This War of Mine: Complete Edition – La guerra di chi non spara

Capita spesso al telegiornale di sentir parlare di guerra, di studiarla a scuola o addirittura lodare le vicende di chi vi ha combattuto. Nei videogiochi la guerra è un tema più che ricorrente: che sia una riproposizione storica, una battaglia più contemporanea o addirittura futuristica, ci ritroviamo solitamente dietro il fucile per compiere gesta più o meno eroiche senza alcuna conseguenza (tematiche che abbiamo anche affrontato in un precedente articolo). Delle guerre vediamo sempre l’aspetto più adrenalinico, in cui un soldato combatte un nemico: non di rado i protagonisti che impersoniamo li consideriamo eroi, dimenticandoci di chi c’è nel fuoco incrociato, i civili, persone non in divisa che si trovano loro malgrado in mezzo a conflitti sanguinosi. Ed è così che 11 Bit Studios decide di farci vedere quest’aspetto poco considerato, quello di coloro che, inermi e indifesi davanti agli uomini con fucile, non vogliono perdere la speranza e fanno di tutto per sopravvivere di fronte al conflitto che tenta di distruggerli nel corpo e nello spirito; arriva anche su Nintendo Switch l’acclamatissimo This War of Mine, in una Complete Edition, in cui per la prima volta tutti i precedenti DLC (arrivati gradualmente per le versioni PC, PlayStaition 4 e Xbox One) sono presenti sin dall’inizio. Questo titolo ci metterà di fronte a decisioni difficili da prendere, compiere azioni al limite del giusto e dello sbagliato la cui moralità è dettata solamente dal vivere un altro giorno oppure no: le idee dietro alla realizzazione del gioco sono veramente molte e vederemo di fare ordine al meglio che possiamo.

Il mio spirito è ancora vivo

Il gioco è ispirato principalmente agli accadimenti del terribile assedio di Sarajevo (1992-1996), e ci cala nella condizione (con tutti i limiti della simulazione) di chi apra la porta di casa e trova la guerra di fronte a sé. Ci verranno proposti diversi scenari con svariati personaggi, ma le dinamiche di base li accomuneranno tutti: di notte bisognerà raccattare più oggetti possibili in diversi luoghi della città, come materiali per costruire elementi essenziali per la casa e per la nostra stessa sopravvivenza (come un tavolo da lavoro, un letto, un cucinino e così via), utensili, cibo, medicine, armi e, visto che questa versione include anche il DLC The Little Ones, anche giocattoli e libri per tenere alto il morale dei più piccoli che abitano con noi nella stessa casa; di giorno, visto che la città pullula di soldati e cecchini, è importante rimanere a casa per potersi rifocillare, riposare ma soprattutto sfruttare al meglio le risorse che ci siamo procurati durante la notte costruendo nuovi oggetti, rinforzare le mura di casa, utilizzare gli oggetti già costruiti come raccoglitori di acqua piovana, distillatori per produrre alcolici o presse per creare sigarette fatte in casa (entrambi ottima merce di scambio durante la guerra). Sarà dunque fondamentale procurarsi gli oggetti giusti sia per garantire la sopravvivenza fisica e psichica dei nostri personaggi, sia per poter costruire oggetti utili per la casa. Per quanto il raccogliere i materiali fuori casa sia essenziale (soprattutto quelle tante cose che non possiamo produrre come “materiali”, legno, transistor e altro), è bene che la casa funzioni come una sorta di “fabbrica”, in quanto le stazioni di lavoro potranno creare tanti oggetti non solo utili per noi stessi ma anche come merce di scambio: non è raro trovare in mattinata (o in alcuni luoghi di notte) persone intenzionate a scambiare uno o più oggetti con altri. Per tale motivo è importante controllare spesso la radio in quanto ci può dire quali sono gli oggetti più preziosi in fase di scambio in un determinato momento e anche dove poterli andare a trovare durante la notte. Qualsiasi mezzo è lecito per sopravvivere in una situazione del genere… oppure no?
Al calare della notte potremo andare a caccia di preziosissimi oggetti fuori casa. Prima di andar via, è bene “dare un compito” agli eventuali coinquilini che rimarranno a casa, come sorvegliare la casa durante la notte o semplicemente dormire per poi, il giorno dopo, essere produttivi sin da subito (i bambini potranno solamente dormire). È importante, per questi motivi, sfruttare al meglio le capacità delle persone che abitano in casa nostra: potremmo ritrovarci, per esempio, con un ex atleta la cui velocità è superiore a tutti gli altri (e sarà dunque perfetto per i saccheggi), un tuttofare che potrà costruire oggetti con meno materiali necessari, cuochi in grado di cucinare pietanze con meno ingredienti, altri senza delle vere abilità ma con un inventario più grande, etc…

Ovviamente più inquilini in casa significa anche più bocche da sfamare perciò, se qualcuno dovesse bussare alla vostra porta per aggiungersi al vostro “team”, valutate bene le sue qualità, anche se il rifiuto potrà far salire in noi un senso di colpa. Ad ogni modo, il “saccheggiatore” avrà la possibilità di portarsi qualche oggetto da casa, come un piede di porco, una pala o una merce di scambio, anche se ciò significherà sacrificare preziosi slot del nostro inventario personale. Nei luoghi del saccheggio – abitazioni semi-abbandonate, supermercati, scuole, ospedali fatiscenti e molto altro – si concentra il cuore del gameplay (di cui discuteremo in dettaglio dopo), che ci vedrà cercare oggetti nei cumuli delle macerie. Alcune volte capiteremo in luoghi senza occupanti al loro interno, ma il più delle vi troveremo delle persone disposte a tutto pur di proteggere i loro oggetti, oppure troveremo altri saccheggiatori, esattamente come noi. I cumuli non saranno più semplice spazzatura in cui troveremo oggetti poco utili (principalmente materiali per costruzioni) ma saranno le risorse di altre persone che, proprio come noi, stanno sopravvivendo alla guerra con tutte le loro forze. This War of Mine vuole mettere in discussione il codice etico morale del singolo giocatore mettendolo di fronte a come la guerra distrugga ogni residuo di umanità, anche dei civili che rimangono ai margini di essa: dobbiamo rubare? È davvero necessario? E se sì, quanto? E se lasceremo quelle persone senza niente e le abbandoneremo al loro destino? Sopravvivere, in momenti come questi, è realmente una questione di vita o di morte e talvolta può significare soprattutto la vita di uno e la morte di un altro. I personaggi che controlleremo, che ricordiamo sono normalissime persone, verranno influenzati da ogni azione, soprattutto di fronte a decisioni drastiche come queste e perciò “il riempirsi la pancia” non è sempre la giusta cosa da fare: i nostri personaggi cadranno in depressione e ciò si tradurrà in produttività ridotta e morale basso, fattore molto negativo in situazioni come quella che ci viene presentata. Ancora più influenti saranno gli omicidi: in situazioni del genere le persone che saccheggeremo potrebbero essere armate e ucciderle significherà convivere col senso di colpa. Capiteremo anche in luoghi popolati da bande e persone senza scrupoli, ma noi saremo sempre dei normalissimi civili col pad in mano, è dura gestire ciò che si prova togliendo la vita a un’altra persona, anche in un mondo virtuale. Si tratta di un titolo forte ma al contempo edificante, che trasmette quanto la vita sia importante e preziosa e quanto la guerra possa cambiare un essere umano in condizioni estreme, al punto da portarlo a rubare il pane di altri o addirittura arrivare a strappare una vita per la propria sopravvivenza; il vero messaggio di This War of Mine è che in guerra non esistono seconde possibilità per nessuno, il confine fra la vita e la morte diventa incredibilmente sottile e talvolta si dovranno compiere delle scelte così difficili che il nostro codice morale personale verrà messo in discussione accrescendo insoliti sensi di colpa con la quale non abbiamo mai avuto a che fare. La guerra cambia sempre le persone in peggio ma sta a noi resistere e far vivere il nostro spirito.

La più reale guerra in un videogioco

In This War of Mine troveremo principalmente due stili grafici: quello delle fasi di gioco, costituito per lo più in vera grafica 3D, semplice, sterile, quasi monocromatica e che ricorda a tratti dei bozzetti a matita, e foto di persone reali nelle schede dei personaggi. Prima di analizzare la grafica delle fasi di gioco bisogna in realtà apprezzare le fotografie dei personaggi rese con dei corrispettivi nel mondo reale: questa è una scelta di design molto importante perché ognuno di questi non è solo un personaggio fittizio, è una vita, un essere che respira, ha sogni e ambizioni a cui la guerra ha negato tutto in nome della sopravvivenza. I personaggi in questo gioco muoiono “per davvero”, il vuoto che lasciano all’interno della casa è reale, si sente e non verrà mai colmato nel giro di pochi giorni. Anche noi, un po’ come accade certe volte in Undertale, ci sentiremo in lutto per un personaggio che viene ucciso come un cane mentre stava pensando alla sua sopravvivenza, per quella vita strappata dalla legge non scritta del “vivere o morire”. Anche se non c’è un vero abbattimento della quarta parete, questo avviene in qualche modo, le fotografie sono il ponte fra noi – la nostra empatia – e il videogioco.
L’essenziale grafica 3D, che ripropone una Pogoren (città fittizia) distrutta dalla guerra, riesce a restituire quel senso di sporcizia e disordine provocato dai bombardamenti in parte ancora in corso ma soprattutto di perdizione dovuto allo sconvolgimento della normale vita quotidiana della gente comune. In casa, nelle fasi diurne, noteremo soprattutto che l’umore generale dei personaggi influirà sulla grafica: un umore felice, nonché una buona salute e una buona temperatura interna, produrrà una visualizzazione più limpida, al contrario di quando si affronteranno eventi devastanti, in cui la grafica avrà un più evidente effetto bozza a matita, giusto per indicare un cambio dell’umore dei personaggi.
La musica è per lo più un suono struggente che fa da sfondo ai colpi di arma da fuoco che si sentono in lontananza, un lontano eco che descrive perfettamente lo strazio dell’assedio ma che accende, nonostante tutto, una lieve nota di speranza alimentata da ricordi passati di una vita la cui guerra non aveva ancora distrutto la normalità. La scelta di una simile colonna sonora può non piacere a tutti, specialmente a coloro abituati ad ascoltare musica con ritmi calzanti o vere melodie portanti, ma gli amanti di band come i Godspeed You! Black Emperor o gli Ulver di Shadows of the Sun potranno apprezzare i toni decadenti e il minimalismo che bene si adattano ai temi qui proposti. Le chitarre spente e i pad eterei descrivono perfettamente quei giorni bui in cui non si sa se il giorno dopo si è ancora vivi; decisamente un ottima scelta e una colonna sonora degna di un secondo ascolto in sede differente dalla postazione di gioco.

Dalla parte del giocatore

Come abbiamo più volte accennato in questo articolo, lo scopo di ogni scenario è principalmente sopravvivere all’assedio (composto principalmente da tre fasi, non sempre con durate regolari: preparazione alla guerra, fase di attacco/aumento della criminalità e cessate il fuoco), dunque rimanendo vivi a ogni costo, sia fisicamente che spiritualmente. Cominciamo col dire che, un po’ come nella vita reale, non sono presenti veri tutorial che introducano al gioco, e tutto ciò che avremo, all’inizio di uno scenario, è una overview completa dei comandi di gioco e qualche finestrella informativa che si apre di tanto in tanto; una scelta sensata, visto che molti giochi moderni includono dei tutorial fin troppo esplicativi e qui calza anche con il fatto che “in situazioni del genere non esistono tutorial”, ma nemmeno la migliore in quanto, non avendo vere seconde possibilità, non saremo spesso preparati alle difficoltà che incontreremo nelle fasi di saccheggio, ben diverse dalle situazioni in casa dalla quale iniziamo. Ci viene spiegato l’essenziale, ma ciò non basta per godersi il gioco al 100%: spesso e volentieri, visto che rimediare a un nostro errore sarà molto difficile, l’unica cosa da fare sarà far morire tutti i nostri personaggi solo per riavviare lo scenario scelto senza sbagliare una seconda volta.
La nostra schermata di gioco in This War of Mine comprenderà un ambiente con delle icone sparse per eseguire delle determinate azioni. Nella versione PC il giocatore può sfruttare il mouse per cliccare direttamente alle icone senza doversi spostare direttamente sul punto dove sta l’icona; in questa versione per Nintendo Switch le icone nelle immediate vicinanze possono essere selezionate con la croce direzionale ma non tutte possono essere raggiunte con questo sistema, e perciò ci toccherà dunque spostarci verso le icone e attivare l’azione. Nonostante la levetta destra permetta di vedere cosa c’è nelle immediate vicinanze, non sarà possibile selezionare quelle icone per un immediato avvio di quella determinata azione. Di giorno è importantissimo sfruttare al meglio le ore a disposizione prima del saccheggio notturno e perciò un simile sistema di controllo non fa che nuocere alla dinamicità delle azioni da compiere durante il giorno; non è stato neppure implementato un controllo tramite touchsceen, come invece avviene per le versioni iOS e Android, per simulare in parte il mouse in modalità portatile, e ciò non è che un ostacolo per la fruizione del gioco che rimane bloccato ai soli controlli base. Essere veloci al mattino è fondamentale, soprattutto quando la casa è abitata da un bambino a cui, tramite un adulto, si possono insegnare cose come cucinare, accendere la stufa, prendere farmaci in caso di emergenza, cambiare il filtro per l’acqua piovana, sistemare le trappole per gli animaletti e molto altro: entrambi si devono posizionare sulla medesima icona e per farlo dobbiamo prima portare un personaggio all’icona e poi l’altro, sprecando tempo prezioso (vi consigliamo, in questi casi, di portare prima l’adulto in quanto i bambini, soprattutto se di buon umore, tenderanno a non stare fermi sullo stesso punto). Se la casa è popolata da più persone è bene impostare più compiti contemporaneamente a più personaggi ma con questi controlli, chiamiamoli diretti, verrà sprecato troppo tempo solo per portare i personaggi verso le icone. Purtroppo il problema con i controlli non finisce alla sola selezione delle icone ma anche al movimento dei personaggi in quanto ci sono problemi fastidiosi per ciò che riguarda le animazioni legate al fare le scale, sia in salita che in discesa: istintivamente, quando il personaggio controllato finirà di salire o scendere e girerà sul piolo finiremo col muovere la levetta in direzione dei suoi movimenti ma l’animazione legata al salire le scale non è ancora finita e perciò finiremo col riscendere, o risalire, le scale rimanendo “incastrati nell’animazione”. Bisognerà imparare a far concludere l’animazione automaticamente o altrimenti rimarremo in questo limbo proprio quando non potremo permettercelo (ovvero durante le fasi di saccheggio); purtroppo non pensiamo sarà un difetto risolvibile con una semplice patch perché altrimenti ci sarebbe da cambiare l’intero di controllo.

Altro problema legato alle animazioni è quello della mancanza di elemento stealth, componente assente e che avrebbe arricchito il gameplay di questo gioco ancora di più. Sarà forse per la sua natura da gestionale per PC, ma a nulla servirà il piegare di poco la levetta direzionale: i personaggi si sposteranno sempre alla velocità massima e, per quanto nei luoghi esistano dei punti in cui nascondersi, sarà impossibile non far rumore e suscitare i sospetti degli occupanti dei luoghi che saccheggeremo. This War of Mine chiede inoltre una certa reattività nelle fasi di combattimento (come del resto un qualsiasi gioco che implichi armi da fuoco o oggetti contundenti) ma qui i controlli per queste azioni risultano legnosi e poco reattivi: fuggire dalle lotte, anche per un discorso legato all’integrità dei personaggi, sarà spesso la cosa giusta da fare ma il più delle volte il vero motivo per cui si evita di entrare in conflitto con altre persone è perché non si vuole avere nulla a che fare con quei controlli poco reattivi e che potrebbero farci perdere un conflitto, cosa che non possiamo permetterci assolutamente visto che non abbiamo mai seconde chance. La verità di tutti questi piccoli difetti è che, con buona probabilità, il tutto non si traduce bene in un setup da console e tutto ciò che rende immediato il gameplay su PC qui invece e risulta lento e legnoso.
Ad ogni modo, far fronte ai problemi di This War of Mine non è impossibile e può risultare comunque un buon acquisto anche per Nintendo Switch; il suo punto di forza è senza dubbio la sua ottima longevità dovuta non solo ai tanti scenari inclusi, da completare raggiungendo il cessate il fuoco, ma anche all’inclusione di tutti i DLC rilasciati precedentemente. Nella modalità This War of Mine Stories, selezionabile nella prima schermata, ci verranno proposti nuovi scenari, con degli esclusivi obiettivi da raggiungere tramite condizioni diverse, e l’editor delle storie in cui possiamo creare degli scenari da zero scegliendo quali personaggi ne prenderanno parte, la durata del conflitto, la durata e la durezza dell’inverno, quali luoghi saranno disponibili per i saccheggi e molto altro. This War of Mine non è certamente un gioco che manca in longevità, anche se il suo godimento su Nintendo Switch non è la modalità ottimale per scoprire questo titolo, nonostante la completezza della versione.

War is not fiction

This War of Mine è un gioco di rara profondità, è spaventosamente reale e intenso per essere un frutto dell’immaginazione umana, e ogni aspetto della guerra – o dovremmo forse dire “assedio” – è stato riprodotto con cura quasi maniacale. Una recensione non basta per descrivere i tantissimi aspetti che compongono i diversi aspetti del gameplay, dai saccheggi agli umori dei personaggi, dal mantenere la casa a una temperatura ottimale al difenderla dai ladri e molto altro. Oseremmo dire che questo è un gioco che, nonostante il PEGI 18, potrebbe essere preso in considerazione addirittura come parte integrante nei programmi di storia nei licei, in quanto ci fornisce una dura lezione di come sia in realtà una guerra, cosa si vive, cosa significhi avere una sola scatoletta di tonno e due bocche da sfamare ma soprattutto come essa trasforma persino le persone che non la combattono. Il concept dietro a questo titolo 11 Bit Studios è veramente sensazionale e ciò è stato anche dimostrato dal fatto che i costi di sviluppo sono stati recuperati in soli due giorni. Sfortunatamente è evidente come questo comunque splendido This War of Mine: Complete Edition sia un porting da PC non riuscitissimo, con tanti piccoli problemi che nel complesso non permettono una fruizione realmente ottimale. Il prezzo di lancio di 40€ sul Nintendo E-Shop potrebbe risultare un po’ eccessivo solo per questi aspetti, anche se bisogna ammettere che l’inclusione dei DLC può in qualche modo giustificarlo; se non volete aspettare qualche periodo di saldi sullo store Nintendo potrete comunque investire questi soldi nell’esclusiva versione fisica europea. Ricordiamo che oltre alle versioni PC, Xbox One e PlayStation 4 esiste anche un gioco da tavolo di This War of Mine, un altro particolarissimo modo per vivere questa sensazionale esperienza.
Un grande titolo, anche se il suo potenziale non è espresso benissimo.




Darksiders III – Chi Dice Donna Dice Ahi!

Una frase che sta bene su tutto come «sembrava impossibile, ma ce l’abbiamo fatta», è adatta anche a un franchise dalle grandi potenzialità e ben visto dalla critica come Darksiders, che sembrava destinato ai più bassi gironi dell’Inferno. Dopo la fine di Vigil Games le speranze di vedere un nuovo capitolo dedicato a uno dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse sembrava impossibile sino a quando, una flebile luce apparve all’orizzonte; non una luce divina, ma quella targata Nordic Games, che acquisì tutti gli asset a disposizione, mettendosi al lavoro sul nuovo capitolo. Sono passati anni da allora ma finalmente il progetto Darksiders III è arrivato tra noi, sotto tutela di Gunfire Games, che a suo tempo si occupò della remastered di Darksiders II, denominata Deathinitive Edition. Come da tradizione i cambiamenti sono molteplici e la nuova protagonista, Furia, riserva alcune sorprese.

Un’anima in tempesta

Dopo aver raccontato le vicende di Guerra e delle macchinazioni di Inferno e Paradiso, dopo aver raccontato di Morte e di quanto sia disposto a fare per il fratello in catene, ora tocca all’unica donna del quartetto di Nephilim a portare avanti le vicende di Darksiders: Furia. Come accaduto per il secondo capitolo (e come accadrà per l’eventuale sequel) la storia si svolge nel periodo tra l’arrivo dell’Apocalisse e l’entrata in scena di Guerra sul campo di battaglia, mentre quest’ultimo si trova in catene accusato di aver dato inizio al Giudizio Finale prima del tempo stabilito. Al contrario dell'”affettuoso” Morte, Furia è un personaggio Tsundere, che nella cultura giapponese indica un carattere arrogante e presuntuoso ma che nasconde il suo esser affettuoso e generoso. In Darksiders III, molto più dei precedenti capitoli, lo sviluppo caratteriale di Furia segue sì dei classici stilemi narrativi ma del tutto efficaci, mostrando una naturale evoluzione di un personaggio discretamente complesso e con la giusta dose di sfaccettature adatte al contesto. La caccia ai Sette Vizi Capitali dunque, non è solo la risoluzione di un problema dell’Arso Consiglio ma un pretesto, un viaggio nella psicologia del Cavaliere in grado di mostrare tutte le sue fragilità.
Questo percorso sarà facilitato grazie all’incontro di vecchie conoscenze come Vulgrim, l’avido demone mercante e Ulthane, un Creatore che sarà ben di più di un semplice fabbro, ma sarà anche ostacolato dai “sette”, più o meno riusciti per caratterizzazione estetica e non: personaggi come Avidità, Lussuria e Superbia spiccano sugli altri, vantando non solo un design forse più ricercato, ma anche le loro attitudini e capacità. Tutti gli altri purtroppo, non riescono a bucare lo schermo come dovrebbero, presentandosi come generici boss e nulla più, come se si fosse svolto un semplice compitino. Questo può essere spiegato con un budget a disposizione piuttosto basso rispetto a quelli disponibili per i capitoli precedenti e soprattutto la mancanza di Joe Madureira, fumettista che ha dato vita al design dell’originale e del suo sequel. Se, fortunatamente, il design dei Quattro Cavalieri dell’Apocalisse era già stato deciso (dunque Furia e Conflitto sono assolutamente frutto del suo lavoro), non lo è stato per un terzo capitolo che non era più previsto nei piani di “Joe Mad!” e questo, lo si nota anche negli ambienti di gioco che mancano in qualche modo di quella “magia” post-apocalittica alla quale eravamo abituati.
Nel complesso dunque, narrativamente, Darksiders III funziona, approfondendo i sotterfugi e i motivi dietro la fine dell’umanità, presentando una Furia più complessa rispetto ai suoi fratelli.

Ora ti percuoto!

I vari Darksiders si presentano con caratteristiche proprie, cercando di sfruttare le peculiarità di ogni Cavaliere. Se il primo era un hack’n’slash puro e il secondo vantava una forte componente RPG, Darksiders III verte verso un indirizzo più souls like ma con le uniche caratteristiche permanenti del franchise che permangono: l’essere un metroidvania con caratteristiche che ha reso grande la saga di The Legend of Zelda.
In questo capitolo dunque l’approccio appare diverso, a cominciare dall’inquadratura del personaggio molto più ravvicinata (quasi da action/adventure) e un combat system meno frenetico e per certi versi più complesso, anche se alcune scelte di design risultano un po’ discutibili, quasi a segnalare il travagliato sviluppo del titolo. Una delle caratteristiche principali di Furia è il poter sfruttare quattro differenti poteri (Hollow), ognuno dei quali accompagnato da una specifica arma. Tutto questo si presenta in maniera del tutto simile a God of War III dove, questa apparente semplificazione, si trasformò in uno dei punti di forza del capitolo finale dedicato a Kratos, con la possibilità di cambiare armi e poteri senza soluzione di continuità durante ogni combattimento. In questo caso purtroppo, questo risulta difficile: il passaggio da un potere all’altro manca di quella fluidità necessaria per permettere diversi approcci non solo al combattimento, ma anche all’esplorazione; ad esempio il potere delle Fiamme permette di compiere salti più ampi mentre quello Elettrico di planare; qualora volessimo raggiungere un appiglio distante, concatenare le due caratteristiche risulta impossibile, visto che ogni passaggio di potere e compimento dell’azione voluta avviene con fin troppa meccanicità, con un azione che in poche parole interrompe l’altra. Inoltre, potrebbe apparire lapalissiano che l’utilizzo dei vari poteri comporti anche danni elementali diversi, anche in corrispondenza di ambienti e nemici specifici: prendendo di nuovo come esempio la nostra Elettricità, ogni colpo inferto contro nemici acquatici o comunque in ambienti umidi non comporta assolutamente alcun boost di potere, enfatizzato tra l’altro dall’assenza di qualsivoglia debolezza elementale da parte dei nemici. La quantità di danno inferto dunque dipende solamente dal tipo di colpo e dalla potenza dell’arma, potenziabile attraverso l’uso di Adamantiti, alla stregua delle Titaniti di Dark Souls.

Nonostante queste mancanze però, Darksiders III è in tutto e per tutto un Darksiders, in grado di sorprendere e divertire come ogni capitolo del franchise. Al contrario di Guerra e della sua Divoracaos (uno spadone) e di Morte e delle sue ovvie Falci, Furia utilizza una Frusta, che si dimostra incredibilmente utile sia negli sconti a media distanza che a distanza ravvicinata: il suo moveset (così come quello delle altri armi a disposizione) non è estremamente complesso ma comunque efficace, mostrando una buona varietà. Come precedentemente detto, andare alla carica contro decine di nemici non è più consigliato, anche perché, ogni nemico sin da quello base, può fare molto male. La natura souls like entra in scena in questi frangenti, quando lo scontro con i nemici deve esser portato avanti con attenzione, cercando di schivare nel miglior modo possibile i colpi avversari; come Morte infatti, anche Furia non dispone di parata per cui, schivare col giusto tempismo è la chiave per uscire vittorioso da ogni combattimento. Oltre ai colpi fisici, Furia dispone anche di magie, ognuna corrispondente ai quattro poteri a disposizione, consumando l’apposita barra. Anche qui purtroppo, non è possibile concatenare i vari colpi magici, visto che il potere non potrà essere cambiato sino al consumo totale della barra della Collera. I vari poteri a disposizione, trasformano Furia nella “maga” del gruppo, permettendole un approccio più vario agli scontri e la possibilità di esplorare e raggiungere zone inaccessibili per ognuno dei suoi fratelli. Questo perché Darksiders III vanta uno dei migliori level design degli ultimi anni, presentando una mappa vasta suddivisa in dungeon collegati tra loro in maniera praticamente perfetta. L’esplorazione diventa dunque fondamentale, non solo per scovare oggetti rari ma anche per raggiungere boss fight segrete in grado di rilasciare ottime ricompense, anche se qui, si denota una certa “legnosità” dei movimenti di Furia, fin troppo “vecchia scuola”.
Tutta l’esperienza accumulata e l’avanzamento di livello è suddivisa in due tronconi principali: attraverso le anime donate a Vulgrim, che ci permetteranno di aggiungere un grado e una percentuale a Salute, Danni e Danni Arcani, oppure attraverso dei manufatti potenziabili e associabili a scelta a ogni arma disponibile, valorizzando diverse caratteristiche di Furia.
Ovviamente torna anche la Forma Caotica, ovvero la vera sembianza di un Cavaliere dell’Apocalisse, potentissima e attivabile non appena l’apposito contatore raggiunge il livello massimo. A differenza delle precedenti però, questa forma è influenzata dalla forza elementale di Furia per cui, se non potenziata a sufficienza, potrebbe causare meno danni rispetto alla nostra frusta. Ma tutto questo non importa, attivarla è sempre un piacere immenso.

Nel segno della continuità

Come detto, l’assenza di Joe Madureira si sente, ma nonostante ciò, il feeling visivo resta immutato, sfruttando le basi dei precedenti capitoli. Il mondo, letteralmente post-apocalittico, si presenta nella maniera consona a un Darksiders, in grado di mischiare sapientemente strutture reali a elementi fantasy tanto cari al franchise. Anche i personaggi secondari e i vari nemici non sono da meno nonostante evidenti alti e bassi, soprattutto per quanto concerne i Sette Vizi Capitali,  i boss principali del titolo; solo pochi di loro però vantano un design quantomeno “memorabile”, lasciando nel dimenticatoio tutti gli altri. Tutto questo si svolge in un contesto tecnico che non fa gridare al miracolo, traducendosi in un’opera funzionale e ben ottimizzata, anche per PC meno performanti.
Come di consueto (anche se per questo capitolo non era poi così scontato), Darksiders III vanta un’ottima localizzazione in italiano, con Stefania Patruno in grado di restituire tutte le sfaccettature di Furia. Anche il resto del cast fa un buon lavoro nonostante effetti sonori e soprattutto l’accompagnamento musicale, non sono all’altezza della produzione.

In conclusione

Darksiders III rappresenta quasi un miracolo: nonostante tutti i problemi di sviluppo e un basso budget a disposizione, riesce a restituire il feeling di una delle saghe migliori degli ultimi anni, con una Furia più complessa di quanto ci si aspetti. Purtroppo, alcune scelte artistiche e di game design – a uno sguardo più attento – si fanno sentire, ma comunque nulla in grado di compromettere l’esperienza.
L’arrivo del prossimo capitolo però, con protagonista Conflitto, non è così scontato. Si spera dunque che questo terzo episodio raggiunga un buon successo, grazie anche al ricco supporto post-lancio promesso.

Processore: Intel Core I7 4930K
Scheda video: Nvidia Gigabyte GTX760 4GB
Scheda Madre: MSi X79A
RAM: Corsair Vengeance 16GB
Sistema Operativo: Windows 10.




The Horus Heresy: Betrayal at Calth

Siamo nel 31mo Millennio e un oscuro destino sta per rivelarsi nell’Imperium.

Un destino che darà inizio a una battaglia che durerà 10.000 anni. Facendo 2 calcoli, da qui viene il nome Warhammer 40.000. The Horus Heresy: Betrayal at Calth, ci racconterà l’epico origine dello scontro tra gli Ultramarine e i Word Bearer, due potenti eserciti che uniti in principio, formavano le forze imperiali più potenti dell’intera galassia conosciuta.

Prima di tutto, una “piccola” premessa

Di certo la storyline non sarà di chiara lettura per tutti. La trama di background di Warhammer è enorme, epocale, complessa, intricata. A tal proposito farò del mio meglio per far comprendere, in un succinto riassunto, le ragioni che spinsero Horus a tradire il padre, l’imperatore del genere umano e successivamente, cosa portò alla scissione del corpo degli spacemarine – se conoscete già la storia perché magari siete dei fan sfegatati della saga, allora potete saltare direttamente al punto 2.

Tutto inizia quando Horus Lupercar, Primarca dell’imperatore, mandato in missione nel selvaggio pianeta Davin, viene ferito gravemente in battaglia. Sotto il consiglio di Erebus, cappellano dei Word Bearer – nell’universo di Warhammer sono gli spacemarine con le armature rosse – i nativi del posto curano Horus ma, all’insaputa di tutti, sia i curatori che Erebus stesso erano stati corrotti dai tentacoli oscuri del Chaos e già al tempo orchestravano complotti contro l’Imperium.
A quel punto Erebus sottopone Horus a un rito del Chaos e, insinuandosi nella sua mente sotto false spoglie e servendosi di visioni terrificanti, lo convince che un giorno il padre, l’imperatore, avrebbe deposto tutti i Primarchi, lui compreso, e avrebbe governato come un dio, convincendolo anche che gli dei del Chaos fossero invece esseri pacifici e che fosse il padre, un guerrafondaio, a volerli distruggere per poter governare come un dio. Gli fece credere tante altre cose, ma la sostanza sta qui.
Una volta rimessosi, Horus abbraccia la causa degli dei del Chaos e inizia davvero a credere che il padre fosse un traditore.
In un secondo momento storico, prima degli avvenimenti di The Horus Heresy, l’imperatore punisce pesantemente i Word Bearer e il loro Primarca Lorgar Aurelian per aver commesso atrocità contro coloro che non volevano accettare il loro credo, ordinando al Primarca Guilliman, degli Ultramarine – gli spacemarine con le armature blu, per intenderci – di radere al suolo Monarchia, la più grande conquista dei Word Bearer. Questi eventi spingono Lorgar ad allontanarsi definitamente dall’impero e intraprendere un sentiero oscuro, portandolo poi a giurare fedeltà al signore della guerra Horus Lupercar e agli dei del Chaos. Si crea così una scissione definitiva dell’esercito degli Spacemarine: Ultramarine e Word Bearer. A questo punto Horus, essendo riuscito a portare tutti i rimanenti Primarchi dalla propria parte, si rende conto che l’unico grande ostacolo tra lui e la conquista dell’impero era il Primarca Guilliman e il suo corpo degli Ultramarine, una minaccia che doveva essere eliminata.

Bene, dopo avervi raccontato, anche se solo una piccola porzione di questo capolavoro della narrativa, sarete in grado di comprendere meglio ciò che accadrà nella modalità campagna del gioco. Procediamo.

Prendo il solito, grazie!

Se c’è una cosa che ha sempre caratterizzato tutti i Warhammer mantenendoli sulla stessa lunghezza d’onda questo è, al di fuori d’ogni dubbio, il navigato sistema di combattimento. Incentrati quasi completamente sui turni o i combattimenti in tempo reale, i titoli di casa Games Workshop hanno finito per diventare un punto di riferimento per i videogiochi strategici. Raramente hanno cercato di sondare acque sconosciute come con Warhammer 40k Space Marine, sviluppato da Relic Entertainment, uno shooter in terza persona misto a un hack’n slash, graficamente ben realizzato, ma purtroppo povero di contenuti, tanto da rivelarsi successivamente un grosso flop commerciale per il brand inglese.

Nel caso specifico di The Horus Heresy: Betrayal at Calth, sviluppato dal team statunitense Steel Wool Studios, stiamo parlando di uno strategico a turni molto semplice. Con pochi comandi su schermo, un HUD molto intuitivo e con meccaniche meno complesse dei classici Warhammer a cui siamo abituati, questo risulta essere forse uno dei giochi più intuitivi dell’intera saga. Lo scopo del gioco è semplice – per alcuni anche banale – sin quanto si dovranno semplicemente completare gli obiettivi per ogni missione assegnata. Le schermaglie si svolgeranno sempre in un campo ristretto e ognuna di esse andrebbe affrontata tenendo conto di tutti quelli che sono i fattori che potrebbero influenzare positivamente o negativamente l’esito dello scontro, poiché affrontare il nemico a viso aperto porterà quasi sempre al game over. Per esempio studiare il campo di battaglia solitamente, è una delle strategie migliori per assicurarsi un vantaggio non da poco, sfruttando a nostro favore barriere o ostacoli per coprirci durante i nostri attacchi. A ogni modo, tendendo conto che si sta analizzando un gioco in versione “early access”, non possiamo trarre conclusioni affrettate riguardo tutte le dinamiche di gioco, ne è possibile sbilanciarsi nella valutazione, perché in fase finale di sviluppo il gioco potrebbe variare. Proprio per questo motivo graficamente sembra essere ancora molto scarno, tra texturing di basso livello ed effettistica che lascia un po’ a desiderare, ma confidiamo che la situazione possa migliorare con la versione completa del gioco.
Il comparto audio al momento si limita a una buona base d’accompagnamento ben riprodotta: nonostante tutto si sente la mancanza di una vera colonna sonora ad accompagnarci nella nostra avventura.

Ovviamente in THH:BaC, avremo la possibilità di giocare in multiplayer tramite matchmaking o partita privata, costruendo anche il nostro esercito, tramite la sezione army builder, avremo la possibilità di personalizzare la nostra squadriglia in base a quello che è il nostro tipo di approccio alla battaglia.

Tirando le somme, non si può dire che The Horus Heresy: Betrayal at Calth sia un prodotto originale o mai visto, ma sicuramente è un titolo che merita l’attenzione di chi è avvezzo all’universo degli strategici e, allo stesso tempo, proprio per la sua incredibile intuitività, potrebbe essere adatto anche a chi si accosta per la prima volta a questa tipologia di videogiochi. Una caratteristica, probabilmente la più interessante, è quella di poter essere giocato completamente con il VR, alimentando ancor di più in questo modo, l’interesse per chi cerca nuove esperienze che si distacchino da quelle che sono le solite “killer app” per la realtà virtuale.




Darksiders III sarà pubblicato nel 2018

Dopo la dipartita di Vigil Games in pochi si aspettavano un terzo capitolo della serie Darksiders. Ma come un fulmine a ciel sereno, grazie a un leak di Amazon, sappiamo che Darksiders III esiste, con data di pubblicazione prevista per il 2018.
Dopo aver vestito i panni di Guerra e Morte, toccherà a Furia, unica donna dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse, a riportare l’equilibrio tra Inferno e Paradiso, dando la caccia ai Sette Peccati Capitali. Dotata di una frusta e abilità magiche fuori dal comune, ci si potranno aspettare grosse differenze in termini di gameplay rispetto ai capitoli precedenti.
L’E3 è ormai alle porte per cui non ci resta che attendere conferme ufficiali da parte di Gunfire Games, sviluppatori del titolo.

Di seguito le immagini rilasciate.

[Update ore 18:30]

Arriva l’ufficialità con il primo trailer.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Q-QgJ-EFq7A




Call of Duty World War II, svelata una possibile data d’uscita

Da qualche ora si discute riguardo la veridicità di quest’immagine che raffigurerebbe il poster del nuovo capitolo della saga Call of Duty, il sequel di World War.

Accanto al logo dovrebbe trovarsi addirittura la data di uscita del gioco: 3 novembre 2017.
Il poster confermerebbe inoltre che gli utenti PlayStation 4 avrebbero l’esclusiva temporanea di 30 giorni sul DLC Map Packs.

Ormai l’E3 è alle porte e non ci rimane che aspettare l’annuncio ufficiale. Terremo gli occhi aperti e vi terremo sempre aggiornati sul tema.