Travis Strikes Again: No More Heroes

“Non ci sono più gli eroi di una volta”, cantavano gli Stranglers nell’ormai lontano 1977, quegli stessi eroi che hanno ispirato intere generazioni e alimentato fantasiose leggende tramandate di padre in figlio fino a diventare parte e sostanza di una storia alternativa forse più accessibile, ma non per questo priva di una profonda rete di significati e simboli che per certi versi risultano più tangibili di qualsiasi altra entità materiale.

Tutto questo preambolo per dirvi che Travis Touchdown non è più l’uomo di una volta, appesantito dalla violenza perennemente costante nella sua vita. D’altro canto è un assassino, e nessuno di noi è chiamato a scegliere ciò che siamo: lo siamo e basta. Ed è per questo che l’unica maniera per rifugiarsi lontano dalla realtà a volte è quella di fuggire dalla stessa, magari viaggiando verso il Texas a bordo di un camper in compagnia dei nostri videogiochi preferiti. Ma il passato è duro a morire ed è inevitabile portarsi dietro qualche strascico, specialmente se sei un killer professionista. Così la quiete appena conquistata viene turbata dalla visita inaspettata di Badman, anche lui alla ricerca disperata di un lieto fine per i suoi tormenti. Portatore di un odio smisurato nei confronti del nostro Travis, reo di aver ucciso senza pietà la figlia Badgirl incontrata durante la sua prima scalata nell’olimpo degli assassini, Badman si ritrova suo malgrado ingarbugliato in una brutta faccenda: la console a cui Travis si diletta a giocare ai videogame è la terribile Death Drive MK-II, una pericolosa arma di distruzione di massa in grado di trascinare i nostri eroi all’interno del software e rendere un incubo lisergico partorito dalla mente malsana di Suda 51 quello che fino a pochi attimi prima era un innocuo passatempo elettronico.

Queste sono a grandi linee le premesse dello spin off di No More Heroes, uscito in esclusiva su Nintendo Switch con un grande carico di aspettative da parte dei fan. Ma uno strano presentimento aleggiava nell’aria sin dai primi trailer mostrati al pubblico. Quello che abbiamo avuto modo di vedere non era esattamente quanto ci potessimo aspettare da un nuovo capitolo della avventure di Travis ma fu Gōichi Suda in persona a ribadire a più riprese che questo Travis Strikes Again non sarebbe stato un titolo canonico ma un passaggio obbligato verso il compimento di una possibile (?) trilogia. È andato tutto per il verso giusto?

NO MORE HEROES ANYMORE

Iniziamo subito con l’affermare un concetto: il modo migliore per capire l’idea dietro questo spin-off è conoscere l‘iter creativo alla base. Può sembrare una banalità, ma è sempre un bene ribadirlo in virtù del fatto che stiamo parlando di un gioco di Gōichi Suda, dove alle volte scelte stilistiche o di gameplay vanno al di là di esigenze puramente commerciali o di budget, e mai come in questo caso. Dopo l’esperienza passata in Electronic Arts in compagnia del maestro Shinji Mikami che ha visto trasformare il suo titolo più ambizioso – quel Shadow of the Damned nato da un dream team di nomi illustri – in un semplice action shooter in terza persona più volte rimaneggiato e castrato dai produttori, il buon Suda ha preso prepotentemente le distanze da un modo di concepire l’intrattenimento videoludico come forma di ricavo economico sicuro e calcolato che si tiene alla larga dal correre rischi attraverso meccaniche collaudate pronte per il mercato.
Parliamo di un game designer che ha imparato a proprie spese cosa voglia dire lavorare per un colosso come Electronic Arts, nel quale per forza di cose è necessario comprimere gran parte della propria libertà autoriale. Il bisogno di tornare sui propri passi è stato la causa diretta del suo ritiro dalle scene per otto lunghi anni, durante i quali ha potuto trovare una nuova fonte di ispirazione e in qualche maniera una rinnovata fiducia verso un settore ormai pigro e disincantato.
Il mercato dei giochi indipendenti occidentali, o che a dir si voglia indie, è stato per Suda il trampolino di lancio verso una rinascita artistica ed è proprio qui che si colloca lo sviluppo di Travis Strikes Again. Ripartire in piccolo con un budget contenuto, ma con una consapevolezza di se stessi più forte che in passato, con la voglia di sperimentare e andare al di là dei generi fino ad ora conosciuti, creando qualcosa di indefinibile ma allo stesso tempo alla portata di tutti, significa creare un gioco d’avanguardia e un dichiarato atto d’amore verso le produzioni indipendenti che ormai regnano negli store digitali. Ma le sole buone intenzioni non bastano a creare un buon videogame.

MOE~

Il gioco nella sua semplice struttura può essere divisa in due diverse fasi: la prima è quella dove si sostanzia il gameplay vero e proprio, ambientata totalmente dentro i software della demoniaca console da salotto del nostro Travis. Ci troviamo lì innanzi a un hack ‘n slash vecchia maniera, dove tempismo e riflessi risultano essere l’arma vincente per districarsi nelle caotiche situazione create dagli sviluppatori. Per combattere avremo dalla nostra la Beam Katana, entrata pienamente di diritto nell’immaginario della serie. Gli attacchi di Travis si traducono principalmente in leggero, utile per eliminare facilmente e velocemente grossi agglomerati di nemici, e pesante, che dovrà essere sapientemente dosato, ma in grado di causare ingenti danni ai nemici singoli. Per ogni attacco inferto, la barra energetica della vostra spada andrà esaurendosi fino alla completa inibizione dell’arma, motivo per il quale sarete costretti a prendere un attimo di respiro per ricaricare l’arma attraverso un movimento (abbastanza ammiccante) del vostro Joy-con (parlando della versione per Nintendo Switch). Per variare queste semplici meccaniche di base, il giocatore avrà a disposizione diversi attacchi speciali sbloccabili durante la run in anfratti nascosti dei livelli o subito dopo una boss fight. Aggiungono dinamismo e un pizzico di strategia ai combattimenti ma alcuni di questi sono totalmente trascurabili ai fini dell’avanzamento. I nemici principali sono costituiti dai Bug, creature antropomorfe che nel loro particolare design richiamano fortemente gli Haven Smile di Killer 7. Potrete recuperare le vostre forze da un venditore ambulante di ramen che vi presenterà un piatto diverso per ogni livello. Il gioco è tutto qui.
Per tutta la durata del titolo gli sviluppatori si propongono di conferire un minimo di varietà alle situazioni che mandano avanti il plot e, a essere sinceri, certe volte ci riescono brillantemente trovando delle soluzioni sorprendenti e simpatiche, tutto ciò però a discapito delle coerenza interna, rendendo di fatto il proseguimento un po’ troppo sfilacciato e poco uniforme, aspetto che caratterizza la maggior parte dei giochi di Grasshopper Manufacture, ma che può risultare indigesto per un pubblico più eterogeneo. In questo senso, i continui omaggi e rimandi ai titoli indie (ma non solo) più importanti del settore, oltre che alle numerose autocitazioni del designer (che arriva a inserire se stesso come uno dei villain) risultano in un primo momento apprezzabili e con un loro senso all’interno della trama, ma con l’avanzare delle ore di gioco verranno a noia molto facilmente. Ovviamente la possibilità di giocare insieme a un amico in locale alza l’asticella del divertimento, sempre che riusciate a trovare qualcuno capace di sopportare la tediosa ripetitività di fondo dell’avventura, ingigantita ulteriormente dalla struttura a corridoio dei livelli. Insomma, la maggior parte del tempo lo passerete avanzando attraverso percorsi fin troppo elementari e poco stimolanti.

La seconda fase probabilmente peserà come un macigno a tutti quei giocatori che non hanno una spiccata passione per gli infiniti blocchi di testo. In buona sostanza il buon Gōichi ha pensato bene di mandare avanti la trama del gioco tramite schermate di testo in 8 bit sulla falsa riga di un Metal Gear Solid qualsiasi. La scrittura dei dialoghi e la caratterizzazione dei personaggi secondari è in pieno stile Suda51, piacevole e divertente, e il designer spesso gioca su questa particolare scelta stilistica; col passare delle schermate e delle parole si insinua un pensiero lancinante, ovvero che lo scherzo e l’autoironia possa trasformarsi in un mea culpa non troppo velato dettato da un budget risicato e da tempi di produzione stringenti, che di certo non è una buona giustificazione per coprire la svogliatezza con la quale sono stati realizzati certi aspetti del gioco, ma questo argomento lo approfondiremo più avanti.

Queste due fasi distinte del gioco sono intervallate da un HUB centrale rappresentato dal camper dove Travis trascorre le sue notti solitarie in compagnia di Hotline Miami (a quanto pare molto amato da Suda). Qui potrete scegliere il vostro vestiario preferito scegliendo tra numerose T-shirt a tema videogame, in continuo aggiornamento tramite update, potrete salvare i vostri progressi andando al bagno e dare una votazione tramite il web al ramen ingurgitato durante le vostre avventure all’interno della Death Drive MK-II.

What happened to the Hero?

Se già la ripetitività di fondo ha fatto storcere il naso, le cose non vanno meglio con il comparto grafico del titolo. Le potenzialità dello sbandierato Unreal Ungine 4 con il quale i ragazzi capitanati da Suda hanno imbastito le fondamenta del gioco (tanto da inserirlo come skin delle t-shirt selezionabili) non vengono minimamente sfruttate. A fronte di ristrettezze economiche produttive è più che lecito chiudere un occhio sulle diverse magagne tecniche riscontrate durante la partita, ma qui ci troviamo di fronte a una totale mancanza di idee e originalità, salvo alcuni particolari casi; fondali e pattern ripetuti in un eterno loop con una pochezza di poligoni imbarazzante. La cosa fa ancora più rabbia nel momento in cui a livello stilistico il gioco è al 100% made in Suda 51, con i suoi continui richiami a un certo tipo di estetica vintage di indubbio fascino. Se qualcosa in più si poteva fare, insomma, non è stata di certo fatta, probabilmente per la poca familiarità con il nuovo motore grafico della Unreal, non riuscendo ad ottimizzare al massimo il risultato dello sviluppo. A conti fatti questa è la prima produzione del team Grasshopper sull’ibrida Nintendo ed è come se l’intero titolo sia stato concepito come terreno di prova per futuri lavori.
Discorso diametralmente opposto per l’audio: il lavoro compiuto dal team è ottimo quanto per l’effettistica tanto che per la colonna sonora elettronica che riesce ad accompagnare perfettamente l’azione su schermo, alternando brillantemente loop in stile minimal a sinfonie strumentali riuscendo a dare carattere all’intera atmosfera di gioco.

In definitiva, il nuovo gioco di Gōichi Suda non spicca il volo come tutti speravamo. Non siamo di fronte a un disastro completo, questo è certo, nella sua immediatezza il titolo riesce comunque a divertire se preso a piccole dosi e possibilmente in compagnia di un secondo giocatore, ma un maggiore impegno ne avrebbe sicuramente giovato in termini di fruibilità e soprattutto di resa commerciale, dato che allo stato attuale esistono diverse alternative miglioriTravis Strikes Again a meno della metà del prezzo. Quindi c’è da riflettere a chi questo titolo è veramente indirizzato; alla piccola nicchia dei fan che lo acquisteranno quando il prezzo sarà diminuito o al grande pubblico generalista? Una spesa di 40 euro completa di Season Pass (2 DLC a oggi disponibili) per un gioco che non ha la minima voglia di farsi capire e di farsi piacere alle grandi masse è decisamente una presa di posizione azzardata e controversa. Ma d’altronde stiamo parlando di un gioco di Suda51 e in realtà c’è molto poco da capire, o si ama o si odia. Se appartenete alla prima categoria alzate il voto finale di mezzo punto.




Top 5: i Migliori Giochi di Aprile 2019

Ad aprile il tempo migliora e le giornate si fanno più lunghe, ma non sono mancati i giorni di pioggia: in entrambi i casi, ogni clima è adatto per dedicarci al nostro hobby preferito! Vediamo quindi quali sono i migliori giochi usciti questo mese.

#5 Cuphead

Cominciamo con un porting, ma di qualità: l’apprezzato run n’ gun di Studio MDHR, con grafica ispirata ai cartoni degli anni ’30, arriva anche sull’ibrida Nintendo: Cuphead, dopo aver ammaliato i giocatori di Xbox One e PC, convince anche su Switch, in quella che è probabilmente, la versione migliore del titolo.
Impersoneremo Cuphead (e Mugman in caso di campagna cooperativa) nella lunga battaglia contro il Diavolo, che ha vinto al tavolo da gioco le loro anime. Sarà un lungo viaggio, tra livelli lineari classici dei platform 2D e boss variopinti e unici per design e comportamento. Un titolo originale nel panorama videoludico odierno, capace di regalare emozioni a raffica anche in portabilità.

Cuphead

#4 Anno 1800

Dopo i non esaltanti Anno 2070 e Anno 2205, torna la serie gestionale di BlueByte con quello che è il suo miglior episodio dai tempi di Anno 1404, ma non solo: infatti Anno 1800 si dimostra essere anche uno dei migliori gestionali degli ultimi anni.
Il titolo è ambientato durante la rivoluzione industriale, diviso tra una campagna narrativa, dove cercheremo di scoprire l’assassino di nostro padre oltre a sviluppare la nostra isola abbandonata, e una modalità sandbox, come da prassi per il genere. Anno 1800 convince soprattutto per l’interfaccia, non più colma di menù e schede, ma più snella e intuitiva, dove spicca la pianificazione per la futura costruzione di edifici, vero e proprio toccasana per il genere. Un ritorno che convince, per una serie che aveva il disperato bisogno di tornare ai gloriosi fasti di un tempo.

#3 Katana Zero

Opera prima dello studio Askiisoft e distribuito dalla solita Devolver Digital, sempre molto attenta verso questo tipo di produzioni, Katana Zero si presenta a noi come un action bidimensionale frenetico e molto violento.
Guai a definirlo un clone di Hotline Miami: il titolo creato da Justin Stander, è un concentrato di estetica fatta di neon e colori accesi, ispirata dalla moda synthwave e del revival anni ’80, oltre che di serratissimo gameplay senza pause. Ma ciò che sorprende è la cura per la narrazione, fatto di scelte multiple con possibilità di interrompere i dialoghi degli NPC, che rappresenta più che un mero intermezzo tra uno stage e l’altro. Devolver Digital si conferma faro della scena indie e Katana Zero, è la prima sorpresa videoludica di questo 2019 per i possessori di PC e Nintendo Switch.

#2 Days Gone

Un’epidemia zombie scoppia nel bel mezzo dell’Oregon, e il biker Deacon St. John, si ritrova catapultato in un vero e proprio inferno: questo è l’incipit di Days Gone, titolo Bend Studio uscito in esclusiva per PlayStation 4 dopo uno sviluppo travagliato.
Il gioco prende ispirazioni da serie quali The Walking Dead e Sons of Anarchy e pone le sue basi su uno sviluppo narrativo tipico di titoli Sony come The Last of Us, ma occhio a considerarlo un esercizio di stile: si tratta di un viaggio di crescita, tra orde di furiosi mostri da contrastare e vari gruppi come la setta religiosa dei Ripugnanti o i soldati della NERO, capaci di rendere complicata la nostra vita.
Days Gone è un titolo che centra il punto, nonostante la sua genesi non proprio tranquilla, e che potrebbe risultare un piacevole divertissement in attesa di titoli più blasonati.

#1 Mortal Kombat 11

Il picchiaduro più violento di sempre torna nella sua undicesima iterazione, probabilmente la migliore finora: infatti NetherRealm ha alzato l’asticella per questo Mortal Kombat 11, puntando tutto sul sistema di combattimento che, a suon di novità come i Krushing Blow e i Fatal Blow, restituiscono al giocatore un feeling impareggiabile non solo per la saga, ma anche rispetto ai precedenti giochi della casa di Ed Boon, come Injustice.
I match sono divertenti e tattici come non mai, e se le modalità offline non deludono, l’online presenta una doppia faccia: nonostante un netcode pulito e completo come raramente si è visto nel genere, delude la modalità Krypta, ridotta a un mero grinding, che spinge i giocatori verso le microtransazioni. Nonostante questo difetto, che si spera venga limato in futuro grazie al supporto della community, Mortal Kombat 11 si presenta a noi come una Fatality brutale e spettacolare, esattamente come il suo gameplay, meritando il primo posto del mese di aprile.




Top 5: Marzo 2019

L‘inverno è giunto alla sua conclusione, lasciando il palcoscenico alla primavera e al rifiorire della natura. È anche il tempo di nuove uscite videoludiche, tra gemme inaspettate e titoli che non hanno deluso. Vediamo quali.

#5 Tropico 6

Sesta iterazione per il popolare gestionale di Kalypso Media a tema social-politico: vestiremo ancora una volta i panni di El Presidente in quello che, forse, è il compito più arduo di tutta la serie. Non gestiremo più una sola isola, bensì un arcipelago! È questa la novità più eclatante di questo Tropico 6, che aggiunge delle variazioni ben riuscite nel classico gameplay della saga. Avremo quindi più isolotti da gestire, come se fossero delle macro aree ognuna diverse dall’altra, senza dimenticare l’occhio alle varie fazioni politiche di Tropico, fattore fondamentale per una lunga presidenza, o nel peggiore dei casi, dittatura.
Dopo il mezzo passo falso del precedente capitolo, Tropico 6 torna in carreggiata, offrendoci uno dei migliori capitoli della serie da lungo tempo, capace di offrire ore e ore di puro divertimento caraibico.

#4 Baba is You

Baba is You, puzzle ideato dal finlandese Arvi “Hempuli” Teikari, ha un’idea semplice quanto complessa allo stesso tempo: per completare i livelli bisognerà “comporre” delle frasi di senso compiuto, usando degli aggettivi trovati in giro per i livelli. Per esempio, se un fiume di lava ci blocca il passaggio, basta mettere in sequenza le parole “lava is melt” per veder sparire l’ostacolo. È un titolo originale che, come l’idea del suo creatore, può sembrare semplice ma in realtà nasconde un cuore arduo e complesso, come ogni buon puzzle game che si rispetti. Uscito su PC e su Nintendo Switch, Baba is You è una gemma nascosta nel mare delle pubblicazioni indie, che consigliamo ai fan del genere e a chi vuole giocare un titolo che fa della semplicità e dell’originalità il suo punto di forza.

#3 Tom Clancy’s The Division 2

Abbandonata la notte perenne e innevata di New York per l’assolata e verde Washington D.C., The Division 2 ci riporta a lottare contro il virus scatenatisi nel primo episodio, portandoci nella capitale degli Stati Uniti contesa tra quattro diverse bande in guerra per la supremazia territoriale. Il titolo Ubisoft mantiene le promesse fatte durante lo sviluppo e dona ai giocatori un buon ibrido tra gioco di ruolo e shooter con coperture, migliorando i difetti del precedente capitolo. Unica pecca forse un endgame ancora non all’altezza dell’offerta, ma The Division 2 è comunque il miglior loot shooter del mercato, riuscendo dove altri titoli ancora non riescono a incidere.

#2 Devil May Cry 5

La rinascita di Capcom passa anche da qui: dopo Monster Hunter: World e Resident Evil 7, tocca a Dante e colleghi portare in alto il vessillo della software house giapponese. Devil May Cry 5 torna sui nostri schermi più bello che mai, grazie all’uso del RE Engine, e soprattutto più spettacolare che mai. Se Dante e Nero possono eseguire combo in stile picchiaduro, quest’ultimo usando anche la particolare protesi robotiche denominata Devil Breaker, particolare è il gameplay del nuovo V, un evocatore capace di chiamare in battaglia tre demoni da usare per combattere dalla distanza.
Il Re degli hack n’ slash è tornato e Devil May Cry 5 non delude le aspettative dei fan, donandoci un titolo sia bello da vedere che divertente pad alla mano.

#1 Sekiro: Shadows Die Twice

Un giovane shinobi del periodo Sengoku, alle prese con un arduo compito: vendicarsi della perdita del proprio braccio, sostituito da una particolare protesi, e salvare il proprio signore . È questo il prologo di Sekiro: Shadows Die Twice, ultima fatica di From Software e del suo mastermind Hidetaka Miyazaki. Nonostante la parentela con la serie dei Souls e del genere a essa legato, Sekiro si dimostra diverso rispetto ai titoli del recente passato, il gioco è più votato all’azione e al combattimento tra spadaccini, ed è possibile eseguire anche delle uccisioni stealth che richiamano un titolo sempre legato agli sviluppatori giapponesi: Tenchu.
Il level design è una delle peculiarità del titolo, con scenari mozzafiato come da tradizione, che ben si sposano con il setting del Giappone feudale. Sekiro centra il colpo alla perfezione e consacra il lavoro del suo creatore ai massimi livelli, donandoci non solo il miglior gioco del mese, ma anche uno dei migliori titoli del 2019.




Top 5: Novembre 2018

La fine di questo 2018 videoludico è ormai vicina e il mese di Novembre ci ha regalato alcuni dei titoli più importanti di tutta l’annata. Andiamo a vedere quali.

#5 Fallout 76

Il titolo Bethesda era uno dei più attesi dell’anno: dopo la pubblicazione di The Elder Scrolls Online gli sviluppatori americani si lanciano nel loro primo MMORPG, un prequel narrativo ambientato nel 2102, venticinque anni dopo la guerra nucleare che ha devastato il mondo. Noi impersoneremo un abitante del Vault 76 atto a riconolonizzare il territorio. Attualmente il titolo soffre di qualche problema con i server e probabilmente ingranerà dopo qualche patch correttiva e un po’ di mesi di rodaggio, quindi è da considerare come un investimento a lungo termine.

#4 Football Manager 2019

Nuova interazione per l’amata saga manageriale calcistica di Sports Interactive: quest’anno il team ha voluto cambiare faccia, con una nuova interfaccia grafica e una rinnovata attenzione sul lato tecnico-tattico. Mai come quest’anno sarà fondamentale trovare il giusto assetto e progettare bene la sessione di allenamenti, facendo attenzione a non strafare ed evitare di esser falcidiati dagli infortuni, esattamente come nella realtà. Probabilmente uno dei migliori capitoli della serie, ottimo anche per chi non ne ha mai giocato uno e vorrebbe iniziare ad emulare le gesta di Allegri, Guardiola o Mourinho.

#3 Battlefield V

Il nuovo capitolo del popolare sparatutto di casa DICE fa buon uso delle critiche arrivate nel periodo della beta, regalandoci uno dei migliori titoli della saga: abbandonato il periodo della Prima Guerra Mondiale di Battlefield 1 si ritorna sui campi da battaglia della Seconda Guerra Mondiale, prendendo i punti di forza del predecessore e ampliandoli in un gameplay frenetico e fluido. Battlefield V è anche uno dei primi titoli che sfrutta appieno le potenzialità della serie di schede grafiche RTX di Nvidia con la tecnologia ray tracing, capace di avvicinarci sempre di più al fotorealismo. Manca ancora l’attesa modalità battle royale in arrivo a breve, ma al momento il titolo pubblicato da Electronic Arts ha fatto centro.

#2 Darksiders III

Terzo attesissimo capitolo della saga di Darksiders, il primo dopo il fallimento di THQ e il passaggio a THQ Nordic: questa volta vestiremo i panni di Furia, uno dei quattro cavalieri dell’Apocalisse, atta a distruggere le impersonificazioni dei sette vizi capitali.
Pur mantenendo l’aspetto action-adventure con elementi RPG dei predecessori, Darksiders III aggiunge degli elementi hack and slash e soulslike al mix, rendendo il titolo sviluppato da Gunfire Games un gradito ritorno.

#1 Red Dead Redemption II

Il titolo di Rockstar Games era uno dei più attesi dell’anno e non ha deluso le aspettative: Red Dead Redemption II ci riporta negli impolverati sentieri del Far West, dove impersoneremo Arthur Morgan, leader di una banda di fuorilegge che dovremo gestire e dirigere come ogni buon capo che si rispetti. Ogni nostra mossa avrà un impatto sulle cittadine e sugli NPC che incontreremo lungo l’avventura, siano essi nella storia principale che durante le fasi di free roaming, e sotto questo punto di vista il lavoro di Rockstar è enorme: la già grande base del precedente capitolo viene ampliata a dismisura, restituendo al giocatore un titolo open world vivo e capace di evolversi come poche volte si è visto nella storia dei videogiochi, rendendo Red Dead Redemption II non solo uno dei migliori titoli del 2018, ma probabilmente uno dei migliori degli ultimi anni.




Crossing Souls

«Si può essere amici per sempre, anche quando le vite ci cambiano, ci separano e ci oppongono», cantavano i Pooh.
Sembrano questi i valori che Crossing Souls, gioco dello studio spagnolo Fourattic e pubblicato da Devolver Digital, ci vuole proporre, e lo fa inserendoci in un bel sobborgo americano nel ormai lontano 1986, anni più semplici in cui Michael Jackson era un istituzione, le buie arcade, illuminate da qualche luce al neon colorato, erano colme di videogiochi e non c’era internet. Questo magico gioco, che tenta un operazione simile a quella di Stranger Things o It per quel che riguarda il cinema e le serie tv, può essere giocato su PlayStation 4 e Steam ma di recente è uscito anche su Nintendo Switch, ed è la versione che prenderemo in considerazione.

Un sogno al neon

Tutto cominciò con un temporale che mando l’intera città di Tujunga in blackout. Il giorno dopo, in alcune zone della città cominciarono a presentarsi strani eventi sovrannaturali alla quale nessuno sapeva dare una spiegazione, come tazze di caffè volanti, strani omini che apparivano nelle bande statiche della tv, etc… Chris Williams, un semplice ragazzino di una tranquilla famiglia americana, riceve una chiamata al walkie talkie da suo fratello Kevin e lo invita a venire subito alla casa sull’albero, luogo in cui la loro cricca è solita a riunirsi. Una volta passati i primi guai nel tentativo di chiamare i restanti 3 amici, cioè Matt Bauer, “Big” Joe Carter e Charlene Baker, Kevin li porta alla sua “scoperta”, ovvero un cadavere in putrefazione ma, una volta trovatisi lì, fanno una scoperta ancora più impressionante: il defunto tiene in mano una pietra viola a forma piramidale che questa ha dei poteri sovrannaturali che sembrano consumare chiunque la tenga in mano, come se avesse delle proprietà radioattive. Matt, il cervellone del gruppo, decide così di inserire la duat stone in una sorta di walkman e stabilizzare il dispositivo con un fusibile gamma in grado di fornire al registratore gli 1,21 gigawatt  (inutile esplicitarvi la citazione, vero?) necessari per contenere il suo potere all’interno – già – e sfruttarlo in tutta sicurezza; in quel momento i cinque ragazzi scoprono che la pietra è in grado di mostrare l’aldilà a chiunque tenga il dispositivo in mano e perciò i ragazzi potranno vedere genti di altre epoche interagire col mondo che li circonda e altri elementi non visibili a occhio nudo. Tuttavia la duat stone è un oggetto molto ambito, sia dalla gang rivale del quartiere, i Purple Skulls capitanati dall’estroverso Quincy Queen, sia dal più temibile Maggiore Oh Rus, ex veterano del Vietnam creduto morto che vuole la pietra per i suoi malvagi piani. La banda si caccerà in diversi guai e sarà costretta, talvolta, ad affrontare problemi molto seri per ragazzi della loro età, ma lo spirito che lega i compagni sarà ciò che permetterà loro di affrontare le dure prove a cui si sottoporranno.
Crossing Souls, sul piano narrativo, si pone come un bel film anni ’80 che vede un bel gruppetto di amici alle prese con un problema più grande di loro, una trama tanto classica quanto instancabile e già vista in opere come E.T. l’extraterrestre, Goonies, It, i recenti Super 8, il già citato Stranger Things ma soprattutto il successo Stand by me – Ricordo di un’estate, tratto dal romanzo Il Corpo di Steven King, dalla quale prende più spunti di trama. Il gioco, chiaramente, non vuole porsi come un’opera innovativa o qualcosa per cui rimanere a bocca aperta ma semplicemente essere una sorta di sguardo a “vecchie fotografie da un album”, mostrandosi umile ma allo stesso tempo elegante e ricco di significato. Le tematiche sono per la maggior parte scherzose, oseremo dire avventurose, ma non mancheranno parti più serie e twist di trama più neri di quanto si possa immaginare; un po’ come nei film per ragazzi citati pocanzi, il gioco tenta anche di insegnare qualcosa ai più giovani, evidenziare quei valori fondamentali di amicizia e amore per imparare a crescere, affrontare le difficoltà che la vita ci pone davanti, essere uniti nonostante tutto e superare i momenti difficili. C’è probabilmente anche un lato spirituale che gli sviluppatori hanno probabilmente voluto comunicare in quanto tematica e meccanica fondamentale di questo titolo è proprio la vita dopo la morte; dopo che il corpo cessa di funzionare, lo spirito continua a esistere nel mondo in cui viviamo, le anime dei nostri cari ci accompagnano per le strade che percorriamo giornalmente e pertanto non siamo mai soli, anche quando ci sembra così. Il tutto ci arriva con una semplice ma squisita pixel art resa col motore grafico Unity, dettagliata e colorata quanto basta per rendere riconoscibili tutti quei mille riferimenti alla cultura pop di quegli anni, e delle cutscene animate (con tanto di sfarfallio tipico da VHS) fra un capitolo e l’altro che si ispirano ai migliori cartoni animati degli anni ’80 come le Tartarughe Ninja, He-Man, i Thundercats, i Transformers o i film animati di Don Bluth, autore per altro dei grandi giochi arcade in laserdisc Dragon’s Lair e Space Ace. Per riportarci indietro nel passato, questo gioco si avvale di un’eccellente colonna sonora letteralmente divisa in due: una parte, composta dall’artista timecop1983, ha un animo synthpop, che sfrutta anche in parte le sonorità e il low-fi tipico dell’attuale vaporwave, reminiscente di band come Blondie, Go West, Prince, Michael Jackson, Frankie Goes to Hollywood, Rick Astley e molti altri, e questi brani saranno per lo più presenti nelle fasi esplorative del gioco, le parti in cui bisogna sentire quei lontani echi di questi tempi ormai andati; per il resto, in molte altre fasi del gioco, ci sono proposti dei brani orchestrali, composti da Chris Köbke, che si rifanno allo stile compositivo pomposo di John Williams, in grossa parte, ma anche ad altri come Alan Silvestri o Bill Conti. Tutti i brani accompagnano perfettamente ogni situazione, sia nelle cutscene animate sia durante l’azione o i dialoghi, e ciò che è stato fatto per questo titolo è realmente sensazionale; si può perfettamente confermare che l’alchimia fra grafica e sonoro è veramente di altissimi livelli.

All’avventura

Crossing Souls si presenta come un titolo dalla prospettiva bird eye reminiscente dei Legend of Zelda più classici ma l’aspetto generale ricorda forse, più concretamente, uno di quei shooter alla Zombies ate my Neighbors (e dunque anche un più recente Milanoir o Tower 57); con una prospettiva del genere ci si aspetta che il gioco offra molte possibilità per quel che riguarda l’esplorazione e il backtracking eppure questo titolo è molto straightforward, molto diretto, non dando neppure la possibilità di rivisitare nessun luogo, a meno che la sua struttura in capitoli non lo permetta. Nessun problema contro questa scelta ma in Crossing Souls è molto bello esplorare, anche andare in giro senza una meta solo per andare a caccia di easter egg, senza contare che ci sono dei collectable secondari molto divertenti da trovare e da analizzare sul menù, ovvero documenti classificati che aiutano a capire la backstory della trama, VHS di film, musicassette e videogiochi con titoli storpiati e descrizioni assurde; il fatto di non poter tornare indietro per raccogliere questi oggetti, anche a storia inoltrata, è decisamente un fattore negativo. Nonostante tutto, il gameplay proposto è molto variegato e profondo per rendere questo titolo un esperienza memorabile: le fasi di esplorazione si alternano con fasi beat ‘em up, probabilmente anche un po’ hack ‘n slash, ed entrambi gli elementi si fondono insieme molto bene. Nessuna delle due fasi risulterà mai noiosa o tediosa, perciò si può dire che il flow del titolo è davvero piacevole, anche se in certe sezioni le prime risultano un po’ vuote e le seconde un po’ sature di nemici. Tuttavia, per via della dettagliatissima storyline proposta, il gioco alterna fasi di azione e fasi di dialoghi molto di frequenti e ciò, anche se decisamente necessario, rovina un po’ il pacing proprio quando siamo molto presi a scazzottarci coi bulli di quartiere o con gli spiriti usando la duat stone. Parlando di questa specifica meccanica, quando saremo in possesso di questa pietra, non ci sarà mai un vero motivo per cui non usarla; tendenzialmente, alternando i due mondi con “ZR”, non c’è ragione di visualizzare il “mondo dei vivi” dal momento che se abbiamo “la visione dell’aldilà” riusciamo a vedere tutto quello che vedremo normalmente insieme agli elementi sovrannaturali. È vero anche che più in là le due visioni dovranno alternarsi più frequentemente per rendere effettivo l’ausilio di uno dei personaggi che, scusate lo spoiler, ci lascerà, ma il punto è che non c’è motivo di tenere la duat stone disattivata se non per resettare la posizione di questo specifico membro. In poche parole, ci sono più NPC e interazioni con la prospettiva dell’aldilà e pertanto l’attivazione o la disattivazione della duat stone è superficiale.
I cinque personaggi del team presentano tutti caratteristiche e abilità diverse e pertanto si compensano a vicenda perfettamente. È normale che, da giocatori, preferiremo utilizzare uno dei ragazzi più di qualcun altro ma l’ambiente ci costringerà a cambiare i personaggi di continuo e dunque mai nessuno sarà superficiale o messo in disparte; c’è molta collaborazione fra i personaggi, selezionabili in sequenza premendo il tasto “L”, e perciò il team funzionerà perfettamente in quanto le singole abilità di qualcuno sono cruciali per andare procedere nei capitoli. Alcuni sono più bravi nelle fasi lotta, alcuni più resistenti, altri più veloci, agili e dunque più utili nell’esplorazione; le possibilità sono molteplici e ciò è segno di un gameplay ben bilanciato e vario allo stesso tempo. Più avanti l’azione varierà ulteriormente offrendo al giocatore fasi di guida, come l’inseguimento in bicicletta che è un chiaro tributo alla famosa scena di E.T. l’Extraterrestre, puzzle e persino in volo dalle sembianze di uno shooter tradizionale; un buon elemento per mantenere il gameplay fresco e il giocatore incollato allo schermo.

Let’s do the time warp!

Crossing Souls è decisamente un titolo al quale è stato riversato tanto amore e passione e ciò lo si può evincere dalla toccante storia (e il suo bellissimo finale), i diversi easter egg sparsi per l’ambiente, le descrizioni dei collectable e degli abitanti della città di Tujunga nel menù e dal suo gameplay, nonostante qualche intoppo, bilanciato e vario. Gli unici peccati di questo titolo sono un pacing spesso interrotto e l’averlo concepito in maniera così diretta e dunque dare al giocatore lo stretto indispensabile per ciò che riguarda l’esplorazione e un eventuale backtracking per collezionare gli oggetti secondari che avrebbero potuto incentivare una longevità già buona di suo (e questi sono, sì, inutili ma molto divertenti da trovare per poi leggere le assurde descrizioni); ciò che dobbiamo fare per avere un file completo al 100% (per così dire) sarà avviare un nuovo file di salvataggio e ricontrollare ogni angolo degli ambenti, magari aiutandoci con un walkthrough. Ci siamo inoltre imbattuti in alcuni brutti bug che avvengono col contatto con certi angoli degli ambienti; alcune volte il nostro personaggio passerà attraverso certi muri e non sarà più possibile tornare indietro (alcune volte questi ci catapultano, senza un apparente motivo, in altre parti dell’area) perciò l’unica cosa che possiamo fare è uscire dalla nostra sessione di gioco e ricominciare dall’ultimo salvataggio evitando il contatto con quel particolare punto (ma fortunatamente nessuno di questi comporta un errore di sistema).
In definitiva però non possiamo fare altro che applaudire Fourattic e al suo splendido titolo per il suo gameplay tanto tradizionale quanto divertente e per il suo messaggio di puro amore universale, trasmessoci da semplici ragazzi di quartiere pronti a qualsiasi cosa per il prossimo. Il prezzo di 14,99€ sul Nintendo eShop è un buon compromesso e perciò potrete avere un ottimo titolo in grado di intrattenervi  per molto tempo in un mondo al neon ormai andato. Davvero spettacolare!




Reverse: God of War al contrario

Reverse è una nuova rubrica ricavata da un’idea presa in prestito da un format dello Zoo di 105 di qualche anno fa. Prendete il vostro videogioco preferito e immaginatene la trama partendo dalla fine. Un Benjamin Button delle trame videoludiche, insomma, con alto contenuto di spoiler, che troverete da qui in poi.
L’uscita del nuovo God of War pare l’occasione ideale per esordire ripercorrendo a ritroso la saga, che ha al centro le vicende di Kratos, il quale, pur di vincere una battaglia, fu disposto a dare la sua anima ad Ares, il Dio della Guerra. Questo finì per consumarlo gradualmente, portandolo a uccidere sua moglie e sua figlia, atto che mise le basi per la sua sete di vendetta verso Ares, del quale prese il posto dopo averlo ucciso.
Storia bella, anche se forse un po’ banale, ma che ha decisamente segnato un’epoca, portando il concetto di epicità nei videogame a livelli mai visti. Ma proviamo a leggerla al contrario:

Kratos, il Dio della guerra, decide di alzarsi dal trono per noia, facendo lo stesso giochetto del Principe cerca moglie: vuole essere accettato per quello che è realmente e non come Dio. A un certo punto esce dal mare, con le sue spade che si trasformano senza motivo, trovandosi improvvisamente nel tempio dell’Oracolo di Atene. Una luce lo pervade, agglomerandosi e trasformandosi in un tizio con i capelli di fuoco e una lunga spada conficcata in gola. Kratos decide di estrarla e i due cominciano a lottare, forse perché il Dio è stato disturbato nel suo sonno.
A un certo punto Kratos ne ha abbastanza e decide di punto in bianco di chiudere il Vaso di Pandora e di riportarlo al proprio posto. La via più breve è morire: quindi, si infila  in una tomba per raggiungere l’Ade. Al suo risveglio, sente un leggero bruciore allo stomaco, forse a causa di qualcosa che ha mangiato la sera prima, ma più probabilmente a causa del palo conficcato nel suo ventre. Gentilmente delle arpie riportano il vaso ai suoi piedi e il tizio con i capelli di fuoco contro cui aveva lottato poco prima riesce a togliere il palo da Kratos con la sola forza del pensiero. Il Dio guerriero così è libero di recarsi in varie stanze camminando in stile “Moonwalker” e a riportare il vaso al suo posto. Nel frattempo tornano in vita bestie e mostri di vario tipo, fioccando direttamente dalle mani o dalle spade del protagonista, forse divenuto più magnanimo nel corso dell’avventura.
Scendendo dal Titano Crono, Kratos trova una fanciulla ignuda ad Atene, ma è così indispettito dal suo petto a bassa definizione che la appende in alto dandola in pasto alle arpie. Continuando a camminare col moonwalk, si ritrova su una nave in pieno Mar Egeo, dove salva l’Idra dai pericolosissimi alberi dell’imbarcazione e salva a sua volta un uomo dallo stomaco della bestia con la sola forza del pensiero.
Dopo aver passato “una notte da chimere” con un paio di procaci ancelle, vede improvvisamente il suo corpo sbiancarsi e dalle sue lame comparire una bambina e una donna, della quale si innamora all’istante, senonché un’orda di Barbari interrompe il suo sogno d’amore.

Il suo desiderio è però ormai esaudito, Kratos è stato finalmente accettato come umano, ma c’è un’ultima cosa da fare: sconfiggere i Barbari. Per non rendere le cose troppo facili, decide di restituire la testa al loro Re e di farsi togliere le Spade del Caos e, cavalcando al contrario, farà capire a entrambi gli schieramenti che la guerra è inutile, convincendoli a tornare tutti a casa. Nel finale, riabbraccia la donna e la figlia, abbandonando per sempre le ire e i tumulti di un Dio della guerra.

Non trovate che sia più bella così? Basta solo invertire il punto di vista per creare storie totalmente nuove. God of War è solo il primo di una lunga lista ma, se vi è piaciuta (o se non vi è piaciuta), fatecelo sapere.




Bayonetta 1-2

Bayonetta è un hack’n slash uscito nel 2009, sviluppato da Platinum Games, prodotto da Sega e diretto da Hideki Kamiya, celebre per aver diretto il primo episodio di Devil May Cry, del quale Bayonetta rappresenta un’evoluzione, come ha detto lo stesso dello stesso Kamiya.
Il gioco fu inizialmente sviluppato per Xbox 360, per essere poi portato da un altro team su PS3 (con risultati disastrosi al lancio), e ottenne un ottimo riscontro di critica ricevendo molti perfect score, entrando di diritto nell’hall of fame degli hack’n slash.
Tuttavia le vendite, seppur buone, non furono entusiasmanti, e Sega si mostrò titubante all’idea di produrne un seguito, il quale arrivò – come Kamiya ha recentemente raccontato dal proprio profilo Twitter – soltanto nel 2014 grazie ai finanzimenti di Nintendo in esclusiva per Wii U; anche il seguito ottenne voti altissimi, ma le vendite furono addirittura inferiori rispetto al prequel, probabilmente anche a causa dello scarso successo commerciale di Wii U.
Nintendo comunque non sembra volere rinunciare a Bayonetta, e al Game Awards 2017 ha annunciato l’uscita di un terzo capitolo per la console ibrida Switch, e nella stessa serata ha anche annunciato l’uscita dei 2 capitoli precedenti in versione rimasterizzata sempre per Switch, ed è di questi che ci occuperemo in questa recensione.

Le streghe di Umbra e i Saggi di Lumen

La nostra protagonista, Bayonetta, è l’ultima discendente delle streghe di Umbra, un clan con membri di sesso prevalentemente femminile che praticano arti oscure, invocano demoni dall’Inferno, e che sono estremamente abili con le armi.
Dopo una lunga guerra contro i saggi di Lumen (i quali invece padroneggiano i poteri della Luce e sono capaci di invocare creature celesti), quasi tutti decimati dalle streghe, esse sono state prese di mira e quasi del tutto eliminate da una caccia contro la stregoneria.
Bayonetta si sveglia dopo un lungo sonno dentro una bara, e sembra aver perso la memoria: ricorda soltanto di essere una strega di Umbra e, nell’intento di ritrovare i propri ricordi, dovrà affrontare orde di creature angeliche.
Lo screenplay non è certamente il punto forte di questa serie, ed è infatti l’unico aspetto in cui è stata penalizzata dai critici al lancio; inoltre, spesso la trama viene raccontata durante i combattimenti (sono presenti i sottotitoli in italiano con parlato in inglese) e leggere i sottotitoli risulta quasi impossibile, visto il caos che si viene a creare su schermo.

Doppia Apoteosi

Entrambi i giochi fanno una gran bella figura in modalità portatile, che gira a una risoluzione di 720p e 60 fps quasi sempre costanti, mentre nella modalità docked, nonostante la risoluzione risulti invariata, si nota un effetto costante di aliasing, specialmente nelle cut scene, le quali sono realizzate utilizzando dei fermi immagine in cui si notano non solo una bassa risoluzione, ma anche una bassa qualità di certe texture, sapientemente camuffate durante il gioco a causa dei cambi repentini di inquadratura e della velocità dell’azione durante i combattimenti.
Ciò nonostante, entrambi i giochi risultano uno spettacolo visivo, che non sfigura rispetto ai titoli usciti di recente sull’ibrida targata Nintendo, e mostrano miglioramenti rispetto alle versioni uscite sulle console di precedente generazione, compresa Wii U.
Per quanto riguarda il comparto audio, i due giochi spiccano per originalità, si passa da brani classici come Fly Me to the Moon (di evangelioniana memoria, e riarrangiata per l’occasione) a brani di vecchi coin-op Sega (utilizzati spesso durante i minigame), fino a brani originali che ben si sposano con l’azione di gioco; Bayonetta si esibisce inoltre in balletti in stile idol giapponese quando esegue delle mosse speciali, danzando perfettamente a ritmo.
Gli effetti sonori non sono da meno: spari, esplosioni, fragori di spade e martelli, urla dei nemici, e battute ciniche della protagonista, vengono a creare quel caos che dona al titolo un carattere unico e distintivo.

Gameplay

Hideki Kamiya sa il fatto suo riguardo gli hack’n slash e Bayonetta e il suo seguito portano il genere a vette a tutt’oggi non eguagliate.
La nostra eroina può contare su due tipi di attacchi principali, che rappresentano i pugni e i calci, o le armi assegnate ai suoi arti (si possono assegnare anche armi alle gambe), un tasto adibito agli attacchi a distanza (in genere attacchi con le pistole), uno per il salto e uno per la schivata.
Premendo il tasto per la schivata appena prima di ricevere un attacco, si entrerà nella modalità “Sabbat Temporale“, nella quale il tempo verrà rallentato, permettendoci di infierire sui nemici con combo devastanti.
Quando si sarà accumulato abbastanza potere magico (che aumenta in base alle combo durante i combattimenti) potranno essere eseguite delle mosse speciali che “puniranno” in maniena spettacolare i nemici.
In Bayonetta 2 il gameplay risulta quasi invariato rispetto al primo episodio, con l’eccezione di alcune modifiche alle schivate e alle mosse attivabili utilizzando il potere magico.
Sono presenti tante armi che vengono sbloccate tramite oggetti collezionabili a forma di dischi a 33 giri, nascosti nei più disparati luoghi, ogni arma ha il proprio moveset e si possono creare combinazioni uniche assegnandole sia alle braccia che alle gambe.
Possiamo aumentare le caratteristiche del nostro personaggio sia tramite oggetti consumabili che possono essere trovati nel gioco oppure acquistati, i quali danno dei bonus temporanei al danno o alla salute, o ripristinano l’energia vitale o magica.
Inoltre, è possibile aumentare permanentemente sia la salute che la magia tramite degli oggetti che possono essere acquistati oppure ricevuti in premio per aver superato delle prove situate in zone segrete nella mappa di gioco.

Conclusioni

Bayonetta sbarca su Switch con questo doppio remaster, e piazza un altro importante tassello alla collezione di capolavori presenti sulla console Nintendo, entrambi i giochi sono il non plus ultra per quanto riguarda il genere hack’n slash, e vederli in azione specialmente in modalità portatile è uno spettacolo.
Non possiamo fare altro che consigliarli senza riserve a tutti i possessori di Switch, che potranno godere di tantissime ore di divertimento grazie alla sensuale strega di Platinum Games.




Kamiya spiega perché Bayonetta 3 sarà esclusiva Switch

Il direttore di Bayonetta 3, Hideki Kamiya, ha spiegato su Twitter un’interessante storiella. Più specificamente, ha parlato del brand di Bayonetta e degli eventi che hanno portato il terzo capitolo a essere un’esclusiva Nintendo Switch.
È certamente interessante sapere che Bayonetta 2 è nato come progetto multipiattaforma, ma tweet rilasciati e ordinati in sequenze numeriche da 1 a 15 spiegano in linea generale la genesi di Bayonetta 3: 

«C’è qualcosa che voglio dire a tutti voi. Riguarda Bayonetta 3. (1/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VJJTI2JTIzMzklM0J2ZSUyMGdvdCUyMHNvbWV0aGluZyUyMEklMjB3YW50JTIwdG8lMjB0ZWxsJTIweW91JTIwYWxsLiUyMEl0JTI2JTIzMzklM0JzJTIwYWJvdXQlMjBCYXlvbmV0dGElMjAzLiUyMCUyODElMkYxNSUyOSUzQyUyRnAlM0UlMjZtZGFzaCUzQiUyMCVFNyVBNSU5RSVFOCVCMCVCNyVFOCU4QiVCMSVFNiVBOCVCOSUyMEhpZGVraSUyMEthbWl5YSUyMCUyOCU0MFBHX2thbWl5YSUyOSUyMCUzQ2ElMjBocmVmJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZ0d2l0dGVyLmNvbSUyRlBHX2thbWl5YSUyRnN0YXR1cyUyRjk2MzI2NDgxNDI1MTI1Nzg1NiUzRnJlZl9zcmMlM0R0d3NyYyUyNTVFdGZ3JTIyJTNFRmVicnVhcnklMjAxMyUyQyUyMDIwMTglM0MlMkZhJTNFJTNDJTJGYmxvY2txdW90ZSUzRSUyMCUzQ3NjcmlwdCUyMGFzeW5jJTIwc3JjJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZwbGF0Zm9ybS50d2l0dGVyLmNvbSUyRndpZGdldHMuanMlMjIlMjBjaGFyc2V0JTNEJTIydXRmLTglMjIlM0UlM0MlMkZzY3JpcHQlM0U=

«La nostra è una casa che sviluppa e crea giochi firmando contratti con publisher e ricevendone i fondi per coprire i costi di sviluppo. (2/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VXZSUyMGFyZSUyMGElMjBkZXZlbG9wZXIlMjB0aGF0JTIwY3JlYXRlcyUyMGdhbWVzJTIwYnklMjBzaWduaW5nJTIwY29udHJhY3RzJTIwd2l0aCUyMHB1Ymxpc2hlcnMlMjBhbmQlMjByZWNlaXZpbmclMjBmdW5kcyUyMGZyb20lMjB0aGVtJTIwaW4lMjBvcmRlciUyMHRvJTIwY292ZXIlMjBkZXZlbG9wbWVudCUyMGNvc3RzLiUyMCUyODIlMkYxNSUyOSUzQyUyRnAlM0UlMjZtZGFzaCUzQiUyMCVFNyVBNSU5RSVFOCVCMCVCNyVFOCU4QiVCMSVFNiVBOCVCOSUyMEhpZGVraSUyMEthbWl5YSUyMCUyOCU0MFBHX2thbWl5YSUyOSUyMCUzQ2ElMjBocmVmJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZ0d2l0dGVyLmNvbSUyRlBHX2thbWl5YSUyRnN0YXR1cyUyRjk2MzI2NDkwMzU2MDYzODQ2NCUzRnJlZl9zcmMlM0R0d3NyYyUyNTVFdGZ3JTIyJTNFRmVicnVhcnklMjAxMyUyQyUyMDIwMTglM0MlMkZhJTNFJTNDJTJGYmxvY2txdW90ZSUzRSUyMCUzQ3NjcmlwdCUyMGFzeW5jJTIwc3JjJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZwbGF0Zm9ybS50d2l0dGVyLmNvbSUyRndpZGdldHMuanMlMjIlMjBjaGFyc2V0JTNEJTIydXRmLTglMjIlM0UlM0MlMkZzY3JpcHQlM0U=

«Per Bayonetta 1, abbiamo firmato un contratto con Sega e abbiamo ricevuto dei fondi da loro, quindi abbiamo proposto un design per il gioco e siamo entrati in fase di produzione. Tutti i diritti appartengono a Sega. (3/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VGb3IlMjBCYXlvbmV0dGElMjAxJTJDJTIwd2UlMjBzaWduZWQlMjBhJTIwY29udHJhY3QlMjB3aXRoJTIwU2VnYSUyMGFuZCUyMHJlY2VpdmVkJTIwZnVuZHMlMjBmcm9tJTIwdGhlbSUyQyUyMHRoZW4lMjB3ZSUyMHByb3Bvc2VkJTIwYSUyMGRlc2lnbiUyMGZvciUyMHRoZSUyMGdhbWUlMjBhbmQlMjBlbnRlcmVkJTIwcHJvZHVjdGlvbi4lMjBBbGwlMjBvZiUyMHRoZSUyMHJpZ2h0cyUyMGJlbG9uZyUyMHRvJTIwU2VnYS4lMjAlMjgzJTJGMTUlMjklM0MlMkZwJTNFJTI2bWRhc2glM0IlMjAlRTclQTUlOUUlRTglQjAlQjclRTglOEIlQjElRTYlQTglQjklMjBIaWRla2klMjBLYW1peWElMjAlMjglNDBQR19rYW1peWElMjklMjAlM0NhJTIwaHJlZiUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGdHdpdHRlci5jb20lMkZQR19rYW1peWElMkZzdGF0dXMlMkY5NjMyNjQ5ODQzNTU1NTMyODElM0ZyZWZfc3JjJTNEdHdzcmMlMjU1RXRmdyUyMiUzRUZlYnJ1YXJ5JTIwMTMlMkMlMjAyMDE4JTNDJTJGYSUzRSUzQyUyRmJsb2NrcXVvdGUlM0UlMjAlM0NzY3JpcHQlMjBhc3luYyUyMHNyYyUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGcGxhdGZvcm0udHdpdHRlci5jb20lMkZ3aWRnZXRzLmpzJTIyJTIwY2hhcnNldCUzRCUyMnV0Zi04JTIyJTNFJTNDJTJGc2NyaXB0JTNF

«All’epoca, la nostra azienda era appena stata fondata e non eravamo adeguatamente attrezzati per lo sviluppo multipiattaforma quindi, dopo averne discusso con Sega, abbiamo deciso di sviluppare il gioco esclusivamente per Xbox 360. (4/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VBdCUyMHRoZSUyMHRpbWUlMkMlMjBvdXIlMjBjb21wYW55JTIwaGFkJTIwb25seSUyMGp1c3QlMjBiZWVuJTIwZXN0YWJsaXNoZWQlMkMlMjBhbmQlMjB3ZSUyMHdlcmVuJTI2JTIzMzklM0J0JTIwcHJvcGVybHklMjBlcXVpcHBlZCUyMGZvciUyMG11bHRpcGxhdGZvcm0lMjBkZXZlbG9wbWVudCUyQyUyMHNvJTIwYWZ0ZXIlMjBkaXNjdXNzaW5nJTIwd2l0aCUyMFNlZ2ElMkMlMjB3ZSUyMGRlY2lkZWQlMjB0byUyMGRldmVsb3AlMjB0aGUlMjBnYW1lJTIwZXhjbHVzaXZlbHklMjBmb3IlMjBYYm94JTIwMzYwLiUyMCUyODQlMkYxNSUyOSUzQyUyRnAlM0UlMjZtZGFzaCUzQiUyMCVFNyVBNSU5RSVFOCVCMCVCNyVFOCU4QiVCMSVFNiVBOCVCOSUyMEhpZGVraSUyMEthbWl5YSUyMCUyOCU0MFBHX2thbWl5YSUyOSUyMCUzQ2ElMjBocmVmJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZ0d2l0dGVyLmNvbSUyRlBHX2thbWl5YSUyRnN0YXR1cyUyRjk2MzI2NTA1MTAwMzAxMTA3MyUzRnJlZl9zcmMlM0R0d3NyYyUyNTVFdGZ3JTIyJTNFRmVicnVhcnklMjAxMyUyQyUyMDIwMTglM0MlMkZhJTNFJTNDJTJGYmxvY2txdW90ZSUzRSUyMCUzQ3NjcmlwdCUyMGFzeW5jJTIwc3JjJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZwbGF0Zm9ybS50d2l0dGVyLmNvbSUyRndpZGdldHMuanMlMjIlMjBjaGFyc2V0JTNEJTIydXRmLTglMjIlM0UlM0MlMkZzY3JpcHQlM0U=

«Tuttavia, successivamente, uno dei partner commerciali di Sega ha finito per creare una versione per PS3, per volere di Sega. Più recentemente, hanno anche deciso di sviluppare una versione Steam, che è stata rilasciata lo scorso anno. Sega possiede i diritti su tutte queste versioni. (5/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VIb3dldmVyJTJDJTIwYWZ0ZXIlMjB0aGF0JTJDJTIwb25lJTIwb2YlMjBTZWdhJTI2JTIzMzklM0JzJTIwdHJhZGluZyUyMHBhcnRuZXJzJTIwZW5kZWQlMjB1cCUyMG1ha2luZyUyMGElMjBwb3J0JTIwZm9yJTIwUFMzJTJDJTIwYXQlMjBTZWdhJTI2JTIzMzklM0JzJTIwYmVoZXN0LiUyME1vcmUlMjByZWNlbnRseSUyQyUyMHRoZXklMjBhbHNvJTIwZGVjaWRlZCUyMHRoYXQlMjBhJTIwU3RlYW0lMjB2ZXJzaW9uJTIwc2hvdWxkJTIwYmUlMjBkZXZlbG9wZWQlMkMlMjB3aGljaCUyMHdhcyUyMHJlbGVhc2VkJTIwbGFzdCUyMHllYXIuJTIwU2VnYSUyMG93bnMlMjB0aGUlMjByaWdodHMlMjB0byUyMGFsbCUyMG9mJTIwdGhlc2UlMjB2ZXJzaW9ucy4lMjAlMjg1JTJGMTUlMjklM0MlMkZwJTNFJTI2bWRhc2glM0IlMjAlRTclQTUlOUUlRTglQjAlQjclRTglOEIlQjElRTYlQTglQjklMjBIaWRla2klMjBLYW1peWElMjAlMjglNDBQR19rYW1peWElMjklMjAlM0NhJTIwaHJlZiUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGdHdpdHRlci5jb20lMkZQR19rYW1peWElMkZzdGF0dXMlMkY5NjMyNjUxMTMzMTM2MjQwNjQlM0ZyZWZfc3JjJTNEdHdzcmMlMjU1RXRmdyUyMiUzRUZlYnJ1YXJ5JTIwMTMlMkMlMjAyMDE4JTNDJTJGYSUzRSUzQyUyRmJsb2NrcXVvdGUlM0UlMjAlM0NzY3JpcHQlMjBhc3luYyUyMHNyYyUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGcGxhdGZvcm0udHdpdHRlci5jb20lMkZ3aWRnZXRzLmpzJTIyJTIwY2hhcnNldCUzRCUyMnV0Zi04JTIyJTNFJTNDJTJGc2NyaXB0JTNF

«Quando abbiamo iniziato a creare Bayonetta 2, inizialmente abbiamo ricevuto fondi da Sega per sviluppare il gioco per più piattaforme, ma il progetto è stato interrotto a causa di circostanze sfavorevoli da parte del nostro finanziatore. Nintendo quindi è intervenuta per continuare a finanziare il gioco, permettendoci di completarlo. (6/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VXaGVuJTIwd2UlMjBzdGFydGVkJTIwbWFraW5nJTIwQmF5b25ldHRhJTIwMiUyQyUyMHdlJTIwaW5pdGlhbGx5JTIwcmVjZWl2ZWQlMjBmdW5kcyUyMGZyb20lMjBTZWdhJTIwdG8lMjBkZXZlbG9wJTIwdGhlJTIwZ2FtZSUyMGZvciUyMG11bHRpcGxlJTIwcGxhdGZvcm1zJTJDJTIwYnV0JTIwdGhlJTIwcHJvamVjdCUyMHdhcyUyMGhhbHRlZCUyMGR1ZSUyMHRvJTIwY2lyY3Vtc3RhbmNlcyUyMGF0JTIwU2VnYS4lMjBOaW50ZW5kbyUyMHRoZW4lMjBzdGVwcGVkJTIwaW4lMjB0byUyMGNvbnRpbnVlJTIwZnVuZGluZyUyMHRoZSUyMGdhbWUlMkMlMjBhbGxvd2luZyUyMHVzJTIwdG8lMjBmaW5pc2glMjBpdC4lMjAlMjg2JTJGMTUlMjklM0MlMkZwJTNFJTI2bWRhc2glM0IlMjAlRTclQTUlOUUlRTglQjAlQjclRTglOEIlQjElRTYlQTglQjklMjBIaWRla2klMjBLYW1peWElMjAlMjglNDBQR19rYW1peWElMjklMjAlM0NhJTIwaHJlZiUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGdHdpdHRlci5jb20lMkZQR19rYW1peWElMkZzdGF0dXMlMkY5NjMyNjUxNzYzMTIwMTY4OTYlM0ZyZWZfc3JjJTNEdHdzcmMlMjU1RXRmdyUyMiUzRUZlYnJ1YXJ5JTIwMTMlMkMlMjAyMDE4JTNDJTJGYSUzRSUzQyUyRmJsb2NrcXVvdGUlM0UlMjAlM0NzY3JpcHQlMjBhc3luYyUyMHNyYyUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGcGxhdGZvcm0udHdpdHRlci5jb20lMkZ3aWRnZXRzLmpzJTIyJTIwY2hhcnNldCUzRCUyMnV0Zi04JTIyJTNFJTNDJTJGc2NyaXB0JTNF

«Così i diritti appartengono a Sega e Nintendo. I proprietari dei diritti hanno deciso che il gioco sarebbe stato sviluppato per Wii U. (7/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VBcyUyMHN1Y2glMkMlMjB0aGUlMjByaWdodHMlMjBiZWxvbmclMjB0byUyMFNlZ2ElMjBhbmQlMjBOaW50ZW5kby4lMjBUaGUlMjByaWdodHMlMjBvd25lcnMlMjBkZWNpZGVkJTIwdGhlJTIwZ2FtZSUyMHNob3VsZCUyMGJlJTIwbWFkZSUyMGZvciUyMFdpaSUyMFUuJTIwJTI4NyUyRjE1JTI5JTNDJTJGcCUzRSUyNm1kYXNoJTNCJTIwJUU3JUE1JTlFJUU4JUIwJUI3JUU4JThCJUIxJUU2JUE4JUI5JTIwSGlkZWtpJTIwS2FtaXlhJTIwJTI4JTQwUEdfa2FtaXlhJTI5JTIwJTNDYSUyMGhyZWYlM0QlMjJodHRwcyUzQSUyRiUyRnR3aXR0ZXIuY29tJTJGUEdfa2FtaXlhJTJGc3RhdHVzJTJGOTYzMjY1MjQ0NjEyMDE4MTc2JTNGcmVmX3NyYyUzRHR3c3JjJTI1NUV0ZnclMjIlM0VGZWJydWFyeSUyMDEzJTJDJTIwMjAxOCUzQyUyRmElM0UlM0MlMkZibG9ja3F1b3RlJTNFJTIwJTNDc2NyaXB0JTIwYXN5bmMlMjBzcmMlM0QlMjJodHRwcyUzQSUyRiUyRnBsYXRmb3JtLnR3aXR0ZXIuY29tJTJGd2lkZ2V0cy5qcyUyMiUyMGNoYXJzZXQlM0QlMjJ1dGYtOCUyMiUzRSUzQyUyRnNjcmlwdCUzRQ==

«Nintendo è stata così gentile da finanziare anche Bayonetta 1 per Wii U, e ci ha persino permesso di usare la traccia vocale giapponese, che abbiamo creato per la versione Wii U, anche nella versione PC di Bayonetta 1. (8/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VOaW50ZW5kbyUyMHdhcyUyMGFsc28lMjBraW5kJTIwZW5vdWdoJTIwdG8lMjBmdW5kJTIwYSUyMHBvcnQlMjBvZiUyMEJheW8lMjAxJTIwZm9yJTIwV2lpJTIwVSUyQyUyMGFuZCUyMHRoZXklMjBldmVuJTIwYWxsb3dlZCUyMHVzJTIwdG8lMjB1c2UlMjB0aGUlMjBKYXBhbmVzZSUyMHZvaWNlJTIwdHJhY2slMjB3ZSUyMGNyZWF0ZWQlMjBmb3IlMjB0aGUlMjBXaWklMjBVJTIwdmVyc2lvbiUyMGluJTIwdGhlJTIwUEMlMjB2ZXJzaW9uJTIwb2YlMjBCYXlvJTIwMSUyMGFzJTIwd2VsbC4lMjAlMjg4JTJGMTUlMjklM0MlMkZwJTNFJTI2bWRhc2glM0IlMjAlRTclQTUlOUUlRTglQjAlQjclRTglOEIlQjElRTYlQTglQjklMjBIaWRla2klMjBLYW1peWElMjAlMjglNDBQR19rYW1peWElMjklMjAlM0NhJTIwaHJlZiUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGdHdpdHRlci5jb20lMkZQR19rYW1peWElMkZzdGF0dXMlMkY5NjMyNjUzMDM2MTMzODI2NTYlM0ZyZWZfc3JjJTNEdHdzcmMlMjU1RXRmdyUyMiUzRUZlYnJ1YXJ5JTIwMTMlMkMlMjAyMDE4JTNDJTJGYSUzRSUzQyUyRmJsb2NrcXVvdGUlM0UlMjAlM0NzY3JpcHQlMjBhc3luYyUyMHNyYyUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGcGxhdGZvcm0udHdpdHRlci5jb20lMkZ3aWRnZXRzLmpzJTIyJTIwY2hhcnNldCUzRCUyMnV0Zi04JTIyJTNFJTNDJTJGc2NyaXB0JTNF

«Sono estremamente grato a Nintendo per aver finanziato il gioco e a Sega per aver permesso loro di utilizzare l’IP di Bayonetta. (9/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VJJTIwYW0lMjBleHRyZW1lbHklMjB0aGFua2Z1bCUyMHRvJTIwTmludGVuZG8lMjBmb3IlMjBmdW5kaW5nJTIwdGhlJTIwZ2FtZSUyQyUyMGFuZCUyMHRvJTIwU2VnYSUyMGZvciUyMGFsbG93aW5nJTIwdGhlbSUyMHRvJTIwdXNlJTIwdGhlJTIwQmF5b25ldHRhJTIwSVAuJTIwJTI4OSUyRjE1JTI5JTNDJTJGcCUzRSUyNm1kYXNoJTNCJTIwJUU3JUE1JTlFJUU4JUIwJUI3JUU4JThCJUIxJUU2JUE4JUI5JTIwSGlkZWtpJTIwS2FtaXlhJTIwJTI4JTQwUEdfa2FtaXlhJTI5JTIwJTNDYSUyMGhyZWYlM0QlMjJodHRwcyUzQSUyRiUyRnR3aXR0ZXIuY29tJTJGUEdfa2FtaXlhJTJGc3RhdHVzJTJGOTYzMjY1MzY5OTE2OTQwMjg4JTNGcmVmX3NyYyUzRHR3c3JjJTI1NUV0ZnclMjIlM0VGZWJydWFyeSUyMDEzJTJDJTIwMjAxOCUzQyUyRmElM0UlM0MlMkZibG9ja3F1b3RlJTNFJTIwJTNDc2NyaXB0JTIwYXN5bmMlMjBzcmMlM0QlMjJodHRwcyUzQSUyRiUyRnBsYXRmb3JtLnR3aXR0ZXIuY29tJTJGd2lkZ2V0cy5qcyUyMiUyMGNoYXJzZXQlM0QlMjJ1dGYtOCUyMiUzRSUzQyUyRnNjcmlwdCUzRQ==

«Per quanto riguarda Bayonetta 3, è stato deciso sin dall’inizio che il gioco sarebbe stato sviluppato utilizzando i finanziamenti di Nintendo. Senza il loro aiuto, non avremmo potuto avviare questo progetto. (10/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VBcyUyMGZvciUyMEJheW9uZXR0YSUyMDMlMkMlMjBpdCUyMHdhcyUyMGRlY2lkZWQlMjBmcm9tJTIwdGhlJTIwc3RhcnQlMjB0aGF0JTIwdGhlJTIwZ2FtZSUyMHdhcyUyMGdvaW5nJTIwdG8lMjBiZSUyMGRldmVsb3BlZCUyMHVzaW5nJTIwTmludGVuZG8lMjYlMjMzOSUzQnMlMjBmdW5kaW5nLiUyMFdpdGhvdXQlMjB0aGVpciUyMGhlbHAlMkMlMjB3ZSUyMHdvdWxkJTIwbm90JTIwaGF2ZSUyMGJlZW4lMjBhYmxlJTIwdG8lMjBraWNrJTIwb2ZmJTIwdGhpcyUyMHByb2plY3QuJTIwJTI4MTAlMkYxNSUyOSUzQyUyRnAlM0UlMjZtZGFzaCUzQiUyMCVFNyVBNSU5RSVFOCVCMCVCNyVFOCU4QiVCMSVFNiVBOCVCOSUyMEhpZGVraSUyMEthbWl5YSUyMCUyOCU0MFBHX2thbWl5YSUyOSUyMCUzQ2ElMjBocmVmJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZ0d2l0dGVyLmNvbSUyRlBHX2thbWl5YSUyRnN0YXR1cyUyRjk2MzI2NTQ0MDIwNTAzMzQ3MiUzRnJlZl9zcmMlM0R0d3NyYyUyNTVFdGZ3JTIyJTNFRmVicnVhcnklMjAxMyUyQyUyMDIwMTglM0MlMkZhJTNFJTNDJTJGYmxvY2txdW90ZSUzRSUyMCUzQ3NjcmlwdCUyMGFzeW5jJTIwc3JjJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZwbGF0Zm9ybS50d2l0dGVyLmNvbSUyRndpZGdldHMuanMlMjIlMjBjaGFyc2V0JTNEJTIydXRmLTglMjIlM0UlM0MlMkZzY3JpcHQlM0U=

«Tutti i diritti appartengono ancora a Sega e Nintendo. I proprietari dei diritti hanno deciso che il gioco sarebbe stato sviluppato per Switch. (11/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VBbGwlMjBvZiUyMHRoZSUyMHJpZ2h0cyUyMHN0aWxsJTIwYmVsb25nJTIwdG8lMjBTZWdhJTIwYW5kJTIwTmludGVuZG8uJTIwVGhlJTIwcmlnaHRzJTIwb3duZXJzJTIwZGVjaWRlZCUyMHRoYXQlMjB0aGUlMjBnYW1lJTIwc2hvdWxkJTIwYmUlMjBtYWRlJTIwZm9yJTIwU3dpdGNoLiUyMCUyODExJTJGMTUlMjklM0MlMkZwJTNFJTI2bWRhc2glM0IlMjAlRTclQTUlOUUlRTglQjAlQjclRTglOEIlQjElRTYlQTglQjklMjBIaWRla2klMjBLYW1peWElMjAlMjglNDBQR19rYW1peWElMjklMjAlM0NhJTIwaHJlZiUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGdHdpdHRlci5jb20lMkZQR19rYW1peWElMkZzdGF0dXMlMkY5NjMyNjU1MDMwNzM0MTkyNjQlM0ZyZWZfc3JjJTNEdHdzcmMlMjU1RXRmdyUyMiUzRUZlYnJ1YXJ5JTIwMTMlMkMlMjAyMDE4JTNDJTJGYSUzRSUzQyUyRmJsb2NrcXVvdGUlM0UlMjAlM0NzY3JpcHQlMjBhc3luYyUyMHNyYyUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGcGxhdGZvcm0udHdpdHRlci5jb20lMkZ3aWRnZXRzLmpzJTIyJTIwY2hhcnNldCUzRCUyMnV0Zi04JTIyJTNFJTNDJTJGc2NyaXB0JTNF

«Il game development è un business. Ogni azienda ha i propri contesti e strategie. Questo significa che a volte i giochi vengono fatti, a volte  vengono cancellati. (12/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VHYW1lJTIwZGV2ZWxvcG1lbnQlMjBpcyUyMGElMjBidXNpbmVzcy4lMjBFYWNoJTIwY29tcGFueSUyMGhhcyUyMGl0cyUyMG93biUyMGNpcmN1bXN0YW5jZXMlMjBhbmQlMjBzdHJhdGVnaWVzLiUyMFNvbWV0aW1lcyUyMHRoaXMlMjBtZWFucyUyMGdhbWVzJTIwZ2V0JTIwbWFkZSUyQyUyMHNvbWV0aW1lcyUyMGl0JTIwbWVhbnMlMjB0aGV5JTIwZ2V0JTIwY2FuY2VsbGVkLiUyMCUyODEyJTJGMTUlMjklM0MlMkZwJTNFJTI2bWRhc2glM0IlMjAlRTclQTUlOUUlRTglQjAlQjclRTglOEIlQjElRTYlQTglQjklMjBIaWRla2klMjBLYW1peWElMjAlMjglNDBQR19rYW1peWElMjklMjAlM0NhJTIwaHJlZiUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGdHdpdHRlci5jb20lMkZQR19rYW1peWElMkZzdGF0dXMlMkY5NjMyNjU1NTMwNjEyNDA4MzMlM0ZyZWZfc3JjJTNEdHdzcmMlMjU1RXRmdyUyMiUzRUZlYnJ1YXJ5JTIwMTMlMkMlMjAyMDE4JTNDJTJGYSUzRSUzQyUyRmJsb2NrcXVvdGUlM0UlMjAlM0NzY3JpcHQlMjBhc3luYyUyMHNyYyUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGcGxhdGZvcm0udHdpdHRlci5jb20lMkZ3aWRnZXRzLmpzJTIyJTIwY2hhcnNldCUzRCUyMnV0Zi04JTIyJTNFJTNDJTJGc2NyaXB0JTNF

«Ma credo che ogni singola persona coinvolta sia impegnata a offrire la migliore esperienza possibile. Lo so, almeno per me è uno degli obiettivi principali ogni volta che mi metto al lavoro. (13/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VCdXQlMjBJJTIwYmVsaWV2ZSUyMHRoYXQlMjBldmVyeSUyMHNpbmdsZSUyMHBlcnNvbiUyMGludm9sdmVkJTIwaXMlMjBkZWRpY2F0ZWQlMjB0byUyMGRlbGl2ZXJpbmclMjB0aGUlMjBiZXN0JTIwcG9zc2libGUlMjBleHBlcmllbmNlLiUyMEklMjBrbm93JTIwdGhhdCUyQyUyMHRvJTIwbWUlMjBhdCUyMGxlYXN0JTJDJTIwdGhhdCUyNiUyMzM5JTNCcyUyMG9uZSUyMG9mJTIwdGhlJTIwYmlnZ2VzdCUyMGdvYWxzJTIwd2hlbiUyMEklMjBzZXQlMjB0byUyMHdvcmsuJTIwJTI4MTMlMkYxNSUyOSUzQyUyRnAlM0UlMjZtZGFzaCUzQiUyMCVFNyVBNSU5RSVFOCVCMCVCNyVFOCU4QiVCMSVFNiVBOCVCOSUyMEhpZGVraSUyMEthbWl5YSUyMCUyOCU0MFBHX2thbWl5YSUyOSUyMCUzQ2ElMjBocmVmJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZ0d2l0dGVyLmNvbSUyRlBHX2thbWl5YSUyRnN0YXR1cyUyRjk2MzI2NTYxMTcxODUzNzIxNyUzRnJlZl9zcmMlM0R0d3NyYyUyNTVFdGZ3JTIyJTNFRmVicnVhcnklMjAxMyUyQyUyMDIwMTglM0MlMkZhJTNFJTNDJTJGYmxvY2txdW90ZSUzRSUyMCUzQ3NjcmlwdCUyMGFzeW5jJTIwc3JjJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZwbGF0Zm9ybS50d2l0dGVyLmNvbSUyRndpZGdldHMuanMlMjIlMjBjaGFyc2V0JTNEJTIydXRmLTglMjIlM0UlM0MlMkZzY3JpcHQlM0U=

«Non posso esprimere quanto sono contento di avere tra le mani il progetto di Bayonetta 3 e intendiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per renderlo il migliore possibile. Questo è tutto ciò che possiamo fare e lo consideriamo la nostra più grande missione. (14/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VJJTIwY2Fubm90JTIwZXhwcmVzcyUyMGhvdyUyMGhhcHB5JTIwSSUyMGFtJTIwdGhhdCUyMHdlJTIwZ2V0JTIwdG8lMjBtYWtlJTIwQmF5b25ldHRhJTIwMyUyQyUyMGFuZCUyMHdlJTIwaW50ZW5kJTIwdG8lMjBkbyUyMGV2ZXJ5dGhpbmclMjB3aXRoaW4lMjBvdXIlMjBwb3dlciUyMHRvJTIwbWFrZSUyMGl0JTIwYXMlMjBnb29kJTIwYXMlMjBpdCUyMGNhbiUyMGJlLiUyMFRoYXQlMjYlMjMzOSUzQnMlMjBhbGwlMjB3ZSUyMGNhbiUyMGRvJTJDJTIwYW5kJTIwd2UlMjBjb25zaWRlciUyMGl0JTIwb3VyJTIwZ3JlYXRlc3QlMjBtaXNzaW9uLiUyMCUyODE0JTJGMTUlMjklM0MlMkZwJTNFJTI2bWRhc2glM0IlMjAlRTclQTUlOUUlRTglQjAlQjclRTglOEIlQjElRTYlQTglQjklMjBIaWRla2klMjBLYW1peWElMjAlMjglNDBQR19rYW1peWElMjklMjAlM0NhJTIwaHJlZiUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGdHdpdHRlci5jb20lMkZQR19rYW1peWElMkZzdGF0dXMlMkY5NjMyNjU2NjM5OTIxOTMwMjQlM0ZyZWZfc3JjJTNEdHdzcmMlMjU1RXRmdyUyMiUzRUZlYnJ1YXJ5JTIwMTMlMkMlMjAyMDE4JTNDJTJGYSUzRSUzQyUyRmJsb2NrcXVvdGUlM0UlMjAlM0NzY3JpcHQlMjBhc3luYyUyMHNyYyUzRCUyMmh0dHBzJTNBJTJGJTJGcGxhdGZvcm0udHdpdHRlci5jb20lMkZ3aWRnZXRzLmpzJTIyJTIwY2hhcnNldCUzRCUyMnV0Zi04JTIyJTNFJTNDJTJGc2NyaXB0JTNF

«Ci è voluto un po’ prima che la produzione di Bayonetta 3 partisse, ma ora che è iniziata spero che si trasformi in una esperienza meravigliosa per tutti voi. (15/15)»

JTNDYmxvY2txdW90ZSUyMGNsYXNzJTNEJTIydHdpdHRlci10d2VldCUyMiUzRSUzQ3AlMjBsYW5nJTNEJTIyZW4lMjIlMjBkaXIlM0QlMjJsdHIlMjIlM0VJdCUyMHRvb2slMjBhJTIwd2hpbGUlMjBmb3IlMjBwcm9kdWN0aW9uJTIwb2YlMjBCYXlvbmV0dGElMjAzJTIwdG8lMjBiZSUyMG9rYXllZCUyQyUyMGJ1dCUyMG5vdyUyMHRoYXQlMjBpdCUyMGhhcyUyMGtpY2tlZCUyMG9mZiUyQyUyMEklMjBob3BlJTIwaXQlMjB3aWxsJTIwdHVybiUyMGludG8lMjBhJTIwd29uZGVyZnVsJTIwZW5jb3VudGVyJTIwZm9yJTIwYWxsJTIwb2YlMjB5b3UuJTIwJTI4MTUlMkYxNSUyOSUzQyUyRnAlM0UlMjZtZGFzaCUzQiUyMCVFNyVBNSU5RSVFOCVCMCVCNyVFOCU4QiVCMSVFNiVBOCVCOSUyMEhpZGVraSUyMEthbWl5YSUyMCUyOCU0MFBHX2thbWl5YSUyOSUyMCUzQ2ElMjBocmVmJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZ0d2l0dGVyLmNvbSUyRlBHX2thbWl5YSUyRnN0YXR1cyUyRjk2MzI2NTcxOTI2NDY5MDE3NiUzRnJlZl9zcmMlM0R0d3NyYyUyNTVFdGZ3JTIyJTNFRmVicnVhcnklMjAxMyUyQyUyMDIwMTglM0MlMkZhJTNFJTNDJTJGYmxvY2txdW90ZSUzRSUyMCUzQ3NjcmlwdCUyMGFzeW5jJTIwc3JjJTNEJTIyaHR0cHMlM0ElMkYlMkZwbGF0Zm9ybS50d2l0dGVyLmNvbSUyRndpZGdldHMuanMlMjIlMjBjaGFyc2V0JTNEJTIydXRmLTglMjIlM0UlM0MlMkZzY3JpcHQlM0U=

D’altra parte, Bayonetta 3 ha richiesto un po’ di tempo per vedere la luce: il progetto è iniziato direttamente con il supporto di Nintendo, e per questo è esclusiva di Switch.

Il primo capitolo di Bayonetta è stato lanciato per PS3 e Xbox 360 nell’ottobre del 2009. Bayonetta 2 è stato rilasciato a settembre 2014 e Bayonetta 3 è stato annunciato lo scorso dicembre durante i The Game Awards.

Prima di vedere il risultati del terzo capitolo, gli utenti di Switch potranno godersi una remastered di Bayonetta e Bayonetta 2, che saranno rilasciati in bundle il 16 febbraio 2018.