Dusty Rooms: la saga di Thunder Force

Come abbiamo ribadito in molti altri nostri articoli, la retromania è in piena attività; molti titoli vengono riscoperti e sempre nuovi modi per giocarli, che riguardino nuovi hardware come le retroconsole, le console originali o altri discussi nella precedente rubrica, vengono proposti ai giocatori più nostalgici. Oggi, specialmente su Nintendo Switch e Steam, un vecchio genere videoludico sta tornando di moda e i più appassionati sperano ogni giorno nel ritorno delle loro saghe preferite, che siano sequel, remake o remastered: parliamo degli shoot ‘em up, uno dei generi più antichi del gaming e uno dei più iconici. Negli anni ‘80 e ’90, sia nelle arcade che a casa, titoli come Gradius, R-Type, 1943, Darius, Pulstar e molti altri erano sulla cresta dell’onda e appassionati e casual hanno sempre apprezzato questo genere per la sua natura avvincente e tosta difficoltà; nonostante il genere fosse in continua evoluzione (vedi l’avvento, più tardi, dei Bullet Hell) e continuavano a uscire titoli sempre più raffinati, come Radiant SilvergunEinhänder, Darius Gaiden, Ikaruga, Gradius V e R-Type Final, in occidente fu messo da parte poco per volta e molte nuove uscite furono riservate al giappone dove gli SHMUP (abbreviazione comunissima di “shoot ‘em up”) sono sopravvissuti nonostante il calo nelle arcade (che per loro non fu destabilizante). A oggi il genere è abbastanza in fermento grazie alle uscite indie, come Crimzon Clover: World Ignition e Super Hydorah, e ai colossi del genere, come CAVE , G.Rev e Treasure, che allietano gli appassionati con vecchie e nuove uscite, di questi tempi in tutto il mondo grazie a piattaforme come Steam, ma le sage storiche degli anni ’90, soprattutto Gradius e R-Type, sembrano in stallo.
Una delle saghe di cui si sente di più la mancanza, e una fra le più amate degli appassionati degli SHMUP, è certamente Thunder Force di Technosoft, un developer che regalò ai giocatori molti shooter come Herzog Zwei, Hyperduel e Blast Wind ma anche altri titoli come Devil’s Crush, che era un gioco pinball, e Nekketsu Oyako, un beat ‘em up; a ogni modo, Thunder Force era certamente il loro franchise di punta, una saga di titoli in grado di dettare legge sul fronte degli SHMUP e uno di quei tanti titoli della libreria del Sega Mega Drive/Genesis in grado di far voltare la testa ai possessori del Nintendo Entertainment System e persino Super Nintendo.

Le umili origini e il Mega Drive

Al contrario di ciò che si possa pensare, il primo Thunder Force uscì nel 1983 su molti computer giapponesi come lo Sharp X-1 e il NEC PC 8801, anni prima di Gradius e R-Type (cui, solitamente, vengono considerati gli innovatori del genere); nonostante il precoce arrivo sul mercato, il gioco era un semplice “top down shooter”, sulla scia di Bosconian e Sinistar ma con i bersagli in superfice come in Xevious (dunque ben lontano da ciò che il genere sarebbe diventato più in là), e l’obiettivo era volare nell’area di gioco, con la nostra navicella della federazione spaziale, per distruggere le basi dell’Impero Orn. Un po’ come Steet Fighter (l’omonimo titolo che diede il via alla nota saga picchiaduro), il primo Thunder Force non ebbe grande risonanza nel mondo degli shooter e ciò che avrebbe reso grande la saga Technosoft doveva ancora arrivare.
Quattro anni dopo arrivò il sequel Thunder Force II, prima sul (fantastico) computer giapponese Sharp X68000 e poi su Sega Mega Drive, dove in Nord America fu inserito nella linea dei titoli di lancio. L’arrivo sulla console 16-bit fu molto importante non solo perché la saga arrivò ai giocatori di oltreocenao ma anche perché Technosoft fu uno dei primi developer a firmare per Sega ed erano pronti a evidenziare tutte le grandi caratteristiche del Mega Drive. Il titolo introdusse tantissime novità che caratterizzarono la saga di fronte alla spietata concorrenza delle altre case videoludiche: gli stage top-down vennero affiancati da degli stage sidescroller tradizionali (alla Gradius), venne inserito il sistema di power up tipico della saga ma soprattutto il nuovo timbro caratteristico dell’audio e delle composizioni (su uno stile molto rock/metal) contribuì a dare al gioco una colonna sonora, per l’epoca, spaventosa. La strategia chiave del gioco, ma più precisamente di tutta la saga, si cela soprattutto nel tirar fuori le giuste armi nel momento più propizio: come ogni SHMUP che si rispetti, in Thunder Force II bisogna collezionare i power up in volo ma, a differenza di molti altri titoli simili, tutti rimangono disponibili al giocatore ed è dunque possibile riselezionarli, durante il gameplay, a seconda della situazione che ci viene posta davanti; ogni arma, che variano a seconda del tipo di gameplay, ha i suoi pregi e difetti e pertanto conoscere ogni singolo power up (e dunque icona del gioco) è essenziale per gestire ogni tipo di situazione anche perché, se verremo colpiti, perderemo ogni power up collezionato ripartendo col pattern d’attacco base. Le due versioni sono semi-identiche ma preferire l’una o l’altra è questione di gusti personali: la versione per Sharp X68000 ha una grafica migliore, delle cutscene di presentazione, qualche power up in più e alcune clip vocali tagliate dalla versione per Mega Drive (come la famosa: «Shit!»); la seconda presenta degli stage sidescroller più ampi in larghezza, qualche arma esclusiva, una difficoltà più abbordabile e, a oggi, è possibile reperirlo con più facilità. Dopo un inizio un po’ sottotono il nuovo titolo della Technosoft era decisamente più definito e l’occidente accolse più che positivamente Thunder Force II (seppur nessuno giocò mai al primo titolo) rimanendo affamato per un nuovo titolo.

Thunder Force III e l’arrivo nelle arcade

Nel 1990 arriva Thunder Force III e anche questo, come il predecessore, porta diverse novità: ci fu un grosso miglioramento sul fronte del comparto grafico, quando si perde una vita viene perso solamente il power up che si stava usando al momento dell’esplosione, è possibile cambiare la velocità della navetta durante il gameplay e, il più importante, i livelli top-down vengono soppiantati definitivamente in favore di dei livelli sidescroller eccellenti.
Il successo di Thunder Force III, sempre fortemente caratterizzato dalle “sonorità Technosoft”, fu tale da ricevere un porting per il mercato arcade che prese il nome di “Thunder Force AC”, il primo titolo della compagnia per le sale giochi. Questo titolo era più o meno un porting della versione per Mega Drive ma furono cambiate alcune cose come l’interfaccia grafica per la selezione dei power up e i punteggi (che adesso si trovavano in basso) e due stage che furono ridisegnati e accompagnati da nuovi brani; Thunder Force AC uscì più in là per Super Nintendo con il nome di Thunder Spirits ma il porting che ne uscì fu problematico e certamente non all’altezza né del cabinato né dell’originale per Mega Drive. Il gioco soffriva di rallentamenti quando le schermate erano troppo “affollate” (chiamarli cali di framerate è errato per questo tipo di console) e, nonostante il superiore chip sonoro, non riuscì a restituire le sonorità tipiche della saga; titoli come questo confermarono con più decisione che lo SNES era, sì, una macchina superiore al Mega Drive ma il suo processore (più lento rispetto alla concorrenza) non riusciva a restituire l’azione frenetica tipica degli SHMUP e pertanto la console Sega ne ospitò diversi, uno più bello dell’altro. La migliore versione casalinga è indubbiamente quella per Mega Drive e Thunder Force III rimane a oggi uno dei migliori shoot ‘em up per il sistema.

L’eccellenza di Thunder Force IV

Thunder Force IV, rilasciato nel 1992, perfezionò un concept già eccellente di suo, portando il Sega Mega Drive, per cui ne era esclusivo, al limite delle sue capacità. Gli sviluppatori trassero il massimo sia in termini di potenza, mantenendo un azione sempre al massimo della velocità, che in termini di qualità grafica grazie a un ingegnosissimo uso dei diversi layer di scorrimento della console Sega, dando una sensazione di profondità come pochi altri titoli per i tempi; inoltre, Thunder Force IV fu uno dei pochissimi titoli del Mega Drive a essere ottimizzato per il 50Hz, il che significa che la versione PAL non solo girava a 60HZ, come un gioco NTSC, ma non aveva neppure le bande nere al di sopra e al di sotto dello schermo. I tre compositori della colonna sonora (Toshiharu Yamanishi, Takeshi Yoshida e Naosuke Arai) composero ben oltre un’ora e mezza di musica, sempre dalle sonorità rock, metal, jazz e fusion, e si avvalsero non solo del chip FM, tipico del Mega Drive, ma anche del chip PSG che era presente all’interno della macchina per permettere la compatibilità con i titoli per Master System; il risultato che ne uscì fu semplicemente strabiliante!
Thunder Force IV non fu un gioco soltanto un gioco impressionante in termini di potenza ma anche in termini di gameplay, in quanto presenta, probabilmente, i livelli più belli della serie e una nuova arma che si ottiene dopo il livello 5, e anche in termini di storytelling in quanto la scena finale lasciò i fan della saga nel dubbio più totale in quanto non si capì esattamente cosa successe al Rynex, la nave pilotata dai giocatori, al termine della cutscene di chiusura. Secondo molti, anche tenendo conto delle specifiche dell’hardware e delle tecniche utilizzate per svilupparlo, questo titolo rappresenta il punto più alto della serie; l’unica pecca di questo gioco, circoscritta solamente per il mercato Nord Americano, è il cambio del titolo in Lightening Force: Quest for the Darkstar, scritto per altro con un errore ortografico (la grafia corretta è “lightning“), e perciò, nonostante le ottime recensioni e riscontri nei negozi, pochi fan sapevano che questo titolo era in realtà il sequel di Thunder Force III.

Il salto al 3D

Con l’arrivo del Sega Saturn, prima di rilasciare il successivo episodio della saga, Technosoft decise di rilasciare nel 1996, in Giappone, una bellissima collezione, divisa in due volumi, contenente tutti i titoli della serie (escluso il primo): Thunder Force Gold Pack 1 conteneva Thunder Force II e III, mentre il Gold Pack 2 conteneva Thunder Force AC e VI. Il nuovo Thunder Force V, uscito nel 1997 per la console 32-bit di Sega, fu il più profondo in termini di storyline: il Rynex vagò per secoli nello spazio in condizioni critiche e fu trovato da dei terrestri che ripresero il controllo della nave grazie a un’intelligenza artificiale sulla luna che, più avanti, si sarebbe ribellata e avrebbe dichiarato guerra alla terra. In termini di gameplay fu introdotta una bellissima nuova arma chiamata “Free Range” e la possibilità di mandare il propri power up in “over weapon”, rendendoli temporaneamente più potenti ed efficaci rispetto alla loro forma base. La maggior parte degli elementi sullo schermo, soprattutto la nave pilotata e i nemici, furono resi in 3D ma il gioco mantenne il suo stile 2D e ciò lo rese impopolare di fronte al nuovo scenario videoludico più interessato in giochi esplorabili in tre dimensioni; neppure la versione per la più popolare Sony PlayStation, rilasciata l’anno successivo in tutto il mondo, sembrò attecchire con i fan, specialmente con i più casual di cui solitamente la saga riusciva ad attrarre facilmente a sé.
Thunder Force V è un titolo a ogni modo solidissimo e la sua colonna sonora è fra le più spettacolari della sua saga, specialmente grazie supporto ottico che permise una qualità audio nettamente superiore ai chip sonori delle console della vecchia generazione. Anche qui, come un po’ per Thunder Force II, scegliere l’una o l’altra versione è questione di gusti: la versione per Sega Saturn (uscita solo in giappone) ha la migliore grafica, migliori effetti grafici e qualità sonora mentre quella per PlayStation, seppur soffre nei comparti in cui la concorrenza è migliore, ha un miglior rendering dei filmati, effetti sonori più complessi, modalità di gioco, artwork e easter egg aggiuntivi e può vantarsi di meno cali di framerate.

Un ritorno sottotono e tardivo

Un sesto Thunder Force era in programma per il Sega Dreamcast ma con il fallimento della console il progetto fu scartato; tuttavia, nonostante non esista uno screen di questo progetto, la colonna sonora fu rilasciata con il nome di Broken Thunder.
A ogni modo, Technosoft si tirò fuori dall’industria videoludica e chiuse i battenti nel 2001 reincarnandosi nella società “Twenty-one company” che si occupa di ricerca e sviluppo e detiene i diritti delle loro IP; Sega riuscì ad acquisire i diritti per Thunder Force VI e in seguito fu sviluppato per PlayStation 2 e rilasciato esclusivamente in Giappone nel 2010. Nonostante contenesse numerosi riferimenti ai vecchi titoli, Il gioco, che uscì abbastanza tardi per essere un gioco della generazione dei 128-bit, fu ampiamente criticato per la facilità generale del gioco, dal momento che il giocatore aveva accesso a tutte le armi sin dall’inizio, per la mitezza degli stage e dei movimenti della telecamera poco curati. Il rilascio per una console considerata obsoleta e circoscritta al Giappone non aiutò la serie a riemergere dal dimenticatoio.

Nuovi propositi

Dopo questa breve riapparizione della saga, Sega ha annunciato nel 2016 di aver comprato le IP della Technosoft dalla Twenty-one company e perciò possono sviluppare le loro IP per dei futuri progetti; quello stesso anno Thunder Force III prese parte all’ultima parte di Sega 3D Classic Collection per Nintendo 3DS ma di recente, esattamente lo scorso aprile, hanno annunciato che Thunder Force IV sarà parte della collana Sega AGES per Nintendo Switch. Visti dunque gli ultimi risvolti, avremo presto un Thunder Force VII?
Beh, noi non lo sappiamo (e forse non è ancora il momento) ma vi possiamo dire con certezza che se c’è un momento per recuperare questa fantastica serie shoot ‘em up è proprio adesso. Ogni titolo di questa saga contiene sempre il giusto equilibrio fra azione e difficoltà e pertanto è una serie adatta sia ai veterani che ai neofiti del genere. Se volete affacciarvi al panorama SHMUP i giochi Thunder Force (specialmente il terzo e il quarto) rappresentano un ottimo punto di partenza e vi offriranno una sfida che, al giorno d’oggi, è semplicemente assente.




Senko no Ronde 2

Uscito qualche mese fa anche in Occidente, Senko no Ronde 2 si presenta come il remake di Senko no Ronde Duo, titolo per Xbox 360 pubblicato nel 2010, ma riservato esclusivamente al pubblico giapponese.
Alla pubblicazione di Senko no Ronde 2 hanno lavorato, oltre a G.rev, gli sviluppatori della saga, anche Kadokawa Games, casa editrice giapponese.

SNR 2 è un gioco di combattimento con caratteristiche bullet hell in cui si impersoneranno dei mecha giganti super-corazzati e armati fino ai denti che si daranno battaglia in un’arena con visuale dall’alto.
Il gioco ci darà l’opportunità di scegliere diverse modalità,dalla modalità storia a quella arcade, da quella online e LAN sino a una modalità chiamata Score Attack.
La storia, prevedibile e poco originale, è ambientata in un futuro post-apocalittico in cui il pianeta Terra è stato reso inospitale e inabitabile da una calamità chiamata “Il Grande Disastro“, che ha costretto tutta la popolazione mondiale a migrare verso delle colonie spaziali, e racconta le vicende di un gruppo di ragazzi alla guida di robot militari che tenterà di recuperare una potente arma sottratta a seguito di  un attacco terroristico.
La modalità storia è praticamente il rifacimento dei fatti accaduti in Senko no Ronde Duo, visto che si tratta di un remake, raccontati in maniera tale da sembrare una Visual Novel classica, con un’alternarsi di scene di dialogo e combattimenti 1vs1.

Sono proprio gli scontri tra robot a essere al centro di questo picchiaduro, battaglie che riescono tutto sommato a risanare i gap della storia. Nelle varie modalità si potranno scegliere 14 diversi mecha, ognuno dei quali possiede diverse abilità, armi (che non possono essere cambiate) e mosse B.O.S.S (mosse finali). Le battaglie si svolgeranno all’interno di una grande arena, in cui si alterneranno una visuale isometrica, per gli attacchi a distanza con armi da fuoco, e una visuale in terza persona, che si attiverà automaticamente nel momento in cui i mecha saranno uno vicino all’altro in occasione degli attacchi corpo a corpo.
Ogni robot ha un set di mosse differenti, chi ha dei laser equipaggiati, chi spara missili e chi invece proiettili al plasma; tutte le armi sono diverse tra loro, così come le mosse B.O.S.S, che permettono di utilizzare una navicella spaziale ancora più grande ed equipaggiata con molte più armi rispetto ai singoli mecha. Ma l’uso di più armi grava sulla mobilità del veicolo che diventa più pesante e più lento, quindi un facile bersaglio per l’avversario che però sarà bombardato da missili e laser. I diversi stili di combattimento, le diverse armi e le varie mosse creano un buon equilibrio tra i personaggi giocabili, che risultano molto versatili in qualunque situazione, anche nelle più difficili.

Altro tasto dolente è sicuramente l’infrastruttura utilizzata per l’online, che non permette alcun tipo di matchmaking: decine e decine di tentativi per riuscire a giocare, ma non si riesce mai a trovare qualcuno per poter provare la modalità 1vs1 in rete, sarà forse colpa della poca utenza occidentale, ma personalmente avrei preferito anche giocare un match con persone d’oltreoceano con relativo lag, pur di giocare online; per confrontarsi con altri giocatori, bisogna, per forza di cose, giocare in LAN oppure utilizzare la modalità Score Attack, una modalità in cui bisogna sconfiggere, in sequenza, dei nemici per riuscire a ottenere il punteggio più alto da poter scrivere sulla leaderboard online.
Il titolo di casa G.Rev non è di certo un capolavoro sul piano grafico, non aspettatevi texture dettagliate o ambienti realistici, ma una grafica semplice, con un character design di discreta fattura. Su PS4 Pro risoluzione e FPS sono ottimi, non si arriverà al 4K, ma per un gioco del genere va più che bene.
Per quanto riguarda il comparto sonoro, invece, sembra ben più curato, con dei pacchetti audio (α e β) che si potranno scaricare direttamente dallo store gratuitamente e si potranno personalizzare le voci di tutti i protagonisti; si va dalla voce più dura e adirata a quella più pacata e dolce. C’è da fare una precisazione però: alcune delle voci che si potranno selezionare, soprattutto per le ragazze, suonano abbastanza “imbarazzanti” per noi occidentali (chissà per i giapponesi), con gemiti e urla che facilmente fraintendibili: ma niente paura, la maggior parte delle voci saranno più che normali.
Senko no Ronde 2 è uno di quei giochi che difficilmente riescono a trovare spazio nel mercato europeo, adatto a una ristretta cerchia di appassionati e che a stento riesce ad avvicinare nuovi giocatori che per la prima volta fanno la conoscenza di questo genere di picchiaduro e soprattutto della serie. Se cercate un gioco che possa offrirvi una struttura online solida, una storia originale e amate la mera competizione online, non dovreste optare per Senko no Ronde 2. Questo titolo, per chi non è appassionato al genere, non è male per passare il tempo, ma a lungo andare potrebbe risultare noioso e ripetitivo.