Il futuro è arrivato da Google. Ma siamo pronti?

Per troppi anni siamo stati abituati al duopolio Sony-Microsoft, con Nintendo a fare da outsider. Ma tutto questo, nel corso degli anni, ha portato quasi a una standardizzazione dell’hardware, ma anche del software, dove si fa veramente fatica a trovare titoli in grado di fare un reale salto di qualità. In questo mondo semi-stantio tante sono state le voci di nuove pretendenti al trono di migliore console in commercio, a cominciare da Amazon, Apple sino a Google e proprio quest’ultima, dopo una serie di roboanti rumor, è finalmente tra noi.
Google Stadia è il nome del nuovo sistema, la materializzazione di un futuro già preventivato ma forse distante per essere realmente immaginato. Si dice spesso che la tecnologia avanzi più velocemente di quanto l’uomo riesca a padroneggiarla e anche nel mondo del gaming sembra essere arrivato il momento. Google Stadia è pronta. Ma noi?

Qui studio a voi Stadia

Tutti aspettavamo con trepidazione la conferenza Google alla GDC di quest’anno. Troppo importante era l’ingresso in campo di un quarto competitor e già le supposizioni, gli entusiasmi e le preoccupazioni fioccavano come i tweet di Wanda Nara. La nuova console Google avrebbe fatto la fine di Sega? Porterà qualcosa di nuovo? Se alla prima domanda non possiamo ancora rispondere, possiamo già dar forma al secondo quesito: sì, Stadia è qualcosa di nuovo; forse troppo.
Ovviamente il tutto non poteva che essere presentato da Sundar Pichai (amministratore delegato Google), che con molto entusiasmo ha presentato al pubblico il nuovo progetto, in cui la parola accessibilità ne è chiave di volta.

Tutti sapevamo che il futuro del gaming sarebbe stato nel Cloud e che PlayStation 5 e l’eventuale Xbox Two, sarebbero state le ultime console fisiche. Google è stata furba: come entrare in un settore così omologato, attraendo una clientela sin troppo abituata al solito trio? Semplice: anticipare di anni la concorrenza, perché quello mostrato da Google sembra a tratti fantascienza già alla portata di tutti. Il videogioco dunque non passa più attraverso tediose attese, tra download e aggiornamenti; non è più relegato a un singolo sistema ma soprattutto, cade la barriera tra videogiocatore e spettatore.
Google Stadia può essere infatti utilizzabile attraverso qualunque dispositivo dotato di Google Chrome, dalle SmartTV agli Smartphone, dai PC ai tablet e così via con un tempo d’ingresso in partita di massimo cinque secondi, senza alcun download o caricamento di sorta. Il pad progettato dalla casa californiana segue a ruota la filosofia del nuovo servizio, connettendosi via Wi-Fi direttamente alla sessione in corso e con accesso immediato a Google Assistant, in grado di fornire indicazioni al giocatore, mostrando direttamente su YouTube il frangente di gioco interessato.
Tutto questo è possibile attraverso un ecosistema di macchine ognuna delle quali dotate di chip AMD in grado di raggiungere i 10.7 Teraflops (una cifra standard per le console di nuova generazione); ne consegue che lo streaming potrà essere sfruttato in 4K HDR 60FPS su qualunque dispositivo e situazione, con possibilità nel breve futuro di arrivare all’8K.

Tutto questo ben di dio non interessa fortunatamente soltanto la partita singola: il multiplayer, attraverso il cross-platform, è anch’esso al centro del progetto, aumentando a dismisura il coinvolgimento, la partecipazione e l’interazione tra gli utenti. Pur giocando in multiplayer online non si perderà qualità, permettendo dunque a tutti gli utenti in partita di godere al massimo del titolo con cui si sta giocando. Entrano in scena nuovi modi di interazione tra gli utenti, tra cui lo State Share, che permetterà ai giocatori di condividere o interagire con determinati segmenti di gioco, sfruttabile ad esempio per confrontare punteggi o sfidarsi su un singolo elemento del gioco. Crowd Play invece, consentirà a qualunque giocatore di entrare istantaneamente in partita o in una lobby multiplayer, anche attraverso un video su YouTube. Tutto questo fa immediatamente pensare ai Content Creator, con i quali Google ha collaborato a stretto contatto: l’interazione tra essi e il pubblico, in questo caso, aumenterà a dismisura.
Google è dunque pronta a entrare a “gamba tesa” nel mercato, supportato già da molte aziende e software house come Ubisoft e Id Software, presente in conferenza con Doom Eternal, ma supportato anche da Jade Raymond il nuovo capo di Stadia Games and Entertainment, dedicato allo sviluppo di prime parti e alla collaborazione con altri publisher.

E adesso?

L’arrivo di questo servizio, come detto, ha un po’ cambiato le carte in tavola. Sony e Microsoft sono probabilmente nell’ultima fase di sviluppo delle loro nuove console, ma come si approcceranno al nuovo concorrente, così diverso e così allettante? Il prossimo E3 potrebbe riservare molte sorprese ed è un peccato a questo punto l’assenza del colosso giapponese.
Google Stadia è dunque rivoluzionario, quasi sin troppo bello per essere vero; ma qualche perplessità permane. Prima di tutto, riusciranno le connessioni internet (si parla di 25Mbit per il 1080p 60FPS e 30Mbit per il 4K) meno performanti a gestire questo servizio? Una volta connessi centinaia di migliaia di utenti in contemporanea, il sistema reggerà? E poi l’elemento più importante, i costi; funzionerà attraverso un abbonamento stile Netflix o si dovrà possedere il singolo gioco? Queste domande avranno probabilmente risposta a Giugno in quel di Los Angeles, ma per un attimo, andiamo oltre.
La produzione e l’acquisto di nuovo hardware per l’utente potrebbe aver perso qualunque significato: rimanendo nel settore gaming, perché comprare una 2080Ti quando basta accedere a un servizio per giocare a 4k HDR e 60fps al secondo? Questo discorso vale indubbiamente anche per le console che sì, possono puntare su esclusive software (vedi Death Stranding o Halo Infinity), ma di fronte a tutto questo, valgono l’acquisto di una console e tutto ciò che ne consegue? La risposta non è così scontata e starà a Google e la poderosa campagna marketing che seguirà a mostrarci le reali potenzialità di Stadia.
Anche la distribuzione di giochi, a partire dalle beta e le demo potrebbe cambiare drasticamente, permettendo agli utenti un facile accesso, evitando download e attese che ormai sembrano far parte del medioevo. E la “Console War”? Anche questa finirebbe tra i libri di storia, nella sezione futilità.

E noi? Così come non siamo pronti ad auto a guida autonoma o a salire su aerei senza pilota, siamo già pronti a giocare senza console? I servizi cloud di Sony e Microsoft sembrerebbero portarci verso una risposta positiva, ma si tratta comunque di servizi che rispondo alla “naturale evoluzione” di quello che il gaming sta diventando. Google Stadia sembra andare oltre il prossimo step, con la sensazione che le vere potenzialità di questo servizio siano ancora segrete, delle cartucce da sparare direttamente contro Sony, Nintendo e Microsoft sul loro campo di battaglia, l’E3 di Los Angeles che, a questo punto, potrebbe oscillare tra una Waterloo o una Hastings.




Fortnite anche su Android, ma non su Google Play Store.

Dopo una lunghissima attesa per i fan, Fortnite sbarcherà nei prossimi giorni anche sui dispositivi Android, ma non nel modo convenzionale che ci si aspettava. Infatti, il client del gioco, quindi il file “.apk” (estensione delle app Android), non sarà presente nello store di Google ma sarà direttamente scaricabile dal sito-web dello sviluppatoreTim Sweeney, CEO della compagnia, in un’intervista condotta da Gamesindustry.biz, ha affermato che questa decisione è legata al fatto di voler creare un legame più profondo con i giocatori ma, in realtà, non è questo l’unico motivo a spingere Epic Games a non appoggiarsi al Play Store: la compagnia lamenta infatti una eccessiva tassazione (30%) di tutti gli introiti prodotti dal gioco. Sweeney spiega che una percentuale di tasse così alta è davvero assurda, considerando che il rimanente, servirebbe giusto per coprire i costi di produzione del gioco.

Epic non è nuova a costi di tale entità, offrendo Fortnite mediante il servizio “direct to customer” (ossia offrendo il loro prodotto ai consumatori direttamente dalla fonte ufficiale e senza intermediari) per PC e Mac sa bene quanto possa essere oneroso il processo di produzione, ma è assolutamente ingiustificabile, spiega il CEO Tim Sweeney, che tasse del genere vengano applicate per un sistema open-source come Android per i servizi che può offrire. Oltretutto Epic conosce bene il mondo degli store digitali offrendo lo stesso servizio con l’Unreal Engine Marketplace per il quale oltretutto, grazie al successo di Fortnite, hanno potuto addirittura ridurre i costi fino al 12% per i nuovi developer che si appoggeranno al loro store, oltre che per tutti gli sviluppatori storici già presenti nel mercato di Unreal Engine. Sweeney pone l’accento anche sull’importanza degli store digitali, che con l’avanzare della tecnologia, della digitalizzazione dell’intrattenimento e l’espansione di internet, con molta probabilità in futuro, non saranno più necessari mediatori o negozi fisici per poter vendere o promuovere il proprio prodotto.
Sweeney non mette in discussione la bontà delle piattaforme mobili Google e Apple, è certo del fatto che loro sfruttino gli sviluppatori per i loro guadagni con percentuali molto alte, ma almeno è lieto del fatto che Google, in quanto open-source, quantomeno offra una soluzione alternativa, ossia quella di poter installare software di terze parti, in questo caso Epic Games.

Di certo è probabile che per i più giovani o per i meno esperti, potrebbe risultare più difficile trovare l’app di Fortnite non apparendo direttamente sul Google Play Store, ma il CEO di Epic assicura che verrà fatto in modo che questa mancanza non intacchi l’ascesa del gioco anche su questa nuova piattaforma: inoltre, assicura Sweeney, che il gioco sarà lo stesso presente su PC, Mac e iOS, sottolineando sempre l’importanza del cross-platform per il multiplayer. Fortnite ha visto un grosso aumento di utenti quando il gioco è stato rilasciato per gli utenti iOS e si spera una risposta altrettanto rilevante anche dagli utenti Android.

Fortnite sarà giocabile su dispositivi di fascia alta, su una stima di circa 2.5 miliardi di dispositivi Android nel mondo, almeno 250 milioni potranno giocarci senza problemi. Questo ovviamente è un dato temporaneo che nel tempo si evolverà in positivo. Al momento Fortnite sta spopolando grazie soprattutto alla modalità free-to-play Battle Royale, con previsioni che indicano circa 2 miliardi di dollari in acquisti in app per i futuri utenti Android solo nel corso dell’anno di lancio, denaro che va direttamente alle casse di Epic Games che, nel frattempo, cresce esponenzialmente acquisendo un valore di mercato pari a circa 8 miliardi di dollari.




Lenovo Mirage Solo, il primo visore Daydream autosufficiente

Nel 2016, Google ha presentato Daydream View, un visore portatile alimentabile da uno smartphone. Ciò significava affrontare dei limiti intrinseci: la batteria si scaricava rapidamente ed era possibile usarlo in modalità VR solo per un’ora o due prima che si surriscaldasse del tutto, con conseguente calo delle prestazioni. Adesso tutti questi problemi sono stati risolti con l’invenzione del primo visore Daydream autosufficiente, creato in collaborazione con Lenovo: il Lenovo Mirage Solo.

Design

Il Mirage Solo somiglia esteticamente al PlayStation VR e, a causa della forma, con le due telecamere sulla parte frontale, chi lo indossa appare con sembianze “robotiche”.
Il visore è supportato da una fascia, con un quadrante ruotabile sul retro che permette di stringerla per ottenere una vestibilità perfetta. Il dispositivo si appoggia sul naso, con archetto abbastanza comodo, grazie all’imbottitura presente, ma con gli occhiali da vista sotto potrebbe risultare stretto. Buona parte del peso viene scaricata sul naso, pertanto risulta faticoso usarlo per più di qualche ora.
È presente un pulsante sul lato che permette di spostare il visore più vicino o più lontano dalla testa. Sul lato sinistro dell’auricolare invece, vi è uno slot per MicroSD e una porta USB Type-C per caricare il dispositivo, insieme a un tag Lenovo in tessuto. Sul lato destro, vi sono i pulsanti per l’accensione e volume e un jack per le cuffie. Esso offre una buona vestibilità e ha abbastanza imbottitura intorno agli occhi per bloccare efficacemente tutta la luce esterna, il che aiuta con l’immersione nella realtà virtuale.

Specifiche tecniche

La configurazione hardware del Mirage Solo ha tutti i componenti soliti di uno smartphone: il processore Snapdragon 835 di Qualcomm elabora le informazioni grazie anche ai 4 GB di RAM. Sono presenti 64 GB di spazio di archiviazione disponibili con supporto per una scheda MicroSD; il display da 5,5 pollici ha una risoluzione di 2560 x 1440 pixel e una batteria da 4.000 mAh che permette una buona durata di utilizzo.
Lo schermo ad alta risoluzione è nitido e offre molti dettagli, ma sorprendentemente non è un pannello OLED. Lenovo ha dichiarato a Digital Trends che il Mirage Solo ha uno schermo LCD, uno dei pochi a esser stato approvato.

Tre ore di autonomia

La parte migliore del Mirage Solo è che usare una tecnologia per realtà virtuale non è mai stato così facile. Con un visore autosufficiente, non esiste nessun cellulare di cui ci si debba preoccupare. Basta indossarlo e l’utente verrà accolto dalla schermata iniziale di Daydream. L’interfaccia del software è più o meno simile al Daydream View, così come il telecomando connesso con connessione bluetooth.
La batteria da 4.000 mAh e la mancanza di vincoli termici permettono di giocare con il Mirage Solo per circa tre ore, secondo Lenovo. Potrebbe non essere comodo e causare come tutti gli altri visori motion sickness, ma è positivo sapere che la batteria possa durare abbastanza senza incidere sulle prestazioni.

Prezzo e disponibilità

Lenovo ha impiegato un po’ di tempo per decidere il prezzo del suo Mirage, optando infine per una cifra di 400 $, mentre l’HTC Vive è al momento disponibile su Amazon a $600 (circa 700 € sullo store italiano). Il Solo non metterà a disposizione solo giochi, ma potrebbe beneficiare di un prezzo ancora più basso.
Il visore è pronto per il pre-ordine da B&HPhoto, con una data di spedizione fissata per l’11 maggio.




I migliori visori VR per smartphone

La moda delle app e giochi in realtà virtuale per dispositivi mobili sta esplodendo: basta utilizzare l’hardware e la tecnologia del display dello smartphone per fornire le immagini, utilizzando visori che sono essenzialmente case contenenti lenti, spesso con alcune caratteristiche extra.
Per chi stesse valutando l’acquisto di un visore, ecco le caratteristiche principali dei più conosciuti.

Samsung Gear VR

Se possedete un telefono Samsung recente, potrebbe valere la pena acquistare il nuovissimo Gear VR. Rispetto alla precedente versione, l’ultimo dispositivo è ora più comodo, fornisce più spazio per chi necessitasse di indossare gli occhiali, e include prese d’aria per evitare l’appannamento dello schermo. Inoltre, Samsung e Oculus provvedono ad aggiornare continuamente la lista dei contenuti per questo dispositivo, non solo giochi ma anche cortometraggi e programmi TV.
E’ stato recentemente aggiunto un controller al set, che tiene traccia del movimento della mano e possiede un touchpad circolare cliccabile, che consente di puntare, trascinare e rilasciare oggetti, inclinare e naturalmente sparare nel caso stessimo giocando a degli sparatutto.

Google Daydream View

Il nuovo Google Daydream View sfoggia un design più elegante e più confortevole. Inoltre è disponibile in due nuovi colori: nero e rosa (che Google chiama “corallo”). Ha anche un headstrap che ne migliora l’ergonomia.
Il nuovo Daydream View ha tanti nuovi elementi, studiati per rendere l’esperienza migliore rispetto al suo predecessore. Il campo visivo è salito da 90° a 100°. È presente anche un nuovo dissipatore di calore che migliora le prestazioni durante le sessioni più lunghe. Il nuovo dispositivo è anche compatibile con un numero ancora maggiore di telefoni, in particolare con i Samsung Galaxy S8 e S8+.

Google Cardboard

L’originale e anche il più economico Cardboard, presenta una semplice procedura di assemblaggio in tre fasi, un pulsante di controllo migliore e supporto per smartphone fino a 6 pollici. È interessante notare che Google ha aperto la piattaforma anche agli sviluppatori iOS. Cardboard è un visore “fai-da-te” a basso costo che chiunque può costruire, anche se sono disponibili molte alternative terze parti, come DodoCase. In effetti, una rapida ricerca online rivela che è possibile acquistarne uno per circa 5€.

Merge VR Goggles

Come il Google Daydream View, il visore Merge VR opta per un materiale più morbido piuttosto che per la rigida plastica. Il materiale utilizzato infatti è una schiuma morbida e flessibile, che non solo rende il dispositivo estremamente comodo da indossare ma protegge il telefono da eventuali urti. Si adatta a qualsiasi smartphone da 4 a 7 pollici ed è dotato anche di lenti regolabili.

Xiaomi Mi VR Play

Questo non è il dispositivo “Daydream” della società, che è ancora mancante, ma è comunque una buona alternativa ad altri dispositivi VR mobile più costosi.
Non è il dispositivo migliore ma fa il suo lavoro e funziona sia con i telefoni iOS che Android, oltre a essere abbastanza economico. In Cina è stato appena rilasciato la nuova e più comoda versione, lo Xiaomi Mi VR Play 2, ma non è chiaro quando sarà disponibile nei mercati occidentali.

Zeiss One Plus

Lo Zeiss VR One Plus fuzniona con qualsiasi telefono iOS o Android tra 4,7 e 5,2 pollici. Contiene un lettore multimediale per immagini e video YouTube e un’app per esperienze in realtà aumentata. Inoltre è progettato per essere indossato comodamente anche sopra gli occhiali. Tra le caratteristiche degne di nota figurano una fascia per la testa rimovibile e un inserto in schiuma che si appoggia sul contorno degli occhi quando lo si indossa; è possibile anche pulire le lenti e ha a disposizione anche una versione universale che supporta smartphone tra 4,7 e 5,5 pollici.

Freefly VR Beyond

Il visore FreeFly VR offre un campo visivo a 120° e persino un controller Bluetooth per consentire un controllo migliore dei giochi in realtà virtuale. L’ultima versione di FreeFly, chiamata Beyond, incorpora i dual trigger con tocco capacitivo Crossfire. È compatibile con smartphone tra 4,7 e 6,1 pollici.

View-Master DLX VR

Il visore View-Master Mattel di seconda generazione è stato il primo a essere venduto nei negozi Apple, anche se ultimamente è un po’ scomparso dai radar; tuttavia, è possibile acquistarlo presso altri store.
Il DLX VR ha un supporto per smartphone ridisegnato, ideato per funzionare con dimensioni di smartphone diverse e offre un supporto aggiornato per cuffie e lenti. Tutto è modellato sull’iconico design View-Master con un tocco di modernità in più.

BlitzWolf BR-VR3

L’ultimo visore di BlitzWolf si adatta a qualsiasi smartphone fino a 6,3 pollici e garantisce il massimo comfort grazie all’ imbottitura in pelle. Permette di regolare la distanza individuale delle lenti dalla pupilla, correggendo un’eventuale miopia.




Razer Phone è ufficiale: già prenotabile lo smartphone per gamer

Dopo un periodo iniziale di hype e rumor, è stato finalmente presentato da Razer il primo smartphone per gamer.

Razer Phone, frutto dell’acquisto di Nextbit e di una partnership con Google

Razer è una società conosciuta per prodotti legati al PC Gaming e periferiche per console, ma non è una novità la loro voglia di sperimentare. Razer aveva acquistato una start-up chiamata Nextbit all’inizio di quest’anno, suggerendo che il gigante delle periferiche da gaming volesse cimentarsi nel settore mobile. Il Razer Phone è stato annunciato ufficialmente. Sebbene abbia un aspetto molto simile a quello del Nextbit Robin, a guardare attentamente ci sono molti cambiamenti enormi che rendono questo particolare smartphone diverso da quest’ultimo.

Dimensioni del display e specifiche

Il Razer Phone è pensato esclusivamente per il gaming e l’uso multimediale grazie al suo display Ultramotion da 120 Hz. Secondo le specifiche, il display è un pannello IGZO da 5.70 pollici ed è il primo display a 120 Hz presente su uno smartphone. Ciò significa che i videogiochi e la navigazione saranno fluidi, senza rallentamenti. Secondo l’amministratore delegato di Razer, non ci sarà appunto alcuno screen tearing  e la risoluzione del display a 1440p renderà l’esperienza d’uso più rilassante.

Audio

Razer Phone dispone di un audio cinematografico vero e proprio, grazie anche al Dolby Atmos. Inoltre, è il primo dispositivo portatile certificato da THX Audio. Vi sono due altoparlanti frontali e due amplificatori dedicati che rendono l’audio di altissima qualità. Il telefono Razer dispone anche di un DAC a 24 bit, che è una grande combinazione se si desidera utilizzare il dispositivo per il multimedia e gaming.

Hardware

Oltre a poter fregiarsi di uno Snapdragon 835, il Razer Phone vanta 8 GB di RAM e il CEO della casa madre non ha avuto paura di confrontare la quantià di RAM di MacBook Pro con quella presente in questo smartphone. In termini di prestazioni termiche, il telefono Razer supera tutti gli altri dispositivi che dispongono di uno Snapdragon 835, un vantaggio non da poco in quanto non graverà sulla durata della batteria.

Batteria

A bordo troviamo una batteria da 4000 mAh che, secondo i parametri, permetterà di avere fino a 12,5 ore di filmato e 7 ore di gioco su una sola carica. Razer Phone è anche il primo telefono a fornire supporto per Quick Charge 4+ di Qualcomm, che può caricare il telefono dal 0-85% (3,400mAh) in soltanto un’ora.

Camera

Riguardo la fotocamera, abbiamo un doppio 12 MP sul retro, con l’obiettivo secondario a 2x telephoto con un sacco di funzioni. Purtroppo, parte delle funzionalità e modalità (fra cui anche quella “ritratto”) non saranno presenti al lancio, ma Razer afferma di aver introdotto aggiornamenti software per implementare le capacità fotografiche dello smartphone nella fase successiva.

Materiali

Razer Phone utilizza un telaio in alluminio CNC, che garantirà una ragguardevole durevolezza nel tempo. Sembra che l’azienda abbia preso un sacco ispirazione dalla serie Xperia di Sony poiché il dispositivo mette in mostra un look a “barretta di cioccolato”. Purtroppo in tutto ciò manca ancora una carica wireless.

Sistema Operativo

Il dispositivo, grazie alla partnership con Google, avrà a bordo Android Nougat 7.1.1, che successivamente sarà aggiornato ad Android Oreo. Grazie a questo sistema operativo si potranno sfruttare al meglio le potenzialità dello smartphone.

Giochi esclusivi

Razer ha collaborato con diverse società in via di sviluppo per portare giochi esclusivi al Razer Phone, uno dei quali è il famosissimo Arena of Valor. Questi giochi sono stati anche adattati per essere eseguiti con la risoluzione 2K pur essendo ottimizzati benissimo. I giochi più importanti verrano rilasciati solo per questo smartphone, rendendo questo dispositivo ideale per gli appassionati.

Prezzo

Razer Phone ha un prezzo di 769 € ed è già prenotabile. Contando cosa offre e raffrontandolo con altri modelli sul mercato pare un prezzo ragionevole. Le spedizioni  partiranno dal 17 novembre. Si spera che questa novità porti qualcosa di nuovo e che cambi un mercato ormai saturo di smartphone che, nella loro bellezza, peccano certamente di ripetitività.

Caratteristiche tecniche

Di seguito la scheda completa con le caratteristiche tecniche del Razer Phone:




I geroglifici di Assassin’s Creed Origins nascondono un messaggio

Una ricercatrice che ha studiato l’antico Egitto del regno di Cleopatra VII – periodo in cui è ambientato l’ultimo titolo di Ubisoft – ha tradotto i geroglifici usati in alcuni fotogrammi ed inquadrature promozionali del gioco, scoprendo che in Ubisoft i designer hanno davvero fatto bene il loro lavoro. C’è un messaggio nei simboli utilizzati che è storicamente accurato rispetto al periodo in cui si svolge la storia nel gioco.

Ciò è interessante poiché solitamente nelle avventure ambientate nell’antico Egitto questi simboli sono utilizzati come grammelot  o riempitivi considerato che l’utenza non è tenuta a conoscere la differenza fra un geroglifico e l’altro. Mentre Claire Manning fa notare che ci sono alcuni caratteri riempitivi nella seguente immagine si può tradurre comunque dai geroglifici del Medio Regno, che la ricercatrice ha studiato durante il suo percorso universitario in Australia.

E guarda un po’, l’immagine sembra contenere la frase “tutto può essere” che può benissimo intendersi come parte della celebre frase “nulla è reale, tutto è lecito”. Ma non solo, scorrendo fra i tweet ci imbattiamo anche in un’ulteriore conferma: parte del testo sembra richiamare un ancora più conosciuto motto: “agiamo nell’ombra per servire la luce”. Entrambe le frasi chiaramente si riferiscono al secondo capitolo della saga, che aveva come protagonista Ezio Auditore.
Il thread della Manning ha riscosso molte attenzioni durante lo scorso weekend, inclusa quella di Ubisoft. Parte della promozione del gioco infatti si incentra sull’iniziativa di machine-Learning  sviluppata in collaborazione con Google, per la traduzione dei geroglifici. Di seguito il filmato che la illustra:

 

Assassin’s Creed Origins  arriverà nei negozi il prossimo 27 ottobre.