La situazione degli Indie secondo Phil Elliot

Poter creare un videogioco non è mai stato così facile come in questo periodo, grazie alla massiccia presenza di strumenti ed engine creati ad hoc, la vasta scelta di piattaforme di gioco e, in certi casi, anche agevolazioni da parte dei governi. Ma come si ripercuote tutto questo in termini di stabilità?

Negli ultimi anni chiunque avrà notato che la presenza degli indie è sempre più massiccia, sopratutto su Steam. Secondo Steam Spy infatti, nel 2014 furono rilasciati “soltanto” 1.784 titoli sull’omonima piattaforma, contro i 7.658 dell’anno appena passato. Questi numeri, hanno certamente un grosso impatto sul mercato: sempre nel 2014, un titolo raggiungeva in media le 154.000 copie vendute, con un prezzo medio di  11,24$, per poi passare, nel 2017, a 46.000 unità con un prezzo di 9,45$.

Per quanto non sembri, questo è un campanello d’allarme per chiunque voglia creare e vendere un proprio prodotto su Steam. Quando ci si trova davanti a queste situazioni, non basta dire che se un gioco è oggettivamente bello diventerà per forza famoso. Non solo ci sono davvero troppi videogiochi tra cui scegliere, ma non sono adeguatamente pubblicizzati e distribuiti. Questo problema è ulteriormente aggravato dalle procedure di pubblicazione online, specialmente tramite vlogger e streamer, che però sono più interessati a titoli che generino visualizzazioni, che siano giochi controversi come House Party Hatred o i soliti tripla A come Call of Duty.
Durante il Gamesforum di Londra della scorsa settimana, Phil Elliot, director of indie publishing alla Square Enix West, ha detto la sua a GamesIndustry.biz.

«C’è una gran differenza tra adesso e dieci anni fa, ed è per questo che è molto importante per l’industria prendere nota ed evitare di non dedicare le dovute attenzioni solo perché la sua parte di mercato è a posto. Dieci anni fa era possibile creare degli indie perché esistevano strumenti economici e accessibili, si potevano vendere grazie a piattaforme come Steam, ma erano anche evidenziati dai giornalisti che volevano trovare nuovi giochi, poiché molti venivano cancellati. Dunque c’era un’insufficienza di giochi, rispetto anche a un paio di anni fa. In più c’erano giocatori che volevano nuove esperienze, quindi erano ricettivi e pronti a sentire qualcosa riguardo nuovi titoli che stavano per uscire.
Ora la differenza è che i giornalisti ne sono sommersi, quindi c’è quasi una paralisi quando bisogna andare a cercare nuove esperienze. Anche i giocatori Si trovano a che fare con  tanti giochi tra cui scegliere. Ora il problema che si presenta è molto diverso rispetto com’era prima e abbiamo bisogno di una sorta di azione a livello settoriale e di un dibattito accurato. Tutte le parti interessate hanno bisogno di unirsi: piattaforme, produttori di hardware, publisher, sviluppatori, rivenditori, è una sfida per tutti»
«Questi numeri sono abbastanza spaventosi, specialmente se li si paragona a quelli di quattro o cinque anni fa. Sento molto dire dalla gente che Steam dovrebbe curarsi di più. In tantissimi rimasero sorpresi quando andarono via da Greenlight, un sistema imperfetto e chiunque lo ammetterebbe, solo per una tassa anticipata.»

Elliot ha comunque difeso Steam, dimostrando che Valve ha creato un’opportunità per gli indie durante il periodo della crisi economica del 2008, quando molte medie imprese stavano andando in fallimento.

«Senza Steam, senza Unity, senza tutto il resto, non avremmo potuto vedere la crescita del settore indie; grazie a essi è stato possibile rilasciare giochi quando non era facile inserirsi in nessun’altra piattaforma. Ora è facile per noi vedere indie su Switch, Xbox o Playstation, ma è successo solo grazie a ciò che fece Steam.»

È importante ricordare che mentre la vetrina di Steam è letteralmente sommersa da prodotti che potrebbero minare la salute di questo settore, Valve non effettua controlli; questo è un sintomo che evidenzia problemi ben più profondi, e ci sono molti altri fattori in gioco.

«Ora siamo vittime della nostra stessa popolarità. Le persone vogliono vivere il sogno, amano così tanto i videogiochi da volerne fare più di un hobby e, come in ogni corsa all’oro, lo vedono come possibile.»

Il mondo dei videogiochi sta arrivando a un punto di non ritorno: da un lato c’è un mercato indie sovrapopolato dove diventa sempre più difficile trovare i giochi migliori, ma dall’altro, l’inevitabile crescita esponenziale dei costi di sviluppo, ha fatto rimanere nel mercato dei giochi tripla A quasi unicamente franchise sicuri e affidabili, e che rimarranno così per molto tempo.

«Come possiamo trovare dei modi per sostenere un vero e nuovo talento genuino e coltivarlo? Perché alla fine l’industria è il nostro giardino sul retro. Dobbiamo pensare  da dove verranno quella creatività, quelle nuove idee e nuovi talenti. Se facciamo affidamento su ciò che abbiamo e su franchise e sequel, la gente perderà interesse e sarebbe davvero triste.»

Sia i consumatori che gli esperti chiedono un corretto miglioramento delle vetrine come quella di Steam ma, come Elliot suggerisce, non è così semplice.

«Guardate cosa ha recentemente  fatto Youtube cambiando i limiti per i creatori di contenuti più piccoli prima che questi potessero arrivare a monetizzare. Alcuni dicono che avrebbero dovuto farlo prima, altri potrebbero dire che sia una cosa positiva. Qualsiasi cosa accada, ci sono tantissime persone demoralizzate perché anche se non si aspettavano di guadagnare milioni, c’era sempre un obbiettivo da raggiungere, che però adesso è stato spostato.»

Sfortunatamente non ci sono soluzioni semplici. La popolarità degli indie sarà sempre dettata da un sorteggio tra i vari creativi in erba e lo sviluppo dei videogiochi diventerà più accessibile quando gli strumenti saranno migliori. Inoltre, come possono i media giustificare il tempo e le spese impiegati per trovare quella “perla” indie di turno se queste diventano sempre più difficili da trovare? Attualmente, la scena dei giochi indipendenti è instabile, mentre Valve è perfettamente a conoscenza dei problemi di Steam Direct. Che sia troppo difficile gestire migliaia di titoli ogni anno?

«Ovviamente non parlerò a nome di  Steam, ma ora si trova in una posizione nella quale viene maledetto se fa qualcosa ma anche se non fa nulla. Non invidio il suo compito e sono sicuro che le persone che hanno più a cuore questo problema sono proprio quelle di Steam.»

Troppa scelta, ma di qualità spesso mediocre; ma anche una relativamente bassa gamma di “titoloni” grazie ai quali si può in un qualche modo andare sul sicuro. Come continuerà a cambiare il rapporto tra questi due colossi? E sarà davvero possibile agevolare in termini di popolarità tutti quei giochi e sviluppatori indipendenti che davvero la meritano?