Top 5: i Migliori Giochi di Maggio 2019

Nonostante il periodo estivo sia alle porte, il bel tempo non si è ancora deciso ad arrivare in pianta stabile e cieli minacciosi hanno turbato le nostre giornate: così non è per quanto riguarda il mondo dei videogiochi che, tra sorprese e delusioni, non manca di entusiasmare. Andiamo quindi a vedere quali sono stati i migliori giochi di questo uggioso maggio.

#5 Shakedown Hawaii

Da Vblank Entertainment, autori del divertente Retro City Rampage, arriva Shakedown: Hawaii, titolo che, come il precedente, si rifà al primo capitolo di GTA. Qui non avremo più citazioni provenienti da Ritorno al Futuro, ma impersoneremo un anziano CEO di un’azienda sull’orlo del fallimento a causa della saturazione del mercato tecnologico: starà al figlio cercare di salvare la compagnia… usando soprattutto mezzi illeciti!
Il titolo convince per art-style, ispirato alla grafica 16 bit e per la modalità campagna, colma di umorismo becero e violenza a mai finire. Divertono anche le sfide e il free roaming, dove saremo liberi di seminare morte e distruzione a ogni angolo. Shakedown: Hawaii è un titolo da non sottovalutare e che potrebbe regalare ore di divertimento sfrenato e sboccato, come da attitudine.

#4 Dauntless

Un cataclisma ha distrutto il mondo, liberando dei mostri famelici chiamati Behemoth, capaci di decimare la popolazione: toccherà ai cacciatori porre fine a questa battaglia. Questo è l’incipit di Dauntless, action RPG free to play disponibile su PC, PS4 e Xbox One: il titolo si ispira a Monster Hunter, arrivando quasi a sfiorarne il plagio, ma rispetto al titolo Capcom, l’opera prima di Phoenix Labs si distingue per uno stile personale che ben si sposa al mondo di gioco. Affrontare i Behemoth è una sfida ardua e la collaborazione con i nostri compagni di caccia risulterà importante, se non fondamentale. Dauntless è un titolo da non sottovalutare vista la sua natura free to play, essendo ben bilanciato anche nelle microtransazioni; inoltre, essendo cross-platform (al momento solamente tra PC e Xbox One) può regalare ore di divertimento sia in singolo che in compagnia, soprattutto a chi cerca un’alternativa gratuita a Monster Hunter.

#3 Rage 2

In un mondo selvaggio dominato dall’Autorità, fazione senza freni inibitori capace di sterminare l’unico bagliore di resistenza rimasto, starà a noi riuscire a ricostruire tutto da zero, creando alleanze potenti atte a vendicare la nostra fazione. Su questa base poggia Rage 2, seguito dell’FPS di ID Software uscito ben otto anni fa, che questa volta si avvale della collaborazione di Avalanche Studio e di Bethesda.
Il titolo fa sfoggio di un’estetica a metà tra Mad Max e Dune, racchiudendo un lore interessante e ben illustrato nelle differenze tra le varie fazioni. Convince anche il gunplay dove, tutta l’esperienza della software house fondata da Carmack e Romero, viene fuori con un feeling davvero invidiabile. Purtroppo il titolo incespica in due fattori fondamentali come la struttura dell’open world, molto vasto ma anche parecchio vuoto, e la campagna principale della durata di sole otto ore, davvero breve per un titolo di questa caratura. Nonostante tutto, Rage 2 sfoggia un carisma e una struttura di tutto rispetto, sperando che i prossimi DLC in arrivo riescano a tirare fuori un potenziale non interamente espresso.

#2 Assetto Corsa: Competizione

Dopo aver sopreso e sbalordito gli appassionati delle simulazioni di guida, l’italiana Kunos Simulazioni torna alla ribalta con Assetto Corsa Competizione: messo da parte il format generalista del precedente capitolo, il team con sede a Formello, ha deciso di puntare tutto sul Blancpain GT 2019 e su una maggiore importanza alla simulazione dura e pura, grazie anche al supporto dell’Unreal Engine 4, capace di risaltare ancora di più il motore fisico usato in passato. Non vi sono solamente migliorie tecniche, ma anche nel gameplay, visto che è stato migliorato il supporto ai joypad, permettendo così di esser goduto anche da chi non è avvezzo alle simulazioni e chi non è in possesso di volante e pedaliera.
Kunos Simulazioni ha intrapreso la più difficile delle strade, essendo Assetto Corsa Competizione un titolo più specialistico e meno indicato verso il pubblico generalista, riuscendo comunque a offrire una simulazione automobilistica meritevole di esser nominata regina del genere.

#1 A Plague Tale: Innocence

Francia, 1348: la Guerra dei Cent’anni è alle prime fasi, mentre i ratti portatori della peste nera stanno decimando gran parte della popolazione europea. In tutto questo, Amicia e Hugo De Rune, giovani ereditieri di una ricca famiglia, vedranno le proprie vite assumere una svolta pericolosa, a causa dell’inquisizione cattolica alla ricerca del giovane ragazzo. Così inizia A Plague Tale: Innocence, action-adventure in terza persona che segnala anche l’entrata diretta nel mondo videoludico di Asobo Studio.
Il titolo si ispira fortemente a due capisaldi del genere come The Last of Us e soprattutto Brothers: A Tale of Two Sons. Controlleremo principalmente Amicia, che dedicherà la sua vita a proteggere il fratellino dai pericoli di una delle ere più cupe della storia umana. Il titolo brilla per una narrazione di qualità, che ben racconta lo sviluppo dei personaggi e la pericolosità dei cattivi, ma anche per un gameplay vario e completo, capace di passare da fasi puramente stealth, a sezioni di puzzle solving, quest’ultime uno dei punti di forza del titolo d’Oltralpe. Nonostante qualche lieve incertezza tecnica, A Plague Tale: Innocence convince per la varietà del gameplay e per l’atmosfera lugubre che ben restituisce i cupi tempi medioevali, risultando una sorpresa ben gradita nel panorama ludico attuale.




Il futuro è arrivato da Google. Ma siamo pronti?

Per troppi anni siamo stati abituati al duopolio Sony-Microsoft, con Nintendo a fare da outsider. Ma tutto questo, nel corso degli anni, ha portato quasi a una standardizzazione dell’hardware, ma anche del software, dove si fa veramente fatica a trovare titoli in grado di fare un reale salto di qualità. In questo mondo semi-stantio tante sono state le voci di nuove pretendenti al trono di migliore console in commercio, a cominciare da Amazon, Apple sino a Google e proprio quest’ultima, dopo una serie di roboanti rumor, è finalmente tra noi.
Google Stadia è il nome del nuovo sistema, la materializzazione di un futuro già preventivato ma forse distante per essere realmente immaginato. Si dice spesso che la tecnologia avanzi più velocemente di quanto l’uomo riesca a padroneggiarla e anche nel mondo del gaming sembra essere arrivato il momento. Google Stadia è pronta. Ma noi?

Qui studio a voi Stadia

Tutti aspettavamo con trepidazione la conferenza Google alla GDC di quest’anno. Troppo importante era l’ingresso in campo di un quarto competitor e già le supposizioni, gli entusiasmi e le preoccupazioni fioccavano come i tweet di Wanda Nara. La nuova console Google avrebbe fatto la fine di Sega? Porterà qualcosa di nuovo? Se alla prima domanda non possiamo ancora rispondere, possiamo già dar forma al secondo quesito: sì, Stadia è qualcosa di nuovo; forse troppo.
Ovviamente il tutto non poteva che essere presentato da Sundar Pichai (amministratore delegato Google), che con molto entusiasmo ha presentato al pubblico il nuovo progetto, in cui la parola accessibilità ne è chiave di volta.

Tutti sapevamo che il futuro del gaming sarebbe stato nel Cloud e che PlayStation 5 e l’eventuale Xbox Two, sarebbero state le ultime console fisiche. Google è stata furba: come entrare in un settore così omologato, attraendo una clientela sin troppo abituata al solito trio? Semplice: anticipare di anni la concorrenza, perché quello mostrato da Google sembra a tratti fantascienza già alla portata di tutti. Il videogioco dunque non passa più attraverso tediose attese, tra download e aggiornamenti; non è più relegato a un singolo sistema ma soprattutto, cade la barriera tra videogiocatore e spettatore.
Google Stadia può essere infatti utilizzabile attraverso qualunque dispositivo dotato di Google Chrome, dalle SmartTV agli Smartphone, dai PC ai tablet e così via con un tempo d’ingresso in partita di massimo cinque secondi, senza alcun download o caricamento di sorta. Il pad progettato dalla casa californiana segue a ruota la filosofia del nuovo servizio, connettendosi via Wi-Fi direttamente alla sessione in corso e con accesso immediato a Google Assistant, in grado di fornire indicazioni al giocatore, mostrando direttamente su YouTube il frangente di gioco interessato.
Tutto questo è possibile attraverso un ecosistema di macchine ognuna delle quali dotate di chip AMD in grado di raggiungere i 10.7 Teraflops (una cifra standard per le console di nuova generazione); ne consegue che lo streaming potrà essere sfruttato in 4K HDR 60FPS su qualunque dispositivo e situazione, con possibilità nel breve futuro di arrivare all’8K.

Tutto questo ben di dio non interessa fortunatamente soltanto la partita singola: il multiplayer, attraverso il cross-platform, è anch’esso al centro del progetto, aumentando a dismisura il coinvolgimento, la partecipazione e l’interazione tra gli utenti. Pur giocando in multiplayer online non si perderà qualità, permettendo dunque a tutti gli utenti in partita di godere al massimo del titolo con cui si sta giocando. Entrano in scena nuovi modi di interazione tra gli utenti, tra cui lo State Share, che permetterà ai giocatori di condividere o interagire con determinati segmenti di gioco, sfruttabile ad esempio per confrontare punteggi o sfidarsi su un singolo elemento del gioco. Crowd Play invece, consentirà a qualunque giocatore di entrare istantaneamente in partita o in una lobby multiplayer, anche attraverso un video su YouTube. Tutto questo fa immediatamente pensare ai Content Creator, con i quali Google ha collaborato a stretto contatto: l’interazione tra essi e il pubblico, in questo caso, aumenterà a dismisura.
Google è dunque pronta a entrare a “gamba tesa” nel mercato, supportato già da molte aziende e software house come Ubisoft e Id Software, presente in conferenza con Doom Eternal, ma supportato anche da Jade Raymond il nuovo capo di Stadia Games and Entertainment, dedicato allo sviluppo di prime parti e alla collaborazione con altri publisher.

E adesso?

L’arrivo di questo servizio, come detto, ha un po’ cambiato le carte in tavola. Sony e Microsoft sono probabilmente nell’ultima fase di sviluppo delle loro nuove console, ma come si approcceranno al nuovo concorrente, così diverso e così allettante? Il prossimo E3 potrebbe riservare molte sorprese ed è un peccato a questo punto l’assenza del colosso giapponese.
Google Stadia è dunque rivoluzionario, quasi sin troppo bello per essere vero; ma qualche perplessità permane. Prima di tutto, riusciranno le connessioni internet (si parla di 25Mbit per il 1080p 60FPS e 30Mbit per il 4K) meno performanti a gestire questo servizio? Una volta connessi centinaia di migliaia di utenti in contemporanea, il sistema reggerà? E poi l’elemento più importante, i costi; funzionerà attraverso un abbonamento stile Netflix o si dovrà possedere il singolo gioco? Queste domande avranno probabilmente risposta a Giugno in quel di Los Angeles, ma per un attimo, andiamo oltre.
La produzione e l’acquisto di nuovo hardware per l’utente potrebbe aver perso qualunque significato: rimanendo nel settore gaming, perché comprare una 2080Ti quando basta accedere a un servizio per giocare a 4k HDR e 60fps al secondo? Questo discorso vale indubbiamente anche per le console che sì, possono puntare su esclusive software (vedi Death Stranding o Halo Infinity), ma di fronte a tutto questo, valgono l’acquisto di una console e tutto ciò che ne consegue? La risposta non è così scontata e starà a Google e la poderosa campagna marketing che seguirà a mostrarci le reali potenzialità di Stadia.
Anche la distribuzione di giochi, a partire dalle beta e le demo potrebbe cambiare drasticamente, permettendo agli utenti un facile accesso, evitando download e attese che ormai sembrano far parte del medioevo. E la “Console War”? Anche questa finirebbe tra i libri di storia, nella sezione futilità.

E noi? Così come non siamo pronti ad auto a guida autonoma o a salire su aerei senza pilota, siamo già pronti a giocare senza console? I servizi cloud di Sony e Microsoft sembrerebbero portarci verso una risposta positiva, ma si tratta comunque di servizi che rispondo alla “naturale evoluzione” di quello che il gaming sta diventando. Google Stadia sembra andare oltre il prossimo step, con la sensazione che le vere potenzialità di questo servizio siano ancora segrete, delle cartucce da sparare direttamente contro Sony, Nintendo e Microsoft sul loro campo di battaglia, l’E3 di Los Angeles che, a questo punto, potrebbe oscillare tra una Waterloo o una Hastings.




Bethesda annuncia Rage 2

Come promesso, Bethesda ha rilasciato il primo trailer ufficiale di RAGE 2. I giocatori si potranno tuffare a capofitto in un mondo distopico privo di società, legge e ordine con la possibilità di andare ovunque, sparare a qualsiasi cosa e far esplodere tutto. Il gioco riunisce due studi di produzione come Avalanche Studios e id Software, che stanno lavorando insieme per questo progetto. Per quanto riguarda la storia e le informazioni del gioco, Bethesda ha rilasciato un comunicato.

Trama:

Un asteroide ha annientato l’80% della popolazione terrestre, portando il genere umano sull’orlo dell’estinzione. Bande spietate e assetate di sangue impazzano per le strade e la tirannica Autorità governa con il pugno di ferro. Voi siete Walker, l’ultimo Ranger della Zona devastata e una minaccia al loro potere. Siete stati privati della vostra casa e abbandonati in fin di vita. Dovrete combattere per ottenere giustizia e libertà. Attraversate la crudele Zona devastata tra deliranti battaglie con veicoli e caotici combattimenti in prima persona, affrontando sadiche bande per trovare gli strumenti e le tecnologie necessarie a sfidare l’Autorità e porre fine al suo regime oppressivo una volta per tutte.

Caratteristiche principali:

Benvenuti a sparatuttolandia

L’esperienza di id Software con gli sparatutto e la maestria di Avalanche Studios con i mondi aperti si fondono alla perfezione per creare RAGE 2. È più di uno sparatutto e più di un gioco a mondo aperto… è sparatuttolandia.

La zona devastata vi attende

Attraversate innumerevoli ambienti sconfinati, da giungle lussureggianti e paludi infide a deserti arsi dal sole nella vostra battaglia contro l’Autorità. La Zona devastata è immensa e avrete l’arsenale giusto per conquistare ogni centimetro.

A tutto gas

Dai monster truck ai girocotteri, usate un assortimento di solidi veicoli adatti alla Zona devastata per viaggiare a tutto gas. Se esiste, potete guidarlo.

L’ultimo ranger

Fate a pezzi i nemici usando una serie di armi modificabili, devastanti poteri a nanotriti e il Sovraccarico, che vi permetterà di potenziare le vostre armi oltre i loro limiti tecnici.

Fazioni e nemici

Affrontate fazioni spietate per il controllo della Zona devastata, ognuna con il suo assortimento di pazzoidi, mutanti e mostri assetati di sangue.




Wargames: l’uso militare dei videogame

«Le tecnologie che hanno dato forma alla nostra cultura sono sempre state sviluppate dalla guerra». Così scrive Ed Halter in From Sun Tzu to Xbox per spiegare come negli anni ’50 i primi super computer venivano utilizzati per i calcoli dei dati balistici per il lancio dei missili. Questi, prima dell’avvento dei computer, venivano fatti a mano e sembra abbastanza assurdo come una cosa così utile come un computer, sognato per ere ed ere dagli uomini, possa essere usato per generare conflitti. L’esercito americano contribuì ancora alla creazione dell’Electronic Numerical Integrator and Computer (ENIAC) che servì per gestire i calcoli per la detonazione della bomba ad idrogeno ma ancora i computer e l’elettronica in generale non erano ancora a disposizione di tutti. Negli anni ’70, ma più concretamente negli anni ’80, ci fu il boom delle arcade e l’arrivo dell’Atari 2600 nelle case degli americani. L’elettronica, anche se per scopi ludici, cominciava a essere alla portata di tutti e l’esercito, alla ricerca di nuovi metodi di addestramento e reclutamento, cominciò a cercare in questi software un qualcosa da poter sfruttare a loro vantaggio. Nel 1980 Battlezone di Atari uscì nelle sale giochi: diversamente dal tema sci-fi già visto in Space Invaders o in Galaxian, quest’ultimo più un simulatore che ci metteva alla guida di un carro armato. L’ambiente circostante era reso in 3D grazie ad un particolare uso della grafica vettoriale, molto innovativo per i tempi, e il tutto era visibile solamente attraverso il periscopio presente nel cabinato, il che rendeva l’immersione ancora più realistica. L’esercito americano ci vide bene e allora decise di trasformare il popolare cabinato in uno strumento di addestramento per le reclute; il simulatore di battaglia su carro armato fu trasformato in The Bradley Trainer, una versione rivisitata del popolare cabinato con dei controlli più realistici e più complessi, adatti dunque alla simulazione di battaglia, dei cambiamenti nel gameplay quali l’aggiunta di alcuni bersagli ed una rotazione più realistica attraverso un volante. The Bradley Trainer non fu mai rilasciato al pubblico e si dice siano esistiti solamente due esemplari di questo gioco: uno è andato perduto, l’altro è oggi parte della collezione privata di Scott Evans che, racconta, lo trovò fra i rifiuti nel retro della Midway Games.

Nel 1993, con la fine della guerra del Golfo, il governo americano fece dei drastici tagli al budget dell’esercito: i Marine temevano di perdere le risorse necessarie per allenare le proprie reclute. L’esercito vide in Doom, il popolarissimo first person shooter della ID Software che impazzava fra i giovani, una possibilità per simulare il combattimento e offrire un campo virtuale sulla quale esercitarsi; George Romero, creatore di Doom, aveva rivelato inoltre in un’intervista che i giocatori, qualora fossero stati in possesso delle abilità necessarie, erano liberi di modificare il gioco a loro piacimento. La Marine Corps Modeling and Simulation Management Office (MCMSMO) chiese e ottenne una copia commerciale di Doom e da lì sviluppò la mod che finì col diventare Marine Doom. In termini grafici la mod non era molto diversa dall’originale ma il centro del gioco stava nella collaborazione fra i giocatori, collegati in lan nella stessa stanza, e dunque nel raggiungimento dell’obbiettivo comune, come l’irruzione in un forte nemico o il salvataggio di degli ostaggi in un ambasciata straniera. La collaborazione era imperativa: infatti, prima di cominciare una missione, era importante stabilire chi fosse il caposquadra, i fucilieri e il mitragliere; in questo modo non si insegnavano solamente le tattiche e la cooperazione durante la battaglia ma anche come agire in base al proprio ruolo all’interno della squadra. La mod fu installata in ogni computer dei Marine in modo da estendere l’addestramento al di fuori dal campo di battaglia ma anche per svagare durante le ore libere; Marine Doom, anche se non fu usato come mezzo di reclutamento e propaganda, fu un ottimo mezzo per l’addestramento bellico e una mod ben riuscita tanto che, in seguito, questa fu adattata per Doom 2 e rilasciata al pubblico per l’aggiornamento 1.9.

L’attacco alle Twin Towers del 2001, una delle tragedie umane che più scossero il mondo, portò l’esercito americano a una nuova corsa alle armi e una nuova campagna di reclutamento. Poco dopo l’attacco, l’esercito cominciò una nuova campagna per il reclutamento nelle forze armate americane ma non sembrava andare benissimo. Le nuove campagne erano invasive e i giovani non volevano essere per niente risucchiati al loro interno. L’esercito a quel punto, per promuovere la vita all’interno dell’esercito produsse America’s Army: questo videogioco fu rilasciato gratuitamente il 4 Luglio 2002, anniversario dell’indipendenza americana, sia come download su internet sia come copia fisica (bastava andare in un centro di reclutamento nelle proprie città per ottenere il disco gratuitamente) e ben presto si costruì attorno una larga fanbase. America’s Army non era infatti il solito gioco sparatutto in cui i giocatori si incontravano e si giocava squadra contro squadra senza degli schemi ben precisi: in questo titolo, prima di potersi gettare nella mischia, era necessario seguire il campo di addestramento per ottenere le basi del combattimento per far sì di non girare a vuoto sulla mappa ed essere sempre d’aiuto ai propri compagni. Finito l’addestramento base era ancora necessario seguire dei corsi specifici per ottenere una specializzazione nel campo di battaglia, delle vere e proprie lezioni senza le quali non si poteva scendere in campo: i giocatori potevano specializzarsi nell’uso di delle armi specifiche, come i fucili d’assalto, le mitragliatrici o i fucili di precisione, oppure potevano specializzarsi nelle tecniche di primo soccorso ed essere comunque un pilastro portante della squadra. Così come in Marine Doom, era importantissimo capire i ruoli nel campo di battaglia e realizzare che ogni elemento è indispensabile per la squadra. Inoltre, differentemente dagli altri titoli FPS, l’obiettivo principale della missione che non era sempre l’eliminazione della squadra avversaria ma anche altri come il salvataggio degli ostaggi o la liberazione di dei civili o l’espugnazione di un forte nemico, anche ottenendo più punti facendo meno vittime possibili. I giocatori negli FPS spesso, specialmente in mancanza di comunicazione, sono dei cani sciolti e così come si gioca senza tattica si gioca anche senza conseguenze; durante un momento difficile, come quando si sta per perdere, i giocatori perdono la pazienza e tal volte, i più sciocchi, fanno vittime anche all’interno della propria squadra. Anche se non si muore effettivamente nel gioco, America’s Army punisce il giocatore di fronte l’ammutinamento o in presenza di comportamenti poco ortodossi: è possibile finire in carcere, che risponderebbe alla sospensione temporanea dell’account, o persino la cancellazione se questi comportamenti sono ripetuti più e più volte. America’s Army è stato accolto positivamente da critica e giocatori tanto che la serie dura a tutt’oggi; l’ultimo titolo della saga è America’s Army: Proving Grounds uscito originariamente su PC e da poco arrivato anche su PS4, confermando così l’amore dei fan verso questa serie videoludica spesso sottovalutata. Tuttavia non mancano le critiche da parte di gente contraria a mettere giovani sotto i 18 anni di fronte a uno strumento di reclutamento come America’s Army, teorici dei media e persino il gruppo dei veterani per la pace che non solo vedono l’esercito americano “arrivato alla frutta” in quanto propaganda bellica ma anche di come questo titolo fallisca ad evidenziare cosa sia veramente importante all’interno di un esercito; per quanto le armi possano essere affascinanti e il combattimento, dietro uno schermo, divertente ci si dimentica che un esercito debba portare l’ordine e la pace ed un videogioco, seppur senza conseguenze, ha sempre come fulcro la competizione fra i giocatori.

Con America’s Army l’esercito poteva vantarsi di preparare i giocatori per il campo di battaglia e la vita militare ma lo stesso non si poteva dire per alcune situazioni: l’esercito, così come i veterani per la pace ci ricordano, dev’essere un corpo che deve portare ordine e sempre pronto a servire il più debole ed ascoltare i civili. Con l’arrivo della guerra in Iraq i soldati dovevano essere pronti a trattare con i civili in quanto le differenze culturali sono parecchie e bisognava dare un’immagine del esercito più positiva possibile. Gli eserciti non sono estranei a queste prassi: sin dalla seconda guerra mondiale, l’esercito ha sempre messo su dei brevi corsi intensivi per la lingua e lezioni di cultura e di comportamentismo per mettere i soldati in condizione di comunicare con i civili o mandare segnali di soccorso. Cambiano i mezzi ma non la sostanza: Tactical Iraqi, incluso nella piattaforma per militari DARWARS, includeva delle lezioni di lingua araba (con le sfumature irachene) utili per i soldati e, una volta finiti i corsi, si potevano mettere in atto non solo le capacità linguistiche ma anche i comportamenti da adottare in presenza di civili e dunque rendere la comunicazione più rispettosa e pacifica possibile. Si veniva messi difronte a diverse situazioni in 3D, conversazioni con gente di tutte l’età ed estrazione sociale e perciò bisognava comportarsi di conseguenza: ad esempio, in presenza di adulti bisognava sempre togliersi occhiali e cappello prima di parlare (non farlo sarebbe stato poco rispettoso) e mai fare il gesto del pollice in su, in Medio-Oriente considerato un segno di mancanza di rispetto e maleducazione. Con i più piccoli era invece necessario abbassarsi e ci si poteva permettersi giusto un po’ più scherzosi, e così via.

Gli Stati Uniti non furono gli unici a utilizzare i videogiochi come mezzo di propaganda: in Siria infatti è stato sviluppato Under Siege, un titolo ambientato nella seconda intifada e in cui si può combattere a fianco dell’esercito della liberazione palestinese e dunque contro le forze armate israelite. Similarmente, in Iran è stato sviluppato Special Operation 85, dove si vestono i panni dell’agente segreto Bahram Nasseri per liberare due ingegneri nucleari imprigionati in Israele. Caso invece molto simile ad America’s Army è invece Glorious Mission, titolo che promuove la vita e l’arruolamento nell’esercito della liberazione popolare cinese. Quest’ultimo titolo può vantarsi di avere una vastissima utenza di 300 milioni di giocatori, un numero che surclassa i 13 milioni di America’s Army, e che, come la controparte americana, ha generato altre controversie. Secondo i media russi i nemici presenti nel gioco somigliano molto a dei soldati americani; di tutta risposta un rappresentante del Ministero della Difesa cinese ha risposto che lo sviluppo del gioco non è una propaganda di odio verso nessun paese e che i media dovrebbero astenersi da ogni qualsiasi assurda speculazione.

Il mercato è pieno di titoli di combattimento simulato. A detta di alcuni veterani dell’Iraq, Call of Duty: Black Ops 2 e Modern Warfare sono i giochi che meglio restituiscono l’esperienza della guerriglia in quanto, nelle battaglie, è possibile attuare sia degli approcci sia furtivi che approcci di impatto; gli stessi istruttori consigliano di giocare a questi titoli per estendere l’addestramento e provare nuove tattiche di battaglia. Tuttavia, sempre a detta degli stessi veterani, può dubitarsi dell’efficacia di questi come mezzi di reclutamento in quanto i giocatori non saranno mai veramente preparati per i traumi della guerra: l’istinto di sopravvivenza, la violenza o perdere i propri compagni sono cose che non si imparano di fronte ad un computer. Inoltre non ci sono mai delle vere conseguenze a delle azioni sbagliate: sparare ad un civile, fallire una missione non comporta nessun problema se non perdere punteggio nella graduatoria del gioco. Un soldato, riguardo agli FPS, pare abbia detto: «Nei videogiochi, quando perdi un avatar ricominci. Nella vita reale, quando qualcuno muore l’hai perso per sempre. Da sopravvissuto lo devi seppellire, e dopo devi anche chiamare sua moglie.». Questi meccanismi logorano non solo i familiari delle vittime nei combattimenti a fuoco ma chi sopravvive dovrà fare i conti con queste esperienze per sempre.

La realtà virtuale arriva in soccorso persino per risolvere questi problemi: SimCoach ci mette di fronte a un avatar 3D che aiuterà a superare lo stress post traumatico e la depressione solita nei veterani di ritorno a casa; il programma si pone come un luogo sicuro, un posto dove si può parlare in totale tranquillità dei propri problemi una volta tornati a casa. SimCoach offre all’utente delle risposte basate sulle esperienze di altri veterani e familiari che hanno vissuto e sopportato queste terribili esperienze e, digitando in un corretto inglese, il coach potrà aiutarci a superare i nostri problemi personali e sociali. Software come questo ci ricordano che è molto meglio impugnare i controller che le armi vere e proprie e che se proprio si vuol far la guerra è meglio farla dal divano di casa nostra.




Doom arriva su Nintendo Switch

Id Software  ha appena annunciato che la versione Switch di Doom arriverà nei negozi americani il 10 Novembre. Nintendo aveva già dichiarato che il titolo sarebbe stato accompagnato da un’altra importante IP  degli stessi sviluppatori: Wolfenstein 2.
Doom  su Nintendo Switch godrà della campagna single-player completa e di tutti i livelli di difficoltà inclusa la ultra-nightmare; i giocatori potranno inoltre scegliere di giocare in modalità arcade e in multiplayer con il death match a squadre e la classica modalità capture flag. Infine il titolo sarà corredato da 18 mappe  e tutti i contenuti DLC finora rilasciati.




Wolfenstein 2: The New Colossus avrà un frame rate sbloccato su PC

Wolfenstein 2: The New Colossus sembra essere uno dei migliori titoli in uscita quest’anno e sembra anche che non possa deludere i giocatori sul fronte tecnico. Ma d’altro canto, parlando in un’intervista a GameSpot, il direttore creativo di MachineGames Jens Matthies ha confermato che il gioco avrà miglioramenti su PS4 Pro e Xbox One X (finora solo i miglioramenti di Xbox One X sono stati confermati), prima di aggiungere che avrà anche un frame rate sbloccato su PC, una delle caratteristiche che garantiscono l’attenzione particolare riposta in questa versione dagli sviluppatori: «Abbiamo inserito un frame rate sbloccato», ha spiegato Matthies, aggiungendo «Siamo grandi giocatori PC e penso che tutti i titoli id Software abbiano all’interno un forte DNA PC, dunque è molto importante per noi assicurarci che la versione PC del gioco sia solida almeno quanto le versioni console». Wolfenstein 2: The New Colossus uscirà su PS4, Xbox One e PC il 27 ottobre con una versione di Nintendo Switch datata per l’anno prossimo.