Dusty Rooms: la tragedia di Sonic X-Treme

Oggi il Sega Saturn è decisamente una delle console più gettonate fra i retrogamer e sta vivendo una seconda vita grazie a internet e alla condivisione di informazioni riguardanti tutti quei giochi oscurati dalle più popolari Sony PlayStation e Nintendo 64, molti dei quali mai arrivati dal Giappone. Tuttavia, in molti concordano nel dire che uno dei più grandi fattori che ha sancito il fallimento di quest console, insieme ad altri fattori riguardanti il complesso hardware e le pubblicità poco convincenti, è stato quello di non avere un titolo dedicato a Sonic, la mascotte che riuscì a dar filo da torcere a Mario e Nintendo. Nel Sega Saturn è possibile trovare Sonic Jam, una compilation contenente i quattro titoli per Sega Mega Drive ottimizzati per la nuova macchina, Sonic 3D Blast, essenzialmente un porting del titolo per la precedente console 16-bit, e Sonic R, un discutibile gioco di corse (senza veicoli) con i personaggi della saga; nessuno di questi titoli fu mai posto come principale della saga da lanciare, se non altro, contro Super Mario 64 e il nuovo Crash Bandicoot. Poteva mai Sega pensare di lanciare la sua nuova console senza un gioco di Sonic? Ovviamente no. Sonic X-treme sarebbe dovuto diventare non solo il nuovo titolo principale del porcospino blu ma anche la killer-app che avrebbe lanciato il Saturn una volta per tutte, ma purtroppo il gioco non uscì mai. Ma come mai Sega cancellò un progetto così grande e perché la loro console 32-bit rimase senza un gioco dell’iconico porcospino?

Verso il 3D

La storia di Sonic X-Treme comincia nel 1993: Sonic è in capo al mondo con ben tre titoli principali (Sonic the Hedgehog, il suo sequel e Sonic CD), altri due giganteschi titoli in uscita (Sonic the Hedgehog 3 e Sonic & Knuckles) e un’infinità di spin-off su Mega Drive, Master System e Game Gear. Yuji Naka, ideatore del personaggio, e Hayao Nakayama, presidente di Sega in quel periodo, chiamarono il Sega Technical Institute, lo studio di Sega negli Stati Uniti che si occupò della saga dopo il primo capitolo insieme al Sonic Team, chiedendo un nuovo rivoluzionario titolo del porcospino blu basato sulla serie a cartoni animati della ABC per una nuova console Sega (che ai tempi non aveva chiaro quale sistema, fra 32X e Sega Saturn, lanciare). Lo studio americano non aveva idea di cosa proporre in Giappone, soprattutto per il mancato sviluppo di Sonic & Knuckles. Sega Technical Institute si divise letteralmente in due: una parte rimase negli Stati Uniti per completare l’ultimo titolo 2D di Sonic per Sega Mega Drive mentre l’altra andò in Giappone per proporre nuove idee per un titolo principale. Furono proposte 3 idee:

  • Sonic 16: titolo 2D e proponeva un insolito gameplay basato sullo stealth. Un gioco decisamente interessante, ma nulla a che vedere con il velocissimo gameplay dei giochi precedenti e perciò venne scartato. A ogni modo, molte parti della sceneggiatura, apparse su internet più tardi, vennero prese come spunto per essere utilizzate più in là con il progetto di Sonic X-treme.
  • Isometric Game: al di là di non avere neanche un vero nome, questo progetto non superò mai lo stadio concettuale e non venne presentato alcun gameplay. Di questo progetto ne presero gli asset, alcuni anni più tardi, per Sonic 3D Blast ma quel sistema di gioco, un po’ sperimentale, non poteva mai andare oltre lo stato di spin-off.
  • Sonic Mars: fra i tre progetti questo era considerato il più valido in quanto era concepito totalmente in 3D e sul 32X ma Yuji Naka, anche se approvò il progetto, non era totalmente impressionato da ciò che vide. Fu l’unico progetto a passare allo sviluppo ma alcune dispute interne, insieme all’insuccesso dell’ultimo add-on per Mega Drive, portarono all’abbandono del capo programmatore e al momentaneo alt generale. Chris Senn, che lavorò all’eccellente Comix Zone, fu messo a capo del progetto: scartò il tema del cartoon ABC e interruppe un’altra volta lo sviluppo in attesa che Sega definisse meglio il successore del Mega Drive. Come i precedenti 3 progetti, anche questo, fu cancellato.

Malgrado tutto, Sonic Mars mise il team di sviluppo sul giusto binario, ovvero sul Sega Saturn, e un nuovo definitivo progetto fu avviato… e ancora una volta cancellato! Sonic Saturn non uscì mai dallo sviluppo né fu mai annunciato ufficialmente ma alcuni concept art e immagini dei prototipi confermarono la grafica 3D, l’idea per un bonus stage che fu usato, più in là, per Sonic 3D Blast e uno stile molto realistico e un po’ più serioso dei precedenti titoli (i fan si accorsero inoltre che alcune piastrelle dei pavimenti furono usate più tardi per Sonic R). A questo punto, per l’ennesima volta, il Sega Technological Institute dovette non solo ricominciare da capo ma dividersi ulteriormente: un primo team capitanato da Chris Senn e Ofer Alon (che chiameremo più in la “Team-A“) avrebbe sviluppato i livelli mentre un secondo capitanato da Chris Coffin (che chiameremo “Team-B“) avrebbe sviluppato gli scontri contro i boss, utilizzando un motore preesistente per 32X, ed entrambi sarebbero stati supervisionati da Mike Wallis. Finalmente esisteva un assetto definito per poter sviluppare il titolo definitivo di Sonic per Sega Saturn ma questo schema, prima o poi, si sarebbe rivelato poco efficace.

(La demo di Sonic Mars su 32X)

Uno sviluppo faticoso

Quello che si creò dalla divisione in due team… furono ulteriori divisioni! All’interno dei gruppi di lavoro si crearono altri piccoli sottogruppi e mantenere una comunicazione costante fra i due team era molto difficile per il numero generale dei dipendenti e le suddivisioni; nonostante tutto, entrambi i team stavano facendo un bel lavoro e i primi risultati stavano venendo fuori. Il Team-A aveva sviluppato un motore su un computer Mac che animava i personaggi, resi con un 3D prerenderizzato simile a Donkey Kong Country, e produceva una prospettiva “fish eye” (in italiano diremo a grandangolo) che davano ai livelli una rotondità mai vista prima (che avremmo visto molto più tardi in giochi come Super Mario Galaxy). L’ambiente girava intorno a Sonic e questa sarebbe stata la caratteristica chiave del nuovo titolo Sega. A un certo punto dello sviluppo sarebbero stati introdotti dei livelli specifici per altri personaggi: Knuckles sarebbe stato protagonista di alcuni livelli con una prospettiva top-down (simili a quelli di Contra 3: the Alien Wars), Tails avrebbe affrontato dei livelli simili a quelli che sarebbero stati i suoi in Sonic Adventures per Dreamcast e per Tiara, un nuovo personaggio femmina introdotto in Sonic Mars, stavano programmando dei livelli classici in 2D. Il motore grafico, prima prodotto su Mac e poi utilizzato su Windows, restituiva un azione fluidissima su computer ma i programmatori sopravvalutarono le capacità del Saturn; il prototipo, a detta dei programmatori che ci lavorarono, girava fra i 3 e i 4 FPS sulla console e perciò dovettero ricorrere a un aiuto.
A questo punto il Team-A aveva bisogno di supporto e fu così che coinvolse la casa produttrice Point of View. La nuova compagnia propose al team un loro motore mostrando l’immagine di un Sonic poligonale sopra una superfice a scacchi e una sfera in aria; Chris Senn non fu totalmente impressionato dalla loro tecnologia e non aveva intenzione di scartare il motore alla quale aveva lavorato tanto perciò lasciarono perdere la loro offerta. Tuttavia, su consiglio di Ofer Olan, la Point of View fu coinvolta nel progetto preesistente per migliorare il motore del Team-A e farlo funzionare meglio su Saturn e così, da una costola del suddetto team, si formò un Team-C capitanato da Chris Senn (uscendo definitivamente dal suo team originale).

(Il motore dei livelli del Team-A e Team-C)

L’ira dal Sol Levante

Nel Marzo del 1996 Hayao Nakayama programmò un volo per gli Stati Uniti per controllare il lavoro del Sega Technical Institute. Il Team-C, malgrado tutto, riuscì a ottimizzare il motore per il Saturn, lavorando giorno e notte fino all’arrivo del presidente di Sega. Chris Senn e Ofer Alon si diressero al meeting per trovare un Nakayama furioso che camminava verso il senso opposto; stupiti dalla reazione del presidente capirono che il meeting era già avvenuto e il Team-A aveva presentato una versione vecchissima del loro lavoro, una di quelle che girava fra i 3 e i 4 FPS. Tuttavia, Nakayama fu soddisfatto dal lavoro del Team-B, e decise che il gioco doveva essere sviluppato tramite quel motore (che non aveva la caratteristica chiave del motore del Team-A poiché basato sulle boss fight); Chris Senn e Ofer Alon tentarono in tutti i modi di mostrare al presidente la versione più recente del loro lavoro ma egli aveva già lasciato l’edificio mettendo così un punto definitivo al lavoro del Team-A e Team-C sollevando allo stesso tempo i due programmatori e Point of View dai loro incarichi.
Il progetto si avviò verso una fase più definitiva: il Team-B, il cui capo Chris Coffin sarebbe diventato il nuovo lead programmer, avrebbe condotto il resto del progetto (che assunse la nuova denominazione “Project Condor“) e questo sarebbe dovuto essere pronto per Natale, in tempo per competere contro Super Mario 64 e Crash Bandicoot. A questo punto della storia c’è un evento che coinvolge il motore grafico di Nights into Dreams… ma non si sa esattamente cosa sia successo; tutti i fatti riguardanti questo progetto sono state fornite da Chris Senn nel suo sito Sonic X-treme Compendium (oggi offline) ma da questo punto in poi egli non è più presente e perciò il prossimo evento è un po’ avvolto nel mistero. Essendo stata fissata una data per Natale, il Team-B aveva bisogno immediatamente di mezzi per completare il loro gioco. Avrebbero chiesto dal Giappone il motore per Nights into Dreams… ma, apparentemente, senza alcun permesso da parte di Yuji Naka che sviluppò il popolare gioco per Saturn; il noto creatore di Sonic bloccò immediatamente i lavori mettendo un punto ai progressi fatti col suo motore grafico. Si dice anche che il motore di Nights non fu mai utilizzato in sé ma bensì plagiato, scatenando ugualmente l’ira di Yuji Naka. A ogni modo, di tutte le versioni, questa è l’unica versione trapelata su internet e, a oggi, è possibile scaricare l’immagine per poterla provare sul proprio Sega Saturn o su un emulatore. La iso è giusto una sorta di tech demo e perciò si può giusto correre per delle collinette, attraverso un fiume, collezionare una cinquantina di anelli e non c’è alcun nemico.

(La tech demo giocabile, realizzata col presunto motore di Nights into Dreams…)

La fine

Project Condor, ancora una volta, dovette ripartire da zero. Erano solamente rimasti alcuni modelli di grafica 3D e Chris Coffin doveva immediatamente fare qualcosa. Lavorò giorno e notte insieme al veterano della saga Hirokazu Yasuhara per poter arrivare alla scadenza e il gioco, arrivati a questo punto, assunse una grafica puramente 3D e cominciava a prendere una forma deliziosa; sfortunatamente, proprio per l’assiduo impegno che stava dedicando al progetto, si beccò una grave polmonite ad Agosto e i dottori dissero che se avesse continuato sarebbe potuto persino morire. Chris Coffin dovette annunciare a Mike Wallace che il gioco non sarebbe stato pronto per il tempo stabilito e così il progetto fu cancellato definitivamente. Sega, in vista del Natale del 1996, decise di fare un porting di Sonic 3D Blast per Mega Drive e Nights into Dreams… divenne il titolo più venduto per Saturn. Chris Senn tentò di salvare il progetto chiedendo a Sega di poter continuare lo sviluppo per un rilascio su PC ma le sue richieste non furono ascoltate. Più in là, vedendo un interesse dei fan riguardo a Sonic X-Treme, annunciò Project-S, un gioco indipendente ispirato a ciò che sarebbe stato questo gioco ma purtroppo cancellò il tutto nel 2010.

(La fase finale del progetto)

Cosa rimane

Finita l’esperienza di Sonic X-Treme, il Sonic Team si potè concentrare su Sonic Adventure per la futura Dreamcast. La lezione era stata imparata e il nuovo titolo Sega uscì senza problemi dovuti alla comunicazione o alla programmazione. Tuttavia, nel 2010, venne rilasciato Sonic Lost World per Nintendo Wii U, 3DS e Windows, titolo non scelto a caso poiché, appunto, presenta dei mondi rotoscopici e sferici proprio come il gioco che non uscì mai (appunto “Lost World“). Non sapremo mai come sarebbe stato Sonic X-Treme ma vorremo comunque porre una domanda: avrebbe potuto questo titolo salvare il Sega Saturn? La concorrenza era spietata e sia Crash Bandicoot che Super Mario 64 erano giochi incredibilmente belli; per poter mettere il Saturn in un piano di rilevanza Sega avrebbe dovuto mettere un gioco competitivo e, vista la programmazione frammentaria, probabilmente Sonic X-Treme sarebbe stato pieno di difetti e troppo differenziato. Bisogna anche ammettere che la mancata uscita di questo titolo ha permesso però a Saturn, molti anni dopo, di spiccare come console da collezione: grazie alla mancanza di un vero gioco di Sonic, molti Developer (interni ed esterni) hanno provato a far spiccare la loro IP per dare alla console Sega un identità diversa dalla competizione e dunque oggi abbiamo una libreria di giochi con una varietà impressionante. Solo su Saturn possiamo trovare Nights into Dreams…, Panzer Dragoon Saga, Virtua Fighter 2, Fighters Megamix, Guardian Heroes, Radiant Silvergun e molti altri. Sotto questo aspetto la mancata uscita di Sonic X-Treme potrebbe persino rappresentare un bene per la console ma è ovvio che la cancellazione del progetto non ha potuto dare all’hardware un vero volto per coloro che volevano saperne di più sulla console. Chissà se almeno, verso la fine, il gioco sarebbe stato davvero all’altezza della competizione; purtroppo non lo sapremo mai.




Super Mario Odyssey

L’ultima volta avevamo lasciato il caro idraulico con Super Mario 3D World per Wii U, un ottimo platformer che, nonostante il flop generale della console Nintendo, riuscì comunque a far parlare di sé; ora è la volta di Nintendo Switch, piattaforma per il quale è stato pensato questo Super Mario Odyssey, titolo che, insieme a The Legend of Zelda: Breath of the Wild, aggiunge un nuovo tassello a una delle più storiche e longeve IP della grande N. Annunciato al lancio della console, Super Mario Odyssey ha visto la luce solamente lo scorso ottobre e, come il recente titolo della saga di Zelda, ha riscosso pareri positivi da parte di fan e critica, rivelandosi uno dei migliori giochi di un 2017 che ha regalato grandi gioie ai gamer di tutto il mondo; Nintendo, fra il rilascio dello Switch e questi due eccezionali titoli, ha decisamente trascorso uno dei suoi migliori recenti anni fiscali, fra vendite stellari e pareri positivi, e sembra che le cose per la nota compagnia nipponica girino finalmente per il verso giusto. Adesso la console può vantarsi di avere uno dei migliori giochi platform mai concepiti e, se non altro, un nuovo titolo di Mario che, al solito, definisce l’hardware corrente Nintendo in tutto e per tutto.

Let’s do the Odyssey

Ancora una volta la principessa Peach verrà rapita da Bowser, il quale questa volta lo fa in grande stile e con “serietà”, ovvero organizzando un bel matrimonio con tanto di vestiti, fiori, torte e anelli nuziali. Mario, intento a fermare queste nozze a tutti i costi, si metterà all’inseguimento del vascello volante di Bowser in giro per il mondo, accompagnato in quest’avventura da Cappy, un esserino che può nascondersi nei cappelli e che ha come scopo quello di salvare la sorella, che sarebbe poi la tiara del vestito nuziale di Peach. Una storia più che classica ma in fondo non potevamo aspettarci di meglio per un gioco di Mario: un dinosauro tartaruga che rapisce la principessa del Regno dei Funghi! Dopo queste premesse cominceremo a capire le meccaniche di questa nuova avventura: ai comandi classici di Mario, correre, saltare, nuotare, ground-stomp e wall-jump, si aggiungono le azioni di Cappy, la possibilità di utilizzarlo come oggetto contundente contro alcuni nemici, come piattaforma ausiliaria per un salto più lungo ma soprattutto per la sua abilità di captura; una volta lanciato il cappello in testa a certi nemici sarà possibile infatti controllarli espandendo le nostre abilità in una maniera mai vista: potremo vestire i panni di un Fratello Martello e lanciare i martelli, di un Pallottolo Bill o di un dinosauro e distruggere i muri, insomma, ce n’è per tutti i gusti! Le possibilità di captura sono diversissime e molteplici, un elemento che migliora decisamente le meccaniche di un franchise talvolta difficile da innovare e che spesso, per gli sviluppatori, possono rivelarsi una vittoria schiacciate o un’amara sconfitta. Affinata l’abilità coi comandi base, partiremo alla volta delle lune d’energia che serviranno a potenziare la nostra Odyssey, la navicella di Cappy, con la quale viaggeremo attraverso gli altri regni del gioco. Le lune sostituiranno in un certo senso le classiche stelle, e ogni livello ne vedrà un numero ampissimo che solitamente oscilla fra le 50 e le 70, per un totale di oltre 900 lune (in realtà il numero resta indefinito visto che un infinito numero di lune può essere acquistato nei negozi) che garantiranno ovviamente una longevità ampiamente soddisfacente. Finiti gli obiettivi principali di un livello, lo stesso si “aprirà” per garantire al giocatore la raccolta totale delle lune presenti al suo interno: sarà possibile accedere ad aree precedentemente irraggiungibili, incontrare NPC precedentemente nascosti ma soprattutto far apparire Toad Aiutante e Nonno Amiibo. Questi due NPC saranno decisivi per il completamento alcuni livelli, in quanto daranno degli indizi per trovare le lune che non siamo riusciti a trovare durante la nostra prima run nel livello: Toad Aiutante ci darà un indizio per la modica somma di 50 monete d’oro mentre Nonno Amiibo, uno strano robot che somiglia a un Roomba, ci darà gli stessi indizi gratuitamente scansionando un Amiibo, anche se dovremmo aspettare sempre 5 minuti affinché questo compia il suo dovere; tuttavia, scansionando alcuni particolari Amiibo, il robot ci premierà regalandoci dei costumi esclusivi. I veri maestri della ricerca delle lune potranno affidarsi solamente al Chiacchierotto, un pappagallino presente in ogni livello che rivelerà solamente il nome della quest da affrontare per l’ottenimento di una luna ma mai il punto esatto nella mappa, a differenza diToad Aiutante e Nonno Amiibo.

Il level design è probabilmente il migliore mai visto in un titolo di Mario: i regni sono grandi, stimolanti e, come quell’ “Odissey” nel titolo suggerisce, sembrerà veramente di compiere un viaggio intorno al mondo in quanto gli ambienti sono fortemente caratterizzati. Ecosistemi e paesaggi diversi, gente dagli usi e dai costumi differenti in ogni luogo e persino una moneta tipica di colore viola in ogni regno che servirà a comprare nuovi costumi da indossare e souvenir per la nostra navicella esclusivi di quella zona. Ogni livello sembra costruito in maniera tale da costituire un flow costante e naturale, fatto in modo da esplorare e riesplorare il livello più volte senza mai stancarsi e trovando di tanto in tanto qualcosa di nuovo; ottima caratteristica considerando che bisognerà vistare spesso i livelli visto l’alto numero di lune. Un plauso speciale va fatto tuttavia al livello New Donk City, che non solo mette Mario in una fittizia New York fra strade affollate e altissimi grattacieli, ma è in realtà una celebrazione coi fiocchi delle origini della saga di Super Mario; i giocatori più appassionati coglieranno certamente ogni singola citazione presente al suo interno, dall’iconografia del primo Donkey Kong – gioco in cui l’idraulico più famoso al mondo fece la sua prima apparizione – alla presenza di Pauline, la donna di cui Mario era all’inseguimento nel famoso cabinato arcade del 1981. Ad ogni modo, Super Mario Odyssey è una continua sorpresa, sia per ciò che riguarda il lato del platforming puro sia per il senso di scoperta che questo titolo riesce a regalare, e più volte si finisce anche solo per girare a vuoto senza necessariamente soddisfare un vero obbiettivo: giusto correre, saltare, ammirare il paesaggio trovando di tanto in tanto qualche moneta locale o qualche luna inaspettata.

It’s freedom like you never knew

Switch ci sorprende ancora una volta mostrandoci una vastità di livelli molto grandi, texture ben definite e dettagli grafici di tutto rispetto; il level design, come già ribadito, è uno dei migliori mai visti nella saga, e il tutto è accompagnato da una grafica pulitissima e chiara, che coinvolge il giocatore e che rende bene sia in dock che in modalità portatile. Non mancheranno i tuffi di nostalgia nelle sezioni in 2D sullo stile di Super Mario Bros. o elementi come il costume di Super Mario 64 con cui la grafica si rifarà esattamente alle console di quelle generazioni; in espedienti del genere Nintendo è sempre la numero uno, il richiamo nostalgico è sì presente ma mai troppo troppo invasivo, la giusta dose al momento giusto. Lo stile grafico dei titoli di Mario non è mai cambiato nelle linee di fondo, solamente, grazie al nuovo concept del viaggio, gli elementi grafici e gli ambienti hanno un rimando terreno molto forte senza però che manchino i classici elementi della saga, come i nemici classici o alcuni particolari abitanti di qualche strano regno.
Il comparto audio, curato in parte dallo storico Koji Kondo ma in gran parte da Naoto Kubo e Shiho Fujii, è come sempre eccezionale: i brani dei livelli sono sempre composti in maniera magistrale e gli stili musicali vanno dalla classica, all’etnico, al moderno e persino al jazz, come già anticipato nei trailer; Il pezzo Jump Up, Super Star è già entrato persino nella testa dei giocatori che non hanno nemmeno preso in considerazione l’acquisto di questo titolo e vi garantiamo che la stessa qualità con la quale è stato composto il famoso brano del trailer è presente in ogni brano della colonna sonora, che è sicuramente una di quelle che finirete per mettere in autoradio o nella playlist del cellulare!

Il gioco non è ovviamente esente da qualche difetto, nulla che inquini la nostra esperienza di gioco ma certamente degli elementi poco curati e che potevano essere sistemati. Primo fra tutti è forse la modalità due giocatori poco stimolante, mal programmata e che compromette la collaborazione vera e propria fra i giocatori: in pratica dividendo i Joycon fra due giocatori sarà possibile controllare Mario e Cappy individualmente, mettendo uno dei due in condizione di giocare nel vero senso della parola, controllando il personaggio principale, mentre l’altro pensa solo a “sgomberare” la strada dai nemici, senza contare che molti di essi serviranno per la funzione captura e dunque ci sarà ben poco da “sgomberare”; spesso e volentieri, presi dall’euforia, Cappy rimarrà fuori dalla nostra portata e saranno più le volte che ce lo ritroveremo in mezzo ai piedi, facendoci fare dei salti inutili, che le volte in cui sarà veramente d’aiuto; un vero peccato non aver potuto aggiungere una modalità co-op simile a quella vista in Super Mario 3D World. Un altro difetto riguarda i nemici, davvero pochi nei vari livelli, e serviranno principalmente per scopi di captura; c’è poca armonia fra le sezioni di platforming e di combattimento, i nemici veri e propri, a parte i boss, sono veramente pochini e dunque si perde giusto un po’ quella magia tipica della saga anche se qui, in fondo, abbiamo un concept del tutto nuovo.

Parlando di nuove abilità probabilmente una grossa occsione mancata riguarda quelle collegate all’abbigliamento: la varietà offerta dai costumi è veramente ineguagliabile, vestire Mario con i diversi completi che si trovano per i mondi è un sacco divertente, ma è purtroppo un’attività fine a se stessa. I vestiti, anche se sono una vera e propria droga, non conferiscono alcuna abilità particolare a Mario, solamente in alcuni casi lo faranno smettere di tremare (e non succederà nulla se lo lascerete morire di freddo) o lo faranno accedere a dei posti altrimenti inaccessibili; a parte questo nulla, ed è un vero peccato perché sarebbe stato molto bello ottenere qualche abilità in più come resistenza al fuoco, nuoto più veloce, aumento del peso (visto che c’è il costume di Metal Mario direttamente da Super Mario 64)… insomma, si sarebbe potuto sviluppare un intero sistema di power up attorno ai vestiti ma purtroppo nulla è stato fatto. Per carità, il gioco è eccezionale, così come lo è vestire Mario con i diversi costumi ma da questo punto di vista si sarebbe potuto fare di più. Inoltre, anche se stranamente nell’insieme questo difetto conta pochino, le quest per ottenere le lune sono spesso ripetitive e fra livello e livello troveremo sempre le stesse attività da fare per ottenere una luna, specialmente dopo che avremmo attivato i blocchi lunari: atletic tic tac, insegui il coniglio, vai in cerca delle casse luminose, vai in cerca dei pali luminosi, gareggia contro koopa (due volte), sezione in 2D, sezione in 2D nascosta… è vero anche che riempire il livello con 70 e passa quest è comunque difficile però un po’ di più varietà sarebbe stata gradita.

Jump up, don’t be scared

Ad ogni modo Super Mario Odyssey è un gioco spettacolare, stimolante ma soprattutto divertentissimo e immenso. Il divertimento, come è tipico dei giochi di Mario, non finisce alla quest principale; infatti, al completamento della quest, non solo bisognerà andare alla ricerca delle lune rimanenti ma sarà possibile sbloccare ulteriori regni per rendere l’esperienza di gioco ancora più lunga e duratura; inoltre fra poco arriverà il nuovo DLC che porterà gratuitamente ai giocatori la modalità “Caccia al palloncino“, che introdurrà fra l’altro anche il fratello Luigi, e diversi nuovi capi d’abbigliamento. Abbiamo fra le mani un gioco che difficilmente riusciremo a riporre sullo scaffale, uno di quei titoli che, anche se ci promettessimo di giocarci per massimo un’oretta, ci ritroveremmo a giocare per ore, tanto risulta immersivo e coinvolgente il gameplay.
Un’esperienza imperativa per i possessori della console Nintendo, un gioco che da solo vale decisamente l’acquisto di Nintendo Switch e che definisce tutto ciò che rende una macchina e un gioco della grande N semplicemente unico.




Super Mario History

Alla ricerca di un’identità

La Nintendo non è sempre stata la compagnia che conosciamo oggi. Questo, ormai, colosso industriale ha le sue lontane origini nel 1889 quando la compagnia produceva principalmente carte del popolare gioco giapponese “hanafuda” o “carte fiorite” come tal volta tradotto. Dal 1956 la Nintendo, passata di diritto a Hiroshi Yamauchi nipote del fondatore Fusajiro Yamauchi, si dedicò alla produzione di molte altre cose oltre  alle popolari carte da gioco come ad esempio giocattoli, una linea di taxi chiamata daiya, una stazione TV, una catena di love hotel e persino riso istantaneo. Tutte queste iniziative fallirono e dopo le olimpiadi di Tokio del 1964 le azioni di Nintendo raggiunsero il loro minimo, toccando le 60¥ ad azione. In questo clima scoraggiante Nintendo decise di investire nel crescente mercato dell’elettronica, ponendo la prima pietra sulla quale la compagnia costruì la sua odierna reputazione. Nel 1974 Nintendo si assicurò la distribuzione della prima console casalinga del mondo in Giappone, il Magnavox Odissey, ma fu solo nel 1977 che la grande N lanciò nel mercato la loro prima serie di hardware proprietari, le built-in game console Color TV-Game. Le cose per Nintendo sembravano cominciare a girare per il verso giusto, specialmente dopo il lancio dei Game & Watch che divennero popolarissimi in Giappone, ma un esserino rotondo e giallo che risponde al nome di Pac Man impazzava per le sale giochi stracciando ogni forma di record finora posta da giochi come Space Invaders e Galaxian. Nintendo, già nel 1979, aveva già lanciato nelle sale giochi Radar Scope, un gioco che ebbe un discreto successo ma fallì ad impressionare gran parte dei giocatori. Yamauchi, visti anche i migliaia di cabinati invenduti nei magazini, decise di richiamare tutti i cabinati di Radar Scope e di costruire un nuovo gioco basato su quel hardware.

L’uomo qualunque alla riscossa

Inizialmente l’idea era quella di ottenere una licenza per creare un gioco sul famoso fumetto Popeye, ovvero Braccio di Ferro, ma Nintendo non riuscì ad ottenere i diritti. Il concetto base del fumetto però rimase: una donzella indifesa nelle mani di un “bruto” da salvare. Il celebre Shigeru Miyamoto, che si mise in prima linea per cambiare l’hardware di Laserscope, cominciò a disegnare dei personaggi originali. Il ruolo del protagonista, o meglio del personaggio controllato, fu affidato ad un baffuto carpentiere con una blusa blu e un cappello rosso; il ruolo dell’antagonista, che diede il nome al gioco, venne affidato ad un gigantesco gorilla molto simile a King Kong che, non a caso, rapiva una delicata fanciulla. Questi personaggi finirono nell’ormai leggendario classico arcade Donkey Kong del 1981, un gioco destinato a diventare un pilastro fondamentale del gaming di sempre. Nonostante i giocatori all’inizio storsero il naso una volta visto il bizzarro nome di questo nuovo gioco (Donkey Kong significa letteralemente “asino scimmia”, un errore di dizione dovuta all’intenzione di Miyamoto di creare qualcosa come “Scimmia Scema”) Donkey Kong diventò in poco tempo uno di quei giochi in cui si formava la fila solo per giocarci. Il personaggio principale, all’epoca solo Jumpman, era un newyorkese qualunque ma, grazie anche alla distribuzione di nuovo materiale promozionale, il nome del personaggio principale fu finalmente definito: Mario, un nome proprio di una persona qualunque con la quale potersi identificare. La scelta del nome “Mario” fu una storia curiosa; Nintendo era indietro con l’affitto del loro stabilimento negli Stati Uniti ed un tale Mario Segale, proprietario dello stabilimento, ebbe un’infuocata discussione con Minoru Arakawa, primo presidente e fondatore della Nintendo of America, a proposito dei ritardi coi pagamenti. Dopo che il signor Segale lasciò l’edificio i dipendenti furono consoni a chiamare il loro personaggio, in nord America, Mario. Miyamoto ricorda, durante le prime fasi dello sviluppo di Donkey Kong, che Mario non aveva ancora un tasto per saltare e che il gioco, dovendo evitare i barili lanciati da Donkey Kong soltanto arrampicandosi per le scale nello stage, risultava troppo difficile; così il geniale Miyamoto si pose la semplice domanda: “se mi arriva addosso un barile, rotolando, a tutta velocità, che faccio”? Fu così che il salto non solo diventò la mossa che distinse Mario per tutti i giochi a venire ma gettò anche le basi per il genere che diventerà il platform. Il sequel Donkey Kong JR., più o meno simile al precedente Donkey Kong, confermò e cementò il nome del personaggio in Mario ed inoltre fu il primo ed unico gioco in cui Mario ricorse come antagonista. Le strade di Donkey Kong e Mario si separarono; il gorilla fu affiancato ad un poco rilevante giardiniere per l’uscita del discreto Donkey Kong 3, tale Stanley, mentre a Mario gli venne dato un fratello: Luigi. I due fratelli, impegnati nel settore dell’idraulica, fecero la loro prima comparsa nel gioco del 1983 “Mario Bros” un gioco in cui lo scopo del gioco era quello di collaborare, ma anche competere, nel far fuori le tante creature che intasavano le tubature della città di New York. Questo gioco, se pur non portava grandissime innovazioni, era molto divertente e, oltre a Luigi, furono introdotti molti elementi che diventeranno parte del canone della serie come le tubature verdi, i blocchi POW e le tartarughe che diventeranno poi Koopa.

Super Mario alla conquista del mondo

In Giappone, nel 1983, Nintendo aveva già lanciato il Famicom che, dopo un inizio un po’ turbolento, divenne la console più venduta del 1984. In Giappone il mercato delle console era florido ma in nord America le cose andavano diversamente. La famosa crisi dei videogiochi del 1983, e che portò alla chiusura l’originale Atari Inc., era fortemente sentita: un mercato inondato da console poco diverse fra loro e poco interessanti, inflazione rampante dei videogiochi dovuta anche all’assenza di misure di controllo sulla produzione (chiunque era libero di produrre un videogioco ed immetterlo nel mercato) e la sempre più presente competizione da parte dei primi computer casalinghi. Queste furono le cause della ormai documentatissima crisi. I computer casalinghi avevano la fetta più grossa di ciò che era rimasto del mercato dei videogiochi poichè i genitori erano più disposti a comprare dei computer ai loro figli per poter sia giocare che poterlo usare per i compiti o per qualcosa di produttivo. Persone come Jack Tramiel, fondatore della Commodore, erano fiduciosi e sicuri che il futuro dei videogiochi risiedesse nei computer. Il lancio di una console, in uno scenario come questo, poteva essere letale per Nintendo; i passi da intraprendere dovevano essere programmati nel minimo dettaglio. La console presentata al Consumers Electroinc Show del 1984 come Nintendo Advanced Videogame System era molto diversa dal Famicom ma anche molto diversa alla versione definitiva del Nintendo Entertainment System. Questa console, vista la presa dei computer in Nord America, aveva persino una tastiera ed un lettore per le cassette a nastro, usatissime nei primi home computer. Vista la negativa ricezione del pubblico al CES 1984 Nintendo non ci mise molto a cambiare il design di quella console e decise anche che per il lancio della loro console in nord America questa doveva avere dei titoli fortissimi e rilevanti. Un gioco di avventura ed esplorazione, che poi divenne The Legend of Zelda, e un gioco più veloce ed atletico entrarono in sviluppo più o meno nello stesso tempo. Il team di sviluppo dietro al primo Super Mario Bros definì il gioco in ogni dettaglio: il gioco doveva essere intuitivo, semplice, stimolante e visibilmente incredibile. Dopo un lancio di prova nello stato di New York con i giochi della linea black box (ovvero quei giochi le cui scatole riportavano la grafica del gioco confezionato) il NES fu lanciato in tutto il mondo con Super Mario Bros in bundle. Fu in quel momento che Mario divenne sinonimo di videogioco; quel gioco non solo incorporava tutto quello che i giochi erano stati finora ma portava novità mai viste prima. In aggiunta alla grafica all’epoca eccezionale, bella quasi quanto un gioco per sala giochi, Super Mario Bros introdusse il sidescrolling: il livello andava avanti con Mario e quei livelli risultavano, per i tempi, lunghissimi. C’era chi addirittura pensava che finito il primo livello il gioco fosse finito ma invece, a loro sorpresa, Mario finiva nel sottosuolo del neo-introdotto regno dei funghi, mostrando un lato completamente diverso dal primo livello luminoso e colorato. Ed ancora, proseguendo in questo nuovo mondo virtuale, i giocatori finivano nel primo castello dove potevano affrontare Bowser, probabilmente il primo vero boss dei videogiochi, ma una volta sconfitto l’avventura proseguiva poiché “la principessa si trovava in un altro castello”. La longevità di quel gioco spinse i giocatori ad esplorare i più profondi meandri del gioco, scoprendo aree bonus, aree teletrasporti e trucchetti per superare le parti più difficili. Il gioco stupì tanto nella maestosità quanto nella semplicità; Mario, anche nella sua forma base, poteva affrontare qualsiasi nemico del gioco, bastava solamente saltare addosso ai nemici oppure agilmente evitare le situazioni più complesse. Il sistema di power uprappresentati dagli iconici Super Fungo, I Fiori del Fuoco e la Super Stella, permetteva un potenziamento graduale concedendo a Mario dei colpi in più e delle abilità aggiuntive senza che il gioco si facilitasse più di tanto, la difficoltà era perfetta ed adatta a tutti; persino alcuni genitori di bambini che avevano ricevuto il NES per qualche occasione giocavano di tanto in tanto al videogioco coloratissimo regalato ai loro figli. In fondo il successo del NES risiedeva nel fatto che fosse venduto come una sorta di HI-FI; il fronte della console leggeva “entertainment system”, non era un “videogioco” come un Atari 2600 si presentava, il NES all’interno della casa aveva la stessa importanza di un videoregistratore o di un (primitivo) lettore CD ad alta fedeltà. Parlando di CD, che dire della musica? Il motivetto creato da Koji Kondo finì per diventare uno dei pezzi più famosi del mondo; il pezzo è così famoso da essere conosciuto persino da persone che non hanno mai giocato a Super Mario Bros. Band famose, orchestre, un buon 80% dei musicisti del mondo hanno suonato il tema di Super Mario Bros almeno una volta.

Una scelta necessaria

Super Mario Bros rivoluzionò decisamente il mondo dei videogiochi. Negli anni successivi al 1985, ci furono i primi tentativi di imitazione. Uno fra i tanti, ad esempio, fu Alex Kidd in Miracle World, gioco del Sega Master System del 1986. Questo fu un titolo validissimo: fu uno dei primi giochi ad avere uno scrolling verticale e graficamente era migliore di Super Mario Bros grazie alla vasta palette di colori del sistema. Alex Kidd però non fu semplicemente all’altezza del suo rivale; i suoi controlli erano scivolosi, il carisma del protagonista era nullo in confronto a quello del suo rivale e gli sviluppatori, dopo più di un anno dall’uscita di Super Mario Bros sul mercato, presero l’orrenda decisione di invertire i controlli nel similissimo controller del Master System. Tentativo di plagio invece fu The Great Giana Sisters, gioco che non solo storpiava il titolo del più famoso gioco per NES ma ne copiava il gameplay e l’aspetto in generale. Nintendo prese provvedimenti contro gli sviluppatori e il gioco fu ritirato dal mercato poco dopo la sua uscita. Il mondo chiedeva a gran voce un sequel, un sequel che Nintendo, già nel 1986, aveva già prodotto in quattro mesi per l’add-on Famicom Disk system. Super Mario Bros 2, al di là di qualche nuovo più curato dettaglio grafico, era semi identico all’originale anche se nuovi elementi furono introdotti rispetto al primo titolo: la possibilità di poter scegliere sia Mario che Luigi nella schermata del titolo, abilità diverse per ciascuno dei personaggi, un fungo velenoso, il vento che in alcuni livelli influenzava i salti, warp zone fittizie che rispedivano il giocatore indietro nel gioco, etc… Howard Phillips, un dipendente Nintendo che testava i nuovi giochi che arrivavano dal Giappone, giocando all’originale Super Mario Bros 2 provò un forte senso di frustrazione e non si divertì affatto. Nintendo decise di rimandare momentaneamente il rilascio e trovare un modo per rilasciare un nuovo titolo della saga di Mario che fosse diverso ma allo stesso tempo che restituisse le stesse sensazioni ottenute con il primo titolo. La decisione era quella di re-mappare un titolo diverso con i personaggi dell’universo di Mario, ma quale? Un titolo Giapponese di nome Yume Kojo: Doki Doki Panic fu prodotto dalla Nintendo per una expo della Fuji-TV; questo titolo, un validissimo platformer, aveva un nuovo motore grafico dotato di scrolling verticale e delle meccaniche, se pur diverse da Super Mario Bros, che potevano adattarsi perfettamente a Mario e compagni. Il Super Mario Bros 2 che arrivò in occidente nel 1988 era totalmente diverso dal primo titolo ma divertente quanto tanto il primo. Era possibile scegliere ben quattro personaggi all’inizio di ogni livello, ovviamente tutti relativi all’universo della saga (Mario, Luigi, Toad e la principessa Peach), non si saltava più addosso ai Goomba e Koopa (che non erano presenti nel gioco) ma si raccoglievano degli ortaggi per terra da poter scaraventare contro i nemici, via i tubi verdi, via i blocchi da colpire con la testa e via la bandierina a fine livello. Super Mario Bros 2 era un gioco del tutto diverso dal primo capitolo eppure restituiva perfettamente quelle stesse sensazioni avute giocando col primo gioco; i fan accolsero il gioco più che positivamente il nuovo titolo e durante il natale del 1988 fu uno degli oggetti più difficili da trovare in commercio. Super Mario Bros 2, così come Zelda II: the Adventure of Link o Castlevania 2: Simon’s quest, godette di ottima luce proprio perché presentò un qualcosa che scuotesse la formula classica, proponesse qualcosa di nuovo senza stravolgere l’interezza del gioco e restituisse le stesse sensazioni del primo titolo. Con l’avvento di internet i fan rigettarono i loro pareri positivi verso Super Mario Bros 2 condannando il fatto di non aver ricevuto il vero sequel del primo titolo e di essere stati, in un certo senso, presi in giro; la verità è stata scomoda ma fu una decisione necessaria. il vero Super Mario Bros 2, sarebbe probabilmente passato inosservato per la troppa similarità col primo titolo e la difficoltà aumentata avrebbe solamente fatto infuriare i giocatori più casuali. In uno scenario in cui il mercato dei videogiochi era in continua evoluzione un titolo ancorato al passato non avrebbe fatto una bella figura. Non dimentichiamoci che diverse figure chiave del titolo originale lavorarono per Doki Doki Panic, principalmente Kensuke Tanabe, Koji Kondo ma soprattutto Shigeru Miyamoto che supervisionò tutto il progetto dall’inizio. Il gioco, anche se in precedenza fu concepito con altri personaggi, era veramente come se fosse destinato a diventare un titolo della saga di Mario tanto da essere tornato in giappone nel 1992 come Super Mario USA riscuotendo ancora molto successo.

Parte della cultura popolare

Insieme a Mario, nel Nes, c’erano migliaia di platformer uno più bello dell’altro. Lo scenario era più florido che mai e in un clima in cui il platformer era il genere più in voga e Mario famoso quanto i Beatles lo furono per la musica pop un terzo Super Mario Bros sarebbe stato il top del top. Prima del suo terzo capitolo su NES l’idraulico più famoso al mondo fece un apparizione sulla nuova console portatile di casa Nintendo che rivoluzionò il mercato dei videogiochi portatili: il Gameboy. Quello che ne venì fuori fu Super Mario Land, il primo gioco della nuova console portatile e il primo gioco della saga a non essere sviluppato da Shigeru Miyamoto ma bensì da Gunpei Yokoi, ideatore della console stessa. Fu un titolo molto diverso dalle incarnazioni sulle console casalinghe ma, come già dimostrato in passato, Mario fu capace di vendere perfettamente il sistema anche se poi Super Mario Land fu scartato come gioco in bundle in favore di Tetris che, in seguito, scrisse un’altra storia. Super Mario Bros 3 invece debutto in anteprima in pompa magna sul grande schermo, come parte integrante del film del 1989 “The Wizard”, arrivato in Italia come “Il piccolo grande mago dei videogames”, in cui venne proposto come l’ultima prova per il maghetto dei videogiochi. Quel film dimostrò come i videogiochi non solo fossero parte integrante della cultura popolare di quei anni ma anche di come la figura di Mario era in grado di attirare l’attenzione di tutti. In quegli anni a Mario erano state dedicate ben due serie TV di cartoni animati (senza contare che più in là ne uscì una terza), c’erano dei cereali per la prima colazione a tema, sacchi a pelo, cestini per il pranzo, sorpresine negli Happy Meal di Mc Donald’s… Mario era semplicemente un fenomeno inarrestabile. Super Mario Bros 3, ancora una volta, riscrisse la storia non solo per le vendite ma per aver rinnovato un genere che era già al suo picco: scrolling in ogni direzione, mondi a tema tutti diversi, un infinità di livelli, nuovi power up, segreti sia nei livelli che nelle mappe dell’overworld, canzoni memorabili… Super Mario Bros 3 è ancora oggi ritenuto da molti il più bel platformer mai realizzato, un gioco vicino alla perfezione e che ha posto le basi per tutti i platformer a venire.

Un rivale all’orizzonte

In un clima del genere sembrava andare tutto per il verso giusto ma un rivale si stava per fare avanti e sembrava più agguerrito che mai. Nel 1989 Sega lanciò nel mercato la sua nuova console a 16 bit, il Sega Mega Drive o Genesis in nord America, che offriva una grafica più dettagliata, un sonoro superiore e una qualità generale paragonabile ai loro giochi arcade. La strada intrapresa da Sega, all’inizio, era proprio quella di portare la sala giochi a casa dei giocatori ma la loro stessa console non era potente quanto i loro sistemi arcade in costante evoluzione; inoltre giochi come appunto Super Mario Bros 3 rendevano ancora rilevante una console la cui tecnologia doveva essere, nel 1990, obsoleta e Sega, nonostante avesse la tecnologia dalla sua parte, non riusciva nemmeno a scalfire quella che era la concorrenza Nintendo. Nintendo era un colosso inarrestabile ma nel 1991 Nintendo dovette rivedere la sua strategia. Sega notò che i giocatori cresciuti col NES erano cresciuti, andavano al liceo e probabilmente avevano bisogno di un qualcosa di più adulto. In quei anni Sega colpiva duramente Nintendo con slogan come “Genesis does what nintendon’t” e “Welcome to the next level”, riuscì a coinvolgere personalità dello sport e dello spettacolo per la promozione della loro nuova console ma fu con l’uscita di Sonic the Hedgehog, una nuova proprietà intellettuale, che Sega diede finalmente un duro colpo a Nintendo. Il Mega Drive/Genesis in bundle con Sonic the Hedgehog mise in crisi per la prima volta Nintendo dopo una sicura stretta sul mercato delle console. Super Mario World, in bundle con il neonato Super Nintendo, rispose in tutto tono alla nuova mascotte Sega e alla sua spietata campagna pubblicitaria. Super Mario World triplicò decisamente i contenuti del precedente Super Mario Bros 3: l’overworld era decisamente più vasto, migliaia di livelli tutti rivisitabili, livelli segreti, migliaia di nuovi nemici e boss sempre diversi, l’aggiunta del nuovissimo compagno Yoshi il cui arrivo era voluto da Miyamoto sin dal primo gioco, una nuovissima veste grafica a 16 bit e un vero sonoro digitale ai passi con le sintesi digitali dell’epoca. Super Mario World e il suo sistema sembravano eclissare il Sega Mega Drive/Genesis sotto ogni aspetto ma il tardo arrivo sul mercato (ben 2 anni dopo la concorrenza, dunque nel 1991) portò il Super Nintendo a costare di più della concorrenza che nel frattempo poté permettersi un price drop con una killer app a tutti gli effetti. Con gli anni 90 arrivò una cultura sempre più ribelle e “l’antieroe” diventava sempre più di moda. In un periodo del genere Mario, un onesto idraulico innamorato della sua principessa, sembrava essere meno rilevante di Sonic, personaggio sbarazzino, con un carattere frizzante e tutto sommato più “figo”. Fu decisamente un duro colpo per Nintendo ma questi non gettarono la spugna così facilmente. In questo periodo più o meno difficile diedero a Mario nuovi scenari e nuove possibilità con la quale sfondare. Il 1992 vide la nascita di Super Mario Kart, il primo gioco dell’omonima saga che rivoluzionò il genere del kart racing. Super Mario Kart fu un grande successo ed è un gioco che, ancora oggi, regala momenti e sessioni di multiplayer indimenticabili. E ancora, sempre nel 92, uscì il curiosissimo Mario Paint, un gioco che era più un programma di editing artistico (con tanto di mouse e tavolozza) pensato per i più piccoli con la quale era possibile disegnare, colorare, comporre musica e fare semplici animazioni. Alcuni creatori Youtube, come ad esempio il famoso James Rolfe che ha dato vita al popolarissimo personaggio Angry Videogame Nerd, hanno citato Mario Paint come la loro prima esperienza con un software di editing, software che poi li spinse verso orizzonti più vasti. Poi nel 1993 uscì Super Mario All Stars, una collezione contenente i primi tre giochi con una grafica rinnovata e un sonoro modernizzato. I giocatori ebbero finalmente l’occasione di giocare inoltre con la versione giapponese di Super Mario Bros 2, rinominata Super Mario Bros: the Lost Levels, che non arrivò in occidente nel 1986. Dal 1993 Sega cominciò a prendere delle batoste per via dei fallimentari Sega CD/Mega CD e Mega32X/32X che, anche se promettevano grafiche e capacità di dati maggiori, sottolineavano la loro arretratezza rispetto al Super Nintendo che nel frattempo riguadagnava terreno grazie anche ad altri giochi come Starfox, Super Metroid e Final Fantasy III (VI). In questo scenario Mario torna in campo con due curiosissimi titoli che poi finirono per diventare nuove saghe distaccate dal canone principale. Il primo, presentato come il sequel di Super Mario World, fu Super Mario World 2: Yoshi’s Island. Questo splendido platformer ha ben poco a che vedere col capitolo precedente citato nel titolo in quanto al centro dell’attenzione c’è l’amico Yoshi che accompagna Baby Mario in giro per la sua isola alla ricerca del fratellino Baby Luigi. Il dinosauro verde ha più o meno le stesse abilità che aveva nel gioco precedente ma adesso ha la possibilità di espellere delle uova che poi può usare come proiettili contro i nemici più duri e di librarsi in aria per un periodo di tempo limitato. Il level design è uno dei più belli mai realizzati ed è ciò che ha posto Yoshi’s Island fra i più acclamati platformers di sempre. Il secondo titolo fu invece una collaborazione con la Squaresoft che culminò con Super Mario RPG, un fantastico gioco di ruolo che vide Mario in uno scenario ben lontano dal solito platform. Il gioco, anche questo annoverato fra i migliori RPG di sempre, è ricordato soprattutto per lo humor del gioco, la fantastica storia e la grafica 3D pre-renderizzata che rendeva il gioco più vivo che mai. Anche se la Squaresoft rinunciò a produrre nuovi titoli della saga Nintendo non rinunciò al concept del gioco e la saga RPG dell’universo di Mario continua a tutt’oggi grazie agli studi della Alphadreams.

Mario nella terza dimensione

La nuova generazione era ormai alle porte e mentre Sega e Sony, la nuova temibile concorrente con la sua potente ma tecnologicamente semplice Playstation, si erano già buttati in una battaglia senza esclusione di colpi Nintendo tardò ad entrare in competizione. Il ritardo del Nintendo 64 fu ben giustificato quando Super Mario 64, nel 1996, arrivò nei negozi. Mario fece il salto verso la terza dimensione e il risultato fu sbalorditivo. La potenza del Nintendo 64 offriva una grafica eccezionale, Mario e la grafica 3D si sposavano perfettamente insieme ma ciò che contraddistinse il gioco fu la grandezza, la varietà dei mondi ma soprattutto i fluidissimi ed intuitivissimi controlli. Non c’erano più livelli con un inizio ed una fine come nei titoli precedenti ma mondi aperti con missioni da svolgere. Il gioco vero e proprio non sarebbe finito con la disfatta di Bowser come tutti gli altri, il vero scopo era raccogliere tutte le 120 super stelle sparse per i mondi raggiungibili dal castello della principessa Peach cui faceva da hub. La nuova avventura di Mario non era più tanto un viaggio ma più una missione da portare a termine. Il termine di paragone iniziale fu ovviamente la neonata stella di Crash Bandicoot, il nuovo platformer che impazzava sulla nuova console Sony. Per quanto Crash Bandicoot fosse un ottimo gioco, la nuova mascotte Sony non era libera quanto Mario in quanto i suoi livelli erano si in 3D ma lineari. I controlli erano decisamente all’altezza del suo rivale Nintendo ma in quanto innovazione Crash Bandicoot ne portava ben poche. Super Mario 64 fu uno di quei giochi che fecero resistere il Nintendo 64 in uno scenario che sembrava una guerra persa in partenza; le cartucce, se pur un media (apparentemente) meno potente dei capientissimi Compact Disk, assicurarono a Nintendo la totale assenza di pirateria e tutto ciò che immettevano nel mercato tornava indietro come guadagno economico. Per il resto del ciclo vitale della console Mario diede spazio a tante nuove I.P. in arrivo sulla console Nintendo. Sul Nintendo 64 Super Mario divenne una sorta di icona del divertimento e sulla nuova console a 64 Bit si possono trovare una marea di giochi party con tutta la ciurma dell’idraulico baffuto. Giochi come come Mario Kart 64, i tre giochi Mario Party, Mario Tennis, Mario Golf e ancora il primo Super Smash Bros, tutti giochi che assicuravano sessioni di multiplayer infuocate grazie alle quattro porte per i controller già installate nel sistema; il Nintendo 64 è ancora oggi ritenuta la console definitiva per il multiplayer locale.

Sperimentazioni e ritorno alle radici

Il Gamecube arrivò sulle scene nel tardo 2001 e fu la prima console Nintendo a leggere mini-dischetti ottici. Ancora una volta i fan storsero il naso sulla scelta del media della console ma grazie ad essi il Gamecube fu come risultato una console difficilissima da modificare, tanto che le prime modifiche per leggere i backup apparvero solo verso la fine del suo ciclo vitale, ancora una volta assicurandosi il ritorno economico di tutto ciò che veniva immesso nel mercato. Il Gamecube fu la prima console Nintendo a non avere un gioco di Super Mario al lancio. Il lancio invece fu affidato al fratello Luigi con il curiosissimo spin-off Luigi’s Mansion il cui obbiettivo era proprio quello di trovare Mario all’interno della magione stregata. La nuova avventura di Mario arrivò l’anno succesivo, nel 2002, con Super Mario Sunshine. Nintendo decise di sperimentare molto con questo titolo: diedero molto più storytelling e dunque un background un più ricco dei precedenti giochi, l’azione non era più all’interno del regno dei funghi, bensì nell’isola Delfino, isola popolata da simpatici esserini chiamati Palmensi e l’atmosfera del gioco era decisamente più soleggiata ed esotica. Il gameplay fu l’elemento più modificato: similarmente a Luigi’s Mansion a Mario venne dato un dispositivo, il FLUDD, in grado di caricare acqua e sfruttarla a suo vantaggio. Super Mario Sunshine mostrava chiari investimenti in grafica, sonoro, storia e gameplay ma, nonostante una critica favorevole, alcuni fan si trovarono alienati di fronte al nuovo titolo, troppo diverso dal precedente Super Mario 64 e, a tratti, anche troppo difficile. L’idea di un nuovo titolo più classico si fece strada poco dopo la sua uscita. Giravano voci che Nintendo avrebbe sviluppato un nuovo titolo dalla demo mostrata al Nintendo Space World del 2000 intitolata Super Mario 128. Le voci erano infondate e da quella demo fu un concept dalla quale poi venne sviluppato Pikmin. Nel Gameboy Advance, uscito nel 2002, vennero rilasciati una serie di titoli classici, in ordine: Super Mario Bros 2, Super Mario World, Yoshi’s Island e Super Mario Bros 3. Finiti i giochi classici (Super Mario Bros fu anche rilasciato per Gameboy Advance per la serie NES Classics) si fece avanti l’ipotesi fra i fan di un quinto gioco classico inedito da aggiungere alla serie Super Mario Advance. I fan ebbero ragione ma il titolo usci per il popolarissimo Nintendo DS con il nome di New Super Mario Bros, un inedito gioco in 2.5D che sancì il ritorno alle radici classiche del gioco. New Super Mario Bros rappresentò la riscoperta del canone classico della serie, il gioco funzionava esattamente come un vecchio titolo del passato ma presentava tantissimi nuovi elementi come nuovi power up, nuove gimmick per i livelli, nuove canzoni e nuovi nemici boss, sempre sconfiggibili tramite il classico salto addosso. New Super Mario Bros riscosse un successo senza precedenti: con 31 milioni di copie vendute in tutto il mondo divenne il titolo più venduto del Nintendo DS nonché uno dei giochi più venduti di tutti i tempi.

Verso l’eccellenza ed oltre

In questo clima di riscoperta Nintendo era pronta a colpire di nuovo con un titolo della saga senza precedenti. Passarono cinque anni dall’ultima apparizione di Super Mario in una console casalinga e nel frattempo, nel 2006, il Nintendo Wii ebbe un impatto nel mercato pari a quella della Playstation durante la sua generazione, il prossimo gioco di Mario, faccia della compagnia e icona dei videogiochi, doveva essere perfetto. Dopo anni in sviluppo Super Mario Galaxy uscì nel Novembre del 2007 riscontrando  immediatamente pareri positivi della critica e dei fan. Il nuovo palcoscenico di Super Mario non era più la terra ferma bensì lo spazio e le galassie al di fuori del regno dei funghi: ciò che fece rimanere a bocca aperta critici e giocatori fu la cura e la precisione della gravità implementata in questi nuovi mondi rotondi di questo capitolo. Il mondo ruotava letteralmente in torno a Mario, la dimensione dei platform fu totalmente squadernata, Super Mario Galaxy diede ai fan, alla critica e persino agli sviluppatori di tutto il mondo un nuovo modo per vedere un platform 3D, difficilmente la stessa eccellenza fu raggiunta da altri sviluppatori. I livelli erano della difficoltà giusta, tutto era curato nei minimi particolari, persino la musica dell’overworld, la stazione spaziale del nuovo personaggio Rosalina, era una sinfonia composta sul ritmo passetti di Super Mario. Non si badò a spese, appunto, neppure per la musica, la gran parte dei pezzi fu composta da un’orchestra di 50 persone. In tutto questo i motion control, sulla quale Nintendo aveva costruito la reputazione del Wii, non erano né troppo invasivi né assenti, il puntatore ed il sensore di movimento dei Wiimote erano usati senza nessuna gimmick superflua e mai noiosa. La cura con la quale fu sviluppato Super Mario Galaxy fu un evento quasi irripetibile. Nel 2010 fu rilasciato, dopo un New Super Mario Bros per Wii, il sequel diretto Super Mario Galaxy 2 che fu una vera e propria continuazione del primo. Molti elementi, quale la cura per la gravità e diversi power up, fecero ritorno ma la struttura del gioco cambiò in quanto questa volta, per scovare Bowser, bisognerà viaggiare con la nostra nave/pianeta spaziale attraverso una serie di mondi in serie. Inoltre, in questo capitolo, fece ritorno il caro Yoshi  che fu un aggiunta perfetta all’interezza del gioco. Gli anni in sviluppo di Super Mario Galaxy 2 stanno ancora a dimostrare la cura con la quale Nintendo sviluppa un titolo di Mario e che i titoli principali di questa saga non possono essere buttati nel mercato solo per riscuotere vendite; un titolo di Super Mario non è solo un gioco, ma un evento. L’eccellenza di Super Mario Galaxy è anche dimostrata dal fatto che è stato l’unico titolo 3D ad aver ricevuto un sequel diretto.

Gli anni recenti

Le cose per Nintendo e Mario girano per il verso giusto ma allo scattare della nuova generazione delle nuove console le cose non sembrano andar bene come le altre volte. Il lancio del Nintendo 3DS fu molto lento e la nuova gimmick del 3D senza occhiali non convinceva molto i fans. Le cose andarono molto peggio per il mercato delle console casalinghe con il semi-fallimentare Wii U, successore del Wii, con la quale i giocatori non riuscivano ad entrare in contatto. In uno scenario del genere, in cui anche la concorrenza fatica ad emergere per via della presenza sempre più imponente di Steam, i nuovi giochi di Mario sembrano all’apparenza già visti ma tutto quanto si rivela una falsa impressione. Per 3DS uscirà Super Mario 3D Land, un gioco che crea una nuova formula fondendo il passato con il presente: il gioco si pone come un platformer stage by stage, dunque come i più classici giochi 2D, ma i livelli, seppur lineari, sono in 3D ed esplorabili fin dove possibile. L’implementazione del multiplayer fino a quattro giocatori ha reso Super Mario 3D Land uno dei giochi più validi e divertenti della nuova console portatile, diventando anche uno dei giochi più venduti del Nintendo 3DS. Sul fronte del Wii U invece troviamo il più espanso Super Mario 3D World, sequel di 3D World e che porta nuovi power up, livelli più grandi e il bonus di Cpt. Toad dalla quale poi verra tratto un intero gioco. In questo periodo vengono fuori anche due nuovi capitoli 2D per 3DS e Wii U, rispettivamente New Super Mario Bros 2 e New Super Mario Bros U (e un DLC intitolato New Super Luigi bros U) ma nonostante tutti questi titoli è l’hardware Nintendo che sembra non essere all’altezza del mercato. I titoli sono tutti validissimi, Super Mario 3D World era stato nominato il miglior videogioco da regalare per il natale 2013 ed uno dei giochi più comprati su amazon in quel periodo, ma nulla sembra attecchire coi fan, specialmente con coloro che non hanno un Wii U. Le vendite di quest’ultima però, in occasione dei 30 anni di Mario, riscontrarono un rialzo di vendite quando fu lanciato  Super Mario Maker in bundle con la console. Un po’ come Mario Paint, Super Mario Maker è più un software di editing che un gioco; per la prima volta ai fan della saga viene dato un vero e proprio tool di creazione per dei livelli di Super Mario. Questo gioco celebra in tutto e per tutto la storia dell’icona dei videogiochi: è possibile scegliere quale motore grafico (e dunque quale fisica del gioco) usare, se quello di Super Mario Bros, Super Mario Bros 3, Super Mario World o New Super Mario Bros, inserire blocchi calpestabili, blocchi rompibili, power up, nemici, porte, creare sub-aree… Tutto in una maniera incredibilmente intuitiva e facile per tutti. Ad oggi i livelli creati con Super Mario Maker sono attorno ai 7 milioni ed il numero è, ovviamente, ancora in crescita. Dal 2016 in poi le cose però sembrano migliorare per la grande N e l’idraulico più famoso al mondo. Nel 2016 Nintendo, che si è aperta al mercato delle app per mobile, ha curato lo sviluppo di Super Mario Run per iOS, un gioco che fonde le meccaniche di un endless runner, genere ormai popolarissimo fra gli utenti di smartphone di tutto il mondo, con un platform più classico nel vero senso della parola. Su Nintendo Switch la Ubisoft ci sta deliziando con il nuovissimo Mario + Rabbids Kingdom Battle, un’accoppiata che sta rivelando vincente e che riscontra pareri altamente positivi da parte di critica e fan. Ma il futuro è ancora luminoso per Mario infatti fra poco saremo testimoni della sua nuova avventura: il rilascio di Super Mario Odyssey, in programma per il 27 Ottobre 2017, si sente già nell’aria e la fanbase dell’idraulico non vede l’ora di cimentarsi in questa nuova avventura.

E se…

Chissà se Nintendo avesse davvero ottenuto la licenza per i personaggi di Popeye da mettere in quel videogioco del 1981… Sarebbe Nintendo la stessa compagnia che conosciamo oggi? Mario sarebbe mai esistito? Ci sarebbe mai stata un’icona grande quanto Mario nel mondo? Avrebbe mai avuto lo stesso peso per la cultura popolare? Ad oggi ci è veramente difficile pensare ad un mondo senza Mario, l’uomo qualunque con una marcia in più, il personaggio in cui tutti ci siamo immedesimati almeno una volta. Tante serie videoludiche, nel tempo, sono iniziate e finite ma Mario è da sempre stata la costante che ha reso i videogiochi quello che sono oggi.