Top 5: le migliori uscite di Luglio 2017

L’estate si fa sempre più calda ma i gamer non smettono di giocare, e anche il mese di Luglio ci ha dato titoli degni d’interesse, fra i quali la redazione di Gamecompass ha selezionato i migliori in questa TOP 5:

Al quinto posto abbiamo Shadow Tactics: Blades of the Shogun, tattico stealth in tempo reale ambientato nel Giappone del XVII secolo che unisce ottime dinamiche di team a un curatissimo level design in un gioco ricco di possibilità dal punto di vista strategico, nel quale di squadra non adombra lo spessore dei ninja e samurai che la compongono.

Al quarto posto torna una vecchia conoscenza dell’ambiente indie, Edmund McMillen con il suo The End is Nigh, platform d’avventura dove si controllerà Ash, esserino sopravvissuto alla fine del mondo che guideremo tra varie peripezie, in un titolo zeppo di ritmo e azione che non sembra aver nulla da invidiare ai precendenti The Binding of Isaac e Super Meat Boy anche nella qualità della storia.

Al terzo posto troviamo Final Fantasy XII: The Zodiac Age, remastered del titolo del 2006 che offre al giocatore nuovi sistemi di combattimento e di classi, ulteriori modalità di gioco e un sistema di potenziamento dei singoli personaggi che, uniti a una grafica e un sonoro notevolmente migliorati, rinnovano al meglio un titolo che già più di 10 anni fa aveva offerto un’ottima esperienza di gioco agli appassionati della saga nipponica e non.

E ad aggiudicarsi il secondo posto è Pyre: rpg sviluppato dagli stessi creatori di Bastion e Transistor, Pyre è un’avventura che unisce ottima azione a momenti di strategia valorizzati da un curatissimo e affascinante art style e a una narrazione raffinata che non risparmierà al giocatore intrattenimento e forti emozioni.Ma il vincitore della nostra top è nuovamente un titolo Nintendo: il primo posto del mese di luglio va infatti a Splatoon 2, divertentissimo shooter dalla grafica cartoonesca e accattivante che comprende tantissime modalità di gioco, e con il quale la casa di Kyoto fa un passo avanti nel campo degli esports aggiungendo un titolo di grande livello al catalogo di Switch che sta registrando un ottimo anno d’esordio.

Ed ecco di seguito le classifiche parziali per ogni redattore:Simone Bruno

  1. Shadow Tactics: Blades of the Shogun
  2. The End is Nigh
  3. Splatoon 2
  4. Pyre
  5. Final Fantasy XII

Calogero Fucà

  1. Final Fantasy XII
  2. Splatoon 2
  3. Pyre
  4. The End is Nigh
  5. Shadow Tactics: Blades of the Shogun

Dario Gangi

  1. Splatoon 2
  2. Kirby’s Blowout Blast
  3. Fortnite
  4. Final Fantasy XII
  5. Namco Museum

Vincenzo Greco

  1. Pyre
  2. Lone Echo
  3. Call of Duty: Infinite Warfare – Absolution
  4. Gigantic
  5. Final Fantasy XII

Gero Micciché

  1. Pyre
  2. The End is Nigh
  3. Splatoon
  4. Final Fantasy XII
  5. Shadow Tactics: Blades of the Shogun

Marcello Ribuffo

  1. Final Fantasy XII
  2. Splatoon 2
  3. Pyre
  4. Black the Fall
  5. Call of Duty: Infinite Warfare – Absolution

Alfonso Sollano

  1. Pyre
  2. Final Fantasy XII
  3. Splatoon 2
  4. The End is Nigh
  5. Fortnite

Daniele Spoto

  1. Shadow Tactics: Blades of the Shogun
  2. Splatoon 2
  3. Wild Guns Reloaded
  4. Brain Training Infernale del Dr. Kawashima
  5. Yonder: The Cloud Catcher Chronicles

Gabriele Tinaglia

  1. Splatoon 2
  2. Fortnite
  3. Hey! Pikmin
  4. Gigantic
  5. Neverwinter: Tomb of Annihilation

Vincenzo Zambuto

  1. Final Fantasy XII
  2. Accel World vs. S.A.O.
  3. Miitopia
  4. Yonder: The Cloud Catcher Chronicles
  5. Hey! Pikmin

La classifica finale vede dunque:

  1. Splatoon 2 (33 pt.)
  2. Pyre (23 pt.)
  3. Final Fantasy XII (18 pt.)
  4. The End is Nigh (13 pt.)
  5. Shadow Tactics: Blades of the Shogun (12 pt.)



GameCompass – Summerplay #3

La terza puntata di GameCompass SummerPlay, con le videorecensioni di Perception e Black Desert Online e una top 5 dei migliori film tratti dai videogame e poi news, speciali e chiacchiere in studio con i nostri Gero Micciché, Simone Bruno e Vincenzo Zambuto.




Perception

«Quando si è ciechi si imparano un paio di cose sulla fiducia». Cassie lo sa sin da bambina, e con questa frase ha inizio il rapidissimo racconto che dall’infanzia di Phoenix, Arizona, ci porta al giorno della sua partenza alla volta di Gloucester, nel Massachusetts.
È lì che si trova, infatti, la villa che ricorre nei frequenti incubi che non le danno pace negli ultimi mesi, ed è proprio dal vialetto della fantasmatica e antica magione di Echo Bluff che ha inizio l’avventura della nostra protagonista, animata da un unico, irrefrenabile imperativo: «I need to do this».

«Looking on darkness, which the blind do see»

Cassie varca la soglia della dimora in cui è interamente ambientato Perception impugnando l’unica arma di cui dispone, un bastone con il quale ha imparato fin da piccola a “vedere” il mondo attorno a sé. La sua vista si compone di un tratteggiarsi di linee chiare sullo sfondo di tenebra dei suoi occhi, nel quale le forme si delineano a ogni vergata e a ogni rumore di passi. La nostra protagonista ha imparato fin da piccola a distinguere gli oggetti e gli spazi in relazione al suono prodotto, facendo del proprio bastone un sonar e dell’udito il suo senso principale.
Esploreremo dunque la casa in prima persona «osservando l’oscurità che i ciechi vedono» e cercando di capire la composizione delle stanze in un percorso che ci porterà a ricostruire le storie sepolte tra le mura della casa, che apprenderemo sotto forma di audiolognote e documenti. Ed ecco che qui subentra il secondo strumento a disposizione di Cassie, lo smartphone, grazie al quale riusciremo a conoscere il contenuto di ogni testo trovato in giro.
Da buona figlia del suo (nostro) tempo, Cassie ha infatti a disposizione le app che servono a facilitarle la vita quotidiana, e che diventano fondamentali per poter ricostruire la storia celata nella villa di Echo Buff: il Delphi, app “text-to-speech” per mezzo della quale avremo la lettura di un testo dopo averlo fotografato, e il servizio “Friendly Eyes“, nel quale un operatore verrà in nostro soccorso nei casi in cui per Delphi sia impossibile la lettura, “prestandoci” i suoi occhi e descrivendoci ciò di fronte a cui ci troviamo.

Presenze

«Lottare è sempre stata, più o meno, una forma di cecità»
(José Saramago, Cecità)

Armati di smartphone e bastone vagheremo, dunque, tra stanze e storie che porteranno Cassie alla rivelazione di atroci verità, ma non saremo soli: la casa, in apparenza disabitata, è in realtà infestata da una misteriosa entità chiamata “La Presenza” alla quale il nostro curiosare non piacerà affatto, e dalla quale dovremo fuggire per evitare il game over.
Il gameplay di Perception è sostanzialmente tutto qui: divisa in quattro atti, la trama si dipana in un percorso nel quale andremo avanti per obiettivi e ascolteremo tutti i documenti che ci permetteranno di ricomporre l’intero puzzle della storia mentre stiamo attenti a non farci catturare dalla Presenza.
In assenza di una scelta tra livelli di difficoltà, l’unica selezione possibile all’inizio sarà fra “Chatty Cassie” (“Cassie chiacchierona”) e “Silent Night” (“Notte silenziosa”), modalità, quest’ultima, scremata da molte spiegazioni inerenti il plot, nella quale trovano spazio prettamente le linee di testo utili ad andare avanti nel gioco.
Il consiglio è quello di scegliere senz’altro la prima modalità, sia per non perdersi una storia per molti versi interessante, sia perché molto del resto del titolo lascia a desiderare. Pur prendendo, infatti, le mosse da un concept indubbiamente affascinante e in gran parte originale, Perception mostra i propri evidenti limiti proprio sul piano del gameplay. Il titolo di The Deep End Games è un survival horror in prima persona che richiama lavori come Amnesia e Outlast, con un’impostazione da walking simulator e una ricostruzione a ritroso dei tragici accadimenti degli abitanti della casa che ricorda il recente What Remains of Edith Finch. Pur non raggiungendo lo spessore del titolo di Giant Sparrow, l’impianto narrativo risulta comunque molto godibile, nel pieno rispetto della tradizione del genere; sul piano della giocabilità, invece, quel che penalizza Perception è, da un lato, la presenza di meccaniche ripetitive e poco avvincenti, ma soprattutto, dall’altro, la mancanza di un basamento di vera tensione, la quale va scemando con l’abituarsi ai routinari meccanismi che caratterizzano il gameplay.
Il titolo inizia bene, specie se giocato in cuffia e con la giusta atmosfera: ci si sente isolati, indifesi nell’oscurità e insicuri del fatto di poter sfuggire all’imprevedibilità della Presenza, la quale potrebbe coglierci impreparati in ogni momento e in ogni stanza. Col progredire del gioco si prendono però ben presto le misure e ci si accorge che, in realtà, La Presenza non è poi così presente: si capisce ben presto che è infatti difficile che questa si manifesti (se non in determinati punti del gioco o solo in seguito a una dose massiccia di rumore) e, anche in questo caso, sfuggirle non risulta particolarmente problematico, grazie anche ai numerosi nascondigli piazzati nelle varie stanze. Insomma, alla lunga vengono a mancare livelli di imprevedibilità e di rischio che, in titoli del genere, diventano il sale della sfida (e chi ha giocato a titoli come Clock Tower Haunting Ground questo lo sa bene).
C’è da aggiungere che Cassie possiede un’altra skill, un Sesto Senso che le permette ogni volta di sapere verso quale obiettivo andare, facilitando non poco il nostro compito all’interno della casa e risparmiandoci molta fatica sul piano esplorativo, a meno che non si abbia l’intento di trovare tutti gli audiolog e i documenti utili a ricostruire l’intera storia (approccio, ripeto, caldamente consigliato a chi voglia godere dei contenuti).
Concettualmente l’operazione di Perception potrebbe ricordare Beyond Eyes, adventure game in terza persona nel quale si vestono i panni di una ragazzina immersa in una bianca cecità che ricorda quella di Saramago e che crea attorno a sé un mondo a colori col progredire del gioco, mentre qui l’effetto del bastone di Cassie richiama molto più quello di Scanner Sombre, nel quale si cammina in ambienti totalmente bui nei quali gli oggetti si ergono nei loro contorni tramite uno scanner atto a rilevarli.

Tutti i colori del buio

«La capacità sensoriale del cieco dotato di qualche residuo di vista può essere, di volta in volta, magica e inquietante. Non hai niente davanti, niente alle spalle; ed ecco emergere dalla nebbia un’ombra di forma umana: quanto è incantevole e tremenda! È una visione folle e sacra, l’ininterrotto apparire e scomparire del mondo fisico» (Stephen Kuusisto, Tutti i colori del buio)

A causa di tutti questi accorgimenti, il gioco globalmente non sembra restituirci con efficacia l’esperienza della cecità, la quale sembra a tratti un mero pretesto.
Dobbiamo dunque abbandonarci alla sospensione dell’incredulità e goderci un comparto grafico di certo perfettibile, ma la cui resa è comunque suggestiva, tra onde sonore di radio e giradischi, bambole in movimento, fasci di luce esterna che intuiamo dallo sferzare del vento fino ad alcune scoperte inaspettate in cui incapperemo nel nostro oscuro tour. Sullo schermo nero i contorni si tingono di azzurro, «il colore dello zucchero, delle zebre e delle zanzare», mutuando le parole del cieco protagonista di Almost Blue; ma in realtà i colori cambiano in prossimità della Presenza, tingendo la vista di giallo quando questa si trova nelle vicinanze, gradandosi di arancione intenso e infine di rosso con il suo progressivo avvicinarsi, rappresentando così il livello di tensione di Cassie.
Suono e visione hanno dunque una stretta correlazione ma, se la grafica ci offre dei risultati gradevoli e di una certa suggestione, lo stesso non può dirsi del comparto sonoro che dà del suo meglio in alcuni jumpscare (affidati praticamente solo all’architettura sonora) ma risulta nel complesso poco curato, al punto che la trasposizione visiva del suono diventa più importante del sonoro stesso, il quale dovrebbe essere invece il fondamento dell’intero gameplay, essendo la fonte della vista di Cassie e l’elemento di maggior suspense del titolo. Quel che davvero manca è il bilanciamento tra le parti: perseguendo l’intento di offrire al giocatore una maggior possibilità visiva, si penalizzano tutte le potenzialità che un audio design ben congegnato avrebbe potuto offrire, allontanando il giocatore da un’autentica esperienza di cecità in un contesto orrorifico. Ciò che Perception ha di ammaliante perde il proprio fascino e la propria potenza evocativa dopo circa mezz’ora di gioco, quando la casa comincia a essere percepita come un luogo “da ricostruire” piuttosto che come uno spazio reale da tirar fuori dal fondo pozzo dell’ignoto, sensazione ulteriormente accentuata dalla luminescenza degli obiettivi che possiamo mettere letteralmente in luce ogni volta tramite un sesto senso che trova poca giustificazione.

Percezioni

«Ora che ho perso la vista, ci vedo di più»
(Alfredo in Nuovo Cinema Paradiso)

Sviluppato da una parte di quel team di Irrational Games che ha lavorato su BioShockPerception nasce da un’idea originale e suggestiva che ha permesso allo sviluppatore di raccogliere più di 150.000 dollari su Kickstarter. Il titolo doveva uscire nel giugno del 2016, ha subito un ritardo di quasi un anno e in questi casi si spera che più tempo si traduca in migliori risultati, ma evidentemente non è bastato.
Il gioco mette davvero in atto uno spreco di tanto buon potenziale, considerando che alla base vi è un impianto narrativo ben congegnato, un buon doppiaggio e anche un meccanismo di ecolocalizzazione globalmente ben architettato.
Ma ci si ferma lì: il resto si perde nella routine che porta ciclicamente il giocatore a camminare, toccare, prendere un oggetto, ascoltare un ricordo, attivare il sesto senso, andare avanti e poi ripetere tutto da capo, con qualche intermezzo da brivido offerto dall’avvento della Presenza e qualche piccolo jumpscare. Troppo poco sul piano della suspense, troppo poco in termini di sfida per un survival horror di questo genere, e i contenuti non sono buoni abbastanza da compensare, non raggiungendo questi uno spessore autoriale ed essendo rimaste inespresse anche alcune intuizioni sulle quali sarebbe stato interessante lavorare, come quella di creare un racconto leggendario attorno alla proprietà di Echo Bluff, idea nata e morta nei 5 minuti di un singolo mockumentary che avrebbe potuto invece costituire la base di una serie di storie, creepypasta e leggende urbane sulle quali costruire un’aura di mistero tra finzione e realtà attorno alla villa. Un peccato anche per Cassie, personaggio ben costruito del quale emergono personalità e carattere e che quindi avrebbe meritato un altro sviluppo, mentre qui si limita a quasi a subire il fluire degli eventi e al mero ascolto delle singole storie.
Ad aggravare un quadro retto dunque quasi esclusivamente da una linea narrativa ben curata e da una grafica comunque accattivante sono inoltre i non pochi bug e glitch presenti nel titolo, alcuni dei quali bloccano di fatto l’avanzamento del giocatore, costringendo a ripartire dall’ultimo checkpoint (che per fortuna è quasi sempre abbastanza vicino): nella versione per PS4 che abbiamo giocato, mi sono ritrovato in una stanza dalla quale era impossibile uscire a causa di un dislivello nel pavimento che coinvolgeva tutta la mobilia attorno, insensatamente sollevata da terra (e no, non era un effetto di telecinesi spiritica).
Anche la traduzione italiana sembra essere figlia di una certa fretta e di approssimazione, non solo per l’evidente mancanza di cura della trasposizione nella nostra lingua, ma perché non di rado i sottotitoli italiani si alternano a quelli inglesi o addirittura si ritrovano intere sequenze in cui la voce scorre senza essere accompagnata da alcuna didascalia. Il linguaggio non è così complesso da non essere inteso da chi mastichi un po’ di inglese, ma qualunque backer nostrano che ha contribuito al finanziamento dell’opera avrebbe ragione di arrabbiarsi.
Titolo dedicato «a chi sia stato incompreso, mal giudicato, sottovalutato, a tutti quelli che non sarebbero mai riusciti a far qualcosa» e in parte ispirato a una storia vera accaduta alla fine del XVII secolo, Perception rappresenta una grossa occasione mancata, tradendo ottime premesse dal punto di vista del concept e della storia e rivelandosi un gioco certamente godibile ma globalmente privo di spessore, povero di sfida e mal congegnato dal punto di vista del gameplay, in un genere – quello del survival horror – che offre oggi omologhi ben più degni d’attenzione.




Top 5: le migliori uscite di Giugno 2017

Il mese di Giugno ha visto varie uscite interessanti e, ancora una volta, noi di Gamecompass abbiamo votato i 5 migliori videogame del mese appena trascorso. Ed ecco dunque la nostra TOP 5:

Al quinto posto si registra subito un ex aequo: da un lato abbiamo Morrowind, nuova avventura della serie The Elder Scroll Online che 15 anni dopo ci riporta sull’isola di Vvardenfell, con l’aggiunta di una classe nuova di zecca, il Warden, una nuova mappa esplorabile, un’inedita modalità di gioco PvP e funzionalità che rendono il titolo ancor più avvincente.
Dall’altro abbiamo il ritorno di WipEout, che nella sua Omega Collection recupera il trittico composto da HD, Fury e 2048dai quali trae rispettivamente gli elementi arcade, l’aggressività e la modalità carriera, offrendo straordinari aggiornamenti tecnici per un titolo che darà gioia agli appassionati e farà innamorare i nuovi giocatori.

Il nostro quarto posto è sempre riservato all’alta velocità con DiRT 4, nuovo titolo Codemaster che rende onore alla serie Colin McRae Rally, ormai giunta quasi al ventesimo anno di vita, e che offre svariate modalità di gara e nuove peculiarità di gioco mozzafiato che lo rendono un ottimo racing per deliziare gli amanti delle quattro ruote.

Alla base del podio, si aggiudica il terzo posto Tekken 7: a distanza di 8 anni dal precedente capitolo, l’iconica serie di casa Bandai Namco torna con un titolo che continua la storia della saga dei Mishima e che adesso vede dinamiche di combattimento rinnovate e un roster ampliato con alcuni inserimenti di tutto rispetto.

E, sempre in tema grandi ritorni, si aggiudica il secondo posto Crash Bandicoot: N-sane Trilogy: il nostro marsupiale arancione torna infatti con i primi 3 capitoli della saga rimasterizzati da Vicarious Visions, sviluppatore che ha avuto il grande merito di rimodernare il titolo pur lasciandone intatta la base, lavoro che ha fatto salve le differenze di ogni capitolo in termini di gameplay, dandoci una remastered che raggiunge un grande equilibrio tra innovazione e rispetto delle origini e che ci riporta indietro nel tempo con un risultato visivo di grande modernità.Ma ad aggiudicarsi il primo posto è un titolo che non gioca con il pad: parliamo di Arms, picchiaduro di casa Nintendo lungamente atteso nonché uno dei primi titoli a sfruttare al meglio il sistema dei joy-con, che sta già registrando numerosi riscontri positivi grazie a una varietà di personaggi ben strutturati e un sistema di combattimento divertente e sofisticato che fanno vedere in questa nuova IP molto potenziale anche per futuri titoli basati sulle stesse meccaniche, e chissà che non ci scappi una nuova serie.Ed ecco di seguito le classifiche parziali per ogni redattore:Simone Bruno

  1. Arms
  2. The Elder Scrolls Online: Morrowind
  3. DiRT 4
  4. WipEout Omega Collection
  5. Crash Bandicoot: N-Sane Trilogy

Dario Gangi

  1. Tekken 7
  2. Crash Bandicoot: N-Sane Trilogy
  3. Arms
  4. Micro Machines World Series
  5. Perception

Vincenzo Greco

  1. The Elder Scrolls Online: Morrowind
  2. Tekken 7
  3. DiRT 4
  4. Dead by Daylight
  5. WipEout Omega Collection

Gero Micciché

  1. Arms
  2. WipEout Omega Collection
  3. Crash Bandicoot: N-Sane Trilogy
  4. Dead by Daylight
  5. Perception

Marcello Ribuffo

  1. Tekken 7
  2. DiRT 4
  3. Arms
  4. Crash Bandicoot: N-Sane Trilogy
  5. WipEout Omega Collection

Alfonso Sollano

  1. Crash Bandicoot: N-Sane Trilogy
  2. Arms
  3. DiRT 4
  4. Nex Machina
  5. Tekken 7

Daniele Spoto

  1. Tekken 7
  2. Crash Bandicoot: N-Sane Trilogy
  3. Dead by Daylight
  4. The Elder Scrolls Online: Morrowind
  5. Monument Valley 2

Gabriele Tinaglia

  1. Arms
  2. Dead by Daylight
  3. Tekken 7
  4. Crash Bandicoot: N-Sane Trilogy
  5. The Elder Scrolls Online: Morrowind

Vincenzo Zambuto

  1. DiRT 4
  2. WipEout Omega Collection
  3. Crash Bandicoot: N-Sane Trilogy
  4. God Wars Future Past
  5. Micro Machines World Series

La classifica finale vede dunque:

  1. Arms (25 pt.)
  2. Crash Bandicoot: N-Sane Trilogy (24 pt.)
  3. Tekken 7 (23 pt.)
  4. DiRT 4 (18 pt.)
  5. WipEout Omega Collection – The Elder Scrolls Online: Morrowind (13 pt.) ex aequo