Food Party: prodotti alimentari nei videogiochi

L’alimentazione è un bisogno primario degli esseri umani e, da giocatori, possiamo dire che è forse più forte nei gamer. Dobbiamo pur smettere di giocare, spegnere la console o il PC per poi addentare un bel panino, goderci un gustoso piatto di pasta o, visto che le calorie bruciate di fronte allo schermo non sono tantissime, rifocillarci con della sana frutta. Non tutti i videogiochi ci spingono a mangiare: magari passando da tutti quei fast food in Dead Rising o guardando quei cosciotti di maiale in Castlevania potrebbe venirci un insolito languorino, ma che succede quando il cibo stesso diventa il protagonista del gioco? Oggi, un po’ come abbiamo fatto tempo fa con le celebrità, vogliamo fare un excursus di sapori – più o meno sani – e gaming dando uno sguardo ad alcuni titoli il cui fine non è necessariamente la produzione di un gioco avvincente ma venderti un prodotto! In questo articolo troverete dei giochi il cui fulcro è la promozione di un brand alimentare, perciò, salvo casi eccezionali, non parleremo di casi product placement come il KFC in Crazy Taxi, le promozioni e gli oggetti speciali di Subway in Uncharted 3: Drake’s Deception o le mentine Airway in Splinter Cell: Chaos Theory. Al solito, la lista non sarà completissima perciò se ci dimentichiamo qualcosa fatecelo sapere pure nei commenti!

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Domande esistenziali

Sin dall’alba della nascita dei prodotti di consumo l’uomo è da sempre stato messo di fronte una domanda tanto semplice quanto decisiva: Coca Cola o Pepsi? Sin dal loro arrivo sul mercato, più o meno intorno alla fine del ‘800, le due compagnie si sono letteralmente odiate, una guerra combattuta prodotto su prodotto. Nel 1983, visto che Pepsi nel 1975 diede un duro colpo alla compagnia rivale con dei test a occhi bendati nei supermercati americani, Coca Cola distribuiva alle convention un gioco per Atari 2600 senza etichetta, insieme alla console (che per la crisi, tanto, costavano pochissimo), intitolato Coke Wins ma più in là rinominato dal pubblico Pepsi Invaders per via della sua estrema somiglianza con Space Invaders (tanto che, infatti, il titolo nasce dal codice madre del gioco Taito ed è pertanto considerabile, in tutto e per tutto, un hack). Il titolo, sviluppato da Atari stessa, mirava a promuovere il marchio Coca Cola, infatti lo scopo del gioco era annientare la schiera di navicelle che in cielo formavano sei pericolosissime scritte “PEPSI“, capitanate da altrettanti alieni residuati da Space Invaders, e quando si vinceva appariva la scintillante scritta “Coke Wins“; tuttavia, essendo il marchio del nemico così in bella vista, sembrava che stessero promuovendo la compagnia rivale anziché il promotore stesso e perciò oggi in molti vedono in questo gioco l’esempio lapalissiano di un colpo di zappa sui piedi. Il gioco non fu mai venduto al pubblico ed è pertanto uno dei più rari di sempre: delle copie sono state vendute su eBay per prezzi che oscillavano dai 1000 ai 2000 dollari americani. Se volete provare questo rarissimo gioco vi converrà ovviamente provarlo su un emulatore… oppure, potreste comprare una Coca Cola per 2 euro al bar!

Nel 1983, su Atari 2600 e Intellivision, ci fu un’altra famosa promozione, stavolta per un prodotto assente nei supermercati italiani: parliamo di Kool-Aid Man, gioco che promuove la famosa bevanda fruttata americana “fai-da-te”. Su Atari 2600 controlleremo la famosa brocca animata che da tanti anni promuove il brand e lo scopo del gioco è evitare i Thirsties in corsa, perché altrimenti verremo schiantati a destra e a manca nell’area di gioco e fermarli quando allungano le cannucce per bere dalla pozza di Kool-Aid nel fondo. Poco tempo dopo, per Intellivision, uscì un gioco in cui il nostro obiettivo era quello di controllare due bambini intenti a collezionare i tre ingredienti principali per fare una bella brocca di Kool-Aid (la bustina con la polvere, dello zucchero e una brocca di acqua ghiacciata… sbaglio o stiamo facendo pubblicità gratuita?). Anche qui, i Thirsties, i nemici di Kool-Aid Man, saranno alle nostre calcagna e se ci prendono due volte per noi sarà game over; ma se riusciremo a preparare la bevanda in tempo chiameremo la cara brocca sorridente e goderci il Kool-Aid in santa pace!

(Oh yeah!)

Basta aperitivi, abbiamo fame!

Avete fame? Non vi va di andare in cucina a preparavi un hamburger? A quanto pare, nell’anno 2025 (dunque fra sette anni, tenetevi forte!), i ricercatori Burger King creeranno un Whopper così buono che non dovrete spostarvi dal divano, sarà lui a venire da voi! In Whopper Chase, gioco del 1987 per Commodore 64, ZX Spectrum e MSX, controlleremo il famoso hamburger di casa Burger King alla volta delle fauci di un avventore che lo chiama per telefono; per strada dovremo eliminare pomodori e cetrioli ostili e chef gelosi a colpi di maionese in eccesso (sapete, quella che scola via ai lati del panino morso dopo morso). Il gioco è stato prodotto in Spagna su musicassetta ed era possibile ottenerlo con un Whopper solo nei Burger King spagnoli; al di là dell’intento commerciale la diffusione è stata un successo e come conseguenza i prezzi su eBay, oggi, non sono per niente proibitivi nonostante la circoscrizione al territorio iberico. Di sicuro, nel 1987, i bimbi spagnoli saranno andati ben più volentieri al Burger King con questa scusa (e forse saranno anche ingrassati parecchio)!

Ronald McDonald alla riscossa!

Poteva McDonald’s tirarsi fuori dalla guerra dei software digitali per promuovere i loro ristoranti fast food per famiglie? Nel 1992 arriva M.C. Kids (non Mc Kids…) su Nintendo Entertainment System, noto come McDonald’s Land in Europa, un grazioso platformer ispirato primariamente a Super Mario Bros. 3 per quel che riguarda il design dei livelli e l’overworld diviso in sette mondi. Contrariamente a quel che si possa pensare, il gioco non mette in risalto i prodotti McDonald’s ma di certo è una gran bella presentazione delle mascotte dei loro ristoranti come Ronald McDonald, Birdie, Grimace e l’avido Hamburglar che in questo gioco ruba una borsa magica al famoso (e spaventoso) clown. Per avanzare nell’overworld ci servirà collezionare delle carte da consegnare alle mascotte una volta terminato un livello – gameplay che verrà ripreso anni più tardi nel terribile Spartan per Nintendo Switch –; di certo non è fra i platformer migliori che il NES possa offrire ma per essere un gioco su licenza e, in tutto questo, anche una chiara trovata commerciale per promuovere i ristoranti McDonald’s il risultato non è male e il gioco, nonostante alcuni difetti, risulta tuttavia godibile.

Dopo questo titolo, McDonald’s rientrò nel mondo dei videogiochi con altri due platformer per Sega Mega Drive o Genesis in Nord America: il primo è Global Gladiators del 1992, un gioco in cui due ragazzini di nome Mick e Mack vengono catapultati nel loro fumetto preferito (guarda caso pieno di doppi archi dorati) grazie a una magia di Ronal McDonald, e l’altro è McDonald’s Treasure Land Adventure del 1993. L’ultimo titolo è davvero niente male, specialmente perché dietro allo sviluppo di tale gioco c’è il leggendario studio Treasure, noto per aver prodotto alcuni dei migliori videogiochi mai sviluppati come Gunstar Heroes, Dynamite Headdy, Guardian Heroes, Radiant Silvergun e Ikaruga! Che dire? Anche i migliori hanno bisogno di un Big Mac di tanto in tanto!

I’ vogl na pizz!…

Ai napoletani sicuramente non piacerà ma per gli americani è una garanzia quando non ci si vuole avventurare in un ristorante italiano sconosciuto: Domino’s Pizza è un brand molto famoso negli Stati Uniti e dal 2015 è presente anche nel territorio italiano con otto ristoranti a Milano e uno a Bergamo. Il titolo che vedremo adesso è Yo! Noid, videogioco con protagonista il Noid, protagonista e mascotte delle pubblicità di questo popolare brand americano. A differenza dei giochi McDonald’s il gioco, che in realtà era un titolo per Famicom di Capcom originariamente uscito come Kamen no Ninja Hanamaru, risulta molto carente sia sul piano della dinamicità, offrendo un gameplay poco bilanciato per il fatto che il Noid viene annientato solo dopo un colpo e una grafica buona ma confusionaria sul piano dell’uso dei layer di scorrimento. Ad aggravare la situazione sono presenti le orrende sezioni dei pizza eating contest in cui bisognerà mangiare più pizza di un altro Noid; queste sono delle vere e proprie boss battle in cui regna la casualità, in quanto i due partecipanti pescheranno in maniera radomica un numero da un selettore e, il partecipante col numero più alto aggiungerà un punto sul suo pizza meter. Meglio andare a mangiare una pizza!

… e una Pepsi!

Più tardi, nel 1999, anche Pepsi si buttò nel mercato videoludico proponendo un titolo a oggi molto discusso, una vera e propria bestia rara, visto che uscì solo in Giappone, ma molto divertente e soprattutto bizzarra. Sviluppato dallo studio giapponese KID, Pepsiman per PlayStation è una sorta di gioco d’azione in cui controlleremo l’iconico (non in Italia) supereroe gasato nel intento di portare una Pepsi a chi ne ha bisogno, come un militare nel deserto; il gioco si presenta come uno runner sullo stile di Metro Cross o Penguin Adventure – oggi sarebbe un gioco ideale per smartphone – e bisognerà evitare bizzarri ostacoli come dei lavori in corso per strada, stendibiancheria nei giardini, camion carichi di Pepsi e lattine giganti che ci inseguono come il masso all’inizio di Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta. Stranamente, il gioco è interamente doppiato in inglese, il che lo rende tranquillamente giocabile per chi non parla giapponese, e con alcune cutscene girate a Los Angeles che includono la presenza dell’attore Mike Butters, ricordato per essere stata la prima vittima del killer in Saw: l’Enigmista; a quanto pare era programmata una release internazionale ma alla fine il gioco rimase relegato al Giappone.
Il gioco, tuttavia, non segna la prima apparizione di Pepsiman in un videogioco; il supereroe era presente nel picchiaduro Fighting Vipers nel 1996 per Sega Satun (di cui potrete vedere un footage nel fondo di questo articolo sul Polymega, anche se Pepsiman non è presente) dove divenne un personaggio sbloccabile grazie a un accordo pubblicitario fra Pepsi e Sega.

Prima di concludere il discorso di questi particolari titoli promozionali vogliamo parlare un secondo dei “videogiochi originali” presenti nelle confezioni delle merendine Ferrero. A oggi è molto difficile tracciare tutte le “release” di questi titoli, che comprendono titoli del calibro de Gli Straspeed e la Strarace e il videogioco de i Magicanti, delle mascotte Ferrero durate per poco tempo, ma vale la pena di ricordare lo spettacolare Fresh Adventure, un lentissimo e davvero scadente platform con il pinguino del Kinder Pinguì e Fetta al latte; perché spettacolare? Per questo esatto motivo:

GameCompass per la vostra salute

Ci sono ancora molti giochi che promuovono brand alimentari, come Cool Spot per le console 16 bit che promuoveva la 7-Up, Chester Cheetah: Wild Wild Quest per Sega Mega Drive e Super Nintendo che promuoveva il brand di chips Cheetos e persino i recenti Dash of Destruction e Crash Course per Xbox 360 per promuovere il brand Doritos. Tuttavia, i giochi che abbiamo promosso finora contengono prodotti ipercalorici che nel peggiore dei casi, possono portare a malattie come il diabete.
Per scongiurare casi come questi la Novo Nordisk, una compagnia danese specializzata nel trattamento del diabete e nella produzione di insulina, si è buttata nel ring nel 1992 con Captain Novolin per SNES, un titolo sviluppato da Sculptured Software per sensibilizzare i bambini affetti da diabete (ma solo quelli col Super Nintendo. Al diavolo quelli col Mega Drive o i computer!). Nel gioco ci verranno spiegate le migliori soluzioni per trattare questa brutta malattia e per proseguire le avventure dell’unico supereroe affetto da diabete di tipo 1 bisognerà di tanto in tanto rispondere a qualche domanda sull’argomento; sia genitori che bambini hanno trovato questo gioco molto utile nonostante il gameplay poco interessante ma bisogna anche ammettere che mirare alla sensibilizzazione a un problema così grande e spesso sottovalutato è un obiettivo veramente nobile… il vero problema, giusto per concludere in bellezza, era che il gioco veniva venduto a prezzo pieno e nessuna parte dei proventi venne investita per la ricerca; dunque, alla fine dei conti, il vero obiettivo del gioco era venderti l’insulina della Novo Disk!

Dunque, state attenti a cosa mangiate, non andate a mangiare cibo spazzatura di frequente o altrimenti vi toccherà giocare con Captain Novolin!

(Bene Captain Novolin, ha salvato il mondo! Per festeggiare che ne direbbe di un bel pezzo di tor… ops…)



Polymega: la nuova frontiera del retrogaming

Le librerie digitali di PC e console sono inondate da titoli dall’aspetto vintage ma per ora, dopo la chiusura di LOVEroms e LOVEretro e dell’effetto domino che si è venuto a creare, gli interessati a riscoprire i veri e propri titoli del passato per ora non vivono giorni facili. Sia Steam che gli store digitali delle console non stanno offrendo una vera alternativa alle tanto amate ROM e i rivenditori su eBay sembrano voler girare il coltello nella piaga. Per quanto nero possa sembrare lo scenario attuale qualcuno si sta già muovendo e un ambiziosissimo progetto avviato un anno fa sta per vedere la luce: stiamo parlando della Polymega, una console di una nuova compagnia chiamata Playmaji e fondata da ex dipendenti di Insomniac e Bluepoint games (senza contare che questi hanno lavorato a giochi tripla A come Ratchet & Clank e Titanfall) e che promette compatibilità con ben 13 sistemi (in realtà 30 se contiamo che questa “frankenmacchina” è region free). Questi, per la gioia dei più appassionati, sono:

  • Sony PlayStation
  • Neo Geo CD
  • Turbografx 16/PC Engine
  • Turbografx 16 CD/PC Engine CD-ROM2
  • Supergrafx
  • Super CD ROM2
  • NES
  • SNES
  • Sega Mega Drive
  • Sega CD
  • Sega 32X
  • Sega CD32X
  • Sega Saturn (quest’ultima annunciata a sorpresa con il trailer di lancio per l’apertura dei preorder)

Chiunque di fronte una tale lista rimarrebbe senza fiato e i retrogamer di tutto il mondo potrebbero ritrovarsi un sistema che potrebbe risolvere un’infinità di problemi, dallo spazio in casa ai soldi da spendere per i sistemi, i giochi ed eventuali pezzi di ricambio o per la manutenzione di quest’ultime (specialmente per le console a CD costruite con un sacco di pezzi mobili o batterie RAM da cambiare). Ma cosa è esattamente questa macchina? Come può promettere una compatibilità così ampia e come risolverebbe l’attuale fame del retrogaming?

I can make this work

Il termine “frankenmacchina” che abbiamo usato poco fa descrive perfettamente la natura di questo prodotto – cara Accademia della Crusca, il mio codice IBAN è… –: la console è composta da una base, il cuore della macchina, in cui è presente il lettore CD che permette di leggere tutti i sistemi a supporto ottico (dunque ben sei sistemi) e a questa possono essere aggiunti dei moduli che leggeranno le cartucce originali, le cui ROM verranno caricate nel sistema interno per essere emulate (pertanto non sarà necessario inserirle ogni volta che vogliamo giocare con un determinato gioco), e saranno compatibili con i controller originali. Nella base troveremo inoltre due porte USB (come spiega la sezione FAQ del sito di Polymega e da come possiamo vedere dal trailer introduttivo), sarà compatibile con bluetooth e, visto che gli sviluppatori promettono aggiornamenti per il sistema operativo interno, sarà possibile connettere la macchina a internet per accedere a un futuro store, che verrà lanciato nell’ultimo quarto del 2019, dove poter scaricare giochi e, se l’obiettivo dei 500.000$ verrà raggiunto nei primi 35 giorni, persino mandare il proprio gameplay in streaming su Twitch e YouTube. Il sito ha da poco aperto i preorder: il modello base, che comprende un controller standard simil PlayStation 4 per giocare ai sistemi CD, costa 249,99$ (al cambio attuale, in Euro, sono circa 215,60€) mentre i singoli moduli, che verranno venduti insieme a dei controller cablati simili a quelli dei sistemi emulati, costeranno 59,99$ (attualmente 51,74€) e al loro interno saranno caricati ben cinque giochi. Essendo un sistema moderno, l’attacco principale della console sarà l’HDMI ma, come un NES mini o SNES mini ci permette, sarà possibile regolare l’immagine e pertanto decidere se scegliere il formato 4.3 o 16:9, se mostrare tutti i pixel, mostrare gli “scalini” o avere un’immagine “pixel perfect“. Come già accennato, questa console estrarrà le ROM dalle cartucce per poi, essenzialmente, emularle all’interno dei moduli (e permettere tutto quello quello che permettono gli emulatori: save e load state, fare screenshot, registrare il gameplay, etc) ma gli sviluppatori hanno promesso di creare degli emulatori da zero, senza l’ausilio di altri software preesistenti.

Cosa significa Polymega per l’industria?

Prima di sottolineare come Polymega potrebbe incidere sul mercato vogliamo, per prima cosa, evidenziarne alcuni aspetti. Innanzitutto, questa console viene incontro alle richieste dei retrogamer finora rimaste inascoltate; nessuna terza compagnia, le molte che operano nel campo del retrogaming per offrire nuovi dispositivi per le vecchie macchine, aveva finora pensato alle piccolezze di alcune di queste, come offrire la compatibilità con il 32X per i cloni del Sega Mega Drive, offrire un’alternativa moderna agli ormai costosissimi Turbografx 16/PC Engine, senza contare che il loro modulo leggerà, praticamente, le sei cartucce del Supergrafx (console che si sarebbe dovuta comprare a parte anche possedendo una delle due versioni della console NEC), ma soprattutto offre la prima vera soluzione per i giochi su compact disk la cui compatibilità, grazie agli aggiornamenti firmware, potrà essere espansa a ben altre console a supporto ottico in futuro come il Sega Dreamcast (continuamente citato nella sezione FAQ) il 3DO o persino la PlayStation 2. Non dimentichiamoci inoltre che l’annunciata compatibilità con i giochi per Sega Saturn è molto importante perché da sempre questa console ha avuto la negativa fama di essere la più difficile da emulare per via del suo arduo sistema dual core, parallelamente all’essere una delle più ricercate fra i retrogamer. Similarmente, i moduli da comprare a parte, che potranno anche essere sviluppati da altre compagnie, continueranno ad uscire per offrire ai giocatori nuove soluzioni per console come il Nintendo 64, Atari 2600 o chissà cosa!
La console, diversamente da altre come il Retron 5 di Hyperkin o l’AVS di Retro USB, vuole porsi letteramente come un faro per i retrogamer e, come già citato precedentemente, vuole lanciare uno store digitale dove offrire legalmente tutte le ROM apparse finora nei maggiori siti di emulazione come emuparadise.me; questo significa anche, e soprattutto, raggiungere gli sviluppatori originali e coinvolgerli in tutto e per tutto nel progetto Polymega, ponendosi come una quarta console attuale ma dedicata esclusivamente al retrogaming. Alcune grandi compagnie come Capcom o Irem hanno già espresso interesse verso questo particolare mercato fornendo, pur sempre in quantità limitate, delle cartucce commemorative funzionanti e operative prodotte da RetroBit di Street Fighter II, Mega Man 2 e Mega Man X, R-Type III e Holy Diver (ebbene sì, un gioco ispirato a Ronnie James Dio e ai Black Sabbath! Un giorno ne parleremo), senza contare che altre compagnie, anche senza il consenso dei publisher, hanno prodotto molte reproduction cartridge per giochi ormai andati persi nelle obbrobriose aste eBay come Nintendo World Championship. Grazie a Polymega potrebbe esserci un rinnovato interesse in questi prodotti repro che potrebbero persino coinvolgere i giochi su disco, cosa che finora nessuna compagnia ha mai preso in considerazione, e dunque vedere delle nuove stampe – dei reproduction disk oseremo dire – di molti giochi per Saturn, Neo Geo CD o TG16/PC Engine CD, spesso dimenticati nel vastissimo oceano retrò. Playmoji, probabilmente visti i recenti sviluppi, non si è espressa sul tema ROM da caricare via USB o backup, per ciò che riguarda i giochi su CD, però hanno lasciato intendere che una volta caricata l’immagine sul sistema, potranno essere patchati; questo aprirebbe Polymega all’intera scena hack e delle traduzioni. Che dunque che potrà esistere un modo per permettere tutto questo? Probabilmente lo sapremo solo una volta che metteremo le mani su questo fantastico prodotto.

Questioni sul sito e il chip FPGA

Un po’ di tempo addietro, il sito è stato chiuso per qualche giorno e, alla riapertura, che ha lanciato definitivamente i preorder, sono state cambiate alcune specifiche del sistema: tutti i cambiamenti sono stati spiegati in un articolo su Nintendolife, redazione molto vicina alla compagnia che sta producendo il Polymega. Playmoji ha aperto uno stand durante l’ultimo E3 in cui era possibile provare la base della console e alcuni moduli, il tutto ancora in stadio di prototipo; lì hanno raccolto i primi feedback dei potenziali consumatori e in molti si sono lamentati dei lag durante l’emulazione dei giochi per PlayStation. Gli ingegneri hanno considerato attentamente l’opinione dei giocatori e così si è optato per ottimizzare l’hardware della console cambiando il vecchio processore FPGA quad core Rockchip RK3288 di 1.8Ghz che emula i sistemi in questione, un tipo di chip montato in console come l’Analogue NT o l’AVS; per spiegarlo in breve, le schede madre delle vecchie console non vengono ricreate da capo o in una maniera diversa per evitare questioni con le case produttrici originali, ma l’intero hardware viene emulato all’interno di un processore chiamato FPGA. Adesso, all’interno del modulo base, il chip in questione è stato sostituito da un più potente Intel CM8068403377713 dual core, il ché dovrebbe un fattore positivo (e che avrebbe probabilmente permesso l’emulazione per Sega Saturn) ma non è un chip specifico FPGA che permette l’emulazione ibrida dei sistemi sopracitati; per altro, questi chip dovrebbero essere inseriti all’interno di ogni modulo ma adesso il tutto grava sul nuovo chip montato all’interno della base. È possibile che il cambio del processore non gravi per nulla sull’emulazione dei sistemi e che i competenti sviluppatori in questione sanno quello che fanno (senza contare che un prototipo funzionante è apparso all’E3 e presentava solamente problemi per l’emulazione PlayStation) ma dalla riapertura del sito Playmoji non ha rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale oltre all’articolo su Nintendolife e le domande degli appasionati alla ricerca dell’emulazione perfetta sono ancora senza una risposta ufficiale. Ad alcuni non interessa e sono certi, visto che il nuovo processore è più potente del precedente (e dunque semplicemente facendo 2 + 2), che il sistema possa essere addirittura migliorato ma ad altri sorgono altri dubbi, specialmente visto lo strano silenzio della compagnia dopo il rilascio dell’articolo e la riapertura del sito. Bisogna dire che la zona FAQ del sito è veramente esaustiva ma ancora molte domande necessitano di una risposta abbastanza tempestiva.
Vale ricordare inoltre, che il Polymega non è un kickstarter o un crowdfunding ma c’è un reward system dalla quale, in base alle prevendite, si raggiungeranno degli obbiettivi che permetteranno di creare nuove feature per gli acquirenti, come compatibilità espansa per il lettore CD e nuovi moduli; se l’obiettivo minimo di 500.000$ non verrà raggiunto le console verranno richiamate e rilanciate successivamente seguendo il feedback dei compratori ed è per questo che Playmoji, ora più che mai, deve garantire una buona comunicazione con chi sta per prendere in considerazione l’acquisto del sistema. Di certo non si tratta di una truffa come il Coleco Chameleon (tratteremo questo tema in futuro) in quanto il sistema è già stato mostrato funzionante all’E3 e le persone dietro al progetto sono davvero competenti ma le uniche domande che per ora gli appassionati si pongono sono: sarà un sistema all’altezza delle aspettative? Vale la pena comprare questo sistema al lancio? E se il lancio va male?

Aggiornamento del 13/09/2018

Proprio di recente, per fortuna, gli sviluppatori hanno dato prova della potenza del loro  sistema e tutto sembra essere tornato alla normalità. Sul loro canale YouTube sono apparsi ben tre video di gameplay di alcuni giochi per Sega Saturn, che si avviano dalla selezione dei titoli nel sistema operativo; con questa mossa gli sviluppatori hanno dimostrato che il processore è in grado di emulare perfettamente questa macchina problematica (visto che alcuni si sono lamentati del fatto che alcuni video di gameplay mostrati nel trailer di lancio appartenessero ad alcune controparti arcade) e perciò, se è in grado di emulare il Saturn, è fondamentalmente in grado di emulare tutto il resto. In breve, la console 32 bit di Sega era la prova del nove e Polymega l’ha superata. Il primo video mostra un gameplay variegato: vengono caricati Guardian Heroes, Sega Rally Championship, Panzer Dragoon Zwei, Fighting Vipers, Dungeons and Dragons Collection: Shadow Over Mystara (questo titolo è molto importante poiché richiede l’esclusiva cartuccia RAM da 4 Mb da inserire nel Saturn, dunque questa è la prova che è anche in grado di emulare questo hardware esterno) e House of the Dead (giocato col controller, visto che le lightgun dei tempi non funzionano più coi televisori nuovi). Il secondo e il terzo video mostrano un ulteriori gameplay di Sega Rally Championship e Fighting Vipers girare a 60 FPS, meglio di come potrebbe fare un Sega Saturn originale. In tutti i video, insieme al gameplay cristallino, viene inoltre mostrata la capacità di creare dei save state e ricominciare esattamente dal punto in cui si lascia l’azione, sottolineando dunque che la macchina estrae letteralmente l’immagine per poi emularla. A questo punto, tutti i peccati di Playmoji sono stati assolti ma rimane giusto qualche dubbio: l’ultima cosa che gli utenti vorrebbero solamente vedere, stando ai commenti sui video, è uno stream su Twitch/YouTube in cui mostrano gli sviluppatori giocare effettivamente con la Polymega, inserire qualche disco e vedere il sistema che estrae l’immagine, provare e scambiare qualche modulo, etc… Si spera dunque che gli sviluppatori diano ancora più prove a sostegno della versatilità di Polymega (anche se, in realtà, ne hanno date abbastanza all’ultimo E3) ma a ogni modo, finalmente, alla preoccupazione più grande, ovvero l’efficienza del nuovo chip, è stata data una risposta molto esaustiva.
Per le comunicazioni ufficiali da parte degli sviluppatori vi basterà seguirli sul loro canale YouTube e sulla loro pagina Facebook.

(video del gameplay variegato)

(Sega Rally Championship a 60 FPS)

(Fighting Vipers a 60 FPS)



Dusty Rooms: la tragedia di Sonic X-Treme

Oggi il Sega Saturn è decisamente una delle console più gettonate fra i retrogamer e sta vivendo una seconda vita grazie a internet e alla condivisione di informazioni riguardanti tutti quei giochi oscurati dalle più popolari Sony PlayStation e Nintendo 64, molti dei quali mai arrivati dal Giappone. Tuttavia, in molti concordano nel dire che uno dei più grandi fattori che ha sancito il fallimento di quest console, insieme ad altri fattori riguardanti il complesso hardware e le pubblicità poco convincenti, è stato quello di non avere un titolo dedicato a Sonic, la mascotte che riuscì a dar filo da torcere a Mario e Nintendo. Nel Sega Saturn è possibile trovare Sonic Jam, una compilation contenente i quattro titoli per Sega Mega Drive ottimizzati per la nuova macchina, Sonic 3D Blast, essenzialmente un porting del titolo per la precedente console 16-bit, e Sonic R, un discutibile gioco di corse (senza veicoli) con i personaggi della saga; nessuno di questi titoli fu mai posto come principale della saga da lanciare, se non altro, contro Super Mario 64 e il nuovo Crash Bandicoot. Poteva mai Sega pensare di lanciare la sua nuova console senza un gioco di Sonic? Ovviamente no. Sonic X-treme sarebbe dovuto diventare non solo il nuovo titolo principale del porcospino blu ma anche la killer-app che avrebbe lanciato il Saturn una volta per tutte, ma purtroppo il gioco non uscì mai. Ma come mai Sega cancellò un progetto così grande e perché la loro console 32-bit rimase senza un gioco dell’iconico porcospino?

Verso il 3D

La storia di Sonic X-Treme comincia nel 1993: Sonic è in capo al mondo con ben tre titoli principali (Sonic the Hedgehog, il suo sequel e Sonic CD), altri due giganteschi titoli in uscita (Sonic the Hedgehog 3 e Sonic & Knuckles) e un’infinità di spin-off su Mega Drive, Master System e Game Gear. Yuji Naka, ideatore del personaggio, e Hayao Nakayama, presidente di Sega in quel periodo, chiamarono il Sega Technical Institute, lo studio di Sega negli Stati Uniti che si occupò della saga dopo il primo capitolo insieme al Sonic Team, chiedendo un nuovo rivoluzionario titolo del porcospino blu basato sulla serie a cartoni animati della ABC per una nuova console Sega (che ai tempi non aveva chiaro quale sistema, fra 32X e Sega Saturn, lanciare). Lo studio americano non aveva idea di cosa proporre in Giappone, soprattutto per il mancato sviluppo di Sonic & Knuckles. Sega Technical Institute si divise letteralmente in due: una parte rimase negli Stati Uniti per completare l’ultimo titolo 2D di Sonic per Sega Mega Drive mentre l’altra andò in Giappone per proporre nuove idee per un titolo principale. Furono proposte 3 idee:

  • Sonic 16: titolo 2D e proponeva un insolito gameplay basato sullo stealth. Un gioco decisamente interessante, ma nulla a che vedere con il velocissimo gameplay dei giochi precedenti e perciò venne scartato. A ogni modo, molte parti della sceneggiatura, apparse su internet più tardi, vennero prese come spunto per essere utilizzate più in là con il progetto di Sonic X-treme.
  • Isometric Game: al di là di non avere neanche un vero nome, questo progetto non superò mai lo stadio concettuale e non venne presentato alcun gameplay. Di questo progetto ne presero gli asset, alcuni anni più tardi, per Sonic 3D Blast ma quel sistema di gioco, un po’ sperimentale, non poteva mai andare oltre lo stato di spin-off.
  • Sonic Mars: fra i tre progetti questo era considerato il più valido in quanto era concepito totalmente in 3D e sul 32X ma Yuji Naka, anche se approvò il progetto, non era totalmente impressionato da ciò che vide. Fu l’unico progetto a passare allo sviluppo ma alcune dispute interne, insieme all’insuccesso dell’ultimo add-on per Mega Drive, portarono all’abbandono del capo programmatore e al momentaneo alt generale. Chris Senn, che lavorò all’eccellente Comix Zone, fu messo a capo del progetto: scartò il tema del cartoon ABC e interruppe un’altra volta lo sviluppo in attesa che Sega definisse meglio il successore del Mega Drive. Come i precedenti 3 progetti, anche questo, fu cancellato.

Malgrado tutto, Sonic Mars mise il team di sviluppo sul giusto binario, ovvero sul Sega Saturn, e un nuovo definitivo progetto fu avviato… e ancora una volta cancellato! Sonic Saturn non uscì mai dallo sviluppo né fu mai annunciato ufficialmente ma alcuni concept art e immagini dei prototipi confermarono la grafica 3D, l’idea per un bonus stage che fu usato, più in là, per Sonic 3D Blast e uno stile molto realistico e un po’ più serioso dei precedenti titoli (i fan si accorsero inoltre che alcune piastrelle dei pavimenti furono usate più tardi per Sonic R). A questo punto, per l’ennesima volta, il Sega Technological Institute dovette non solo ricominciare da capo ma dividersi ulteriormente: un primo team capitanato da Chris Senn e Ofer Alon (che chiameremo più in la “Team-A“) avrebbe sviluppato i livelli mentre un secondo capitanato da Chris Coffin (che chiameremo “Team-B“) avrebbe sviluppato gli scontri contro i boss, utilizzando un motore preesistente per 32X, ed entrambi sarebbero stati supervisionati da Mike Wallis. Finalmente esisteva un assetto definito per poter sviluppare il titolo definitivo di Sonic per Sega Saturn ma questo schema, prima o poi, si sarebbe rivelato poco efficace.

(La demo di Sonic Mars su 32X)

Uno sviluppo faticoso

Quello che si creò dalla divisione in due team… furono ulteriori divisioni! All’interno dei gruppi di lavoro si crearono altri piccoli sottogruppi e mantenere una comunicazione costante fra i due team era molto difficile per il numero generale dei dipendenti e le suddivisioni; nonostante tutto, entrambi i team stavano facendo un bel lavoro e i primi risultati stavano venendo fuori. Il Team-A aveva sviluppato un motore su un computer Mac che animava i personaggi, resi con un 3D prerenderizzato simile a Donkey Kong Country, e produceva una prospettiva “fish eye” (in italiano diremo a grandangolo) che davano ai livelli una rotondità mai vista prima (che avremmo visto molto più tardi in giochi come Super Mario Galaxy). L’ambiente girava intorno a Sonic e questa sarebbe stata la caratteristica chiave del nuovo titolo Sega. A un certo punto dello sviluppo sarebbero stati introdotti dei livelli specifici per altri personaggi: Knuckles sarebbe stato protagonista di alcuni livelli con una prospettiva top-down (simili a quelli di Contra 3: the Alien Wars), Tails avrebbe affrontato dei livelli simili a quelli che sarebbero stati i suoi in Sonic Adventures per Dreamcast e per Tiara, un nuovo personaggio femmina introdotto in Sonic Mars, stavano programmando dei livelli classici in 2D. Il motore grafico, prima prodotto su Mac e poi utilizzato su Windows, restituiva un azione fluidissima su computer ma i programmatori sopravvalutarono le capacità del Saturn; il prototipo, a detta dei programmatori che ci lavorarono, girava fra i 3 e i 4 FPS sulla console e perciò dovettero ricorrere a un aiuto.
A questo punto il Team-A aveva bisogno di supporto e fu così che coinvolse la casa produttrice Point of View. La nuova compagnia propose al team un loro motore mostrando l’immagine di un Sonic poligonale sopra una superfice a scacchi e una sfera in aria; Chris Senn non fu totalmente impressionato dalla loro tecnologia e non aveva intenzione di scartare il motore alla quale aveva lavorato tanto perciò lasciarono perdere la loro offerta. Tuttavia, su consiglio di Ofer Olan, la Point of View fu coinvolta nel progetto preesistente per migliorare il motore del Team-A e farlo funzionare meglio su Saturn e così, da una costola del suddetto team, si formò un Team-C capitanato da Chris Senn (uscendo definitivamente dal suo team originale).

(Il motore dei livelli del Team-A e Team-C)

L’ira dal Sol Levante

Nel Marzo del 1996 Hayao Nakayama programmò un volo per gli Stati Uniti per controllare il lavoro del Sega Technical Institute. Il Team-C, malgrado tutto, riuscì a ottimizzare il motore per il Saturn, lavorando giorno e notte fino all’arrivo del presidente di Sega. Chris Senn e Ofer Alon si diressero al meeting per trovare un Nakayama furioso che camminava verso il senso opposto; stupiti dalla reazione del presidente capirono che il meeting era già avvenuto e il Team-A aveva presentato una versione vecchissima del loro lavoro, una di quelle che girava fra i 3 e i 4 FPS. Tuttavia, Nakayama fu soddisfatto dal lavoro del Team-B, e decise che il gioco doveva essere sviluppato tramite quel motore (che non aveva la caratteristica chiave del motore del Team-A poiché basato sulle boss fight); Chris Senn e Ofer Alon tentarono in tutti i modi di mostrare al presidente la versione più recente del loro lavoro ma egli aveva già lasciato l’edificio mettendo così un punto definitivo al lavoro del Team-A e Team-C sollevando allo stesso tempo i due programmatori e Point of View dai loro incarichi.
Il progetto si avviò verso una fase più definitiva: il Team-B, il cui capo Chris Coffin sarebbe diventato il nuovo lead programmer, avrebbe condotto il resto del progetto (che assunse la nuova denominazione “Project Condor“) e questo sarebbe dovuto essere pronto per Natale, in tempo per competere contro Super Mario 64 e Crash Bandicoot. A questo punto della storia c’è un evento che coinvolge il motore grafico di Nights into Dreams… ma non si sa esattamente cosa sia successo; tutti i fatti riguardanti questo progetto sono state fornite da Chris Senn nel suo sito Sonic X-treme Compendium (oggi offline) ma da questo punto in poi egli non è più presente e perciò il prossimo evento è un po’ avvolto nel mistero. Essendo stata fissata una data per Natale, il Team-B aveva bisogno immediatamente di mezzi per completare il loro gioco. Avrebbero chiesto dal Giappone il motore per Nights into Dreams… ma, apparentemente, senza alcun permesso da parte di Yuji Naka che sviluppò il popolare gioco per Saturn; il noto creatore di Sonic bloccò immediatamente i lavori mettendo un punto ai progressi fatti col suo motore grafico. Si dice anche che il motore di Nights non fu mai utilizzato in sé ma bensì plagiato, scatenando ugualmente l’ira di Yuji Naka. A ogni modo, di tutte le versioni, questa è l’unica versione trapelata su internet e, a oggi, è possibile scaricare l’immagine per poterla provare sul proprio Sega Saturn o su un emulatore. La iso è giusto una sorta di tech demo e perciò si può giusto correre per delle collinette, attraverso un fiume, collezionare una cinquantina di anelli e non c’è alcun nemico.

(La tech demo giocabile, realizzata col presunto motore di Nights into Dreams…)

La fine

Project Condor, ancora una volta, dovette ripartire da zero. Erano solamente rimasti alcuni modelli di grafica 3D e Chris Coffin doveva immediatamente fare qualcosa. Lavorò giorno e notte insieme al veterano della saga Hirokazu Yasuhara per poter arrivare alla scadenza e il gioco, arrivati a questo punto, assunse una grafica puramente 3D e cominciava a prendere una forma deliziosa; sfortunatamente, proprio per l’assiduo impegno che stava dedicando al progetto, si beccò una grave polmonite ad Agosto e i dottori dissero che se avesse continuato sarebbe potuto persino morire. Chris Coffin dovette annunciare a Mike Wallace che il gioco non sarebbe stato pronto per il tempo stabilito e così il progetto fu cancellato definitivamente. Sega, in vista del Natale del 1996, decise di fare un porting di Sonic 3D Blast per Mega Drive e Nights into Dreams… divenne il titolo più venduto per Saturn. Chris Senn tentò di salvare il progetto chiedendo a Sega di poter continuare lo sviluppo per un rilascio su PC ma le sue richieste non furono ascoltate. Più in là, vedendo un interesse dei fan riguardo a Sonic X-Treme, annunciò Project-S, un gioco indipendente ispirato a ciò che sarebbe stato questo gioco ma purtroppo cancellò il tutto nel 2010.

(La fase finale del progetto)

Cosa rimane

Finita l’esperienza di Sonic X-Treme, il Sonic Team si potè concentrare su Sonic Adventure per la futura Dreamcast. La lezione era stata imparata e il nuovo titolo Sega uscì senza problemi dovuti alla comunicazione o alla programmazione. Tuttavia, nel 2010, venne rilasciato Sonic Lost World per Nintendo Wii U, 3DS e Windows, titolo non scelto a caso poiché, appunto, presenta dei mondi rotoscopici e sferici proprio come il gioco che non uscì mai (appunto “Lost World“). Non sapremo mai come sarebbe stato Sonic X-Treme ma vorremo comunque porre una domanda: avrebbe potuto questo titolo salvare il Sega Saturn? La concorrenza era spietata e sia Crash Bandicoot che Super Mario 64 erano giochi incredibilmente belli; per poter mettere il Saturn in un piano di rilevanza Sega avrebbe dovuto mettere un gioco competitivo e, vista la programmazione frammentaria, probabilmente Sonic X-Treme sarebbe stato pieno di difetti e troppo differenziato. Bisogna anche ammettere che la mancata uscita di questo titolo ha permesso però a Saturn, molti anni dopo, di spiccare come console da collezione: grazie alla mancanza di un vero gioco di Sonic, molti Developer (interni ed esterni) hanno provato a far spiccare la loro IP per dare alla console Sega un identità diversa dalla competizione e dunque oggi abbiamo una libreria di giochi con una varietà impressionante. Solo su Saturn possiamo trovare Nights into Dreams…, Panzer Dragoon Saga, Virtua Fighter 2, Fighters Megamix, Guardian Heroes, Radiant Silvergun e molti altri. Sotto questo aspetto la mancata uscita di Sonic X-Treme potrebbe persino rappresentare un bene per la console ma è ovvio che la cancellazione del progetto non ha potuto dare all’hardware un vero volto per coloro che volevano saperne di più sulla console. Chissà se almeno, verso la fine, il gioco sarebbe stato davvero all’altezza della competizione; purtroppo non lo sapremo mai.




Dusty Rooms: La storia di Panzer Dragoon Saga

Sfuggire ai giochi classici, a oggi, è quasi impossibile; grazie alle mini console, ai remake, remastered e re-relase, che siano virtuali o fisiche, è possibile ripercorrere a ritroso la strada che ci ha portato al gaming moderno. Ci sono però casi in cui è impossibile recuperare un determinato gioco, come ad esempio quando un titolo ha una particolare licenza o è impossibile risalire al developer o publisher originale, e per tanto sperare in un rilascio odierno, che sia migliorato o “al naturale”, diventa molto difficile. Come se non bastasse, alcuni titoli, cui all’assenza nelle console odierne si unisce a una probabile magra tiratura, finiscono per costare un accidente su eBay e perciò recuperare certi titoli per gli hardware originali diventa semi-impossibile… Si passa praticamente dalla padella alla brace! Grazie all’avvento di internet, emulatori e hard/softmod varie per retroconsole è stato possibile riscoprire molti titoli dimenticati e tanti franchise, dati ormai per dimenticati, sono inaspettatamente tornati; ne sono esempio Splatterhouse, l’imminente Shaq-Fu, Shenmue 3 o Nights: Journey of Dreams.
Tuttavia, nonostante siamo in piena riscoperta del retrogaming, manca ancora all’appello un gioco, uno che appare di continuo nelle liste dei migliori RPG di tutti i tempi e persino fra i primi 50 migliori 100 giochi di tutti i tempi su IGN (nel 2005 e 2007) e che, a oggi, ha assunto uno status semi-leggendario; stiamo parlando di Panzer Dragoon Saga (o Azel: Panzer Dragoon RPG in Giappone), titolo del 1998 sviluppato dal Team Andromeda e pubblicato da Sega sulla loro console dei tempi: il Sega Saturn. Molti dei titoli della sfortunata console 32-bit, che nel tardo 2000 è diventata una delle console più in voga fra i retrogamer, hanno visto diversi rilasci per Xbox Live Arcade o PSN (vedi Guardian Heroes, Radiant Silvergun e Fighting Vipers) ma questo particolare titolo è rimasto relegato al Saturn e forse lo sarà per sempre. Come mai non è possibile fruire di questo titolo in un media moderno?

La bestia in catene

Il Sega Saturn ebbe un discreto successo in occidente ma decisamente migliore in Giappone, tanto da vendere più del Nintendo 64 in quello specifico territorio; Panzer Dragoon, lo sparatutto su rotaie sullo stile di Star Fox, era uno dei titoli più in voga e uno di quelli in grado di vendere il sistema e Sega, ne prese atto. Nel 1995, poco dopo il rilascio del primo titolo, il Team Andromeda, che era dietro il suo sviluppo, su decisione del produttore Yoji Ishiji si divise in due: uno, meno numeroso, lavorò al sequel “puro”, ovvero Panzer Dragoon Zwei, l’altro, quasi il doppio, avrebbe dovuto usare l’immaginario dell’universo di Panzer Dragoon per farne un RPG. Si sapeva già che Squaresoft stava già lavorando su Final Fantasy VII e sapendo che il VI (Final Fantasy III negli Stati Uniti) era stato un successo strepitoso, non solo dovevano lanciare un competitore nel mercato ma anche fare di tutto per superarlo. Il gioco, anche se era già pronto nel 1997 e la sua uscita fu posticipata per non competere con Grandia (che fino al 1999 rimase un’esclusiva per la console Sega), fu rilasciato nel Gennaio 1998 in Giappone e Aprile e Giugno, rispettivamente, in Nord America e Europa; nonostante il Saturn fosse già semi-abbandonato in occidente non mancarono alcuni speciali in alcune riviste ma il suo rilascio, nonostante non fu totalmente sottotono, fu totalmente eclissato dai più accessibili titoli PlayStation. Il progetto era molto ambizioso e anche dalle sole immagini promozionali e di gameplay, dall’art-style e dal semplice fatto che il gioco fosse “diviso” in 4 compact disc – eh si… i tempi in cui le dimensioni contavano! – si capiva che non era un gioco come tutti gli altri. Panzer Dragoon Saga fu uno dei primi RPG della generazione 32/64-bit interamente in 3D e il “famoso 2D” del Saturn fu usato solo per rendere pochi effetti come i raggi laser del drago o i colpi di pistola del personaggio. Altri RPG, come Grandia o il concorrente Final Fantasy VII, ricorrevano alla grafica 3D prerenderizzata e il direttore del titolo, Yukio Futatsugi, disse persino che un gioco del genere era impossibile da produrre su PlayStation, specialmente per la sua particolare palette di colori (più cupa rispetto ai colori solari della concorrenza). Il Sega Saturn espresse il suo vero potenziale in termini di grafica, che sulla carta superava la console Sony in molti aspetti, ma i veri punti di forza di questo titolo erano indubbiamente la storia e il suo unico sistema di combattimento.
Panzer Dragoon Saga narra la storia di Edge, un mercenario assunto dall’Impero per proteggere una squadra di archeologi in cerca di reliquie di un’antica civiltà tecnologicamente avanzata; gli scavi portano alla luce una lastra in cui una strana ragazza, che poi scopriremo chiamarsi Azel, è “incastonata” al suo interno (un po’ come Han Solo nel blocco di carbonite), ma un misterioso commando criminale capitanato da un certo Lord Craymen stermina tutte le persone sul luogo e ruba la preziosa scoperta. Edge viene colpito da un colpo di pistola e cade in una profondissima gola ma, sorprendentemente, riesce a sopravvivere e lì, proprio quando viene circondato da dei misteriosi droni ancestrali si fa avanti un misterioso dragone alato che lo salva e lo riporta in superfice; i pensieri di Edge e del drago sono stranamente sincronizzati, riesce a controllarlo senza dovergli dire nulla ed è come se esistesse una precedente affinità con la creatura volante. Il nostro protagonista, in groppa allo strano dragone, va alla ricerca della ragazza sperando di vendicare, nel processo, i suoi amici ma l’impero conosce il valore di ciò che Craymen ha rubato e perciò è disposto a seminare il panico in tutti i suoi territori per impossessarsi della ragazza e raggiungere la misteriosa torre, di cui si parla tanto all’inizio della narrazione, prima della flotta ribelle.

Fatta un po’ di pratica con i comandi base, visto che nelle fasi di esplorazione in volo dovremmo tenere conto degli ambienti anche in altezza, ci verrà fatto un lungo tutorial sul sistema di combattimento. A primo acchito può sembrare troppo minuzioso ed eccessivo ma a ogni battaglia impareremo tranquillamente a sfruttarne ogni aspetto (senza contare che questo è rivisitabile in ogni momento). Nella schermata di combattimento, per ciò che riguarda l’attacco, dobbiamo aspettare che almeno una delle nostre tre barre, similarmente a Final Fantasy, si riempia e una volta piena possiamo far corrispondere un’azione: fra queste troviamo l’attacco laser del drago, che prende di mira più obiettivi ma non potentissimo, una raffica di proiettili della pistola di Edge, che ne prende di mira solo uno per un attacco più potente e concentrato, l’utilizzo di un oggetto dall’inventario, il cambio dell’arma impugnata e gli attacchi speciali detti “Berserk”, che consumano punti magia (in questo gioco propriamente chiamati Berserk points). A questi è collegata l’ultima e la più interessante azione, ovvero il cambio della classe del drago. Negli RPG classici si combatte spesso in team e ognuno dei suoi componenti ha delle qualità che compensano le mancanze di altri: il guerriero è forte ma non pratico con le magie, il mago può scagliare degli incantesimi ma cade giù come una pera cotta, il ladro è tattico ma manca di forza fisica, etc… In Panzer Dragoon Saga siamo soli con il nostro drago e perciò, qualora una barra sarà piena, possiamo cambiare le sue peculiarità: possiamo renderlo più forte in attacco diminuendo la potenza delle sue magie, possiamo puntare tutto sulla difesa sapendo che ciò farà riempire le barre più lentamente, puntare tutto sullo spirito (ovvero la magia) trascurando gli attacchi principali e colpire solo con gli attacchi berserk, etc… Il cambio della classe, a ogni modo, è totalmente modulare e perciò è possibile investire, ad esempio, quel che basta nell’attacco senza sacrificare troppo l’agilità e lo spirito. A seconda di come sistemeremo qualità del drago avremo dei diversi degli attacchi berserk (che piano piano il nostro drago imparerà salendo di livello): potremmo scagliare dei laser incontrollabili se dominerà l’attacco oppure semplicemente rinforzare la nostra corazza se decideremo di puntare di più sulla difesa. Insomma, le possibilità sono infinite a seconda del nostro stile di gioco.

Ma la vera peculiarità del sistema di combattimento di Panzer Dragoon Saga, che lo fa spiccare fra tutti gli RPG concorrenti, è il suo sistema di azione in tempo reale. Le battaglie si svolgono sempre in aria e perciò i nostri nemici sono sempre in movimento. in basso al centro della schermata d’azione, accanto alle tre barre, c’è una sorta di radar circolare che indicherà la nostra posizione rispetto al nemico che è rappresentato al centro; a sua volta, questo cerchio è diviso in 4 settori che si illumineranno di verde o rosso a seconda della “pericolosità della posizione” (esistono anche le zone di nessun colore che rappresentano il neutro): le prime sono zone sicure e stando lì, se il nemico attacca, si subiscono meno danni ma non è detto che siano anche le migliori per attaccare; ci sono volte in cui sono proprio i settori in rosso, i più rischiosi, dove potremo infliggere più danni al nemico perciò, quando si presentano situazioni di questo tipo, ci toccherà attaccare e subito spostarci in una zona più sicura per evitare i loro attacchi più potenti. Infine, così come i nostri obiettivi hanno le nostre stesse tre barre (anche se non sono visibili), i nemici possono decidere di spostarsi stravolgendo i settori perciò, parallelamente a costruire la nostra strategia durante la battaglia, dobbiamo sempre stare attenti a ciò che succede nel campo di battaglia e, pertanto, muoversi di conseguenza. Sono pochi gli RPG di stampo giapponese in grado di restituire un’azione così veloce, così vicina a un action e il sistema di combattimento di Panzer Dragoon Saga non è stato ancora emulato in nessun altro titolo. Le battaglie sono chiaramente l’attrattiva principale e, nonostante possa sembrare complicato, molti neofiti di questo genere videoludico possono trovare in questo titolo delle meccaniche accessibili, che prendono tanto dallo rail-shooter (genere, appunto, dei primi due titoli della saga) e dunque che possa essere una perfetta transizione da un gameplay frenetico, alla quale si potrebbe essere solitamente più abituati, a uno in cui bisogna pensare prima di agire, sempre, però, con una certa velocità. I veterani del genere troveranno in questo capitolo un diamante nascosto, un RPG da un art-style finissimo, una storia spettacolare che prende un po’, oseremo dire, da Star Wars, Blade Runner e Mad Max, una colonna sonora mastodontica che sposa in tutto e per tutto ciò che è questo gioco e un sistema di combattimento, che abbiamo elogiato abbastanza, semplicemente al di fuori di ogni normale schema e pertanto che merita assolutamente di essere riscoperto. Ovviamente non vogliamo anticiparvi alcun risvolto di trama ma vi assicuriamo che ogni battaglia, anche la più insignificante, sarà sempre emozionante ed è ciò che rende Panzer Dragoon Saga semplicemente un gioco fuori dal comune.

I tesori… costano!

Ma ora, purtroppo, dobbiamo toccare un lato incredibilmente spiacevole per coloro che si sono incuriositi leggendo queste righe e vogliono mettere le mani su questo spettacolare RPG, ovvero la reperibilità. Alle poche unità di Saturn in occidente sono corrisposte altrettante poche unità di questo spettacolare titolo: in Nord America sono state prodotte 20.000 copie che sono state liquidate in pochissimo tempo e perciò ne sono state prodotte poche altre migliaia ma, ovviamente, non si arriva di certo al milione; in Europa la situazione è ancora più tragica in quanto, in tutto il territorio PAL, sono state prodotte solamente 1000 copie, senza alcuna ristampa successiva. Panzer Dragoon Saga, sebbene accontentò i non pochi possessori di Saturn, non riuscì ad attirare nessun nuovo giocatore nonostante i punteggi positivissimi sulle riviste. Matt Underwood, che lavorò alla localizzazione di questo titolo, disse che i toni post-apocalittici del gioco e l’art-style particolarissimo allontanò persino coloro che avrebbero potuto prendere in considerazione l’acquisto della console; le visual del gioco erano ben distanti da ciò che andava di moda ai tempi (basta guardare lo stile anime dei personaggi di Final Fantasy VII) e perciò, secondo lui, Panzer Dragoon Saga rimase un gioco di nicchia per la nicchia, un gioco forse così “avant-garde” da non poter essere goduto dallo scenario del gaming di quei tempi. I prezzi per le copie PAL e NTSC-U sono ormai alle stelle, fra le 500 e le 600€, perciò chi ha intenzione di possedere questo gioco dovrà sborsare parecchio! Una soluzione per i collezionisti si potrebbe presentare con la copia giapponese, decisamente più accessibile in termini di denaro, ma potrete usarla solo in una console NTSC-J o in Saturn europei o americani muniti di Action Replay o di una qualche modifica; inoltre, essendo un RPG, sarà importantissimo seguire la storia e perciò, se non conoscete la lingua giapponese, dovrete probabilmente lasciar perdere anche questa copia.
E allora, visto che questo gioco è così popolare su internet e fan di ogni dove chiedono questo gioco a gran voce a Sega: perché questo titolo è ancora un esclusiva Saturn? Ricordate quando all’inizio dell’articolo quando abbiamo detto che certi giochi non possono essere ripubblicati per diversi motivi? Uno di questi è la perdita del codice sorgente e Panzer Dragoon Saga rientra proprio in questo caso; Yukio Futatsuji è a conoscenza della grosso “culto” formatosi nell’era post-Saturn ma a causa della perdita di quest’ultimo è impossibile fare un porting a meno che non si ricostruisca il gioco dalle fondamenta e, con buona probabilità, Sega difficilmente finanzierà un progetto di una saga, purtroppo, nota a pochi. Arrivati in questi casi, ed è veramente uno estremo, se non volete spendere oltre le 500€ per una copia usata (sempre che sia in condizioni buone) non ci resta altro che scaricare, ahimè, la ISO della versione europea, o americana, del titolo e giocarla su computer o masterizzarla e godersela più fedelmente in una console in grado di leggere i backup. I giochi per Saturn ormai non sono più in commercio da tantissimo tempo e dunque, anche se ciò che faremo non è proprio etico, non arrecheremo alcun danno economico a Sega. Fra le due alternative vi consigliamo la seconda perché l’emulazione del Saturn, nonostante siano passati diversi anni, è ancora imperfetta per via del complicato sistema degli 8 processori interni; soltato i computer più potenti sono in grado di emulare bene i giochi per questa console e perciò la migliore soluzione potrebbe presentarsi con un insolito acquisto dell’hardware originale. Sarebbe fantastico poter giocare a Panzer Dragoon Saga con la confezione e i dischi originali ma se i prezzi su eBay sono decisamente fuori dalla portata del giocatore medio e Sega non ha alcuna intenzione di fornire questo prodotto in maniera ufficiale per PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch o Steam; a noi non rimangono altro che queste strade poco ortodosse. Purtrppo, forse, Panzer Dragoon Saga è e sarà per sempre un’esclusiva per Sega Saturn.