Hi, my name is…Eric Chahi

Bentornati all’appuntamento con Hi, My name is… la rubrica di approfondimento di GameCompass sulle personalità più importanti del settore videoludico. Anche questo mese avremo come ospite un illustre innovatore del medium, forse meno conosciuto al grande pubblico, ma non per questo di minore rilevanza: parliamo del padre dell’iconico Another World, il game designer francese Eric Chahi.

Chahi non è certo uno dei più prolifici autori del panorama videoludico, ma è sicuramente uno dei maggiori esponenti della storia del game design. La sua carriera inizia nei primi anni ’80, come programmatore nella francese Loriciels, sfruttando il proprio talento nell’utilizzo di Atari ST e Amiga per sviluppare titoli che al tempo finirono principalmente su Commodore 64, Oric-1 e Amstrad CPC. Una palestra  che gli sarà utile negli anni anni a venire, come quando, nel 1989, passò alla Delphin Software in veste di artist responsabile per il titolo Future Wars. Sin da subito si distingue per una cura maniacale nei dettagli, tratto distintivo dei suoi lavori più riusciti. Chahi ha una visione d’avanguardia e un’abilità unica nel rendere possibili  idee di design inedite e rivoluzionarie, sopperendo alle mancanze tecnologiche dell’epoca attraverso l’uso sapiente di una regia sempre puntuale e meccaniche ibride perfettamente dosate.

Il suo genio creativo esplode nel 1991 con l’uscita del memorabile Another World dopo due anni di travagliato sviluppo, infine pubblicato dalla Interplay Entertainment. La trama ruota intorno alle disavventure vissute da Lester Knight Chaykin, giovanissimo scienziato intento a replicare la creazione dell’Universo in scala ridotta. Le cose prenderanno una piega del tutto inaspettata, catapultando il protagonista in un mondo alieno, selvaggio e oscuro.
Quel lavoro di game design senza precedenti segna un solco indelebile nella storia del videogioco, creando un vero e proprio terremoto e stabilendo un confronto obbligatorio al quale il mercato non può più sottrarsi. Another World riduce a brandelli i canoni classici delle produzioni del tempo: la totale mancanza di qualsiasi tipo di informazione a schermo, fino alla possibilità di tentare all’infinito gli ostici passaggi presenti nel corso dell’avventura. Le rivoluzioni proposte dal titolo non si limitano solo a questo: lo stile visivo unico, la riproduzione di animazioni elaborate attraverso l’uso del rotoscopio, il sound design minimale d’atmosfera e la straniante sensazione di disorientamento da parte del giocatore che si vede catapultato in un mondo brutale e criptico, fanno di AW uno dei primi titoli in grado di restituire all’utente un’autentica esperienza cinematografica. Una pietra miliare che è stata largamente riferimento, inimitabile, alla quale molte delle produzioni moderne sono debitrici e che ha ispirato i più illustri game designer (da Hideo Kojima a Fumito Ueda ). Con Another World viene stabilito un punto di non ritorno importante, destinato a durare in eterno. Un capolavoro limpido e perfetto che, nonostante il passare degli anni, non perde un minimo del suo smalto e della sua freschezza, arrivando ai giorni nostri attraverso un’ottima riedizione in alta definizione, disponibile su tutte le piattaforme di gioco.

Un successo inabissato che consegnerà il nome di Eric Chahi nella memoria di ogni giocatore; il gioco segna una benedizione per la carriera del Designer ma al contempo una vera e propria sciagura poiché, una volta raggiunta la perfezione sintetica è molto difficile replicarne la formula.

Chahi si ripresenta sulle scene solo sette anni più tardi con Heart of Darkness, una sorta di seguito spirituale di AW. Questa volta con tematiche accessibili a un pubblico giovane e dai toni molto più fiabeschi e da cartone animato; uscito su Pc e PlayStation nel 1998. Nel gioco vestiremo i panni di Andy, ragazzino dotato di una notevole fantasia, coinvolto nella ricerca disperata del suo cane Whiskey, tragicamente rapito da una mano scheletrica proveniente dalle misteriose Darklands, terre oscure governate dal Master of Darkness.
Rimodulare le meccaniche del precedente lavoro, senza correre il rischio di ripetersi o di stravolgere l’idea alla base non è di certo un lavoro facile; il pesante fardello di riuscire a  creare un capolavoro come il predecessore, alzando ulteriormente l’asticella della qualità in profondo rispetto verso i suoi fan, è un peso che neanche un genio come Eric Chahi può sopportare. Infatti Hearth of Darkness si presenta al pubblico ricevendo una tiepida accoglienza in termini di critica, ma va decisamente male nelle vendite globali rivelandosi un pesante flop. Un’occasione mancata per un buon gioco in tutte le sue sfaccettature ma che, probabilmente, ha la sola colpa di essere uscito fuori tempo massimo, in un periodo in cui le avventure di questo genere avevano raggiunto il massimo della loro espressione con il dittico della Oddworld Inhabitants (Abe’s Odissey e Abe’s Exoddus) uscito soltanto qualche anno prima. Un brutto colpo per il nostro, tanto da farlo allontanare dallo sviluppo per un lungo periodo terminato soltanto nel 2011 con l’uscita di From Dust.

Pubblicato da Ubisoft Montpellier su PS3, Xbox360 e PC, From Dust si discosta totalmente da qualsiasi altro lavoro di Chahi rientrando nella catgoria dei god simulator sulla falsa riga del ben più popolare Black & White della LionHead, fondata dal visionario e più volte aspramente contestato Peter Molyneux.

Il nostro compito è quello di salvaguardare l’esistenza di una antica tribù indigena attraverso l’uso dei nostri poteri di creatore. L’idea di base è quella di dare la possibilità al giocatore di poter plasmare la terra e ogni elemento naturale presente su schermo, in funzione alla missione presentata. Ogni piccola tribù dovrà spostarsi dal punto A al punto B cercando di sopravvivere alle insidie naturali, come un’eruzione vulcanica, un devastante incendio o un gigantesco tsunami. Mano a mano che la fede nei nostri confronti si farà sempre più forte, i poteri divini in nostro possesso aumenteranno di portata ed efficacia ed il gioco ci concede la completa libertà d’azione nell’affrontare le varie situazioni proposte. Le meccaniche alla base sono originali e accattivanti e di certo il titolo rappresenta un gradito ritorno da parte del designer francese dopo una pausa durata più di dieci anni. Ma nonostante le buone intenzioni e un paio di idee azzeccatissime, la realizzazione tecnica non riesce a supportare pienamente la struttura di gioco e una certa legnosità dei  controlli minano parzialmente l’esperienza. Al netto dei suoi difetti comunque From Dust rimane un piacevole passatempo per tutti gli amanti del genere “divino” anche se dalla mente brillante di Chahi ci si poteva aspettare uno sforzo creativo in più.

Per concludere, la figura di Eric Chahi è stata fondamentale per l’evoluzione del videogame. Il suo contributo è presente ancora oggi in molte delle idee alla base delle produzioni moderne e molto spesso date per scontate. Senza la fervida tenacia nel voler creare qualcosa di diverso ed inaspettato, il videogioco come lo conosciamo non sarebbe potuto esistere. Purtroppo la lungimiranza nell’intravedere potenziali sviluppi  nella fruizione del videogioco da parte dei gamer e la perenne voglia di sperimentare con il medium non sempre hanno dato i risultati sperati. Pur sviluppando pochi titoli lungo il corso della sua carriera, ha saputo imbastire una importantissima rivoluzione interna, delineando un’esperienza narrativa e allo stesso tempo interattiva delle sue creazioni. In attesa di Paper Beast, suo ultimo lavoro in dirittura di arrivo su PlayStation VR per il 2019, questo è il nostro contributo ad un genio visionario i cui sogni hanno saputo regalare momenti indimenticabili ai giocatori di tutto il mondo.




L’ascesa femminile nel mondo del gaming

Con il passare degli anni, sempre più ragazze e donne cominciano ad avvicinarsi al mondo del gaming e, inoltre, moltissime di loro sono accanite spettatrici di esport.
Recentemente, la società britannica The Insights People, ha eseguito 5,000 interviste su soggetti femminili con età inferiore ai 18 anni fra i mesi di Luglio e Settembre. Secondo i risultati molte ragazze sono più interessate a determinati fattori dei videogiochi che ad altri; infatti, rispetto al 75% registrato nello scorso anno, la percentuale di ragazze che passano il loro tempo libero giocando è arrivato addirittura a una soglia dell’84%. Secondo i dati raccolti il 15% di queste ragazze guarda gli e-sport, e, soprattutto, ci sono più ragazze tra i 13-18 anni che guardano queste partite dal vivo rispetto ai ragazzi della stessa età.
Infine, i videogiochi sono riusciti a superare lo shopping arrivando ottavi nella classifica degli hobby preferiti dalle ragazze. Sfortunatamente però, quelle che giocano a livello competitivo è infimo. Vedremo mai una parità di genere all’interno dei vari team e-sport?




Il gaming estivo di un musicista ramingo

La vita del musicista, d’estate, è la più bella che ci sia: fare chilometri e chilometri con l’auto piena a tappo di strumenti, casse e costosissime apparecchiature per poi ripercorere le strade a ritroso in tarda notte; quando la musica finisce, le vie sono vuote e la gente esausta torna a casa. Ogni sera un luogo diverso, gente diversa e mangiare diverso, notti fatte di scoperte, conoscenze e, talvolta, anche assurdi imprevisti.
Tuttavia, per un giocatore quel tempo investito in musica si traduce anche nel dover mettere da parte la propria console e nel giocare quando il tempo lo permette, nelle rare serate quando nessun pub, bar, chiosco o comune richiede la presenza della propria band; ci si sveglia tardi per la stanchezza della sera prima, ci si prende un caffè, si va a pranzare poco dopo e presto bisogna fare una doccia perchè la prossima serata è ormai a un paio d’ore. La console rimane impolverata accanto allo scaffale e la pila di giochi che hai comprato rimane lì, in attesa che tu possa prendere il controller e passare delle sane ore di gaming.

Quando finalmente il calendario non segna un impegno della tua band, ci si chiude in camera, si regola il condizionatore a 18°, si mette il cellulare in modalità silenzioso e via, soli con l’avventura del momento e il caldo afoso fuori, fino a quando il sole non si fa color porpora; dopo tante serate passate a suonare per il divertimento dei clienti in un locale, del tempo per noi stessi in cui goderci quel gioco compato a inizio estate e che fino a quel momento non si è riusciti a giocare.
Quando questa speciale sessione a tu per tu con la console termina si fa un salto da qualche parte con gli amici e si finisce ancora a parlare di quella avventura che si sta giocando e che nel frattempo sta affrontando anche l’altro amico: ci si confronta su chi è andato più avanti, chi ha preso quell’arma, chi ha incontrato quel NPC…

E poi finalmente – abbastanza assurdo d’estate – si va a letto a un orario abbastanza decente e ci si sveglia beatamente l’indomani. Ma la quiete viene interrotta dagli amici che bussano a casa per giocare a Donkey Konga fino a farsi diventare le mani rosse, sapendo peraltro che quella sera ci si ritroverà nuovamente a suonare! Anche quando tenti di tenerla fuori, la musica continua sempre a inseguirti e, per quanto bella, quando incontra i videogiochi può esserlo ancora di più.




Valve cerca personale: buone notizie per i gamer?

Valve non è un’azienda che ha certo bisogno di presentazione, conosciuta dai più per il suo store digitale Steam, il più utilizzato dai PC-gamer, e che si è affermata sul mercato videoludico grazie a titoli come Counter Strike: Global Offensive e Half-Life.
Negli ultimi giorni è comparso un nuovo sito, riconducibile a Valve, creato per assumere nuovo personale in molte posizioni all’interno dell’azienda, che vanno da un ruolo amministrativo e/o di gestione al game design. Nel dettaglio, sono stati aggiunti due progetti per i quali si cerca personale: parliamo di un gioco di carte collezionabili chiamato Artifact, che sarebbe ispirato a Dota 2, e un nuovo gioco di avventura incentrato sulla narrazione In the Valley of Gods.
Le intenzioni di Valve sembrano non fermarsi alla produzione di quanto sopra citato ma anche a “nuovi giochi in lavorazione top secret”. È il momento perfetto per fare speculazione: è in arrivo un nuovo Half-Life?




Nuove idee contro la motion sickness dei visori VR

La cosiddetta Motion Sickness è una sensazione di nausea e malessere generale, provocata, per esempio, dai visori per la realtà aumentata. A oggi non si è ancora riusciti a risolvere questo problema, ma potremmo essere molto vicini alla soluzione grazie a delle idee davvero ingegnose e innovative. Eccone alcune:

Body Nav

Cos’è Body Nav? Body Nav è un congegno creato da un piccolo team di ricercatori del Texas, MonkeyMedia. Esso consiste nel impartire i comandi di movimento del player in game attraverso il movimento del corpo del giocatore stesso, eliminando così l’uso dei classici controller. Infatti, la principale, se non l’unica causa, di questo fenomeno è legata proprio al movimento o, per meglio dire, dall’assenza di movimento fisico da parte del corpo. I nostri occhi “capiscono” attraverso il visore che noi ci stiamo muovendo, creando confusione nel sistema nervoso.

Reliefband 

Quattro anni fa, Reliefband Technologies ha rilasciato un dispositivo indossabile per curare la nausea. Piuttosto che una soluzione per il solo settore VR, la band si rivolge a chi soffre di malattie croniche, dai classici malesseri dovuti ai mezzi di trasporto alle vertigini. La Reliefband funziona utilizzando la neuromodulazione, pungendo il nervo mediano sul lato inferiore del polso, stimolando e regolando i percorsi neurali del corpo, neutralizzando così questi disturbi.

Qualcom

Infine, la vera soluzione sarebbe quella di implementare migliorie direttamente nei visori, per avere una minima spesa ma un’ottima resa. E proprio questa soluzione sembra arrivare da Qualcom, nota azienda nel mondo delle CPU per dispositivi mobile, la quale ha annunciato alla GDC, un kit che promette un motion tracking completo degli occhi, e di ciò che ci circonda. Questo potrebbe essere quel qualcosa che potrebbe colmare il divario tra ciò che accade nel mondo virtuale e i dati che i sensi mandano al cervello.

Lente di Fresnel

La lente Fresnel permette la costruzione di ottiche di grande dimensione con una distanza focale ridotta. I nuovi studi aiuterebbero le lenti a gestire le transizioni dei frame in maniera continuativa e senza “scatti” eccessivi, che sarebbero alla base del disturbo, oltre alle cause già elencate. Il problema più grande con gli attuali visori di VR è che la risoluzione degli schermi non è abbastanza nitida  per la tipologia di immagini che il visore trasmette. Gli oggetti si confondono, con una cattiva transizione, creando delle difficoltà sia agli occhi che all’udito, dato che i visori constano anche di un audio 3D che viene riportato in cuffia. Quindi l’impiego di cuffie adatte e di qualità superiore e l’uso di queste lenti direttamente integrate nei visori potrebbe risolvere quasi del tutto il problema.

Dobbiamo dire però che non sono solo questi i problemi legati ai visori VR; in questo campo esistono ancora molte più domande che risposte. Uno di questa è la completa assenza di una concreta percezione del tempo passato all’interno della realtà virtuale. Vedendo però l’impegno nel riuscire a risolvere il problema del malessere, siamo abbastanza speranzosi nel fatto che un giorno riusciremo a godere di una realta virtuale davvero fruibile e senza complicazioni.




Come scegliere un monitor da gaming o da lavoro

La scorsa volta abbiamo parlato di come funzionano i monitor e come sceglierli per l’uso standard. Questa settimana invece parleremo nello specifico di come scegliere i monitor in base all’utilizzo, gaming o lavoro.
Tratteremo molti aspetti presenti in un monitor da gaming. Decidere cosa è meglio, soprattutto quando il budget è basso non è facile, essendoci molte possibili scelte che possono destare confusione e un marketing ancora poco preciso per chi vuole comprare un monitor. Quindi qui presenteremo la nostra opinione su ciò che un appassionato di videogiochi dovrebbe prendere in considerazione, che non sono regole assolute ma, alcuni fattori possono dipendere dal livello di abilità dei giocatori.

Risoluzione

Quando si tratta di videogame, la maggior parte dei giocatori ritiene che più pixel ci siano più tutto risulterà migliore, ma questo è vero fino a un certo punto. Sì, è importante avere una densità di pixel sufficiente a rendere le immagini uniformi e realistiche, ma ovviamente più pixel si hanno, più potenza grafica servirà. Se si vuole la massima risoluzione disponibile sul desktop, esistono alcune limitazioni che bisogna accettare: il più grande di questi è la frequenza di aggiornamento dove le attuali interfacce video non supportano velocità superiori a 60Hz per i segnali UHD (4096×2160) e, anche se lo facessero, bisogna avere una scheda video potente per muovere realmente 8,2 milioni di pixel oltre i 60fps. Per esempio NVIDIA GTX Titan X riesce a malapena a gestire tutto ciò se si abbassano i livelli di dettaglio. L’attuale punto debole sembra essere la risoluzione QHD (2160×1440) in cui, nelle dimensioni fino a 32 pollici si avrà una buona densità e un’immagine dettagliata ma non troppo difficile da gestire per le schede video di fascia media. Naturalmente se si desidera la massima velocità, il FHD (1920×1080) fornirà i framerate più alti. Prima di fare un acquisto bisogna quindi valutare il proprio hardware.

Tecnologia del pannello

Come abbiamo detto i pannelli con tecnologia TN sono veloci e offrono una buona precisione e contrasto dei colori. Sono relativamente economici e i monitor FreeSync da 24 pollici con risoluzione FullHD sono in vendita anche a meno di 200 euro. Ma, visto le informazioni elaborate sulla qualità dell’immagine, e i desideri degli utenti per schermi da 27 pollici o più grandi, probabilmente si sarà più soddisfatti con l’immagine fornita da un display IPS o VA. Lo svantaggio è il loro costo più alto: i monitor da gioco IPS sono concentrati nella fascia più alta della scala mentre VA, con il suo contrasto leader di classe, è difficile da trovare a qualsiasi prezzo.

Adaptive Refresh

Il G-Sync, apparso per la prima volta quattro anni fa, è stata davvero una rivoluzione nell’elaborazione video. Dal momento che i giochi rendono il loro contenuto a un framerate costantemente variabile, è diventato necessario creare un monitor che potesse variare il suo ciclo di aggiornamento al passo con l’output della scheda video. G-Sync ha abilitato questa funzione per le schede basate su Nvidia pagando qualcosa in più rispetto ai normali monitor mentre, il concorrente AMD FreeSync ha un approccio diverso: semplicemente, aggiungendo nuove funzioni alle specifiche DisplayPort esistenti, un monitor può avere un aggiornamento adattativo senza sacrificare performance. Entrambe le tecnologie sincronizzano il framerate della scheda video con il monitor per evitare il fastidioso problema di bande sullo schermo; l’artefatto si verifica quando i frame non corrispondono: il computer invia un nuovo frame prima che il monitor abbia finito di disegnare il precedente e, assegnando il controllo della frequenza di aggiornamento alla scheda grafica, questo artefatto viene eliminato. Quando si sceglie tra i due, l’ovvia considerazione è su quale hardware si ha già investito: se si è possessori di una GTX 1080Ti, la scelta è chiara. Se si è indecisi su quale tecnologia adottare, tuttavia, ecco alcuni dettagli che potrebbero aiutare. Entrambi hanno un range operativo limitato: i monitor G-Sync funzionano sempre da 30Hz fino al massimo consentito dal monitor. I display di FreeSync non sono così coerenti e in genere supportano il refresh adattivo fino al massimo, ma è il limite inferiore che si deve prendere in considerazione. Questo può essere un problema se la scheda video non è in grado di mantenere i framerate sopra quel livello. Il Low Framerate Compensation (LFC), è una soluzione valida, ma funzionerà solo se il refresh massimo è almeno più del doppio rispetto al minimo. Per esempio, se il massimo è 100Hz, il minimo deve essere 40. Se l’intervallo è troppo piccolo, LFC non entra in gioco. Quindi se il proprio budget indica una scheda video da metà a bassa velocità, è preferibile scegliere il G-Sync con ovviamente una scheda Nvidia mentre, in caso di display FreeSync si sceglie AMD.

Refresh Rate

Quando sono usciti i primi display dedicati ai videogiochi, una caratteristica fondamentale era la loro capacità di funzionare a 144 Hz. Questa era una risposta alle prestazioni sempre più elevate offerte dalle schede video veloci. Ovviamente se si ha una scheda video che potrebbe far girare un gioco a 100 fps, è opportuno che anche il monitor sia abbastanza veloce. Un 60Hz semplicemente non basterà più. Oggi esistono schermi che girano a 144Hz, 200 HZ e addirittura 240 Hz. Quindi la domanda è una: è così importante la velocità di aggiornamento? La risposta ovviamente è si. Comprare un display con una frequenza alta, a lungo termine eviterà la necessità di cambiare  il monitor in poco tempo. Per coloro che spendono meno, tuttavia, 144 e persino 120 Hz sono molto veloci e consigliati. Nella maggior parte dei casi si ottiene un ritardo di input sufficientemente basso, un movimento fluido e un elevato carico di prestazioni per la maggior parte dei titoli in commercio.

Motion Blur Reduction e Overdrive

La riduzione della sfocatura e l’overdrive sono due caratteristiche che si trovano in molti schermi da gaming. In effetti l’overdrive è praticamente presente su tutti i monitor indipendentemente dal tipo e funziona, consentendo una certa quantità di overshoot durante le transizioni di luminosità. L’obiettivo di progettazione è che i singoli pixel anticipino la tensione richiesta per un particolare livello di luminosità. Se eseguito correttamente, il pixel raggiunge rapidamente quel livello, per poi cambiare nel fotogramma successivo prima che la tensione diventi troppo alta. Quando si verifica un overshoot, appare come un artefatto chiamato ghosting: Possiamo vederlo usando il test UFO di BlurBusters che si può trovare qui. È semplice da interpretare: bisogna guardare l’UFO mentre si cambiano  diverse opzioni OD. Quando è visibile una scia bianca dietro il “piattino”, si è andati troppo lontano. Nel contenuto reale, l’artefatto appare in transizioni ad alto contrasto come quelle tra oggetti scuri e chiari. Le implementazioni dell’overdrive differiscono notevolmente tra i monitor.

Come scegliere un monitor da lavoro

Gli utenti professionali hanno alcune esigenze speciali che devono essere considerate. Stiamo parlando di fotografi, tipografi, web designer, artisti di effetti speciali, game designer o chiunque abbia bisogno di un controllo preciso del colore lungo tutta la loro catena di produzione. Solo pochi monitor sono effettivamente certificati dai loro produttori ma se si vuole un display che sia preciso e pronto all’uso, è il modo migliore per garantire la qualità. Siamo d’accordo con i nostri lettori sul fatto che i monitor professionali dovrebbero essere pronti per il lavoro senza necessità di regolazioni, ma crediamo anche che un monitor professionale dovrebbe avere la flessibilità e la capacità di essere regolato in modo preciso. Ci sono due modi per farlo: l’OSD e il software. La maggior parte dei schermi ha un OSD, più o meno completo. Esistono OSD di grandi dimensioni dotati di cursori RGB per le scale di grigio, preimpostazioni del gamma e un sistema di gestione del colore. A volte i produttori si affidano a software che consentono all’utente di creare modalità personalizzate. Qualunque sia il metodo che si preferisce, è importante che un display professionale includa opzioni per diverse gamma di colori, temperature di colore e curve di gamma. Dovrebbero essere  presenti gli standard sRGB e Adobe RGB, le temperature di colore che vanno da 5000 a 7500K e le preimpostazioni di gamma da 1,8 a 2,4. I monitor utilizzati per la produzione televisiva o cinematografica dovrebbero anche supportare lo standard gamma BT.1886. Tutte le impostazioni dovrebbero essere identiche alle loro etichette e l’OSD dovrebbe avere regolazioni sufficienti per raggiungere la precisione.

Profondità di bit

Nella maggior parte dei casi, un pannello a 8 bit non sarà adatto per il lavoro di grafica professionale. Gli utenti solitamente richiedono almeno 10 bit, o preferibilmente 12. Questo è abbastanza comune tra i display professionali, ma è importante che gli utenti considerino l’intera catena del segnale quando superano gli 8 bit. In sostanza più bit si hanno più i colori risulteranno fedeli però, ovviamente, per usare un monitor del genere serve una scheda video che supporti oltre gli 8 bit; in caso contrario il monitor inserirà le informazioni aggiuntive, ma solo per interpolazione. Proprio come con il ridimensionamento dei pixel infatti, un display non può aggiungere informazioni che non sono presenti in primo luogo, può solo approssimarsi. La maggior parte delle schede video di fascia consumer sono limitate all’uscita a 8 bit in questo momento. Alcuni esempi premium possono inviare informazioni a 10 e 12 bit sul display, ma la soluzione migliore per un professionista è utilizzare qualcosa basato sui processori Nvidia Quadro o AMD FirePro.

Compensazione di uniformità

Alcuni display incorporano una compensazione di uniformità nel loro elenco di funzionalità. Questo ha lo scopo di eliminare le aree luminose o scure dallo schermo e bilanciare la luminosità in ogni zona. Alcuni produttori, NEC in particolare, hanno fatto di tutto per risolvere il problema, creando una tabella di ricerca per ogni singolo monitor che esce dalla catena di montaggio. Non si può semplicemente applicare le stesse correzioni a ogni pannello. L’unico modo per eliminare un hotspot in un campo nero è aumentare la luminosità delle altre zone a quel livello. Questo ha l’ovvio effetto di aumentare i livelli di nero e ridurre il contrasto: all’estremità luminosa della scala, i punti deboli vengono compensati abbassando l’uscita nelle zone rimanenti, riducendo anche il contrasto. La compensazione dell’uniformità non è molto utile perché i suoi benefici sono ampiamente superati dalla riduzione dell’output e del contrasto che ne risulta. Quindi, in sintesi, gli utenti che acquistano uno schermo di livello professionale dovrebbero cercare entrambe le opzioni di gamma di colori sRGB e Adobe RGB, una calibrazione certificata dalla fabbrica, un OSD completo con regolazioni precise e un pannello con profondità di colore nativa a 10 o 12 bit.

 

Conclusione

Ecco perché è così importante decidere l’uso che si farà con il proprio PC prima di comprare un monitor. Se sei un giocatore o stai mettendo insieme un sistema a livello professionale, il lavoro è praticamente finito. Tutti i principali mercati dei produttori si focalizzano principalmente per questi due scopi, gaming e lavoro e, grazie alle richieste degli utenti e alla copertura completa nei media, se una società afferma che il proprio monitor è appropriato per giocare o per lavorare, è davvero così. Sono finiti i giorni in cui un monitor poteva semplicemente essere stilizzato in un certo modo e chiamato da “gaming”. Deve essere supportato con funzionalità come l’aggiornamento adattivo e la risposta rapida del pannello. Il mercato così non sarà ingannevole per chi si avvicina per la prima volta in questo mondo. Lo stesso vale per gli ambienti professionali: dati i prezzi elevati che definiscono il genere, elementi come l’ampia gamma e la calibrazione di fabbrica sono obbligatorie se un produttore deve essere preso sul serio.




Come funzionano i monitor e quali scegliere

Sin dagli albori dei personal computer, il monitor è stata l’interfaccia principale tra la macchina e l’utente. Sebbene tastiera e mouse siano l’interfaccia fisica principale, lo schermo influisce direttamente sulla facilità con cui svolgere le proprie attività, sia che si tratti di lavoro o di gaming. I primi schermi utilizzavano un tubo a raggi catodici per visualizzare un’immagine e, fino all’avvento dei sistemi operativi grafici, questa si presentava come semplice testo. Grazie al set di caratteri ASCII esteso, le immagini di base potevano essere create sullo schermo ma elementi come pixel e profondità di colore erano ancora troppo lontane.

La tecnologia in uso non era molto diversa dalle televisioni di oggi: da uno a tre “cannoni” elettronici sparano particelle su una superficie rivestita in fosforo, all’interno della grande estremità del tubo. Il fosforo brillando, forma un’immagine composta da linee orizzontali e la porzione di ciascuna linea illuminata può essere lunga o corta, in base all’immagine. I primi esempi erano monocromatici, solitamente verdi, ma più tardi, quando l’hardware usato per la produzione scese di prezzo, furono inseriti tre cannoni, uno per ciascun colore principale (Rosso, Verde e Blu), impiegati per creare i primi monitor a colori. Alla fine della loro vita utile, i monitor CRT avevano raggiunto risoluzioni verticali di oltre 1000 linee e potevano mostrare una grafica completa, non più limitati al solo testo. Ma man mano che le dimensioni dello schermo aumentarono, aumentarono anche profondità e il peso, raggiungendo ben presto una massa critica. Ed è per questo che nacquero i monitor a cristalli liquidi (LCD).

Secondo gli standard odierni, i vecchi schermi LCD non sembrano molto più moderni dei CRT, ma hanno un attributo importante: sono molto meno profondi di qualsiasi monitor a valvole. Oggi i monitor per computer utilizzano principalmente le proporzioni 16: 9 (alcuni anche a 16:10), ma l’elemento principale che distingue un modello dall’altra è la risoluzione: l’immagine su un pannello LCD è composta da milioni di piccoli punti con ogni pixel costituito da tre sub-pixel, uno per ciascun colore primario, rosso, verde e blu. Ovviamente più pixel si possono racchiudere in ogni pollice quadrato, più l’immagine sarà realistica e perfetta. Ma bisogna considerare due fattori che possono rendere meno adatto un display ad alta densità di pixel per un particolare sistema: il primo è la performance della scheda grafica poiché, più pixel si hanno sullo schermo, più potenza di elaborazione serve dalla scheda video per spostarli in modo tempestivo. Ultra HD e 5K sono in grado di ottenere immagini straordinarie, ma se il sistema non è in grado di generare 14,7 milioni di pixel, l’esperienza complessiva ne risentirà e quella risoluzione aggiuntiva sarà un ostacolo. Il secondo fattore riguarda le funzionalità di ridimensionamento dei caratteri del sistema operativo che si intende utilizzare. Sono stati apportati miglioramenti, ma Windows è ancora utilizzato al meglio con una densità di pixel di 90-100ppi; a valori più alti, oggetti e testo diventano estremamente piccoli e potenzialmente impossibili da leggere. Il ridimensionamento varia in termini di qualità e non sempre è una soluzione infallibile quando il testo diventa troppo piccolo. Prima di approfondire le singole considerazioni dietro la selezione di un monitor, c’è una cosa che non possiamo sottolineare abbastanza. Prima di iniziare la ricerca del monitor perfetto, è fondamentale sapere in che ambito utilizzare il monitor: non c’è display che sia il migliore in tutti gli aspetti.
Nelle sezioni seguenti parleremo delle varianti di monitor in commercio e il loro funzionamento mentre, successivamente, arriveranno le guide su come scegliere un monitor da gaming o professionale. Diamo una rapida occhiata alle principali tecnologie dei pannelli e in che modo influiscono sulla qualità dell’immagine.

Tecnologie dei pannelli

Esistono tre principali tecnologie utilizzate in tutti i pannelli LCD prodotti oggi: In-Plane Switching (IPS), Twisted Nematic (TN) e Vertical Alignment (VA). Ognuno ha diverse varianti associate che offrono diversi vantaggi come angoli di visione migliori, risposta del pannello più veloce, minore consumo di energia e simili. Una rapida ricerca su Internet farà apparire dozzine di articoli sulla complessità di ciascuna tecnologia, quindi non approfondiremo troppo la questione; quello che preferiamo fare è parlare di come ciascun tipo influisce sulla qualità dell’immagine e su cosa ci si può aspettare se ne si sceglie uno in particolare.

Twisted Nematic (TN)

I primi pannelli LCD apparsi sono stati della varietà TN. Questo è un pannello nella sua forma più semplice: uno strato di cristalli liquidi è inserito tra due substrati; i cristalli sono attorcigliati per bloccare o emmettere la luce. Ogni sub-pixel è controllato da un singolo transistor la cui tensione determina la quantità di luce che attraversa. Il problema più grande con i pannelli TN è la loro scarsa qualità delle immagini fuori asse e poiché la luce proveniente da qualsiasi LCD è polarizzata, la luminosità massima si verifica solo quando è visualizzata al centro. Questo perché l’utente è seduto con gli occhi puntati dritti al centro dello schermo e quello schermo è perfettamente perpendicolare alla linea di vista. Inoltre, i cristalli sono disposti perpendicolarmente ai substrati che aumentano la distanza dalla retroilluminazione allo strato anteriore, accentuando il problema dell’angolo di visualizzazione. Il TN ha un grande svantaggio rispetto ad altri tipi di pannelli, ma ciò nonostante è molto veloce: con un solo transistor per sub-pixel e una profondità di colore di 6 o 8 bit, i moderni pannelli TN possono avere un tempo di risposta di un millisecondo (1ms) quando le frequenze di aggiornamento sono sufficientemente elevate. Questo li rende ideali per il gaming in cui la velocità è più importante di altre metriche di imaging. Velocità elevata non solo nella capacità del pannello di disegnare rapidamente una cornice, ma anche nell’area del ritardo di input. Il basso costo di elaborazione del TN di solito significa una risposta più rapida all’input dell’utente, un altro fattore importante per i giocatori. Quindi, cosa rende il TN diverso da altri tipi di pannelli? Si possono vedere chiaramente le differenze tra TN e IPS in una foto fuori asse di un modello di prova. Ma nell’uso reale, che si tratti di gaming o produttività, il TN non rappresenta un enorme calo della qualità dell’immagine. Un buon pannello IPS o TN ha un intervallo dinamico nativo di circa 1000: 1.

In-Plane Switching (IPS)

Dopo aver stabilito gli angoli di visione come la principale debolezza del TN, questo ci porta alla soluzione: IPS. Rappresenta una svolta significativa nell’area della qualità dell’immagine fuori asse. I principali obiettivi di progettazione IPS erano il minor consumo energetico, la capacità di creare schermi più grandi e una migliore riproduzione dei colori. Grazie a uno strato di TFT più vicino alla superficie esterna e un polarizzatore a griglia più sottile, l’immagine su un pannello IPS non si deteriora quando l’utente sposta la visuale sullo schermo e la percezione dell’uniformità da bordo a bordo è molto più grande. Aiuta anche che, i cristalli sono paralleli ai substrati piuttosto che perpendicolari come nel TN. Di conseguenza, il percorso è molto più breve tra la retroilluminazione e il livello anteriore dello schermo. Poiché la luce è polarizzata meno severamente, non cambia tanto quando l’osservatore si sposta fuori asse. Questo contribuisce a ridurre il consumo di energia dal momento che la retroilluminazione non ha bisogno di tanta potenza per raggiungere un determinato livello di luminosità. Ciò significa che la qualità complessiva dell’immagine è che lo schermo appare molto più uniforme, specialmente per taglie oltre i 27 pollici. Non è altrettanto importante posizionare il display esattamente sulla scrivania per vedere la migliore immagine possibile e, per quelli con configurazioni multischermo, le opzioni di posizionamento sono molto più flessibili.

Vertical Alignment (VA)

Tralasciando i problemi dell’angolo di visualizzazione, anche gli LCD soffrono di scarso contrasto. Le tecnologie auto-emettenti come CRT, plasma e OLED hanno un enorme vantaggio in questo senso. Tuttavia, con la tecnologia CRT, i livelli di nero sono regolati dal modo in cui le valvole possono bloccare la retroilluminazione, sempre attiva. Il VA cerca di migliorare questa debolezza: un pannello TN o IPS dalle buone prestazioni mostreranno un contrasto nativo di circa 1000: 1; Ciò significa che il livello di bianco massimo è 1000 volte maggiore del livello di nero più basso (A 200cd / m2 si vedrà un livello di nero di .2cd / m2). Quanto è nero esattamente? Beh, in una stanza scarsamente illuminata, sembrerebbe un grigio molto scuro ma non completamente nero. In confronto, una TV al plasma rendebbe il livello del nero di .007cd / m2 e un display OLED dei giorni nostri sarà ancora più basso. Quindi cosa cambia con il VA?  Riteniamo fortemente che il contrasto sia il fattore più importante per la qualità e la fedeltà delle immagini,  quindi più è, meglio è. 5000: 1 è migliore di 1000: 1. Sfortunatamente, il VA è in minoranza tra i monitor sul mercato con l’IPS leader del mercato in questo momento ma, molti monitor da gaming, utilizzano ancora i pannelli TN per il loro basso costo e alta velocità. Ma non importa quale sia l’uso, pensiamo che il VA abbia la migliore qualità d’immagine dei tre tipi principali. Ha uno svantaggio? Sì: ha un angolo di visione discreto che lo posiziona tra TN e IPS. Va abbastanza bene per supportare schermi di grandi dimensioni, ma non è in grado di competere con i migliori monitor IPS.
Quindi qual è il migliore? La risposta è tutte e tre. Se si vuole un monitor veloce con minima sfocatura di movimento, basso lag di input e un prezzo basso, è preferibile il TN. Se invece si desidera un’immagine uniforme con buoni angoli di visualizzazione e colori precisi, va bene l’IPS. Infine, se si vuole il massimo contrasto e profondità dell’immagine, per un vero aspetto 3D, il VA.

Come scegliere un monitor standard

Ci sono utenti che non desiderano comprare un monitor specializzato per il gaming o per il lavoro, per via di tecnologie o funzioni varie che non verranno utilizzate oppure perché cercano un monitor equilibrato e che funzioni bene per ogni tipo di elaborazione, intrattenimento o produttività. Per uso generale pensiamo che l’angolo di visione più ampio sia essenziale, ma con un avvertimento. È vero che IPS e la sua variante AHVA (Advanced Hyper-Viewing Angle) offrono la migliore immagine fuori asse, ma ci ritroviamo catturati (forse anche sedotti) dal profondo contrasto dei monitor VA. Abbiamo sempre posizionato il contrasto come prima misura della qualità dell’immagine con saturazione del colore, accuratezza e risoluzione, infatti, quando un display ha una vasta gamma dinamica, l’immagine risulta più realistica e più simile al 3D. I pannelli VA offrono da tre a cinque volte il contrasto degli schermi IPS o TN e questa differenza non è insignificante: se posizionassimo monitor VA e IPS uno accanto all’altro con livelli di luminosità e standard di calibrazione corrispondenti, la schermata VA vincerà facilmente un confronto tra due diversi tipi di dati. Quindi è chiaro che preferiamo VA come tecnologia adibita a un uso generale, ma per quanto riguarda i set di funzionalità? Il numero di funzionalità extra che vengono lanciati nei monitor di oggi è quasi vertiginoso e con ciascuna azienda che utilizza una terminologia diversa può diventare difficile confrontare i prodotti. Ecco alcune delle principali opzioni che bisogna cercare.

Flicker-Free

Quando i LED hanno iniziato a sostituire il tubo a raggi catodici come fonte primaria di retroilluminazione, si è verificato un fenomeno interessante: un numero limitato di utenti ha notato uno sfarfallio (Flicker-Free) a qualsiasi livello di retroilluminazione al di sotto del massimo. Questo artefatto è causato da qualcosa chiamata modulazione della larghezza dell’impulso che, in parole povere, avviene quando una retroilluminazione PWM viene ridotta in luminosità, ricorrendo a pulsazioni più volte al secondo per simulare una luminosità inferiore. Non può essere attenuato semplicemente abbassando la tensione come succede con una lampada a incandescenza. La larghezza dell’impulso è ciò che determina la luminosità effettiva, più breve è l’impulso, minore è l’uscita. I produttori combattono lo sfarfallio in diversi modi: uno è quello di aumentare il numero di cicli al secondo. Alcune retroilluminazioni PWM funzionano a velocità fino a 20 mHz; questo metodo riduce gli effetti dello sfarfallio per la maggior parte degli utenti. Un approccio ancora migliore è tuttavia la retroilluminazione a corrente costante: questo è un array di LED che può essere strozzato come una luce a incandescenza, semplicemente variando la tensione. Molti monitor venduti oggi sono privi di sfarfallio e utilizzano retroilluminazione a LED a corrente costante. Questi prodotti non sfarfalleranno a nessun livello di luminosità e anche quelli più sensibili all’artefatto non lo percepiranno. Ma anche se non si vedrà, può comunque causare affaticamento in caso di esposizione prolungata. Quando si trascorrono otto o più ore davanti a un computer senza sfarfallio, si può fare lavorare più semplicemente. Sempre più schermi utilizzano oggi la retroilluminazione a corrente costante e si consiglia di posizionare quella caratteristica in alto nell’elenco delle priorità.

Low-Blue Light

Questa è un’altra caratteristica che è apparsa relativamente di recente e che ora è di serie su molti display. Il termine è letterale: di solito assume la forma di uno slider o una serie di preset che riducono progressivamente la luminosità del blu nell’immagine. È possibile produrre lo stesso effetto abbassando il cursore del blu in una regolazione del bilanciamento del bianco dando come risultato un’immagine più calda e che può anche ridurre l’affaticamento quando si fissa il testo nero su uno schermo bianco tutto il giorno. La funzione può rendere meno faticosa la visualizzazione dell’immagine di un computer, ma anche una calibrazione accurata. Quando il punto di bianco di uno schermo è correttamente impostato su 6500K a tutti i livelli di luminosità, è altrettanto facile per gli occhi visualizzare le immagini senza stancarsi. Poiché la riduzione della luminosità del blu influisce su tutti gli altri colori, è possibile che appaiano degli aspetti non naturali a grafica e foto. È particolarmente distraente nei giochi e nei video e, in questi casi, è meglio impostare il monitor in modo che corrisponda al colore con cui è stato creato il contenuto. Quindi non dovremmo necessariamente gravitare verso un prodotto che offre una luce blu bassa.

Modalità dell’immagine

La maggior parte dei monitor per computer include più modalità di immagine che corrispondono a compiti comuni come lettura, foto, film, giochi e simili. Abbiamo misurato molti di questi durante le recensioni e sembra che, a meno che un preset non sia chiamato qualcosa come Standard o sRGB, non è completamente conforme a Rec.709, lo standard utilizzato nella maggior parte dei contenuti visti oggi. In molti casi, un monitor viene fornito di fabbrica con una modalità d’immagine più precisa possibile e richiede una regolazione minima o nulla per ottenere una gamma di colori sRGB, 6500K e 2,2 gamma. Mentre alcuni utenti potrebbero preferire l’aspetto di altre modalità immagine, questa è una considerazione individuale. Quello che gli acquirenti dovrebbero cercare è un monitor che offra almeno una modalità precisa. Gli altri preset non sono necessari e non aiutano a impostare uno schermo diverso dall’altro.

Conclusione

Abbiamo coperto molte informazioni e aspetti su come funzionano i monitor e su come sceglierne uno senza molte pretese, e speriamo che questa guida vi sarà utile nella ricerca del display ideale. Vi è un numero enorme di prodotti disponibili che utilizzano tecnologie e funzionalità diverse. Ma se si inizia la ricerca dando un’occhiata all’utilizzo che vi si farà, si restringeranno le scelte a un numero più gestibile. È importante ricordare che lo schermo perfetto non esiste e probabilmente non esisterà mai.




Nuovi record per PUBG e Fortnite

Microsoft e PUBG Corp. hanno recentemente annunciato che PlayerUnknown’s Battlegrounds ha superato i 5 milioni di giocatori su Xbox One nei primi tre mesi di vendita. Nonostante questi numeri siano davvero impressionanti per un titolo in accesso anticipato, non sono sorprendenti considerando che oltre 3 milioni di persone hanno acquistato il titolo all’inizio di gennaio, mese di uscita del gioco su console, ma nonostante ciò il tasso di vendita è rimasto costante negli ultimi due mesi.
Una lode non da poco va sicuramente a PUBG Corp., la quale, nonostante i numerosi problemi che il gioco ha avuto all’uscita sulla console di casa Microsoft, ha continuato a supportare il titolo al massimo delle capacità, aggiornandolo costantemente con nuove patch. Infatti, con l’ultimo aggiornamento rilasciato dalla casa produttrice, il gioco ha quasi raggiunto il suo completamento.
Non è solo PUBG ad aver battuto dei record videoludici nell’ultimo periodo: infatti, come se non fosse già abbastanza avere più di 3 milioni di giocatori e aver battuto il record di spettatori nelle live Twitch, il noto Fortnite è adesso anche l’app più scaricata e gettonata dell’App Store. La versione iOS del gioco supporta ancora il cross-play, ovvero la possibilità di poter giocare con i possessori di PC e console, che alimenta ulteriormente la rapida crescità di popolarità di Fortnite. Il gameplay e la progressione del gioco possono essere salvati su tutte le piattaforme, aumentando la mobilità del gioco, tanto che la versione mobile non ha nulla da invidiare dalla versione console, tranne per un leggero downgrade grafico.
La risposta di PUBG pare sarà a breve, al punto che si attende il lancio su mobile per Android e iOS già da domani 20 marzo.




Errori di programmazione per Civilization 6

Pochi giorni fa, Straight White Shark, un noto modder dei forum Something Awful, sembra aver scoperto un errore tipografico nel file di gioco che regola i comportamenti di default dei vari leader del gioco. I programmatori, infatti, hanno erroneamente castrato i parametri dell’Intelligenza artificiale per la produzione della statistica Fede come la più bassa a differenza delle restanti presenti nel gioco.
Come qualcosa del genere possa essere sopravvissuto alle migliaia di ore di test e valutazione è un mistero, specialmente per un titolo come Civilization VI. Non è chiaro, tuttavia, se questi errori fossero presenti già nella versione originale del gioco o se siano il risultato di un recente aggiornamento.
A difesa di ciò, alcuni giocatori hanno notato come, per esempio, Pedro II del Brasile producesse 100 punti Fede in meno rispetto a una partita giocata con il codice corretto nelle stesse condizioni della partita giocata con il codice non corretto.
Per la gioia di tutti i player di questo titolo è già presente una mod che corregge questo bug presente nel WorkShop di Steam




Microsoft Mixer pronto a rivaleggiare con Twitch

Microsoft Mixer, piattaforma fondata nel 2016 dalla omonima azienda, è una validissima alternativa a Twitch, con una possibilità di intrattenere il pubblico molto più elevata e una qualità video praticamente paragonabile all’ormai famoso portale Amazon. Grazie all’ultimo aggiornamento, è stata aggiunta un ulteriore funzione, la quale permetterebbe, se ben implementata e pubblicizzata, alla nuova piattaforma di poter competere con tutte le maggiori piattaforme streaming esistenti.
Ma in cosa consiste questa funzione? Ebbene, durante lo streaming di un gioco tramite Mixer, è possibile consentire a uno spettatore di assumerne il controllo, utilizzando l’emulazione del gamepad su schermo o il proprio controller collegato a un PC. Gli utenti che prenderanno possesso, non saranno in grado di usare il tasto home per uscire dal gioco o per controllare la console; potranno soltanto giocare o da soli o con lo streamer di turno per superare livelli particolarmente difficili.
Oltre a questo, l’ggiornamento è intervenuto su altri aspetti: il  browser Microsoft Edge è stato reso più semplice, facilitando la navigazione, nuovi strumenti di filtro per i club, e infine, la risoluzione 1440p è supportata sia su Xbox One S che su Xbox One X, oltre a una nuova opzione che consente di bilanciare l’audio del gioco con la musica di sottofondo in esecuzione in una playlist.