Dusty Rooms: uno sguardo al MSX

L’obiettivo di questa rubrica è principalmente quello di far scoprire quelle parti di retrogaming curiose, interessanti e, possibilmente, non ancora prese in esame. Oggi, qui a Dusty Rooms, daremo uno sguardo ai computer MSX, un sistema ancora non comune e che forse non lo sarà mai, probabilmente per via della sua scheda madre, un prodotto da vendere su licenza a terze parti affinché la producessero con i loro mezzi. Certo, il Commodore 64, l’Amstrad, l’Apple II e i computer Atari sono stati sicuramente i più popolari negli anni ’80 ma se oggi lo scenario dei personal computer è come lo conosciamo, lo si deve principalmente a queste favolose macchine MSX che finirono per dettare degli standard in quanto a formati e reperibilità dei software. Per capire l’innovazione portata da questi computer, utili sia per il gaming che per la programmazione, bisogna dare uno sguardo allo scenario tecnologico di quegli anni.

Non fare il Salame! Compra un computer!

Negli anni ’80 i computer cominciarono a far parte della vita di milioni di persone e, sia in termini di costi che di dimensioni, erano decisamente alla portata di tutti; in Nord America si assistette a un’impennata per via del crollo del mercato dei videogiochi del 1983, in quanto i genitori erano più propensi a comprare un PC per i loro figli con la quale poter sia giocare che studiare, e in Europa, e molte altre parti del mondo, avevano preso piede ancor prima delle console rudimentali come Atari 2600, Philips Videopac (Magnavox Odyssey 2 in Nord America) o il Coleco Vision. Tuttavia, in negozio, scegliere un computer rispetto a un altro era un impresa tutt’altro che facile: ogni macchina era in grado di leggere videogiochi e eseguire programmi gestionali, creativi o educativi ma, ogni compagnia, proponeva il proprio sistema e linguaggio di programmazione e perciò, senza uno standard, la compatibilità fra le macchine era pressoché nulla; il tutto era aggravato inoltre dalle centinaia di pubblicità che proponevano sempre il loro computer come il più veloce e generalmente migliore rispetto alla concorrenza. Lo scenario era ben diverso da quello odierno in cui sono presenti principalmente due sistemi operativi dominanti e, indipendentemente dal modello fisico che si prende in esame, è molto più facile orientarsi in un mercato che dà meno alternative e in cui la compatibilità è sempre più ampia.

(Pensate, compravate un Commodore 64 per la vostra azienda ma poi, una volta a casa, accendevate la TV e c’era Massimo Lopez che vi proponeva il suo migliore computer SAG e voi entravate in paranoia!)

Negli anni ’70 un giovane Kazuhiko Nishi, studente dell’Università di Waseda, cominciava a interessarsi al mondo dei computer, software ed elettronica con il sogno di costruire una console con i propri giochi e poterla rivendere ma, dopo una visita alla fabbrica della General Instruments, capì che non poteva comprare dei chip in piccole quantità per poter sperimentare e perciò dovette rinunciare momentaneamente al suo sogno. Cominciò a scrivere per alcune riviste d’elettronica affinché potesse mettere a disposizione la sua conoscenza per la programmazione ma, se voleva trarne il massimo vantaggio da questa attività, doveva necessariamente fondare una sua compagnia e fare delle sue pubblicazioni. Dopo aver lasciato l’università, Nishi fondò la ASCII per poter pubblicare la sua nuova rivista I/O, che trattava di computer, ma nel 1979 la pubblicazione cambiò nome in ASCII magazine che si interessava più generalmente di ogni campo dell’elettronica, inclusi i videogiochi. Con il successo della rivista Kazuhiko Nishi poté tornare al suo progetto originale, ovvero creare una macchina tutta sua, ma per farlo aveva bisogno di un linguaggio di programmazione; egli contattò gli uffici Microsoft riuscendo a parlare, con la prima telefonata, con Bill Gates e più tardi, quello stesso anno, riuscirono a incontrarsi. Entrambi avevano la stessa passione per l’elettronica, più o meno lo stesso background sociale (entrambi avevano lasciato gli studi accademici) e dopo diversi meeting aderirono per fare del business assieme. ASCII diventò la rappresentante di Microsoft in Giappone e Kazuhiko Nishi divenne vicepresidente della divisione giapponese della compagnia americana. Grazie a questa collaborazione Nishi poté inserire il BASIC nel PC 8000 di Nec, la prima volta che veniva incluso all’interno di un computer, ma nel 1982, quando Harry Fox e Alex Weiss raggiunsero Microsoft per poter creare dei software per il loro nuovo computer chiamato Spectravideo, egli vide le basi per coniare il suo progetto iniziale e cominciare a produrre una linea di PC compatibili fra loro visto che la macchina era costruita intorno allo Zilog Z80, un processore che faceva da punto in comune fra diversi computer e persino console (essendo incluso nel Coleco Vision, console che, prima dell’avvento del NES, andava molto forte). Kazuhiko Nishi voleva che il suo computer fosse piccolo, come quelli che aveva prodotto alcuni anni prima per Kyocera, doveva contenere almeno uno slot per delle cartucce ROM, essere facilmente trasportabile ed espandibile e doveva contenere una versione di BASIC migliore dei computer IBM; così composto era la sua perfetta visione di computer in grado di poter garantire uno standard fra queste macchine. Poco dopo Nishi contattò tutte le più grandi compagnie giapponesi come Casio, Mitsubishi, Fujitsu, Kyocera, SonySamsung e Philips, rispettivamente, che decisero di investire in questo nuovo progetto; fu così che nacque lo standard MSX.

(Kazuhiko Nishi e Bill Gates)

Software per tutti!

Come abbiamo già detto, le macchine MSX nascono dall’unione di ASCII e Microsoft nel tentativo di fornire uno standard per i manufattori di PC. Era parere comune, ai tempi, che “MSX” stesse per “MicroSoft eXtended” ma Kazuhiko Nishi, più tardi, smentì queste voci dicendo che la sigla stava per “Machine with Software eXchangeability“. Con questo nuovo standard, tutti i computer che esponevano il marchio MSX erano dunque compatibili fra loro; perciò, cosa rendeva un’unità uguale a un’altra? Per prima cosa la CPU 8-bit Zilog Z80A, chip creato dall’italiano Federico Faggini e che ne costituisce il cervello della macchina, poi abbiamo la VDP (Video Display Processor) TMS9918 della Texas Instrument che offre una risoluzione di 256 x 192, 16 colori per sprite di 32 pixel, il chip sonoro AI36910 della Yamaha che offre tre canali e tre ottave di tonalità e infine la ROM di 32kb contenente il BASIC di Microsoft; il computer è comprensivo di tastiera ed è possibile attaccare mangianastri, strumento essenziale per i computer dell’epoca, lettore floppy, almeno una porta per i joypad e ha anche una porta d’espansione. Tipico di molti MSX era un secondo slot per le cartucce che, inserendone una seconda, permetteva miglioramenti, cheat e persino espansioni per un determinato software (dopo vi faremo un esempio). Per via delle diverse aziende che producevano i computer MSX è difficile arrivare a un numero preciso di computer venduti nel mondo ma, per darvi un idea, nel solo Giappone sono stati venduti ben cinque milioni di computer, praticamente la migliore macchina da gaming prima dell’arrivo del Famicom. Le macchine ebbero successo anche in altri paesi come Olanda, Spagna, Brasile, Corea del Sud, Arabia Saudita e persino in Italia e Unione Sovietica. Al fine di proporre una macchina sempre più potente, ci furono ben altre quattro generazioni di MSX: MSX2, rilasciato nel 1985, MSX2+, nel 1988, e MSX TurboR nel 1990. La differenza nelle prime tre stava nel nuovo processore Z80 che poteva permettere molti più colori su schermo e una velocità di calcolo maggiore, mentre l’ultimo modello presentava un processore 16-bit R800 ma purtroppo, essendo a quel punto rimasta solamente Panasonic a produrre gli MSX, non fu supportato a lungo. Come abbiamo accennato, i computer MSX erano le macchine dominanti per i videogiochi casalinghi in Giappone, anche se per poco tempo visto che il Famicom arrivò poco dopo, lo stesso anno; tuttavia, nonostante il dominio generale della console Nintendo, il sistema fu supportato fino all’ultimo e tante compagnie, come Hudson Soft e Compile, sfruttarono ogni capacità di questa curiosa macchina; l’eccezione va fatta per Konami che, nel 1983, fondò un team dedicato per produrre giochi su MSX, un anno prima di firmare per Nintendo. Finita la festa, nel 2001 Kazuhiko Nishi ha annunciato il revival del MSX rilasciando liberamente l’emulatore MSXPLAYer, dunque, eticamente, siamo liberi di goderci questi giochi sul nostro PC (anche perché il Project EGG, una piattaforma simil Steam per i giochi per computer giapponesi, qui non c’è); tuttavia, nulla vieta di recuperare l’hardware originale anche se dovete tener conto dell’alto prezzo dei giochi; un’ultima buona alternativa è recuperare la Konami Antiques MSX Collection per Sony PlayStation e Sega Saturn che vi permetterà di giocare a molti titoli (la versione per la prima è divisa in quattro dischi mentre la seconda include tutti i giochi). Diamo uno sguardo a 10 giochi essenziali di questa macchina (ci scusiamo in anticipo se la maggior parte dei giochi saranno Konami!).

10. King’s Valley 2

Un platformer che unisce elementi puzzle alla Lode Runner. Per procedere ai livelli successivi servirà collezionare tutte le pietre dell’anima sparse negli stage utilizzando i vari strumenti presenti, cui potremmo utilizzarne solo uno per volta. Man mano che si procede, gli scenari diventeranno sempre più grandi e difficili perciò non bisogna prendere questo gioco sottogamba. Una feature interessante, molto avanti per i suoi tempi, era l’editor dei livelli: una volta completati si potevano salvare in un floppy e scambiarli con gli amici.

9. Treasure of Usas

Un action platformer poco conosciuto ma comunque molto curioso che potrebbe interessare molto ai fan di Uncharted e Tomb Raider. Wit e Cles sono due cacciatori alla ricerca del tesoro di Usas e dovranno attraversare cinque città antiche per poterlo ritrovare. Il primo ha una pistola e migliori abilità nel salto mentre il secondo è un maestro di arti marziali e più agile. Le loro abilità sono migliorabili collezionando le monete negli stage e il gioco presenta la curiosa meccanica degli umori:  nello stage infatti, sono sparse le cosiddette carte dell’umore che, una volta raccolte, cambieranno i nostri attacchi. Una vera chicca se siete amanti di Castlevania o Mega Man.

8. Penguin Adventure

A Hideo Kojima game… ebbene si! Prima di Snake e i loschi tipi di Death Stranding (di cui non sappiamo ancora nulla) il noto programmatore ha prodotto questo gioco “puccioso” in cui dobbiamo far riunire Pentaro alla sua amata principessa. Nonostante il gioco abbia una struttura arcade apparentemente semplice, ovvero una sorta di platformer automatico simil 3D  (oggi potremmo definirlo un runner per smarphone), questo gioco ha molte meccaniche intriganti come un in-game store, warp zone, tanti easter egg e persino un finale alternativo. Mai giudicare un libro dalla sua copertina!

7. King Kong 2

Essendo liberamente ispirato al film King Kong Lives (o King Kong 2), controlleremo Hank Mitchell alla ricerca di Lady Kong. Raccomandiamo questo titolo ai fan del primo The Legend of Zelda in quanto molto simile e con tante caratteristiche interessanti che lo rendono davvero un bel gioco. Siate sicuri di trovare la rom patchata” poiché non è mai stato rilasciato in Europa.

6. Vampire Killer

Sembrerebbe un porting per MSX2 di Castlevania per NES ma così non è; sebbene il gioco abbia più o meno la stessa grafica, esso presenta un gameplay totalmente diverso. Questo titolo, anziché concentrarsi nelle sezioni di platforming, è più basato sull’esplorazione e il puzzle solving: per avanzare bisognerà trovare la skeleton key e per farlo ci serviranno armi, oggetti e chiavi per aprire forzieri contenti power up che si riveleranno utili allo scopo. Il gioco ha un pacing ben diverso dall’originale per NES ed è raccomandato ai giocatori più pazienti (anche perché le vite sono limitate e mancano i continue) ma anche ai più accaniti fan della saga.

5. Aleste

Unico gioco non Konami di questa lista, è uno shoot ‘em up sensazionale di Compile; uscito originariamente per Sega Master System, questa versione presenta due stage extra e una difficoltà più abbordabile. Di questo gioco stupiscono principalmente la grafica, la strabiliante colonna sonora resa con un chip FM montato sulla cartuccia e l’azione velocissima (tipica della serie) che da vita a battaglie in volo spettacolari. Provare per credere!

4. The Maze of Galious – Knightmare II

Concepito originariamente per competere con Zelda II: The Adventure of Link, The Maze of Galious è un difficilissimo metroidvania per i più allenati. In questo popolarissimo titolo per MSX, bisognerà esplorare un castello immenso alla ricerca delle dieci sub aree, dove risiedono demoni da sconfiggere, ma anche degli oggetti sparsi nel castello che espanderanno le abilità dei nostri Popolon e Aphrodite. The Maze of Galious è il secondo titolo della saga Knightmare, il cui primo titolo era un top down shooter alla Ikari Warriors e il terzo un RPG (per MSX2), ed è certamente il più bello. Nel 2002, questo titolo è stato soggetto di un curioso remake non ufficiale e il suo acclamato gameplay è stato ripreso nel similissmo La Mulana, considerato il suo sequel spirituale. Se siete fan dei metroidvania questo è certamente un titolo da giocare, anche per coloro che apprezzano le vere fide come Ghosts ‘n Ghouls, il già citato Zelda II o, chissà, magari anche Dark Souls! Vi raccomandiamo di giocarci con un walkthrough o almeno una mappa del castello; se siete dei masochisti fate pure senza!

3. Nemesis 2 e 3 + Salamander

Un pari abbastanza assurdo ma vi assicuriamo che non c’era modo per rendere giustizia a questi tre spettacolari titoli. I primi due sono dei sequel di Gradius mentre il Salamander proposto su MSX è completamente diverso dalla controparte per NES. Questi titoli della saga di Gradius su MSX presentano, insieme a delle colonne sonore squisite espresse con l’esclusivo chip SCC, un gameplay profondissimo attraverso power up espandibili, oggetti e sezioni bonus nascosti nei livelli e lo storytelling più dettagliato della saga. In Salamander, inoltre, per ottenere il finale migliore bisognerà inserire la cartuccia di Nemesis 2 nel secondo slot per completare il vero livello finale e mettere fine alla minaccia dei bacterion; altro che DLC e Amiibo! Nemesis 2 e Salamander sono i titoli più difficile mentre Nemesis 3: The Eve of Destruction è il più accessibile, perciò, se volete provarli, vi consigliamo di partire da lì. Tuttavia, dovrete abituarvi allo scrolling “scattoso” di questi titoli in quanto gli MSX, prima della seconda generazione, non erano in grado di offrire un’azione fluida e senza problemi;

2. Metal Gear e Metal Gear 2: Solid Snake

È più che risaputo che la saga di Metal Gear ha origini nel MSX2 e che quelli per NES non sono i veri punti iniziali della saga (per Snake’s Revenge, sequel non canonico del primo titolo, Hideo Kojima non era neppure stato chiamato per lo sviluppo del gioco). Entrambi i Metal Gear, soprattutto il secondo, sono dei giochi incredibili per essere dei giochi in 8-bit e, nonostante in molti ignorino questi due titoli, sono fondamentali per la fruizione dell’intera saga. Molte degli elementi visti in Metal Gear Solid come le chiavi sensibili alla temperatura, l’assalto all’interno dell’ascensore, l’abbattere l’Hind-D con i missili stinger e lo sgattaiolare nei condotti d’aria erano già stati introdotti in Metal Gear 2: Solid Snake; altri due titoli immancabili per MSX e giocabili persino in Metal Gear Solid 3: Subsistence. Non avete scuse per non giocarli!

1. Space Manbow

Questa rubrica si chiama Dusty Rooms e, pertanto, lo scopo è quello di farvi riscoprire titoli dimenticati e particolarmente interesanti; considerate quest’ultima entrata come un nostro personale regalo. Space Manbow è uno shoot ‘em up strabiliante pieno d’azione e retto da una grafica dettagliatissima per essere un gioco 8-bit, una colonna sonora spettacolare resa col chip SCC e un gameplay vario e mozzafiato, reso ancora più intrigante grazie allo scrolling fluido del MSX2 (cosa di cui i titoli di Gradius non poterono godere). Nonostante le lodi di critica e fan, Space Manbow rimane, a tutt’oggi, relegato a MSX e Konami, al di là di qualche cameo in qualche altro titolo, non ha mai preso in considerazione l’idea di un sequel (anche se ne esiste uno non ufficiale fatto dai fan uscito tanti anni dopo su MSX2), né allora né tanto meno adesso. Diamo a questo capolavoro l’attenzione che merita!

Honorable mentions

Che dire? Dieci posizioni sono veramente poche per una console che ha dato così tanto ma qui, vi vogliamo dare un altro paio di titoli da rivisitare su MSX:

  • Snatcher & SD Snatcher: altri due titoli di Hideo Kojima. Il primo è una visual novel mentre l’altro ricalca la stessa storia ma in veste RPG. Recuperate il secondo su MSX2 ma giocate Snatcher altrove in quanto la versione per MSX è incompleta e inconcludente.
  • Xevious: Fardraut Saga: da un semplice coin-op per arcade a uno SHMUP moderno con trama ed espansioni varie. Un titolo decisamente da recuperare!
  • Eggerland 2: il secondo gioco della saga di Lolo e Lala. Un puzzle game da capogiro per riscoprire le origini dello studio Hal.
  • Ys (I, II & III): una delle saghe RPG più strane e sottovalutate di sempre. Giocare questi titoli su MSX non è raccomandabile per via della barriera linguistica ma il loro aspetto su questo computer è decisamente sensazionale.
  • Quarth: un puzzle game Konami molto interessante che metterà alla prova il vostro ingegno. Un’altro bel gioco da recuperare

(Per finire, vi lasciamo con questa bella intervista con Bill Gates e Kazuhiko Nishi riguardo i computer MSX)

(E questa fantastica pubblicità italiana!)



Spartan

Da pochissimo è arrivato Spartan su Nintendo Switch, un simpatico platformer sviluppato da Sinister Cyclops Game Studios, misconosciuto developer con all’attivo questo solo titolo, uscito anche su Playstation 4 e Xbox One. Spartan si presenta come una sfida old school, un gioco piattaforme non lineare per i più allenati e che attinge, probabilmente, da classici come Mc Kids o Alex Kidd.

Questo è Spartan!

Siamo nell’antica Grecia: scompaiono improvvisamente tutte le armi, le armature e l’oro della leggendaria città-stato e appaiono diversi strani portali in tutta la penisola greca; toccherà dunque al re guerriero Leonida, figura ormai resa popolarissima dal film 300 (tratto a sua volta dall’omonimo fumetto di Frank Miller), andare alla ricerca degli oggetti scomparsi e capire chi sta dietro a questo mistero. L’obiettivo di ogni livello è trovare degli oggetti nascosti (normalmente 5), sparsi per tutta l’area di gioco, che servono per attivare il portale e avanzare nell’overworld; sotto questo punto di vista Spartan tenta di rievocare uno stile di platformer non molto popolare, già visto in giochi retrò come Oscar o Mc Kids (entrambi titoli non entusiasmanti e pieni di difetti), la cui caratteristica principale era la non linearità dei livelli e, appunto, il collezionare degli oggetti per poi uscire dal livello; bisogna dare comunque un po’ di credito a questo nuovo titolo in quanto le aree di gioco non sono mai troppo confusionarie e, anche se non c’è una mappa del livello e bisogna spesso fare backtracking, è abbastanza facile capire dove si è stati e dove no, specialmente grazie ai checkpoint ben disposti e di cui l’ultimo attivato è raggiungibile in ogni momento premendo il tasto “X” nel menù di pausa.
I controlli su Nintendo Switch sono abbastanza semplici: rispettivamente, con “B” e “Y” si salta e si attacca e con i dorsali “ZL” e “ZR” ci si difende e si corre; un set di tasti abbastanza semplici ma purtroppo il tutto è rovinato da una sorta di scivolosità nei movimenti che rovina l’esperienza generale poiché non solo molti dei salti devono essere effettuati con precisione ma spesso ci sono anche tanti ostacoli che ci uccideranno in un solo colpo e che, dunque, ci rispediranno al checkpoint. All’inizio gli attacchi e la difesa di Leonida ci sembreranno sufficientemente buoni ma, procedendo nel gioco, ci accorgeremo che ci sono degli evidenti sbilanciamenti e che ostacoleranno la nostra esperienza. I colpi di spada, come ci aspetteremo, sono corti però i nemici che ci si pongono davanti, all’inizio, sono sempre alla nostra portata e, soprattutto, cadranno con un solo attacco; tuttavia, andando avanti nel gioco, ci si presenteranno sempre nemici sempre più forti, veloci e che ovviamente necessiteranno più di un colpo per cadere giù e qui ci accorgeremo di quanto sia corto il nostro attacco, lento il nostro Leonida (nonostante la chiara differenza quando si preme “ZR“) e inconsistente il nostro scudo. La difesa, così come l’attacco, ci sembrerà funzionare a dovere ma tantissime volte non funziona mai come ci aspetteremo; lo scudo ha due posizioni di difesa (frontale e alta, richiamabile premendo su) ma, per un’esigenza di animazione, quando si richiama la prima posizione (che è quella di default), si attiverà per un millesimo di secondo la seconda posizione; non sembrerebbe un grande difetto ma lo sarà quando, senza capire il perché, lo scudo reagirà diversamente a uno stesso colpo che abbiamo parato in precedenza; in poche parole, se non si capisce questo meccanismo, alcune volte lo scudo vi difenderà, altre no. Non sono i soli difetti, poiché, talvolta, lo scudo potrà risultare inefficace all’occorrenza (e non per i problemi spiegati pocanzi, ma perché, semplicemente, alcuni attacchi saranno “perforanti”) e perderemo inevitabilmente dei punti vita; se affronteremo nemici nell’area di gioco che ci porteranno allo stremo perché la difesa è incostante, che correranno come dei dannati e per i quali saranno necessari almeno 5 colpi per mandarli al tappeto, immaginate com’è combattere contro un boss! In-game non è possibile recuperare energia ma ci è permesso cambiare la difficoltà durante il gioco accedendo così a dei “cuoricini stock” (3 in tutto, come del resto i punti vita) che ci concederanno di recuperare dei punti vita; dunque un metodo per recuperare energia esiste in qualche modo ma ci chiediamo lo stesso perché non far apparire dei cuoricini dai nemici uccisi? Perché una cosa semplice come recuperare energia deve essere un progetto di scienze?
Vi diciamo solamente che dalla seconda sezione del gioco in poi, in media, completavamo un livello in oltre 30 minuti perché sinceramente abbiamo trovato il level design poco curato da come si può evincere dai troppi ostacoli “one hit kill” sparsi un po’ dappertutto quasi senza logica; abbiamo giocato a tanti bei giochi indie, difficili “al punto giusto”, ma questo, nonostante le buone collocazioni dei checkpoint, risulta poco bilanciato. Tutto questo, misto ai tempi di caricamento lunghissimi (di almeno 20 secondi) fra un menù, l’overworld e un livello, assurdi per un gioco 2D come questo, renderanno Spartan un gioco infernale, così difficile e astruso da non essere per niente divertente. Tuttavia, non si può dire che il titolo non sia longevo; almeno i 24 livelli, fra il trial and error e i tempi di caricamento, saranno un’ “insolita” lunga esperienza.

Un’anima debole

Il gioco presenta una colorata grafica 2D, gli elementi sono distinguibili, ben disegnati e le animazioni molto fluide ma il tutto sembra molto scarno e ricorda quasi uno di quei tanti cloni di Super Mario Bros per smartphone; quel che stupisce è che l’intero comparto grafico è stato realizzato con Unreal Engine 4, il motore grafico di Dragon Ball Fighterz, Fortnite, Kholat, Playerunknown’s Battlegrounds, Sea of Thieves e il prossimo Crackdown 3, che qui dà risultati risibili, degni dei browser game in flash giocabili su www.newgrounds.com, popolarissimi nella scorsa decade. Insomma… ci saremmo aspettati qualcosina in più sul piano grafico. anche se per fortuna tutto gira su Switch in maniera stabile e senza bug rilevanti o rallentamenti.
Le musiche riescono a richiamare quell’atmosfera e quelle sonorità tipicamente mediterranee tramite scale e strumenti tipici greci, con giusto una qualche sfumatura moderna, un po’ come accade in giochi “solari” come quelli della saga di Shantae; possiamo almeno dire che la musica lascia almeno una nota positiva in questo gioco un po’ disastrato.

Lasciamo perdere

Il gioco, dai video e dai trailer, sembrava essere interessante, curioso, poteva essere una piccola gemma nascosta in mezzo ai tanti titoli indie dell’E-shop ma purtroppo non si rivela all’altezza della competizione, soprattutto su Nintendo Switch dove ci sono moltissimi platform 2D e 3D indie degni di nota (basti pensare a Celeste). Il gioco sembra promettere bene, non ha una cattiva presentazione – insomma, giocare nei panni di Leonida è fantastico – ma, al di là delle graziose ambientazioni greche e di una non-linearità più o meno ben implementata, ha decisamente ben poco da offrire; se non fosse per i controlli scivolosi, attacco e difesa inconcludenti, lunghissimi tempi di caricamento e un gameplay alla lunga tedioso (e non piacevolmente difficile come sarebbe stato appropriato) dai troppi ostacoli “one hit kill”, potremmo avere un bel titolo. È bene precisare che non è un problema di mera difficoltà: giochi come I Wanna Be the Guy risultano ben più ostici, ma le logiche di trial and error sono ben bilanciate e inserite in un level design di tutto rispetto, cosa che non avviene in questo titolo. Sinister Cyclops Game Studio ha ancora strada da fare come developer,  e questo titolo sarebbe anche meglio collocabile titolo sull’App Store di iOS o sul Play Store di Google, sempre a patto di ribilanciarlo.
Ci dispiace veramente dire, poiché amiamo i giochi indie di questo genere, che l’ago della bilancia penda di più verso gli elementi negativi e perciò vi consigliamo, visto anche il non meritevole prezzo di 11.99€ sul Nintendo E-Shop, semplicemente di provare qualcos’altro. Un’occasione mancata.




Super Mario Odyssey

L’ultima volta avevamo lasciato il caro idraulico con Super Mario 3D World per Wii U, un ottimo platformer che, nonostante il flop generale della console Nintendo, riuscì comunque a far parlare di sé; ora è la volta di Nintendo Switch, piattaforma per il quale è stato pensato questo Super Mario Odyssey, titolo che, insieme a The Legend of Zelda: Breath of the Wild, aggiunge un nuovo tassello a una delle più storiche e longeve IP della grande N. Annunciato al lancio della console, Super Mario Odyssey ha visto la luce solamente lo scorso ottobre e, come il recente titolo della saga di Zelda, ha riscosso pareri positivi da parte di fan e critica, rivelandosi uno dei migliori giochi di un 2017 che ha regalato grandi gioie ai gamer di tutto il mondo; Nintendo, fra il rilascio dello Switch e questi due eccezionali titoli, ha decisamente trascorso uno dei suoi migliori recenti anni fiscali, fra vendite stellari e pareri positivi, e sembra che le cose per la nota compagnia nipponica girino finalmente per il verso giusto. Adesso la console può vantarsi di avere uno dei migliori giochi platform mai concepiti e, se non altro, un nuovo titolo di Mario che, al solito, definisce l’hardware corrente Nintendo in tutto e per tutto.

Let’s do the Odyssey

Ancora una volta la principessa Peach verrà rapita da Bowser, il quale questa volta lo fa in grande stile e con “serietà”, ovvero organizzando un bel matrimonio con tanto di vestiti, fiori, torte e anelli nuziali. Mario, intento a fermare queste nozze a tutti i costi, si metterà all’inseguimento del vascello volante di Bowser in giro per il mondo, accompagnato in quest’avventura da Cappy, un esserino che può nascondersi nei cappelli e che ha come scopo quello di salvare la sorella, che sarebbe poi la tiara del vestito nuziale di Peach. Una storia più che classica ma in fondo non potevamo aspettarci di meglio per un gioco di Mario: un dinosauro tartaruga che rapisce la principessa del Regno dei Funghi! Dopo queste premesse cominceremo a capire le meccaniche di questa nuova avventura: ai comandi classici di Mario, correre, saltare, nuotare, ground-stomp e wall-jump, si aggiungono le azioni di Cappy, la possibilità di utilizzarlo come oggetto contundente contro alcuni nemici, come piattaforma ausiliaria per un salto più lungo ma soprattutto per la sua abilità di captura; una volta lanciato il cappello in testa a certi nemici sarà possibile infatti controllarli espandendo le nostre abilità in una maniera mai vista: potremo vestire i panni di un Fratello Martello e lanciare i martelli, di un Pallottolo Bill o di un dinosauro e distruggere i muri, insomma, ce n’è per tutti i gusti! Le possibilità di captura sono diversissime e molteplici, un elemento che migliora decisamente le meccaniche di un franchise talvolta difficile da innovare e che spesso, per gli sviluppatori, possono rivelarsi una vittoria schiacciate o un’amara sconfitta. Affinata l’abilità coi comandi base, partiremo alla volta delle lune d’energia che serviranno a potenziare la nostra Odyssey, la navicella di Cappy, con la quale viaggeremo attraverso gli altri regni del gioco. Le lune sostituiranno in un certo senso le classiche stelle, e ogni livello ne vedrà un numero ampissimo che solitamente oscilla fra le 50 e le 70, per un totale di oltre 900 lune (in realtà il numero resta indefinito visto che un infinito numero di lune può essere acquistato nei negozi) che garantiranno ovviamente una longevità ampiamente soddisfacente. Finiti gli obiettivi principali di un livello, lo stesso si “aprirà” per garantire al giocatore la raccolta totale delle lune presenti al suo interno: sarà possibile accedere ad aree precedentemente irraggiungibili, incontrare NPC precedentemente nascosti ma soprattutto far apparire Toad Aiutante e Nonno Amiibo. Questi due NPC saranno decisivi per il completamento alcuni livelli, in quanto daranno degli indizi per trovare le lune che non siamo riusciti a trovare durante la nostra prima run nel livello: Toad Aiutante ci darà un indizio per la modica somma di 50 monete d’oro mentre Nonno Amiibo, uno strano robot che somiglia a un Roomba, ci darà gli stessi indizi gratuitamente scansionando un Amiibo, anche se dovremmo aspettare sempre 5 minuti affinché questo compia il suo dovere; tuttavia, scansionando alcuni particolari Amiibo, il robot ci premierà regalandoci dei costumi esclusivi. I veri maestri della ricerca delle lune potranno affidarsi solamente al Chiacchierotto, un pappagallino presente in ogni livello che rivelerà solamente il nome della quest da affrontare per l’ottenimento di una luna ma mai il punto esatto nella mappa, a differenza diToad Aiutante e Nonno Amiibo.

Il level design è probabilmente il migliore mai visto in un titolo di Mario: i regni sono grandi, stimolanti e, come quell’ “Odissey” nel titolo suggerisce, sembrerà veramente di compiere un viaggio intorno al mondo in quanto gli ambienti sono fortemente caratterizzati. Ecosistemi e paesaggi diversi, gente dagli usi e dai costumi differenti in ogni luogo e persino una moneta tipica di colore viola in ogni regno che servirà a comprare nuovi costumi da indossare e souvenir per la nostra navicella esclusivi di quella zona. Ogni livello sembra costruito in maniera tale da costituire un flow costante e naturale, fatto in modo da esplorare e riesplorare il livello più volte senza mai stancarsi e trovando di tanto in tanto qualcosa di nuovo; ottima caratteristica considerando che bisognerà vistare spesso i livelli visto l’alto numero di lune. Un plauso speciale va fatto tuttavia al livello New Donk City, che non solo mette Mario in una fittizia New York fra strade affollate e altissimi grattacieli, ma è in realtà una celebrazione coi fiocchi delle origini della saga di Super Mario; i giocatori più appassionati coglieranno certamente ogni singola citazione presente al suo interno, dall’iconografia del primo Donkey Kong – gioco in cui l’idraulico più famoso al mondo fece la sua prima apparizione – alla presenza di Pauline, la donna di cui Mario era all’inseguimento nel famoso cabinato arcade del 1981. Ad ogni modo, Super Mario Odyssey è una continua sorpresa, sia per ciò che riguarda il lato del platforming puro sia per il senso di scoperta che questo titolo riesce a regalare, e più volte si finisce anche solo per girare a vuoto senza necessariamente soddisfare un vero obbiettivo: giusto correre, saltare, ammirare il paesaggio trovando di tanto in tanto qualche moneta locale o qualche luna inaspettata.

It’s freedom like you never knew

Switch ci sorprende ancora una volta mostrandoci una vastità di livelli molto grandi, texture ben definite e dettagli grafici di tutto rispetto; il level design, come già ribadito, è uno dei migliori mai visti nella saga, e il tutto è accompagnato da una grafica pulitissima e chiara, che coinvolge il giocatore e che rende bene sia in dock che in modalità portatile. Non mancheranno i tuffi di nostalgia nelle sezioni in 2D sullo stile di Super Mario Bros. o elementi come il costume di Super Mario 64 con cui la grafica si rifarà esattamente alle console di quelle generazioni; in espedienti del genere Nintendo è sempre la numero uno, il richiamo nostalgico è sì presente ma mai troppo troppo invasivo, la giusta dose al momento giusto. Lo stile grafico dei titoli di Mario non è mai cambiato nelle linee di fondo, solamente, grazie al nuovo concept del viaggio, gli elementi grafici e gli ambienti hanno un rimando terreno molto forte senza però che manchino i classici elementi della saga, come i nemici classici o alcuni particolari abitanti di qualche strano regno.
Il comparto audio, curato in parte dallo storico Koji Kondo ma in gran parte da Naoto Kubo e Shiho Fujii, è come sempre eccezionale: i brani dei livelli sono sempre composti in maniera magistrale e gli stili musicali vanno dalla classica, all’etnico, al moderno e persino al jazz, come già anticipato nei trailer; Il pezzo Jump Up, Super Star è già entrato persino nella testa dei giocatori che non hanno nemmeno preso in considerazione l’acquisto di questo titolo e vi garantiamo che la stessa qualità con la quale è stato composto il famoso brano del trailer è presente in ogni brano della colonna sonora, che è sicuramente una di quelle che finirete per mettere in autoradio o nella playlist del cellulare!

Il gioco non è ovviamente esente da qualche difetto, nulla che inquini la nostra esperienza di gioco ma certamente degli elementi poco curati e che potevano essere sistemati. Primo fra tutti è forse la modalità due giocatori poco stimolante, mal programmata e che compromette la collaborazione vera e propria fra i giocatori: in pratica dividendo i Joycon fra due giocatori sarà possibile controllare Mario e Cappy individualmente, mettendo uno dei due in condizione di giocare nel vero senso della parola, controllando il personaggio principale, mentre l’altro pensa solo a “sgomberare” la strada dai nemici, senza contare che molti di essi serviranno per la funzione captura e dunque ci sarà ben poco da “sgomberare”; spesso e volentieri, presi dall’euforia, Cappy rimarrà fuori dalla nostra portata e saranno più le volte che ce lo ritroveremo in mezzo ai piedi, facendoci fare dei salti inutili, che le volte in cui sarà veramente d’aiuto; un vero peccato non aver potuto aggiungere una modalità co-op simile a quella vista in Super Mario 3D World. Un altro difetto riguarda i nemici, davvero pochi nei vari livelli, e serviranno principalmente per scopi di captura; c’è poca armonia fra le sezioni di platforming e di combattimento, i nemici veri e propri, a parte i boss, sono veramente pochini e dunque si perde giusto un po’ quella magia tipica della saga anche se qui, in fondo, abbiamo un concept del tutto nuovo.

Parlando di nuove abilità probabilmente una grossa occsione mancata riguarda quelle collegate all’abbigliamento: la varietà offerta dai costumi è veramente ineguagliabile, vestire Mario con i diversi completi che si trovano per i mondi è un sacco divertente, ma è purtroppo un’attività fine a se stessa. I vestiti, anche se sono una vera e propria droga, non conferiscono alcuna abilità particolare a Mario, solamente in alcuni casi lo faranno smettere di tremare (e non succederà nulla se lo lascerete morire di freddo) o lo faranno accedere a dei posti altrimenti inaccessibili; a parte questo nulla, ed è un vero peccato perché sarebbe stato molto bello ottenere qualche abilità in più come resistenza al fuoco, nuoto più veloce, aumento del peso (visto che c’è il costume di Metal Mario direttamente da Super Mario 64)… insomma, si sarebbe potuto sviluppare un intero sistema di power up attorno ai vestiti ma purtroppo nulla è stato fatto. Per carità, il gioco è eccezionale, così come lo è vestire Mario con i diversi costumi ma da questo punto di vista si sarebbe potuto fare di più. Inoltre, anche se stranamente nell’insieme questo difetto conta pochino, le quest per ottenere le lune sono spesso ripetitive e fra livello e livello troveremo sempre le stesse attività da fare per ottenere una luna, specialmente dopo che avremmo attivato i blocchi lunari: atletic tic tac, insegui il coniglio, vai in cerca delle casse luminose, vai in cerca dei pali luminosi, gareggia contro koopa (due volte), sezione in 2D, sezione in 2D nascosta… è vero anche che riempire il livello con 70 e passa quest è comunque difficile però un po’ di più varietà sarebbe stata gradita.

Jump up, don’t be scared

Ad ogni modo Super Mario Odyssey è un gioco spettacolare, stimolante ma soprattutto divertentissimo e immenso. Il divertimento, come è tipico dei giochi di Mario, non finisce alla quest principale; infatti, al completamento della quest, non solo bisognerà andare alla ricerca delle lune rimanenti ma sarà possibile sbloccare ulteriori regni per rendere l’esperienza di gioco ancora più lunga e duratura; inoltre fra poco arriverà il nuovo DLC che porterà gratuitamente ai giocatori la modalità “Caccia al palloncino“, che introdurrà fra l’altro anche il fratello Luigi, e diversi nuovi capi d’abbigliamento. Abbiamo fra le mani un gioco che difficilmente riusciremo a riporre sullo scaffale, uno di quei titoli che, anche se ci promettessimo di giocarci per massimo un’oretta, ci ritroveremmo a giocare per ore, tanto risulta immersivo e coinvolgente il gameplay.
Un’esperienza imperativa per i possessori della console Nintendo, un gioco che da solo vale decisamente l’acquisto di Nintendo Switch e che definisce tutto ciò che rende una macchina e un gioco della grande N semplicemente unico.