mercato dei videogiochi e soprattutto non disponeva di grandi quantità di denaro e perciò doveva trovare del personale a buon mercato, con un disperato bisogno di lavorare.
Vince Perri possedeva un ufficio all’interno di un edificio adibito a studio di registrazione musicale a Miami e lì incontrò Mario Gonzalez, un neolaureato in audio-video e multimedia che lavorava lì (e alla quale dobbiamo anche tutte le informazioni che si sanno su questo misterioso videogioco). Gonzales aveva esperienza nel campo della creazione dei videogiochi come musicista e designer e presto coinvolse altri due suoi colleghi universitari in cerca di lavoro, ovvero Javier Perez e Albert Hernandes, che si sarebbero occupati, rispettivamente, di design e programmazione. Vince Perri chiese ai ragazzi una sorta di demo per avere un’idea delle loro potenzialità e così gli mostrarono Megatrix, un clone di Tetris su Amiga 500 che avevano programmato al college; ne rimase incredibilmente colpito ma Perri non aveva chiaro che il NES era nettamente inferiore al computer 16-bit della Commodore. Ciononostante, corse dagli investitori con la demo e ben presto ottenne gli investimenti per pagare ai tre programmatori un viaggio nello Utah per imparare a programmare su NES… Però in due settimane, visto che promise agli investitori tempi di realizzazione assurdi! Al loro ritorno si unì un quarto programmatore, che a oggi rimane ancora senza nome, e i primi tre, freschi di corso, posero le basi per programmare su NES a questo nuovo membro del team (che come Mario Gonzales è il responsabile di parte delle informazioni su Action 52).

(da sinistra verso destra: Mario Gonzalez, Albert Hernandes, Javier Perez e il quarto developer ignoto)

Al limite umano

Lo studio di registrazione divenne la loro base operativa e i quattro giovani rampanti lavorarono duramente con orario da schiavi: entravano in ufficio alle 11 di mattina per uscire alle 23 e, visto che le sale prove non hanno finestre e sono insonorizzate, finivano anche per staccare all’una di notte. Questo era dovuto al fatto che Vince Perri promise agli investitori di consegnare i 52 giochi in tre mesi, tempo in cui solitamente si può sviluppare, a pelo, un solo gioco, senza contare che un prodotto deve avere uno storyboard, degli artwork ed essere testato. Il visionario capo della Active Enterprises LTD. era così fiducioso verso i suoi dipendenti (che pagò giusto 1500$ a testa per l’intero progetto) che passava giusto per le ore dei pasti per consegnare del cibo take away per poi sparire per tutta la giornata. Capendo che Perri non aveva chiaro quanto duro fosse programmare un solo videogioco, visto che già metteva in programma versioni per Sega Genesis e Super Nintendo, i quattro programmatori dovettero ridimensionare i concept dei loro giochi e programmare per lo stretto indispensabile: alcuni furono scartati e altri ridotti a giochi più semplici come Dead-Ant (trasformato poi in Dedant), un gioco in cui si doveva comandare una formica in una colonia per racimolare del cibo da dare a una regina ridotto a uno shooter verticale (esattamente come le formiche della Repubblica dello Sbergio che si difendono sparando proiettili agli altri insetti).
Action 52 doveva contenere un 52esimo gioco chiamato Action Game Master che si sarebbe sbloccato una volta completati tutti i 51 precedenti ma, verso la metà dello sviluppo del progetto, Vince Perri avrebbe avuto l’idea che, a senso suo, avrebbe catapultato la sua multicart e la Active Enterprises LTD. verso il successo, ovvero i Cheetahmen, dei ghepardi ispirati alle Tartarughe Ninja (visto che, dopo il NES, erano la cosa più in voga in quegli anni); il loro gioco sarebbe dovuto essere il migliore, il più grande, e la confezione avrebbe incluso un fumetto con delle avventure dei tre bestioni e al cui interno venivano promessi inoltre, in futuro, giocattoli, magliette e persino una serie TV animata dalla “qualità Disney”. Ancora una volta, Perri dimostrò di non avere idea di come funzionasse lo sviluppo videoludico e così i programmatori, che avevano praticamente finito Action Game Master, dovettero scartare quel gioco per concentrarsi esclusivamente sul videogioco Cheetahmen, riducendo ancora di più i concept per gli altri giochi. In questo caos più totale, Mario Gonzalez uscì dalla scena per via di alcuni problemi con la sua ragazza e il progetto rimase affidato ai restanti tre; il giovane musicista aveva composto le colonne sonore per i giochi ma con lui fuori dal progetto non si poté più utilizzare la sua musica. A questo punto, per via della scadenza imminente, i tre cominciarono a rubare brani direttamente dai pezzi demo di The Music Studio, un software per computer di Activision, e furono campionate voci e piccole sezioni da un disco dance della zona di Miami. Anche dei codici vennero trafugati, come quello del menù, copiato dalla cartuccia taiwanese del figlio di Vince Perri (infatti il menù ha gli stessi effetti sonori di molte multicart).

(quanto è brutto Action 52? Decidete voi! Un gameplay variegato dell’utente YouTube nesguide)

L’immissione nel mercato e la capitolazione

Al completamento di Action 52 i tre programmatori lasciarono la Active Enterprises LTD. e una multicart con giochi programmati dozinalmente e pieni di problemi. Vince Perri, volendo seguire l’iter esatto dei videogiochi rilasciati legalmente, presentò il videogioco alla Nintendo che lo rifiutò; a questo punto non rimase altra soluzione se non vendere il videogioco nei negozi ma senza alcuna licenza ufficiale come faceva Tengen o Color Dreams. Venne stampato tutto il materiale pubblicitario, prodotta una pubblicità televisiva e persino lanciato un concorso con la quale era possibile vincere 1400 dollari (metà in denaro e metà borsa di studio) completando il gioco Ooze, impossibile da finire perché non era possibile andare oltre il secondo livello per via di un errore nella programmazione (e ciononostante, anche se il gioco magicamente fosse andato avanti, il codice da mandare alla Active Enterprises LTD. in caso di vittoria, che sarebbe spuntato nella schermata finale del gioco, era uguale in tutte le cartucce).
Action 52 arrivò nei negozi per l’assurdo prezzo di 199 dollari nel 1991, il costo di un Super Nintendo con Super Mario World, e, nonostante le iniziali buone vendite, il passaparola si diffuse a macchia d’olio, la multicart ricevette una pessima reputazione e pertanto rimase inevitabilmente invenduta nei negozi; di conseguenza la Active Enterprises LTD. si riempì di debiti e perciò Vince Perri doveva agire in fretta. Chiamò di nuovo i programmatori Javier Perez e Albert Hernandes per lavorare alla versione per Sega Genesis; questa volta i due furono mandati a programmare all’interno dello studio della Farsight Technologies dalla quale si potè produrre una versione di Action 52 più funzionale, con meno bug e crash improvvisi. Nonostante gli sforzi, la versione 16-bit della multicart fu macchiata ugualmente dalla stessa reputazione della versione per NES e così, ben presto, Active Enterprises LTD. si avviò verso il fallimento. Con le ultime risorse, Vince Perri mise su uno stand al Consumer Electronics Show del 1993 per tentare di attrarre qualche investitore per poter lanciare la linea di giocattoli e lo show dei Cheetahmen, il sequel Cheetahmen II per NES (che eventualmente fu prodotto ma mai venduto), Action 52 per SNES e persino una console portatile 16-bit, chiamata Action Game Master Portable, in grado di leggere cartucce per NES, SNES, Sega Genesis e persino Sega CD. I prospetti di Vince Perri erano tanto assurdi quanto irrealizzabili, nessuno osò finanziare i suoi progetti e pertanto Active Enterprises LTD. chiuse i battenti di lì a poco; le cartucce invendute furono richiamate e chiuse in un magazzino fino a quando negli anni 2000 furono riportate alla luce insieme a Cheetahmen II e messe su eBay per prezzi oltraggiosi.
I quattro developer non videro nessun provente dalle scarse vendite di Action 52 e l’unica cosa che rimase da fare, più tardi nell’era di internet, fu uscire allo scoperto e raccontare la storia di questa assurda compagnia e del suo terribile gioco. Vince Perri, invece, è scomparso dalla circolazione e nessuno sa dove si trovi o che aspetto abbia, dal momento che non esiste una sua foto da nessuna parte; alcuni blogger e podcaster, nel tentativo di rintracciarlo, hanno incontrato persone vicine a lui che hanno preferito mantenere la sua ubicazione segreta o hanno fatto domande del tipo “cosa vuoi sapere da lui”. Si dice che di recente sia morto ma neppure questa voce pare essere confermabile.

(ROARRRR! Siamo le Tartarughe Ninja pelose!)



GameCompass – Super Nintendo Classic Mini (02×04)

Il Super Nintendo torna nella nostre case e porta con sé un’ondata di nostalgia: Gero Micciché, Andrea Celauro e Vincenzo Zambuto ce ne parlano in una puntata totalmente dedicata al retrogaming, alla grande sfida Sega-Nintendo e con una selezione dei migliori titoli della nuova, piccola retroconsole.




Top 5: i 5 migliori titoli del SNES Classic Mini

A 25 anni dalla sua uscita in Europa, il Super Nintendo torna nelle case dei giocatori in versione mini includendo 20 grandi classici, più l’inedito Star Fox 2, selezionati nel vasto universo dei giochi usciti all’epoca per la console giapponese.
Una scelta difficile: ma forse ancora più dura è selezionare tra questi quali siano i cinque migliori, come abbiamo fatto in questa top 5.

Al quinto posto troviamo Super Castlevania IV: remake del primo Castlevania, il capitolo vede anche qui il cacciatore di vampiri Simon Belmont alle prese con il conte Dracula nel suo castello in Transilvania, ma con un gameplay enormemente migliorato e numerose armi potenziate che hanno reso questo titolo unico nella saga. Si tratta anche della prima volta per lo storico Theme of Simon Belmont che ancora oggi fa da colonna sonora alla saga.

Al quarto posto troviamo Super Mario World: titolo più venduto dell’era Super NES, Super Mario World sviluppava le migliori basi di Super Mario 3, lavorando su nuove mappe di gioco e su vari super poter speciali e offrendo un’ottima composizione di livelli con bonus, easter egg e una grande varietà di ostacoli. Questo gioco segna anche l’esordio di un personaggio che diverrà iconico in casa Nintendo, il verde dinosauro Yoshi.

Al terzo posto troviamo Super Metroid, terzo capitolo della saga che rappresenta un grande balzo in avanti aggiungendo una vasta mappa e svariati poteri a disposizione di Samus, la quale dovrà affrontare nemici del tutto nuovi in un titolo che gode di un livello di cura maniacale anche sul piano visivo e di una componente esplorativa che lo hanno reso una pietra miliare della nota serie fantascientifica.

Al secondo posto troviamo un gioco che ha rappresentato un unicum in campo RPG: parliamo di Secret of Mana, gioco di ruolo dalla storia solida e avvincente e dall’interfaccia intuitiva, basato su un sistema di combattimento in real time con una forte componente cooperativa, trovandosi il giocatore a gestire 3 personaggi contemporaneamente, giocabili anche tramite il sistema Super Multi-tap, che trova qui uno dei suoi migliori utilizzi. Un classico del role playing game 16-bit che ancora oggi serba un nutrito stuolo di appassionati.

E al primo posto abbiamo il grande classico di una delle più classiche serie Nintendo: The Legend of Zelda: A Link to the Past. Terzo titolo della nota saga, il titolo vede Link alle prese non direttamente con il solito acerrimo nemico Ganon ma con lo stregone Agahnim, ed è il primo gioco in cui l’eroe di Hyrule ha accesso al Mondo Oscuro. Con un gameplay semplicissimo ma efficace, una storia ben strutturata e affascinante, una grande quantità di dungeon, abilità speciali e artefatti nascosti, A Link to the Past è una delle pietre miliari nella storia videoludica ed è di certo uno dei punti più alti espressi da Nintendo nella suo lungo lavoro di sviluppatore.




Super Mario History

Alla ricerca di un’identità

La Nintendo non è sempre stata la compagnia che conosciamo oggi. Questo, ormai, colosso industriale ha le sue lontane origini nel 1889 quando la compagnia produceva principalmente carte del popolare gioco giapponese “hanafuda” o “carte fiorite” come tal volta tradotto. Dal 1956 la Nintendo, passata di diritto a Hiroshi Yamauchi nipote del fondatore Fusajiro Yamauchi, si dedicò alla produzione di molte altre cose oltre  alle popolari carte da gioco come ad esempio giocattoli, una linea di taxi chiamata daiya, una stazione TV, una catena di love hotel e persino riso istantaneo. Tutte queste iniziative fallirono e dopo le olimpiadi di Tokio del 1964 le azioni di Nintendo raggiunsero il loro minimo, toccando le 60¥ ad azione. In questo clima scoraggiante Nintendo decise di investire nel crescente mercato dell’elettronica, ponendo la prima pietra sulla quale la compagnia costruì la sua odierna reputazione. Nel 1974 Nintendo si assicurò la distribuzione della prima console casalinga del mondo in Giappone, il Magnavox Odissey, ma fu solo nel 1977 che la grande N lanciò nel mercato la loro prima serie di hardware proprietari, le built-in game console Color TV-Game. Le cose per Nintendo sembravano cominciare a girare per il verso giusto, specialmente dopo il lancio dei Game & Watch che divennero popolarissimi in Giappone, ma un esserino rotondo e giallo che risponde al nome di Pac Man impazzava per le sale giochi stracciando ogni forma di record finora posta da giochi come Space Invaders e Galaxian. Nintendo, già nel 1979, aveva già lanciato nelle sale giochi Radar Scope, un gioco che ebbe un discreto successo ma fallì ad impressionare gran parte dei giocatori. Yamauchi, visti anche i migliaia di cabinati invenduti nei magazini, decise di richiamare tutti i cabinati di Radar Scope e di costruire un nuovo gioco basato su quel hardware.

L’uomo qualunque alla riscossa

Inizialmente l’idea era quella di ottenere una licenza per creare un gioco sul famoso fumetto Popeye, ovvero Braccio di Ferro, ma Nintendo non riuscì ad ottenere i diritti. Il concetto base del fumetto però rimase: una donzella indifesa nelle mani di un “bruto” da salvare. Il celebre Shigeru Miyamoto, che si mise in prima linea per cambiare l’hardware di Laserscope, cominciò a disegnare dei personaggi originali. Il ruolo del protagonista, o meglio del personaggio controllato, fu affidato ad un baffuto carpentiere con una blusa blu e un cappello rosso; il ruolo dell’antagonista, che diede il nome al gioco, venne affidato ad un gigantesco gorilla molto simile a King Kong che, non a caso, rapiva una delicata fanciulla. Questi personaggi finirono nell’ormai leggendario classico arcade Donkey Kong del 1981, un gioco destinato a diventare un pilastro fondamentale del gaming di sempre. Nonostante i giocatori all’inizio storsero il naso una volta visto il bizzarro nome di questo nuovo gioco (Donkey Kong significa letteralemente “asino scimmia”, un errore di dizione dovuta all’intenzione di Miyamoto di creare qualcosa come “Scimmia Scema”) Donkey Kong diventò in poco tempo uno di quei giochi in cui si formava la fila solo per giocarci. Il personaggio principale, all’epoca solo Jumpman, era un newyorkese qualunque ma, grazie anche alla distribuzione di nuovo materiale promozionale, il nome del personaggio principale fu finalmente definito: Mario, un nome proprio di una persona qualunque con la quale potersi identificare. La scelta del nome “Mario” fu una storia curiosa; Nintendo era indietro con l’affitto del loro stabilimento negli Stati Uniti ed un tale Mario Segale, proprietario dello stabilimento, ebbe un’infuocata discussione con Minoru Arakawa, primo presidente e fondatore della Nintendo of America, a proposito dei ritardi coi pagamenti. Dopo che il signor Segale lasciò l’edificio i dipendenti furono consoni a chiamare il loro personaggio, in nord America, Mario. Miyamoto ricorda, durante le prime fasi dello sviluppo di Donkey Kong, che Mario non aveva ancora un tasto per saltare e che il gioco, dovendo evitare i barili lanciati da Donkey Kong soltanto arrampicandosi per le scale nello stage, risultava troppo difficile; così il geniale Miyamoto si pose la semplice domanda: “se mi arriva addosso un barile, rotolando, a tutta velocità, che faccio”? Fu così che il salto non solo diventò la mossa che distinse Mario per tutti i giochi a venire ma gettò anche le basi per il genere che diventerà il platform. Il sequel Donkey Kong JR., più o meno simile al precedente Donkey Kong, confermò e cementò il nome del personaggio in Mario ed inoltre fu il primo ed unico gioco in cui Mario ricorse come antagonista. Le strade di Donkey Kong e Mario si separarono; il gorilla fu affiancato ad un poco rilevante giardiniere per l’uscita del discreto Donkey Kong 3, tale Stanley, mentre a Mario gli venne dato un fratello: Luigi. I due fratelli, impegnati nel settore dell’idraulica, fecero la loro prima comparsa nel gioco del 1983 “Mario Bros” un gioco in cui lo scopo del gioco era quello di collaborare, ma anche competere, nel far fuori le tante creature che intasavano le tubature della città di New York. Questo gioco, se pur non portava grandissime innovazioni, era molto divertente e, oltre a Luigi, furono introdotti molti elementi che diventeranno parte del canone della serie come le tubature verdi, i blocchi POW e le tartarughe che diventeranno poi Koopa.

Super Mario alla conquista del mondo

In Giappone, nel 1983, Nintendo aveva già lanciato il Famicom che, dopo un inizio un po’ turbolento, divenne la console più venduta del 1984. In Giappone il mercato delle console era florido ma in nord America le cose andavano diversamente. La famosa crisi dei videogiochi del 1983, e che portò alla chiusura l’originale Atari Inc., era fortemente sentita: un mercato inondato da console poco diverse fra loro e poco interessanti, inflazione rampante dei videogiochi dovuta anche all’assenza di misure di controllo sulla produzione (chiunque era libero di produrre un videogioco ed immetterlo nel mercato) e la sempre più presente competizione da parte dei primi computer casalinghi. Queste furono le cause della ormai documentatissima crisi. I computer casalinghi avevano la fetta più grossa di ciò che era rimasto del mercato dei videogiochi poichè i genitori erano più disposti a comprare dei computer ai loro figli per poter sia giocare che poterlo usare per i compiti o per qualcosa di produttivo. Persone come Jack Tramiel, fondatore della Commodore, erano fiduciosi e sicuri che il futuro dei videogiochi risiedesse nei computer. Il lancio di una console, in uno scenario come questo, poteva essere letale per Nintendo; i passi da intraprendere dovevano essere programmati nel minimo dettaglio. La console presentata al Consumers Electroinc Show del 1984 come Nintendo Advanced Videogame System era molto diversa dal Famicom ma anche molto diversa alla versione definitiva del Nintendo Entertainment System. Questa console, vista la presa dei computer in Nord America, aveva persino una tastiera ed un lettore per le cassette a nastro, usatissime nei primi home computer. Vista la negativa ricezione del pubblico al CES 1984 Nintendo non ci mise molto a cambiare il design di quella console e decise anche che per il lancio della loro console in nord America questa doveva avere dei titoli fortissimi e rilevanti. Un gioco di avventura ed esplorazione, che poi divenne The Legend of Zelda, e un gioco più veloce ed atletico entrarono in sviluppo più o meno nello stesso tempo. Il team di sviluppo dietro al primo Super Mario Bros definì il gioco in ogni dettaglio: il gioco doveva essere intuitivo, semplice, stimolante e visibilmente incredibile. Dopo un lancio di prova nello stato di New York con i giochi della linea black box (ovvero quei giochi le cui scatole riportavano la grafica del gioco confezionato) il NES fu lanciato in tutto il mondo con Super Mario Bros in bundle. Fu in quel momento che Mario divenne sinonimo di videogioco; quel gioco non solo incorporava tutto quello che i giochi erano stati finora ma portava novità mai viste prima. In aggiunta alla grafica all’epoca eccezionale, bella quasi quanto un gioco per sala giochi, Super Mario Bros introdusse il sidescrolling: il livello andava avanti con Mario e quei livelli risultavano, per i tempi, lunghissimi. C’era chi addirittura pensava che finito il primo livello il gioco fosse finito ma invece, a loro sorpresa, Mario finiva nel sottosuolo del neo-introdotto regno dei funghi, mostrando un lato completamente diverso dal primo livello luminoso e colorato. Ed ancora, proseguendo in questo nuovo mondo virtuale, i giocatori finivano nel primo castello dove potevano affrontare Bowser, probabilmente il primo vero boss dei videogiochi, ma una volta sconfitto l’avventura proseguiva poiché “la principessa si trovava in un altro castello”. La longevità di quel gioco spinse i giocatori ad esplorare i più profondi meandri del gioco, scoprendo aree bonus, aree teletrasporti e trucchetti per superare le parti più difficili. Il gioco stupì tanto nella maestosità quanto nella semplicità; Mario, anche nella sua forma base, poteva affrontare qualsiasi nemico del gioco, bastava solamente saltare addosso ai nemici oppure agilmente evitare le situazioni più complesse. Il sistema di power uprappresentati dagli iconici Super Fungo, I Fiori del Fuoco e la Super Stella, permetteva un potenziamento graduale concedendo a Mario dei colpi in più e delle abilità aggiuntive senza che il gioco si facilitasse più di tanto, la difficoltà era perfetta ed adatta a tutti; persino alcuni genitori di bambini che avevano ricevuto il NES per qualche occasione giocavano di tanto in tanto al videogioco coloratissimo regalato ai loro figli. In fondo il successo del NES risiedeva nel fatto che fosse venduto come una sorta di HI-FI; il fronte della console leggeva “entertainment system”, non era un “videogioco” come un Atari 2600 si presentava, il NES all’interno della casa aveva la stessa importanza di un videoregistratore o di un (primitivo) lettore CD ad alta fedeltà. Parlando di CD, che dire della musica? Il motivetto creato da Koji Kondo finì per diventare uno dei pezzi più famosi del mondo; il pezzo è così famoso da essere conosciuto persino da persone che non hanno mai giocato a Super Mario Bros. Band famose, orchestre, un buon 80% dei musicisti del mondo hanno suonato il tema di Super Mario Bros almeno una volta.

Una scelta necessaria

Super Mario Bros rivoluzionò decisamente il mondo dei videogiochi. Negli anni successivi al 1985, ci furono i primi tentativi di imitazione. Uno fra i tanti, ad esempio, fu Alex Kidd in Miracle World, gioco del Sega Master System del 1986. Questo fu un titolo validissimo: fu uno dei primi giochi ad avere uno scrolling verticale e graficamente era migliore di Super Mario Bros grazie alla vasta palette di colori del sistema. Alex Kidd però non fu semplicemente all’altezza del suo rivale; i suoi controlli erano scivolosi, il carisma del protagonista era nullo in confronto a quello del suo rivale e gli sviluppatori, dopo più di un anno dall’uscita di Super Mario Bros sul mercato, presero l’orrenda decisione di invertire i controlli nel similissimo controller del Master System. Tentativo di plagio invece fu The Great Giana Sisters, gioco che non solo storpiava il titolo del più famoso gioco per NES ma ne copiava il gameplay e l’aspetto in generale. Nintendo prese provvedimenti contro gli sviluppatori e il gioco fu ritirato dal mercato poco dopo la sua uscita. Il mondo chiedeva a gran voce un sequel, un sequel che Nintendo, già nel 1986, aveva già prodotto in quattro mesi per l’add-on Famicom Disk system. Super Mario Bros 2, al di là di qualche nuovo più curato dettaglio grafico, era semi identico all’originale anche se nuovi elementi furono introdotti rispetto al primo titolo: la possibilità di poter scegliere sia Mario che Luigi nella schermata del titolo, abilità diverse per ciascuno dei personaggi, un fungo velenoso, il vento che in alcuni livelli influenzava i salti, warp zone fittizie che rispedivano il giocatore indietro nel gioco, etc… Howard Phillips, un dipendente Nintendo che testava i nuovi giochi che arrivavano dal Giappone, giocando all’originale Super Mario Bros 2 provò un forte senso di frustrazione e non si divertì affatto. Nintendo decise di rimandare momentaneamente il rilascio e trovare un modo per rilasciare un nuovo titolo della saga di Mario che fosse diverso ma allo stesso tempo che restituisse le stesse sensazioni ottenute con il primo titolo. La decisione era quella di re-mappare un titolo diverso con i personaggi dell’universo di Mario, ma quale? Un titolo Giapponese di nome Yume Kojo: Doki Doki Panic fu prodotto dalla Nintendo per una expo della Fuji-TV; questo titolo, un validissimo platformer, aveva un nuovo motore grafico dotato di scrolling verticale e delle meccaniche, se pur diverse da Super Mario Bros, che potevano adattarsi perfettamente a Mario e compagni. Il Super Mario Bros 2 che arrivò in occidente nel 1988 era totalmente diverso dal primo titolo ma divertente quanto tanto il primo. Era possibile scegliere ben quattro personaggi all’inizio di ogni livello, ovviamente tutti relativi all’universo della saga (Mario, Luigi, Toad e la principessa Peach), non si saltava più addosso ai Goomba e Koopa (che non erano presenti nel gioco) ma si raccoglievano degli ortaggi per terra da poter scaraventare contro i nemici, via i tubi verdi, via i blocchi da colpire con la testa e via la bandierina a fine livello. Super Mario Bros 2 era un gioco del tutto diverso dal primo capitolo eppure restituiva perfettamente quelle stesse sensazioni avute giocando col primo gioco; i fan accolsero il gioco più che positivamente il nuovo titolo e durante il natale del 1988 fu uno degli oggetti più difficili da trovare in commercio. Super Mario Bros 2, così come Zelda II: the Adventure of Link o Castlevania 2: Simon’s quest, godette di ottima luce proprio perché presentò un qualcosa che scuotesse la formula classica, proponesse qualcosa di nuovo senza stravolgere l’interezza del gioco e restituisse le stesse sensazioni del primo titolo. Con l’avvento di internet i fan rigettarono i loro pareri positivi verso Super Mario Bros 2 condannando il fatto di non aver ricevuto il vero sequel del primo titolo e di essere stati, in un certo senso, presi in giro; la verità è stata scomoda ma fu una decisione necessaria. il vero Super Mario Bros 2, sarebbe probabilmente passato inosservato per la troppa similarità col primo titolo e la difficoltà aumentata avrebbe solamente fatto infuriare i giocatori più casuali. In uno scenario in cui il mercato dei videogiochi era in continua evoluzione un titolo ancorato al passato non avrebbe fatto una bella figura. Non dimentichiamoci che diverse figure chiave del titolo originale lavorarono per Doki Doki Panic, principalmente Kensuke Tanabe, Koji Kondo ma soprattutto Shigeru Miyamoto che supervisionò tutto il progetto dall’inizio. Il gioco, anche se in precedenza fu concepito con altri personaggi, era veramente come se fosse destinato a diventare un titolo della saga di Mario tanto da essere tornato in giappone nel 1992 come Super Mario USA riscuotendo ancora molto successo.

Parte della cultura popolare

Insieme a Mario, nel Nes, c’erano migliaia di platformer uno più bello dell’altro. Lo scenario era più florido che mai e in un clima in cui il platformer era il genere più in voga e Mario famoso quanto i Beatles lo furono per la musica pop un terzo Super Mario Bros sarebbe stato il top del top. Prima del suo terzo capitolo su NES l’idraulico più famoso al mondo fece un apparizione sulla nuova console portatile di casa Nintendo che rivoluzionò il mercato dei videogiochi portatili: il Gameboy. Quello che ne venì fuori fu Super Mario Land, il primo gioco della nuova console portatile e il primo gioco della saga a non essere sviluppato da Shigeru Miyamoto ma bensì da Gunpei Yokoi, ideatore della console stessa. Fu un titolo molto diverso dalle incarnazioni sulle console casalinghe ma, come già dimostrato in passato, Mario fu capace di vendere perfettamente il sistema anche se poi Super Mario Land fu scartato come gioco in bundle in favore di Tetris che, in seguito, scrisse un’altra storia. Super Mario Bros 3 invece debutto in anteprima in pompa magna sul grande schermo, come parte integrante del film del 1989 “The Wizard”, arrivato in Italia come “Il piccolo grande mago dei videogames”, in cui venne proposto come l’ultima prova per il maghetto dei videogiochi. Quel film dimostrò come i videogiochi non solo fossero parte integrante della cultura popolare di quei anni ma anche di come la figura di Mario era in grado di attirare l’attenzione di tutti. In quegli anni a Mario erano state dedicate ben due serie TV di cartoni animati (senza contare che più in là ne uscì una terza), c’erano dei cereali per la prima colazione a tema, sacchi a pelo, cestini per il pranzo, sorpresine negli Happy Meal di Mc Donald’s… Mario era semplicemente un fenomeno inarrestabile. Super Mario Bros 3, ancora una volta, riscrisse la storia non solo per le vendite ma per aver rinnovato un genere che era già al suo picco: scrolling in ogni direzione, mondi a tema tutti diversi, un infinità di livelli, nuovi power up, segreti sia nei livelli che nelle mappe dell’overworld, canzoni memorabili… Super Mario Bros 3 è ancora oggi ritenuto da molti il più bel platformer mai realizzato, un gioco vicino alla perfezione e che ha posto le basi per tutti i platformer a venire.

Un rivale all’orizzonte

In un clima del genere sembrava andare tutto per il verso giusto ma un rivale si stava per fare avanti e sembrava più agguerrito che mai. Nel 1989 Sega lanciò nel mercato la sua nuova console a 16 bit, il Sega Mega Drive o Genesis in nord America, che offriva una grafica più dettagliata, un sonoro superiore e una qualità generale paragonabile ai loro giochi arcade. La strada intrapresa da Sega, all’inizio, era proprio quella di portare la sala giochi a casa dei giocatori ma la loro stessa console non era potente quanto i loro sistemi arcade in costante evoluzione; inoltre giochi come appunto Super Mario Bros 3 rendevano ancora rilevante una console la cui tecnologia doveva essere, nel 1990, obsoleta e Sega, nonostante avesse la tecnologia dalla sua parte, non riusciva nemmeno a scalfire quella che era la concorrenza Nintendo. Nintendo era un colosso inarrestabile ma nel 1991 Nintendo dovette rivedere la sua strategia. Sega notò che i giocatori cresciuti col NES erano cresciuti, andavano al liceo e probabilmente avevano bisogno di un qualcosa di più adulto. In quei anni Sega colpiva duramente Nintendo con slogan come “Genesis does what nintendon’t” e “Welcome to the next level”, riuscì a coinvolgere personalità dello sport e dello spettacolo per la promozione della loro nuova console ma fu con l’uscita di Sonic the Hedgehog, una nuova proprietà intellettuale, che Sega diede finalmente un duro colpo a Nintendo. Il Mega Drive/Genesis in bundle con Sonic the Hedgehog mise in crisi per la prima volta Nintendo dopo una sicura stretta sul mercato delle console. Super Mario World, in bundle con il neonato Super Nintendo, rispose in tutto tono alla nuova mascotte Sega e alla sua spietata campagna pubblicitaria. Super Mario World triplicò decisamente i contenuti del precedente Super Mario Bros 3: l’overworld era decisamente più vasto, migliaia di livelli tutti rivisitabili, livelli segreti, migliaia di nuovi nemici e boss sempre diversi, l’aggiunta del nuovissimo compagno Yoshi il cui arrivo era voluto da Miyamoto sin dal primo gioco, una nuovissima veste grafica a 16 bit e un vero sonoro digitale ai passi con le sintesi digitali dell’epoca. Super Mario World e il suo sistema sembravano eclissare il Sega Mega Drive/Genesis sotto ogni aspetto ma il tardo arrivo sul mercato (ben 2 anni dopo la concorrenza, dunque nel 1991) portò il Super Nintendo a costare di più della concorrenza che nel frattempo poté permettersi un price drop con una killer app a tutti gli effetti. Con gli anni 90 arrivò una cultura sempre più ribelle e “l’antieroe” diventava sempre più di moda. In un periodo del genere Mario, un onesto idraulico innamorato della sua principessa, sembrava essere meno rilevante di Sonic, personaggio sbarazzino, con un carattere frizzante e tutto sommato più “figo”. Fu decisamente un duro colpo per Nintendo ma questi non gettarono la spugna così facilmente. In questo periodo più o meno difficile diedero a Mario nuovi scenari e nuove possibilità con la quale sfondare. Il 1992 vide la nascita di Super Mario Kart, il primo gioco dell’omonima saga che rivoluzionò il genere del kart racing. Super Mario Kart fu un grande successo ed è un gioco che, ancora oggi, regala momenti e sessioni di multiplayer indimenticabili. E ancora, sempre nel 92, uscì il curiosissimo Mario Paint, un gioco che era più un programma di editing artistico (con tanto di mouse e tavolozza) pensato per i più piccoli con la quale era possibile disegnare, colorare, comporre musica e fare semplici animazioni. Alcuni creatori Youtube, come ad esempio il famoso James Rolfe che ha dato vita al popolarissimo personaggio Angry Videogame Nerd, hanno citato Mario Paint come la loro prima esperienza con un software di editing, software che poi li spinse verso orizzonti più vasti. Poi nel 1993 uscì Super Mario All Stars, una collezione contenente i primi tre giochi con una grafica rinnovata e un sonoro modernizzato. I giocatori ebbero finalmente l’occasione di giocare inoltre con la versione giapponese di Super Mario Bros 2, rinominata Super Mario Bros: the Lost Levels, che non arrivò in occidente nel 1986. Dal 1993 Sega cominciò a prendere delle batoste per via dei fallimentari Sega CD/Mega CD e Mega32X/32X che, anche se promettevano grafiche e capacità di dati maggiori, sottolineavano la loro arretratezza rispetto al Super Nintendo che nel frattempo riguadagnava terreno grazie anche ad altri giochi come Starfox, Super Metroid e Final Fantasy III (VI). In questo scenario Mario torna in campo con due curiosissimi titoli che poi finirono per diventare nuove saghe distaccate dal canone principale. Il primo, presentato come il sequel di Super Mario World, fu Super Mario World 2: Yoshi’s Island. Questo splendido platformer ha ben poco a che vedere col capitolo precedente citato nel titolo in quanto al centro dell’attenzione c’è l’amico Yoshi che accompagna Baby Mario in giro per la sua isola alla ricerca del fratellino Baby Luigi. Il dinosauro verde ha più o meno le stesse abilità che aveva nel gioco precedente ma adesso ha la possibilità di espellere delle uova che poi può usare come proiettili contro i nemici più duri e di librarsi in aria per un periodo di tempo limitato. Il level design è uno dei più belli mai realizzati ed è ciò che ha posto Yoshi’s Island fra i più acclamati platformers di sempre. Il secondo titolo fu invece una collaborazione con la Squaresoft che culminò con Super Mario RPG, un fantastico gioco di ruolo che vide Mario in uno scenario ben lontano dal solito platform. Il gioco, anche questo annoverato fra i migliori RPG di sempre, è ricordato soprattutto per lo humor del gioco, la fantastica storia e la grafica 3D pre-renderizzata che rendeva il gioco più vivo che mai. Anche se la Squaresoft rinunciò a produrre nuovi titoli della saga Nintendo non rinunciò al concept del gioco e la saga RPG dell’universo di Mario continua a tutt’oggi grazie agli studi della Alphadreams.

Mario nella terza dimensione

La nuova generazione era ormai alle porte e mentre Sega e Sony, la nuova temibile concorrente con la sua potente ma tecnologicamente semplice Playstation, si erano già buttati in una battaglia senza esclusione di colpi Nintendo tardò ad entrare in competizione. Il ritardo del Nintendo 64 fu ben giustificato quando Super Mario 64, nel 1996, arrivò nei negozi. Mario fece il salto verso la terza dimensione e il risultato fu sbalorditivo. La potenza del Nintendo 64 offriva una grafica eccezionale, Mario e la grafica 3D si sposavano perfettamente insieme ma ciò che contraddistinse il gioco fu la grandezza, la varietà dei mondi ma soprattutto i fluidissimi ed intuitivissimi controlli. Non c’erano più livelli con un inizio ed una fine come nei titoli precedenti ma mondi aperti con missioni da svolgere. Il gioco vero e proprio non sarebbe finito con la disfatta di Bowser come tutti gli altri, il vero scopo era raccogliere tutte le 120 super stelle sparse per i mondi raggiungibili dal castello della principessa Peach cui faceva da hub. La nuova avventura di Mario non era più tanto un viaggio ma più una missione da portare a termine. Il termine di paragone iniziale fu ovviamente la neonata stella di Crash Bandicoot, il nuovo platformer che impazzava sulla nuova console Sony. Per quanto Crash Bandicoot fosse un ottimo gioco, la nuova mascotte Sony non era libera quanto Mario in quanto i suoi livelli erano si in 3D ma lineari. I controlli erano decisamente all’altezza del suo rivale Nintendo ma in quanto innovazione Crash Bandicoot ne portava ben poche. Super Mario 64 fu uno di quei giochi che fecero resistere il Nintendo 64 in uno scenario che sembrava una guerra persa in partenza; le cartucce, se pur un media (apparentemente) meno potente dei capientissimi Compact Disk, assicurarono a Nintendo la totale assenza di pirateria e tutto ciò che immettevano nel mercato tornava indietro come guadagno economico. Per il resto del ciclo vitale della console Mario diede spazio a tante nuove I.P. in arrivo sulla console Nintendo. Sul Nintendo 64 Super Mario divenne una sorta di icona del divertimento e sulla nuova console a 64 Bit si possono trovare una marea di giochi party con tutta la ciurma dell’idraulico baffuto. Giochi come come Mario Kart 64, i tre giochi Mario Party, Mario Tennis, Mario Golf e ancora il primo Super Smash Bros, tutti giochi che assicuravano sessioni di multiplayer infuocate grazie alle quattro porte per i controller già installate nel sistema; il Nintendo 64 è ancora oggi ritenuta la console definitiva per il multiplayer locale.

Sperimentazioni e ritorno alle radici

Il Gamecube arrivò sulle scene nel tardo 2001 e fu la prima console Nintendo a leggere mini-dischetti ottici. Ancora una volta i fan storsero il naso sulla scelta del media della console ma grazie ad essi il Gamecube fu come risultato una console difficilissima da modificare, tanto che le prime modifiche per leggere i backup apparvero solo verso la fine del suo ciclo vitale, ancora una volta assicurandosi il ritorno economico di tutto ciò che veniva immesso nel mercato. Il Gamecube fu la prima console Nintendo a non avere un gioco di Super Mario al lancio. Il lancio invece fu affidato al fratello Luigi con il curiosissimo spin-off Luigi’s Mansion il cui obbiettivo era proprio quello di trovare Mario all’interno della magione stregata. La nuova avventura di Mario arrivò l’anno succesivo, nel 2002, con Super Mario Sunshine. Nintendo decise di sperimentare molto con questo titolo: diedero molto più storytelling e dunque un background un più ricco dei precedenti giochi, l’azione non era più all’interno del regno dei funghi, bensì nell’isola Delfino, isola popolata da simpatici esserini chiamati Palmensi e l’atmosfera del gioco era decisamente più soleggiata ed esotica. Il gameplay fu l’elemento più modificato: similarmente a Luigi’s Mansion a Mario venne dato un dispositivo, il FLUDD, in grado di caricare acqua e sfruttarla a suo vantaggio. Super Mario Sunshine mostrava chiari investimenti in grafica, sonoro, storia e gameplay ma, nonostante una critica favorevole, alcuni fan si trovarono alienati di fronte al nuovo titolo, troppo diverso dal precedente Super Mario 64 e, a tratti, anche troppo difficile. L’idea di un nuovo titolo più classico si fece strada poco dopo la sua uscita. Giravano voci che Nintendo avrebbe sviluppato un nuovo titolo dalla demo mostrata al Nintendo Space World del 2000 intitolata Super Mario 128. Le voci erano infondate e da quella demo fu un concept dalla quale poi venne sviluppato Pikmin. Nel Gameboy Advance, uscito nel 2002, vennero rilasciati una serie di titoli classici, in ordine: Super Mario Bros 2, Super Mario World, Yoshi’s Island e Super Mario Bros 3. Finiti i giochi classici (Super Mario Bros fu anche rilasciato per Gameboy Advance per la serie NES Classics) si fece avanti l’ipotesi fra i fan di un quinto gioco classico inedito da aggiungere alla serie Super Mario Advance. I fan ebbero ragione ma il titolo usci per il popolarissimo Nintendo DS con il nome di New Super Mario Bros, un inedito gioco in 2.5D che sancì il ritorno alle radici classiche del gioco. New Super Mario Bros rappresentò la riscoperta del canone classico della serie, il gioco funzionava esattamente come un vecchio titolo del passato ma presentava tantissimi nuovi elementi come nuovi power up, nuove gimmick per i livelli, nuove canzoni e nuovi nemici boss, sempre sconfiggibili tramite il classico salto addosso. New Super Mario Bros riscosse un successo senza precedenti: con 31 milioni di copie vendute in tutto il mondo divenne il titolo più venduto del Nintendo DS nonché uno dei giochi più venduti di tutti i tempi.

Verso l’eccellenza ed oltre

In questo clima di riscoperta Nintendo era pronta a colpire di nuovo con un titolo della saga senza precedenti. Passarono cinque anni dall’ultima apparizione di Super Mario in una console casalinga e nel frattempo, nel 2006, il Nintendo Wii ebbe un impatto nel mercato pari a quella della Playstation durante la sua generazione, il prossimo gioco di Mario, faccia della compagnia e icona dei videogiochi, doveva essere perfetto. Dopo anni in sviluppo Super Mario Galaxy uscì nel Novembre del 2007 riscontrando  immediatamente pareri positivi della critica e dei fan. Il nuovo palcoscenico di Super Mario non era più la terra ferma bensì lo spazio e le galassie al di fuori del regno dei funghi: ciò che fece rimanere a bocca aperta critici e giocatori fu la cura e la precisione della gravità implementata in questi nuovi mondi rotondi di questo capitolo. Il mondo ruotava letteralmente in torno a Mario, la dimensione dei platform fu totalmente squadernata, Super Mario Galaxy diede ai fan, alla critica e persino agli sviluppatori di tutto il mondo un nuovo modo per vedere un platform 3D, difficilmente la stessa eccellenza fu raggiunta da altri sviluppatori. I livelli erano della difficoltà giusta, tutto era curato nei minimi particolari, persino la musica dell’overworld, la stazione spaziale del nuovo personaggio Rosalina, era una sinfonia composta sul ritmo passetti di Super Mario. Non si badò a spese, appunto, neppure per la musica, la gran parte dei pezzi fu composta da un’orchestra di 50 persone. In tutto questo i motion control, sulla quale Nintendo aveva costruito la reputazione del Wii, non erano né troppo invasivi né assenti, il puntatore ed il sensore di movimento dei Wiimote erano usati senza nessuna gimmick superflua e mai noiosa. La cura con la quale fu sviluppato Super Mario Galaxy fu un evento quasi irripetibile. Nel 2010 fu rilasciato, dopo un New Super Mario Bros per Wii, il sequel diretto Super Mario Galaxy 2 che fu una vera e propria continuazione del primo. Molti elementi, quale la cura per la gravità e diversi power up, fecero ritorno ma la struttura del gioco cambiò in quanto questa volta, per scovare Bowser, bisognerà viaggiare con la nostra nave/pianeta spaziale attraverso una serie di mondi in serie. Inoltre, in questo capitolo, fece ritorno il caro Yoshi  che fu un aggiunta perfetta all’interezza del gioco. Gli anni in sviluppo di Super Mario Galaxy 2 stanno ancora a dimostrare la cura con la quale Nintendo sviluppa un titolo di Mario e che i titoli principali di questa saga non possono essere buttati nel mercato solo per riscuotere vendite; un titolo di Super Mario non è solo un gioco, ma un evento. L’eccellenza di Super Mario Galaxy è anche dimostrata dal fatto che è stato l’unico titolo 3D ad aver ricevuto un sequel diretto.

Gli anni recenti

Le cose per Nintendo e Mario girano per il verso giusto ma allo scattare della nuova generazione delle nuove console le cose non sembrano andar bene come le altre volte. Il lancio del Nintendo 3DS fu molto lento e la nuova gimmick del 3D senza occhiali non convinceva molto i fans. Le cose andarono molto peggio per il mercato delle console casalinghe con il semi-fallimentare Wii U, successore del Wii, con la quale i giocatori non riuscivano ad entrare in contatto. In uno scenario del genere, in cui anche la concorrenza fatica ad emergere per via della presenza sempre più imponente di Steam, i nuovi giochi di Mario sembrano all’apparenza già visti ma tutto quanto si rivela una falsa impressione. Per 3DS uscirà Super Mario 3D Land, un gioco che crea una nuova formula fondendo il passato con il presente: il gioco si pone come un platformer stage by stage, dunque come i più classici giochi 2D, ma i livelli, seppur lineari, sono in 3D ed esplorabili fin dove possibile. L’implementazione del multiplayer fino a quattro giocatori ha reso Super Mario 3D Land uno dei giochi più validi e divertenti della nuova console portatile, diventando anche uno dei giochi più venduti del Nintendo 3DS. Sul fronte del Wii U invece troviamo il più espanso Super Mario 3D World, sequel di 3D World e che porta nuovi power up, livelli più grandi e il bonus di Cpt. Toad dalla quale poi verra tratto un intero gioco. In questo periodo vengono fuori anche due nuovi capitoli 2D per 3DS e Wii U, rispettivamente New Super Mario Bros 2 e New Super Mario Bros U (e un DLC intitolato New Super Luigi bros U) ma nonostante tutti questi titoli è l’hardware Nintendo che sembra non essere all’altezza del mercato. I titoli sono tutti validissimi, Super Mario 3D World era stato nominato il miglior videogioco da regalare per il natale 2013 ed uno dei giochi più comprati su amazon in quel periodo, ma nulla sembra attecchire coi fan, specialmente con coloro che non hanno un Wii U. Le vendite di quest’ultima però, in occasione dei 30 anni di Mario, riscontrarono un rialzo di vendite quando fu lanciato  Super Mario Maker in bundle con la console. Un po’ come Mario Paint, Super Mario Maker è più un software di editing che un gioco; per la prima volta ai fan della saga viene dato un vero e proprio tool di creazione per dei livelli di Super Mario. Questo gioco celebra in tutto e per tutto la storia dell’icona dei videogiochi: è possibile scegliere quale motore grafico (e dunque quale fisica del gioco) usare, se quello di Super Mario Bros, Super Mario Bros 3, Super Mario World o New Super Mario Bros, inserire blocchi calpestabili, blocchi rompibili, power up, nemici, porte, creare sub-aree… Tutto in una maniera incredibilmente intuitiva e facile per tutti. Ad oggi i livelli creati con Super Mario Maker sono attorno ai 7 milioni ed il numero è, ovviamente, ancora in crescita. Dal 2016 in poi le cose però sembrano migliorare per la grande N e l’idraulico più famoso al mondo. Nel 2016 Nintendo, che si è aperta al mercato delle app per mobile, ha curato lo sviluppo di Super Mario Run per iOS, un gioco che fonde le meccaniche di un endless runner, genere ormai popolarissimo fra gli utenti di smartphone di tutto il mondo, con un platform più classico nel vero senso della parola. Su Nintendo Switch la Ubisoft ci sta deliziando con il nuovissimo Mario + Rabbids Kingdom Battle, un’accoppiata che sta rivelando vincente e che riscontra pareri altamente positivi da parte di critica e fan. Ma il futuro è ancora luminoso per Mario infatti fra poco saremo testimoni della sua nuova avventura: il rilascio di Super Mario Odyssey, in programma per il 27 Ottobre 2017, si sente già nell’aria e la fanbase dell’idraulico non vede l’ora di cimentarsi in questa nuova avventura.

E se…

Chissà se Nintendo avesse davvero ottenuto la licenza per i personaggi di Popeye da mettere in quel videogioco del 1981… Sarebbe Nintendo la stessa compagnia che conosciamo oggi? Mario sarebbe mai esistito? Ci sarebbe mai stata un’icona grande quanto Mario nel mondo? Avrebbe mai avuto lo stesso peso per la cultura popolare? Ad oggi ci è veramente difficile pensare ad un mondo senza Mario, l’uomo qualunque con una marcia in più, il personaggio in cui tutti ci siamo immedesimati almeno una volta. Tante serie videoludiche, nel tempo, sono iniziate e finite ma Mario è da sempre stata la costante che ha reso i videogiochi quello che sono oggi.




Star Fox 2 arriva su Super Nintendo

No, non vi siete svegliati nel 1995.
Nella giornata di ieri Nintendo ha finalmente svelato il successore del NES nella Classic Mini Collection, il quale ovviamente non poteva essere altro che il Super Nintendo. Anche questa volta la fedele riproduzione in miniatura della vecchia console arriva sul mercato in diverse versioni: quella giapponese/europea, che hanno in comune il design ma a quanto sembra non i giochi e nemmeno il packaging, e quella americana che contiene gli stessi giochi della versione europea ma differisce nel design, proprio come negli anni 90.
In totale i titoli sono 21 in tutte le versioni e Starfox 2 è quello di maggior risalto.

La pubblicazione ufficiale del gioco segna finalmente la conclusione di una delle più interessanti cancellazioni da parte di Nintendo. Mentre una versione alfa del titolo è stata disponibile per anni sui simulatori di Super NES, questa release darà finalmente la possibilità di provare il gioco a tutti quelli che riusciranno ad accaparrarsi la console.
I lavori sul successore di Star Fox, il quale vide la luce nel 1993, cominciarono subito dopo il rilascio di quest’ultimo. Nintendo si mise a lavoro insieme all’inglese Argonaut Software su una trama che continuasse direttamente gli eventi narrati nel primo capitolo, con la crew di Star Fox impegnata nella lotta contro Andross. I cambiamenti al gameplay furono diversi: i giocatori potevano adesso controllare due navi capaci di viaggiare ovunque attraverso il sistema spaziale, ingaggiando il combattimento con le navi nemiche man mano le incontravano sulla mappa. Fu implementato anche un contatore di danni sul pianeta Corneria, che i giocatori dovevano difendere dagli attacchi.
Nintendo mostrò il gioco al CES del 1995 e i magazine del tempo se ne occuparono nel dettaglio, pubblicando anche diversi screenshot. Ma il progetto fu cancellato dopo non molto, lasciando di sé soltanto una build che fu riscoperta dai giocatori più in là nel tempo.

Nel 2015 Dylan Cuthbert di Argonaut raccontò a Nintendo Life che «Star Fox 2 era completo al 95%» prima che Nintendo lo cancellasse. La ragione, dice, aveva a che fare con il completo cambiamento del panorama grafico attuato dai principali concorrenti.
«Durante l’estate del ’95 Playstation e Saturn cominciarono a fare furore in Giappone» dice Cuthbert. «Penso che questo colse di sorpresa Nintendo».
Sempre nel 2015 Shigeru Miyamoto affermò: «preferisco che la gente giochi un nuovo titolo» della serie Star Fox piuttosto che l’ormai vecchio e dimenticato Star Fox 2. Per molti di noi invece Star Fox 2 rappresenta il tanto atteso, nuovo titolo della serie. L’appuntamento è per il 29 settembre, giorno di uscita della “nuova” console.