Not a Hero: Super Snazzy Edition

C’è chi dice che 3D e 2D sono due mondi separati e in quanto tali non convergono in nessun modo. Nella storia dei videogiochi spesso delle meccaniche proprie del 2D sono state riproposte 3D, non sempre con risultati eccellenti, ma il processo inverso è veramente raro, tanto che è difficile riportare degli esempi concreti; non siamo qui per farvi una top 10 dei giochi che hanno sfidato le leggi della bidimensionalità, però possiamo parlarvi di Not a Hero: Super Snazzy Edition, un gioco interamente 2D che implementa, con risultati davvero ottimi, il cover system tipico dei più frenetici third person shooter 3D come Gears of War o Uncharted. Questo frenetico sparatutto, uscito originariamente nel 2015 su PC e arrivato su Nintendo Switch soltanto quest’anno, è un mix di azione, tatticismo, violenza e follie alla Quentin Tarantino con una spruzzata di humor e parlate inglesi che donano all’intero gioco una veste unica e veramente eccezionale. Vediamo insieme questo gioco sviluppato dallo studio inglese Roll7 e pubblicato da Devolver Digital che, ancora una volta, mette nella sua immensa libreria un gioco veramente audace e innovativo come i già visti Minit e Crossing Souls.

Ta ta ta ta ta ta ta ta ta ta…

Siamo a 21 giorni da un’elezione in una città del Regno Unito e il singolare Bunnylord, un coniglio viola antropomorfo venuto dal futuro, vuole a tutti i costi diventare sindaco per scongiurare il crimine che, a detta sua, farà affondare la città in una crisi irreversibile. Con il poco tempo rimasto, Bunnylord attuerà una campagna anticrimine per mano delle peggiori canaglie del Regno Unito, sociopatici senza il minimo scrupolo quando si tratta di far fuori qualcuno; cominceremo utilizzando Steve, il migliore amico di Bunnylord, ma piano piano, una volta diminuiti i crimini, salirà il consenso e perciò sempre più folli esaltati, come Mike, Samantha e Cletus, cominceranno ad appoggiare il coniglio viola; ma andiamo con ordine. I livelli proposti in Not a Hero sono fatiscenti palazzi di periferia a più piani dove si nascondono intere bande di criminali: ci sarà sempre un obiettivo principale, come uccidere uno specifico NPC, rubare degli oggetti, piazzare bombe, salvare ostaggi e altri tre obiettivi secondari, come chiudere un livello in un tempo limite, uccidere tutti i nemici o chiudere una determinata sequenza di uccisioni senza essere colpito e tanti altri (a volte anche precedenti obiettivi principali) e, più obiettivi completiamo in un livello più crescerà il nostro consenso (che servirà appunto per sbloccare più velocemente tutti i personaggi). Il primo livello spiegherà la meccanica portante di Not a Hero, ovvero il sistema di scivolata, con “b”, seguita dalla successiva (quasi assicurata) copertura dietro a un oggetto del background, dalla quale rimarremo coperti dal fuoco nemico e potremo sparare quando questo non sarà nascosto come noi; capire questa meccanica è fondamentale per compiere delle run senza sbavature ma anche per sopravvivere al meglio fra le orde nemiche e dunque completare il livello. Scivolare, in fondo, è l’unico modo per trovare copertura e perciò, piano piano, dobbiamo capire come funzionano queste strane (ma interessanti) meccaniche allenandoci a premere e rilasciare il tasto al momento giusto per finire nel punto più strategico dalla quale far fuoco. Importantissimo, oltre allo scivolare, nascondersi e sparare, è ricaricare l’arma al momento giusto e nel punto giusto, possibilmente nascosti dietro a un oggetto del background e quando il fuoco nemico si fa meno denso.
I personaggi variano a seconda dell’arma che usano, il che influirà sul tipo di fuoco in sé (la pistola spara un colpo dritto e preciso, il fucile un colpo ampio ma con caricatore  meno ampio e il mitra, con ampio rateo di fuoco ma scarsa precisione), la velocità di movimento, il tipo di esecuzione (di cui parleremo a breve) e possibilmente altre abilità uniche di uno specifico personaggio. L’esecuzione è un tipo di uccisione che potremo compiere quando andremo incontro a un nemico in scivolata facendolo cadere: una volta che sarà a terra, premendo il tasto del fuoco, il nostro personaggio ucciderà il nemico, chi con colpo di pistola e chi con una mossa particolare o un oggetto contundente come un coltello o una katana. Nei livelli, inoltre, possiamo trovare delle armi secondarie, molto utili per liberare le schermate più affollate e degli upgrade per i proiettili della nostra arma, che li renderanno infuocati, esplosivi, perforanti, rimbalzanti e molto altro ancora. Ogni personaggio offrirà dunque un gameplay diverso e pertanto, per via delle molteplici variabili che contraddistinguono ognuno di loro, si vengono a creare delle spiacevoli disparità portando il giocatore a preferire giusto una cerchia di personaggi più vicini al suo stile di gioco senza necessariamente provarli tutti; tuttavia, tanti stili significano anche un gameplay veramente vario già solo sul piano della scelta e perciò il sottolineare la disparità fra i personaggi non è un fattore necessariamente (forse anche per niente) negativo nell’intero.
Not a Hero è di base uno shooter che mischia elementi da alcuni giochi classici come Elevator Action Return, Contra e in parte alcuni altri classici per computer sulla scia di Persian Gulf Inferno ma si comporta nelle meccaniche come un modernissimo sparatutto sulla scia di Gears of War; ciò permette un gameplay infuocato il cui tempismo tra far fuoco e copertura è fondamentale se si vuole sopravvivere alle orde di nemici, che faranno fuoco manco fossero dei napoletani a Capodanno. Grazie alla suddivisione in tre capitoli, in cui in ordine faremo fuori una mafia russa, una gang di afro-britannici e una triade panasiatica, possiamo gradualmente approcciare questo singolare sistema e capire qual è lo stile di gioco che più ci aggrada, ovvero quale fra quello più casinista e cruento o quello furtivo e tattico. Più il giorno delle elezioni si avvicina più i livelli si faranno sempre più irti di nemici più forti, che sfoggeranno nuove armi o più coriacei da eliminare; in questo Not a Hero, offre una learning curve veramente piacevole e anche se gli obiettivi si faranno sempre più difficili (che dovranno essere soddisfatti tutti in una run di un livello) il gameplay non porterà mai il giocatore alla frustrazione.
In aggiunta alla campagna principale, è possibile trovare in alcuni livelli delle porte rosse che ci porteranno in delle aree bonus e la campagna “me, myself and Bunnylord”, precedentemente rilasciata come DLC (il che ne fa la particolarità di questa Super Snazzy Edition), in cui controlleremo in prima persona il politico che non si fa alcun scrupolo nella lotta contro il crimine. Peccato solamente che una volta completati tutti gli obiettivi delle 21 missioni (che servono per ottenere i finali migliori), più quelli della campagna aggiuntiva che includono solamente tre missioni extra, non ci rimarrà più niente da fare, accorgendoci di quanto il gioco sia abbastanza breve nonostante il buon livello di sfida e i numerosi livelli; sarebbe bastata anche una semplice partita +, magari utilizzando il solo Bunnylord oppure con obiettivi secondari del tutto nuovi, ma l’unica cosa che rimane è solamente l’opzione di azzerare il file di salvataggio e ricominciare un nuovo file se proprio vogliamo rigiocare da capo questo titolo (che lo merita parecchio nonostante tutto).

Menomale che Bunnylord c’è!

Not a Hero mischia grafiche vintage, principalmente quelle di Atari 2600, Nintendo Entertainment System e dei computer Commodore 64 e Atari ST, presentando delle tonalità retrò comunque “remixate” e animate a modo per appellarsi al meglio ai giocatori odierni. Lo scenario riesce a essere immediatamente chiaro e ciò è fondamentale per il giocatore in quanto, bisogna capire sin da subito quali sono i punti in cui si possa cercare riparo. La grafica riesce a essere funzionale al giocatore e al gameplay e ciò non può che essere un punto a favore per la fruizione di questo gioco in quanto, in sostanza, ogni punto che ci sembra un riparo lo è per davvero. I personaggi sono ritratti con uno stile un po’ più “atarieggiante” ma ciò non toglie la possibilità di distinguere tutti i tratti distintivi di ogni personaggio come una collana, un occhio schizzato, una determinata capigliatura, una sigaretta o altro ancora. Inoltre, per i fan de Il Grande Lebowsky, in questo gioco potrete giocare con un Jesus molto simile a quello del film, con dei capelli neri raccolti, pizzetto, una camicia viola e un “gioco d’anca costante” – diteci come si fa a non amare questo gioco! –. Tutti i personaggi sono abbastanza “singolari” e ciò lo si può evincere dalle loro esilaranti linee di dialogo, rigorosamente prodotte con accenti inglesi veramente incomprensibili; sebbene tutte le linee testuali sono tradotte in italiano e i giocatori, per la maggior parte, possono ritrovarsi con una buona esperienza d’inglese ciò non basta per capire gli astrusi accenti che per altro sono parte dello humor delle one-liner qui prodotte. Insomma, per capire buona parte dell’umorismo delle linee di dialogo dei personaggi (e dei nemici) conviene allenare le vostre orecchie guardando un bel po’ di puntate di Monty Python’s Flying Circus, per intenderci! Impossibile poi non notare la forte componente satirica del gioco che tende principalmente a ridicolizzare ed esagerare le mire politiche e la losca vita di alcuni personaggi politici del mondo attuale, supportati per altro da gente psicopatica come tutti i personaggi che useremo per “attuare” la politica di sicurezza di Bunnylord basata sulla forza bruta e il terrore (se questo gioco fosse stato ambientato in Italia sicuramente avremo potuto stilare qualche particolare analogia…).
Parlando invece del comparto sonoro, Not a Hero propone una colonna sonora che mischia molti generi prettamente elettronici, fra cui il synthpop, la musica elettronica inglese e la chiptune, ma ciò che fa da padrone è certamente la componente dubstep. Sebbene ci sia un richiamo nostalgico nelle melodie, il gioco vuole proporre comunque qualcosa che tutti possano apprezzare e pertanto viene offerta una colonna sonora di tutto rispetto, fatta con bisunti chip sonori e con sintetizzatori moderni: ogni livello, ha un suo brano originale, perciò possiamo affermare che è stato fatto davvero un bel lavoro, anche perché i temi sono veramente graziosi.

Vota Bunnylord!

Ancora una volta i giochi proposti da Devolver Digital non si smentiscono e abbiamo di nuovo un piccolo capolavoro fra le mani. Not a Hero: Super Snazzy Edition è certamente un titolo da tenere in considerazione, specialmente in vista di qualche periodo di saldo in cui potremmo aggiudicarcelo per un prezzo ancora più basso di quello standard (12,99€). Questo insolito e, in parte, sconosciuto titolo potrà certamente regalare tantissime ore di sano divertimento a qualsiasi giocatore, specialmente quelli più abituati a vedere questo tipo di giochi in tre dimensioni, pur accettando la sua veste retrò e il suo humor pungente. Nonostante qualche lieve bug è sempre un vero peccato che questo titolo non si annoveri fra gli indie più gettonati del panorama recente; diamo a Bunnylord il rispetto che merita (o altrimenti ci manderà a casa uno dei suoi killer psicopatici!).




Minit

Speedrunner: quante volte ci è capitato di vedere su YouTube un video di qualcuno che completa nel giro di  pochi minuti qualche gioco classico? Chi più o chi meno, tutti ogni tanto ci siamo detti: «caspita! Magari fossi così bravo!». Da oggi, per coloro che vogliono imitare i propri speedrunner preferiti, esiste un gioco adatto per questi esatti scopi, un gioco breve e minimale il cui slogan sembra proprio voler dire “less is more”: stiamo parlando di Minit, un titolo sviluppato da Kitty Calis, Jan Willem Nijman, Jukio Kallio e Dominik Johann. Come al solito Devolver Digital, che si è occupata della pubblicazione di questo titolo, ha ancora una volta premiato i game designer più audaci in quanto Minit è molto lontano da qualsiasi definizione o similitudine gli possiamo affibbiare, è un titolo unico che offre delle meccaniche mai viste prima, o per lo meno mai implementate in questo modo. Dunque cos’è che rende unico questo gioco? Vediamo insieme questo titolo per Nintendo Switch, ma anche presente per le restanti console e PC, macOS e Linux.

Maledizione! Un’altra spada maledetta!

Minit, in quanto a trama, offre l’essenziale, una storia breve che si svolge anche in pochi passaggi: troviamo in spiaggia una bella spada ma, una volta presa, scopriamo che è maledetta e dunque non solo non potremo più abbandonarla, ma ogni 60 secondi questa ci ucciderà, facendoci respawnare a casa nostra o in un’abitazione che fa da checkpoint intermedio. Chi non si arrabbierebbe in una situazione del genere? Il nostro obiettivo infatti sarà sporgere reclamo alla fabbrica di spade e capire cosa si cela dietro a questo lotto difettoso. Poste queste premesse, il gioco si pone come un insolito mix fra The Legend of Zelda, per l’overworld, il sistema di combattimento, crescita dinamica e il design generale, e WarioWare per l’assurda meccanica del limite di tempo e la bizzarria generale; dunque, come già accennato, ogni 60 secondi (o meno) ricominceremo sempre dallo stesso checkpoint e se non dovessimo completare quello che stavamo facendo in un determinato punto dovremmo tornare nello stesso e tentare una seconda volta, sperando che il timer non si azzeri una seconda volta. Queste strambe meccaniche sono veramente originali ma, anche se in maniera altalenante; il più delle volte gli obiettivi principali o le sidequest sono posizionati a una buona distanza dal checkpoint, dando al giocatore una buona dose di calma per risolvere i problemi che ci vengono posti, ma ci sono (meno) volte in cui tutto è abbastanza distante, dunque ci ritroveremo spesso nella situazione in cui spenderemo molti preziosi secondi solamente per recarci nel luogo della quest per poi risolverla con il tempo rimanente, appena sufficiente (soprattutto nella seconda quest in cui il timer passa da 60 secondi a 40 e non avremo la possibilità di raccogliere i cuori per aumentare la vita massima). Come risultato, torneremo di nuovo al checkpoint per ri-recarci al punto della quest con, ancora, i secondi necessari per risolverla e tentare la sorte una seconda volta. Non vogliamo dire che il gioco non sia stato testato (lo è, eccome), ma sarebbe stato meglio tarare l’overworld per i giocatori non abilissimi, soprattutto quei curiosi che non hanno idea di cosa sia questo gioco. Come tipico del gioco d’avventura, il nostro personaggio, obiettivo dopo obiettivo, diventerà sempre più abile e poco per volta saremo sempre più in grado di risolvere tutte le situazioni che ci si pongono di fronte. Anche sul fronte crescita, Minit offre sempre lo stretto indispensabile e i dialoghi comunicano sempre il minimo indispensabile, il tutto con il solito spirito strambo della quale il gioco è intriso; per quanto simpatico possa sembrare, a volte ci sono obiettivi indispensabili per continuare l’avventura e non sempre quello che dobbiamo fare risulta chiarissimo. L’area totale di gioco, alla fin fine, è piccola e dunque, anche girando a vuoto, prima o poi si porterà a termine un obiettivo più o meno rilevante; ci sarebbe piaciuto comunque giusto qualche informazione in più ma è anche vero che una volta scoperto il segreto della casa dei fantasmi il gioco potrebbe diventare giusto un po’ più semplice, anche se questo accadrà a gioco inoltrato (sempre se lo capiremo). Semplici sono anche i controlli: gli unici due tasti che useremo sono il tasto di attacco “B”, e il tasto di respawn “A”, per tornare più velocemente al checkpoint quando sarà necessario, un vero e proprio “suicide button” – Attenti solamente a non confondervi quando usate la spada nelle sezioni di combattimento; gamer con le manone: siete stati avvertiti! –.
In definitiva, Minit è un gioco molto breve ed è possibile completarlo in un paio d’ore… Se l’avremo completato almeno una volta! La forza di questo titolo sta proprio nella sua brevità, infatti il completare il gioco, all’inizio, in un paio di giorni per poi completare una seconda quest, che pone nuove difficoltà al giocatore, in un paio d’ore crea in insolito effetto di piacere, un rilascio estasiante di dopamina paragonabile, forse, a quello di uno speedrunner quando completa un gioco in tempo record. La nostra sfida, fra noi e noi (o altri), sta proprio nel completare Minit nel minor tempo possibile, con la percentuale di completamento più alta (che aumenterà, ovviamente, in base agli oggetti sparsi nell’overworld, le monete e i portacuori, tutte cose non indispensabili per il completamento della quest principale) e, possibilmente, con meno respawn possibili. Le meccaniche di questo titolo sono allo stesso tempo semplici e intriganti, anche se forse la breve durata del gioco potrebbe comunque ledere il gioco in termini di rigiocabilità – Insomma, a completare lo stesso gioco di continuo, anche segnando tempi da record, prima o poi stancherà! –. Ad ogni modo, una volta finita la prima run possiamo comunque avviare la seconda partita + o, se avremo completato un file con una percentuale di completamento pari al 110%, la Mary mode, una campagna in cui controlleremo un altro personaggio ma senza la meccanica portante del tempo limite, lasciandoci dunque liberi di esplorare il mondo che ci circonda in santa pace.

Don’t fight me, fight the system!

Nonostante gli strambi personaggi di questo mondo e le bizzarre premesse di questo titolo, Minit offre al giocatore una grafica vicina al deprimente, con soli due colori, bianco e nero, senza alcuna tonalità di grigio (simile in parte alla grafica delle schermate di combattimento di Undertale), anche se è chiaro comunque l’intento degli sviluppatori nel creare qualcosa con uno stile vicino al Gameboy. Visto il richiamo nostalgico sarebbe stato bello poter inserire più filtri di visualizzazione, un po’ come accadeva per il Super Gameboy (storico add-on per Super Nintendo che permetteva di giocare alla libreria della console portatile sul televisore di casa), ma invece Minit rimane ai due soliti colori, talvolta stancando un po’ la vista del giocatore, specialmente se giocato al buio. È bene dire comunque che, anche se questa grafica può non piacere, ha una sua originalità e serve, forse, a rispecchiare una sottile denuncia alla società odierna, che viene qui presentata piatta, senza fantasia, senza genuinità, corrotta, monotona e dedicata maggiormente alla produzione e al consumo sfrenato senza riflettere sulle conseguenze. Non pochi personaggi, appunto, ci diranno di non combatterli, rivendicando invece di combattere il sistema! Che possa essere una delle chiavi di lettura… Chissà!
La piattezza e la bizzarria generale si riflette anche nella colonna sonora, giusto con un po’ più stile: non sono presentati grandi temi pomposi, come ci si aspetterebbe in un’avventura a là The Legend of Zelda, ma vengono riprodotti dei temi molto semplici, spensierati, orecchiabili ma comunque molto piacevoli e di buona qualità. Diciamo che tentano di riproporre un po’ quello che è stato fatto con la grafica, delle melodie “ignoranti” – oseremo dire sceme! – ma tutto sommato memorabili. Le sonorità includono l’uso di chip sonori ma anche di strumenti acustici come kalimbe, chitarre e pianoforti (da come si può notare, soprattutto, ogni volta che si muore). In ogni caso, il comparto sonoro presenta un grosso problema: come è normale che sia, le aree, divise principalmente in quattro grandi zone, hanno temi diversi ma il loro continuo cambio e il passaggio nelle aree senza musica provocheranno spesso un alt nella riproduzione audio, finendo per sentire i soli effetti sonori. È un difetto “poco elegante”, visto che la colonna sonora è abbastanza piacevole e, l’unico modo per ripristinare l’audio, sarà chiudere l’applicazione dall’home e riavviare il gioco dal nostro ultimo salvataggio (che sono comunque automatici). Non sappiamo dirvi se la stessa cosa accade su Steam o sulle altre console ma è bene che Devolver, o chi di competenza, applichi presto una patch per risolvere questo problema, che non fa che ledere al godimento di questo particolarissimo titolo.

In… Breve!

Insomma, Minit è un titolo incredibilmente particolare e pone delle meccaniche così insolite che risulta davvero difficile trovare una fascia di giocatori alla quale possa interessare. Di sicuro consigliamo questo titolo ai fan di Devolver, poiché ancora una volta viene consegnato un titolo veramente sopra le righe e intriso di quella bizzarria tipica di questo studio texano e ai giocatori più folli, quelli che apprezzano meccaniche sperimentali come quella proposta qui e i design strani e singolari – insomma, non abbiamo ancora capito cosa è il protagonista: è un animale? È una persona? È un alieno? Boh! Magari non è importante saperlo! –. Tuttavia, al di là di queste due specifiche categorie, ci risulta veramente difficile consigliare questo titolo a un semplice fan, per esempio, della saga di The Legend of Zelda o a coloro che giocano a titoli più grandi e più complessi; non solo potrebbero non apprezzare la singolare presentazione di questo titolo ma potrebbero, più gravemente, non apprezzare le folli meccaniche del tempo limite e dello speedrunning qui proposto. Purtroppo Minit è, e potrebbe rimanere per sempre, un titolo incredibilmente di nicchia, inaccessibile, difficile da capire e da apprezzare; soltanto chi comprende le basi sulla quale questo gioco si fonda può trovare in Minit una genialità incompresa, anche se non è espressa in maniera eccelsa. A ogni modo, il modico prezzo di 9,99€ sullo store (addirittura meno se in saldo) non è certamente un ostacolo e perciò, se questa recensione vi ha incuriosito, vi invitiamo dunque a giocare a questo titolo strampalato e, soprattutto, breve ma intenso.




Crossing Souls

«Si può essere amici per sempre, anche quando le vite ci cambiano, ci separano e ci oppongono», cantavano i Pooh.
Sembrano questi i valori che Crossing Souls, gioco dello studio spagnolo Fourattic e pubblicato da Devolver Digital, ci vuole proporre, e lo fa inserendoci in un bel sobborgo americano nel ormai lontano 1986, anni più semplici in cui Michael Jackson era un istituzione, le buie arcade, illuminate da qualche luce al neon colorato, erano colme di videogiochi e non c’era internet. Questo magico gioco, che tenta un operazione simile a quella di Stranger Things o It per quel che riguarda il cinema e le serie tv, può essere giocato su PlayStation 4 e Steam ma di recente è uscito anche su Nintendo Switch, ed è la versione che prenderemo in considerazione.

Un sogno al neon

Tutto cominciò con un temporale che mando l’intera città di Tujunga in blackout. Il giorno dopo, in alcune zone della città cominciarono a presentarsi strani eventi sovrannaturali alla quale nessuno sapeva dare una spiegazione, come tazze di caffè volanti, strani omini che apparivano nelle bande statiche della tv, etc… Chris Williams, un semplice ragazzino di una tranquilla famiglia americana, riceve una chiamata al walkie talkie da suo fratello Kevin e lo invita a venire subito alla casa sull’albero, luogo in cui la loro cricca è solita a riunirsi. Una volta passati i primi guai nel tentativo di chiamare i restanti 3 amici, cioè Matt Bauer, “Big” Joe Carter e Charlene Baker, Kevin li porta alla sua “scoperta”, ovvero un cadavere in putrefazione ma, una volta trovatisi lì, fanno una scoperta ancora più impressionante: il defunto tiene in mano una pietra viola a forma piramidale che questa ha dei poteri sovrannaturali che sembrano consumare chiunque la tenga in mano, come se avesse delle proprietà radioattive. Matt, il cervellone del gruppo, decide così di inserire la duat stone in una sorta di walkman e stabilizzare il dispositivo con un fusibile gamma in grado di fornire al registratore gli 1,21 gigawatt  (inutile esplicitarvi la citazione, vero?) necessari per contenere il suo potere all’interno – già – e sfruttarlo in tutta sicurezza; in quel momento i cinque ragazzi scoprono che la pietra è in grado di mostrare l’aldilà a chiunque tenga il dispositivo in mano e perciò i ragazzi potranno vedere genti di altre epoche interagire col mondo che li circonda e altri elementi non visibili a occhio nudo. Tuttavia la duat stone è un oggetto molto ambito, sia dalla gang rivale del quartiere, i Purple Skulls capitanati dall’estroverso Quincy Queen, sia dal più temibile Maggiore Oh Rus, ex veterano del Vietnam creduto morto che vuole la pietra per i suoi malvagi piani. La banda si caccerà in diversi guai e sarà costretta, talvolta, ad affrontare problemi molto seri per ragazzi della loro età, ma lo spirito che lega i compagni sarà ciò che permetterà loro di affrontare le dure prove a cui si sottoporranno.
Crossing Souls, sul piano narrativo, si pone come un bel film anni ’80 che vede un bel gruppetto di amici alle prese con un problema più grande di loro, una trama tanto classica quanto instancabile e già vista in opere come E.T. l’extraterrestre, Goonies, It, i recenti Super 8, il già citato Stranger Things ma soprattutto il successo Stand by me – Ricordo di un’estate, tratto dal romanzo Il Corpo di Steven King, dalla quale prende più spunti di trama. Il gioco, chiaramente, non vuole porsi come un’opera innovativa o qualcosa per cui rimanere a bocca aperta ma semplicemente essere una sorta di sguardo a “vecchie fotografie da un album”, mostrandosi umile ma allo stesso tempo elegante e ricco di significato. Le tematiche sono per la maggior parte scherzose, oseremo dire avventurose, ma non mancheranno parti più serie e twist di trama più neri di quanto si possa immaginare; un po’ come nei film per ragazzi citati pocanzi, il gioco tenta anche di insegnare qualcosa ai più giovani, evidenziare quei valori fondamentali di amicizia e amore per imparare a crescere, affrontare le difficoltà che la vita ci pone davanti, essere uniti nonostante tutto e superare i momenti difficili. C’è probabilmente anche un lato spirituale che gli sviluppatori hanno probabilmente voluto comunicare in quanto tematica e meccanica fondamentale di questo titolo è proprio la vita dopo la morte; dopo che il corpo cessa di funzionare, lo spirito continua a esistere nel mondo in cui viviamo, le anime dei nostri cari ci accompagnano per le strade che percorriamo giornalmente e pertanto non siamo mai soli, anche quando ci sembra così. Il tutto ci arriva con una semplice ma squisita pixel art resa col motore grafico Unity, dettagliata e colorata quanto basta per rendere riconoscibili tutti quei mille riferimenti alla cultura pop di quegli anni, e delle cutscene animate (con tanto di sfarfallio tipico da VHS) fra un capitolo e l’altro che si ispirano ai migliori cartoni animati degli anni ’80 come le Tartarughe Ninja, He-Man, i Thundercats, i Transformers o i film animati di Don Bluth, autore per altro dei grandi giochi arcade in laserdisc Dragon’s Lair e Space Ace. Per riportarci indietro nel passato, questo gioco si avvale di un’eccellente colonna sonora letteralmente divisa in due: una parte, composta dall’artista timecop1983, ha un animo synthpop, che sfrutta anche in parte le sonorità e il low-fi tipico dell’attuale vaporwave, reminiscente di band come Blondie, Go West, Prince, Michael Jackson, Frankie Goes to Hollywood, Rick Astley e molti altri, e questi brani saranno per lo più presenti nelle fasi esplorative del gioco, le parti in cui bisogna sentire quei lontani echi di questi tempi ormai andati; per il resto, in molte altre fasi del gioco, ci sono proposti dei brani orchestrali, composti da Chris Köbke, che si rifanno allo stile compositivo pomposo di John Williams, in grossa parte, ma anche ad altri come Alan Silvestri o Bill Conti. Tutti i brani accompagnano perfettamente ogni situazione, sia nelle cutscene animate sia durante l’azione o i dialoghi, e ciò che è stato fatto per questo titolo è realmente sensazionale; si può perfettamente confermare che l’alchimia fra grafica e sonoro è veramente di altissimi livelli.

All’avventura

Crossing Souls si presenta come un titolo dalla prospettiva bird eye reminiscente dei Legend of Zelda più classici ma l’aspetto generale ricorda forse, più concretamente, uno di quei shooter alla Zombies ate my Neighbors (e dunque anche un più recente Milanoir o Tower 57); con una prospettiva del genere ci si aspetta che il gioco offra molte possibilità per quel che riguarda l’esplorazione e il backtracking eppure questo titolo è molto straightforward, molto diretto, non dando neppure la possibilità di rivisitare nessun luogo, a meno che la sua struttura in capitoli non lo permetta. Nessun problema contro questa scelta ma in Crossing Souls è molto bello esplorare, anche andare in giro senza una meta solo per andare a caccia di easter egg, senza contare che ci sono dei collectable secondari molto divertenti da trovare e da analizzare sul menù, ovvero documenti classificati che aiutano a capire la backstory della trama, VHS di film, musicassette e videogiochi con titoli storpiati e descrizioni assurde; il fatto di non poter tornare indietro per raccogliere questi oggetti, anche a storia inoltrata, è decisamente un fattore negativo. Nonostante tutto, il gameplay proposto è molto variegato e profondo per rendere questo titolo un esperienza memorabile: le fasi di esplorazione si alternano con fasi beat ‘em up, probabilmente anche un po’ hack ‘n slash, ed entrambi gli elementi si fondono insieme molto bene. Nessuna delle due fasi risulterà mai noiosa o tediosa, perciò si può dire che il flow del titolo è davvero piacevole, anche se in certe sezioni le prime risultano un po’ vuote e le seconde un po’ sature di nemici. Tuttavia, per via della dettagliatissima storyline proposta, il gioco alterna fasi di azione e fasi di dialoghi molto di frequenti e ciò, anche se decisamente necessario, rovina un po’ il pacing proprio quando siamo molto presi a scazzottarci coi bulli di quartiere o con gli spiriti usando la duat stone. Parlando di questa specifica meccanica, quando saremo in possesso di questa pietra, non ci sarà mai un vero motivo per cui non usarla; tendenzialmente, alternando i due mondi con “ZR”, non c’è ragione di visualizzare il “mondo dei vivi” dal momento che se abbiamo “la visione dell’aldilà” riusciamo a vedere tutto quello che vedremo normalmente insieme agli elementi sovrannaturali. È vero anche che più in là le due visioni dovranno alternarsi più frequentemente per rendere effettivo l’ausilio di uno dei personaggi che, scusate lo spoiler, ci lascerà, ma il punto è che non c’è motivo di tenere la duat stone disattivata se non per resettare la posizione di questo specifico membro. In poche parole, ci sono più NPC e interazioni con la prospettiva dell’aldilà e pertanto l’attivazione o la disattivazione della duat stone è superficiale.
I cinque personaggi del team presentano tutti caratteristiche e abilità diverse e pertanto si compensano a vicenda perfettamente. È normale che, da giocatori, preferiremo utilizzare uno dei ragazzi più di qualcun altro ma l’ambiente ci costringerà a cambiare i personaggi di continuo e dunque mai nessuno sarà superficiale o messo in disparte; c’è molta collaborazione fra i personaggi, selezionabili in sequenza premendo il tasto “L”, e perciò il team funzionerà perfettamente in quanto le singole abilità di qualcuno sono cruciali per andare procedere nei capitoli. Alcuni sono più bravi nelle fasi lotta, alcuni più resistenti, altri più veloci, agili e dunque più utili nell’esplorazione; le possibilità sono molteplici e ciò è segno di un gameplay ben bilanciato e vario allo stesso tempo. Più avanti l’azione varierà ulteriormente offrendo al giocatore fasi di guida, come l’inseguimento in bicicletta che è un chiaro tributo alla famosa scena di E.T. l’Extraterrestre, puzzle e persino in volo dalle sembianze di uno shooter tradizionale; un buon elemento per mantenere il gameplay fresco e il giocatore incollato allo schermo.

Let’s do the time warp!

Crossing Souls è decisamente un titolo al quale è stato riversato tanto amore e passione e ciò lo si può evincere dalla toccante storia (e il suo bellissimo finale), i diversi easter egg sparsi per l’ambiente, le descrizioni dei collectable e degli abitanti della città di Tujunga nel menù e dal suo gameplay, nonostante qualche intoppo, bilanciato e vario. Gli unici peccati di questo titolo sono un pacing spesso interrotto e l’averlo concepito in maniera così diretta e dunque dare al giocatore lo stretto indispensabile per ciò che riguarda l’esplorazione e un eventuale backtracking per collezionare gli oggetti secondari che avrebbero potuto incentivare una longevità già buona di suo (e questi sono, sì, inutili ma molto divertenti da trovare per poi leggere le assurde descrizioni); ciò che dobbiamo fare per avere un file completo al 100% (per così dire) sarà avviare un nuovo file di salvataggio e ricontrollare ogni angolo degli ambenti, magari aiutandoci con un walkthrough. Ci siamo inoltre imbattuti in alcuni brutti bug che avvengono col contatto con certi angoli degli ambienti; alcune volte il nostro personaggio passerà attraverso certi muri e non sarà più possibile tornare indietro (alcune volte questi ci catapultano, senza un apparente motivo, in altre parti dell’area) perciò l’unica cosa che possiamo fare è uscire dalla nostra sessione di gioco e ricominciare dall’ultimo salvataggio evitando il contatto con quel particolare punto (ma fortunatamente nessuno di questi comporta un errore di sistema).
In definitiva però non possiamo fare altro che applaudire Fourattic e al suo splendido titolo per il suo gameplay tanto tradizionale quanto divertente e per il suo messaggio di puro amore universale, trasmessoci da semplici ragazzi di quartiere pronti a qualsiasi cosa per il prossimo. Il prezzo di 14,99€ sul Nintendo eShop è un buon compromesso e perciò potrete avere un ottimo titolo in grado di intrattenervi  per molto tempo in un mondo al neon ormai andato. Davvero spettacolare!