Rockstar Games: tra traguardi stellari e dipendenti scontenti

È ormai un dato di fatto che Red Dead Redemption 2 sia il gioco più acclamato di quest’anno e non solo superando di netto tutti i suoi “coetanei” come Spider-Man, Assassin’s Creed Odyssey e il sempre annuale appuntamento EAFIFA 19, giusto per citare alcuni tra i più recenti. Ha persino raggiunto  il secondo posto tra i giochi più venduti di sempre durante il periodo di lancio, preceduto dal fratello maggiore GTA V, un primato tutto Rockstar Games insomma.
Si può solo lontanamente immaginare quanto lavoro ci sia dietro a titoli dove il free roaming e la cura per i dettagli sono solo alla base e sopratutto, nelle fasi finali dello sviluppo (di solito si parla dell’ultimo anno prima del rilascio), la mole di cose da fare può essere davvero massacrante per un dipendente le cui ore settimanali non sono abbastanza per terminare tutto: ecco che entrano in gioco gli straordinari. Fin qui tutto normale, se non fosse che nessun pagamento extra è stato previsto per chi non avesse un contratto a ore e avesse deciso di rimanere per più tempo in ufficio.

Questa situazione ha creato parecchie reazioni differenti tra i membri dei vari team di sviluppo, molti dei quali hanno voluto raccontare le loro esperienze, spesso discordanti, a Kotaku: chi ha detto di aver considerato l’esperienza di RDR2 ambiziosa e soddisfacente, seppur molto impegnativa; chi invece ha dovuto rinunciare a malincuore a tempo libero, amici e famiglia per portarsi avanti con il lavoro, arrivando a compromettere la propria salute mentale; chi dice di essere passato dalle normali 37 ore settimanali a 60, chi invece a 80; chi è ottimista e spera di ricevere un meritato bonus per le vendite del gioco e chi infine ha deciso di abbandonare tutto. Di contro, Rockstar ha messo in chiaro, tramite Jennifer Kolbeche nessun dipendente è obbligato a prendere parte agli straordinari, sia esso assunto da poco o da molto tempo, e chi decide di non farlo non è in alcun modo screditato o considerato meno lodevole.
Probabilmente in molti vi starete chiedendo il perché di tanto trambusto quando situazioni simili sono all’ordine del giorno in un paese come il nostro, che da altre parti sono “abituati troppo bene”, che “dovrebbero essere grati di avere un lavoro”. Ma tutto ciò non vuol forse dire che in posti come l‘Inghilterra o gli USA il lavoratore è molto più socialmente considerato e tutelato? Facciamoci due domande e chiediamoci se non siamo effettivamente noi quelli in torto, se parlare male della propria situazione lavorativa (quando non è effettivamente buona) sia più da persone deboli che non sanno adattarsi e stare al loro posto o da persone consapevoli di poter meritare di meglio.




Rockstar: gli straordinari non sono obbligatori

Red Dead Redemption è tornato e in poco tempo scopriremo se l’hype generato dall’utenza sarà giustificato dalla qualità del gioco. Ma che prezzo hanno pagato i dipendenti di Rockstar per rispettare le deadline? Varie polemiche si sono susseguite in merito al fatto che Rockstar obbligasse i propri dipendenti a lavorare oltre la quota di ore stabilita dal contratto tra cui quella sollevata dal The Guardian secondo la quale la media ore lavorative settimanali si fossero alzate a inizio anno da circa 46 a circa 50, ammettendo comunque che circa il 20% del suo personale lavorasse in media 60 ore a settimana. Su tale argomento è intervenuto il capo del reparto editoriale di Rockstar Jennifer Kolbe che ha rilasciato alcune dichiarazioni a GamesBeat, facendo trapelare come lo straordinario non è obbligatorio secondo contratto, mettendo un punto alle polemiche sopra citate; chiarisce inoltre che Rockstar ringrazia chi fa gli straordinari e non punisce chi non li fa, puntualizzando che all’interno del team vi sono lavoratori molto apprezzati che non svolgono gli straordinari. In Rockstar pensano che tale discussione sia stata fraintesa ma è servita come lezione: in futuro cureranno di più le loro comunicazioni con i vari team di sviluppo, prendendosi le responsabilità per i casi di poca chiarezza.




Lo squilibrio tra uomo e donna nell’industry videoludica

La disuguaglianza di genere nel mondo del lavoro non è certo una novità e purtroppo l’industria dei videogiochi non fa eccezione. È stato da poco reso noto da Gamesindustry.biz, che ha stilato una serie di grafici che mostrano la situazione lavorativa delle donne in alcune delle software house più importanti presenti nel Regno Unito come EA, Rockstar, Namco, King, Sumo Digital e molte altre.
Secondo i dati, in media in UK un uomo guadagna il 9,7% in più di una donna, tasso che raggiunge il 17,85% nel mondo dei videogiochi.

Da questo punto di vista, il podio è occupato da Sumo Digital, Rockstar e Codemasters, raggiungendo rispettivamente 34,5%, 31,8% e 27,9% e superando anche più del triplo la media nazionale. La situazione si capovolge con PlayNation (5,9%), Namco e Game, che sono le uniche aziende a pagare in modo equo indipendentemente dal sesso. Un caso sicuramente unico è quello di Inspired Gaming, che retribuisce le donne l’1% in più rispetto alla controparte.

Parliamo ora dei quartili: in media nelle aziende del Regno Unito solo il 38,9% delle lavoratrici rientra in quello principale, nel nostro campo si scende addirittura al 13,9%, il che dimostra quanto il “sesso debole” sia sottorappresentato.

Normalmente, il quartile più basso è composto per il 46,4% da uomini e per il 53,5% da donne contro il 72,7% e 27,3% dell’industry videoludica; nel medio-basso la presenza maschile e femminile è rispettivamente del 50,6% e 49.3% paragonata con una percentuale pari a  77,8% e  22,1%. Nel quartile medio-alto invece la differenza è ancor più marcata: se generalmente vi è quasi una parità tra uomo e donna (54% e 45%), nel mondo dei giochi c’è praticamente un abisso che li divide (83% e 16,9%).

La compagnia dove è presente il maggior numero di donne nei quartili più alti è King, seguita da Namco, EA e Microsoft. Per la seconda volta invece, Sumo Digital risulta la peggiore, avendo in ognuno dei suoi quartili non più del 2,5% composto da donne.

Per quanto concerne la presenza di individui di sesso femminile nel quartile più basso, la situazione sembra essere leggermente migliore: infatti sia King che Namco superano sia la media del loro settore (oltrepassata da altre sei compagnie) che quella nazionale, raggiungendo un buon 55%.

I guadagni bonus ricoprono un ruolo importante nella “videogames industry“, essendo molto più facile riceverne in questo settore piuttosto che in altri, ma nonostante ciò le lavoratrici non sono quasi mai messe in pari. Infatti, nonostante buona parte delle software house prese in esame superi di gran lunga la media nazionale  dei guadagni bonus, solo in tre di queste (Sumo Digital, Microsoft e Gaming Technology) sono ottenuti in numero maggiore da donne.

L’ultima statistica su cui Gamesindustry si è concentrata riguarda il quanto guadagni in bonus una donna per ogni sterlina ricavata da un uomo.

Mediamente la paga per ogni sterlina è di 66 centesimi, terribilmente abbassati da Rockstar, che ne paga solo 16. Fortunatamente non sono pochissime le compagnie che superano la media, come Gamesys e Microsoft che sfiorano le 0,90 sterline.
Sembra proprio che la strada verso l’uguaglianza di stipendio tra i due sessi sia ancora lunga, e il fatto che la presenza femminile nel mondo del lavoro videoludico sia molto bassa non aiuta quelle aziende che cercano come possono di valorizzarla.