GamePodcast #9 – Dalla quarantena, all’E3 fino a Ori and the Will of the Wisp

Inizia una nuova stagione, in questo nuovo e strano anno. Nella puntata di oggi:
– I nostri consigli per passare la quarantena all’insegna del gaming;
– La rubrica di Gero Micciché (Gameloft): GameJam e Covid 19 – The Final Disease;
– E3 cancellato: è la morte delle conferenze così come le conosciamo?;
– Recensione di Ori and the Will of the Wisp.
Tutto questo in compagnia di Marcello Ribuffo, Gabriele Sciarratta e Dario Gangi e Andrea Celauro.
Armatevi di auricolari e restate con noi!
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Contro la Cultura del Voto

I voti nelle recensioni. A lungo si è discusso su quanto facessero del bene o del male alla community videoludica, probabilmente una delle più tossiche in questo Universo. Mentre GameCompass sta attraversando una nuova fase di transizione che – si spera – porterà ingenti e benevolenti novità entro pochi mesi, inutile dire come uno dei tasselli della fase di brainstorming sia stato dedicato alle recensioni, croce e delizia di ogni sito di videogaming. La verità è che la questione voto riguarda un po’ la vita di tutti i giorni; siamo circondati da valutazioni di ogni genere che sì, quantificano subito la qualità (forse) ma che dire delle esperienze e le emozioni provate dal recensore? Hanno importanza se in fin dei conti, conta solo un maledetto numero?

Tutto tutto, niente niente

Come detto, siamo tutti abituati alle valutazioni e benché molte risultano utili, come quelle fra i banchi di scuola, altre possono creare alcuni problemi. Certo, anche la questione istruzione andrebbe rinnovata un po’ da questo punto di vista, ma non è questa la sede adatta per discuterne.
Ogni cosa, ma proprio tutto, può essere quantificato da un numero, una lettera, una stella, melanzane (è vero, cercate sull’internet) con il solo scopo di dare quella chiosa finale al testo, un modo per l’utente di interfacciarsi immediatamente con le valutazioni finali del critico. Questo è quello che ci siamo raccontati per anni e che ci raccontiamo ancora oggi, e andava tutto bene sino a quando chiunque si è trovato tra le mani il potere di esprimere qualunque suo pensiero al mondo. Internet ha reso il mondo più piccolo, ma anche immensamente stupido.
Per carità: siamo ben consci del fatto che si può essere o non essere d’accordo con una valutazione finale, ma non è questo il punto. Il punto, è il trasformarsi di una cortesia fatta all’utenza come dogma, un sacro comandamento da accettare senza se e senza ma; il voto è legge, poco importa del suo perché.
Ma andiamo a ritroso: che cos’è una recensione? Non stiamo qui a ripetere una definizione ma cerchiamo di capire cosa rappresenta, non solo per chi la scrive ma anche chi la legge. Una recensione è un'”esperienza critica”, un racconto che l’autore vuole tramandare affinché in qualche modo tutti possano empatizzare e comprendere cosa quella opera suscita o no, indipendentemente dal tempo dedicatoci. Ogni parola è una traslitterazione del pensiero e delle emozioni di chi scrive ed è dal testo che si evince se qualcosa è valido o meno. Provate a pensare a recensioni senza il classico voto finale: dopo un leggero e comprensibile smarrimento finale, comincereste a vedere quel testo con occhi diversi e non una semplice cornice intorno a quello che è ritenuto più importante. Inoltre, una recensione può anche valore educativo, serve a trasmettere qualcosa ma sopratutto di far scaturire un senso critico all’utenza.
Quante discussioni per un mezzo punto in più o in meno? Quante sentenze ha prodotto un otto e mezzo a un titolo, cassato perché non rappresenta un capolavoro? Perché poche cose influiscono sul mercato come il voto.

O zero o mito

Sta per uscire Death Stranding. Dio ce ne scampi se il nuovo lavoro di Hideo Kojima prendesse una valutazione di otto e mezzo nella maggior parte delle testate internazionali.
Quello che i voti hanno creato negli ultimi anni è anche una netta spaccatura tra ciò che è buono e ciò che non lo è, come se tutto ciò che esistesse nel mezzo sia insignificante. E vai di capolavoro o di materia fecale solo dando uno sguardo al quel numerino, senza capire realmente di cosa si stia parlando. E sappiamo che alcuni di voi lo stanno pensando: «il voto è solo uno strumento; di per sé non è ne buono e ne malvagio». Giusto, ma nel mondo reale, è qualcosa che probabilmente ha intossicato il pubblico come poche altre cose, e qui cari amici, ci siamo dentro tutti. Sì, perché molto spesso, il voto può essere sfruttato in modo subdolo, presagendo cosa quel numerino possa scatenare all’interno della community. Inutile che ci giriamo intorno, ma è anche così che una testata vive e, senza utenza, ingressi, discussioni e anche una buona dose di sana polemica, il rischio è quello di finire sul necrologio di Internet. il voto non è solo uno strumento dunque, ma sopratutto un’arma, capace di influenzare in maniera diretta il pubblico: può far decidere se acquistare o no qualcosa, se dedicare del tempo fino a voler far parte di un gruppo di amici o meno (chiedetelo a chi gioca PES o FIFA), senza capire realmente il perché. È chiaro che ogni voto debba essere la prosecuzione di quanto riferito dal testo ma alle volte qualcosa non quadra, e questo qualcosa, molto spesso, ha le sembianze di un dieci. Non siamo qui a sindacare se sia giusto o meno darlo o se rappresenti vera critica, ma quanta influenza ha quel voto, nonostante nella recensione vangano riportati difetti su cui molti non sorvolerebbero?
Anche la contestualizzazione gioca un ruolo chiave. Molto spesso capita che l’utenza confronti titoli completamente diversi ma con lo stesso voto, azzardando paragoni fantasiosi. Il contesto deriva appunto dal testo: piattaforma, anno di pubblicazione, genere ed elementi di spicco, spariscono alla visione del voto, magari accompagnato da qualche riga del commento finale.
È per questo che è importante il testo, la critica, la recensione. È sempre stato detto che conta più il viaggio che la meta e questo è uno di quei casi in cui effettivamente ha senso applicare questa massima.

GameCompass sta cambiando e vuol cambiare coraggiosamente, andando contro una moda, il mercato, le esigenze o qualunque cosa sia, ed escludere il voto dalle recensioni. Protagonista deve tornare il rapporto tra la critica e il pubblico, informare e trasformare almeno chi ci segue a essere più razionale, formarsi un’opinione e discutere su alcune dinamiche di gameplay e non su un gioco che ha avuto 7.8 invece che di 7.5. Ma è anche vero che il mondo è cambiato e quasi nessuno dedica il proprio tempo alla lettura di un testo approfondito, anche se quel testo critica un titolo molto atteso. Testi più contratti ma ugualmente validi dal punto di vista dell’approfondimento, più contenuti video e audio e molto altro è quello che stiamo preparando, cercando di venire ancor più incontro alle vostre esigenze. Molto passa da voi: sappiamo benissimo che questa scelta, ben che vada, sia controproducente ma in qualche modo può essere un’opportunità per tutti noi, di crescere e di migliorare assieme, condividendo nella maniera più serena possibile la nostra amata passione.

È un discorso molto romantico e idealista? Ovviamente, ma siamo dei sognatori.




Control – La Tana del Bianconiglio

Evidentemente questo è un anno particolare, l’ultimo dedicato a questa generazione. Tutti stanno impazzendo e alcuni dei titoli proposti finora sembrano andar contro la mera razionalità tanto cara al videogiocatore. Se questo può essere definito probabilmente l’anno di Kojima e del suo Death Stranding, l’influenza del New Weird che sta spopolando ultimamente è riuscita a contagiare grandi e piccoli studio e, in qualche modo, lo troviamo un po’ dappertutto: Cyberpunk 2077, Wolfenstein Youngblood, il già citato Death Stranding e molti titoli indie ma ce n’è uno che sale dritto al vertice del podio (finora) come esperienza più “strana” degli ultimi anni. L’ultimo lavoro di Remedy è un videogioco realizzato con amore, un titolo memorabile che tutti, almeno una volta, devono giocare. Tra visioni ispirate da David Lynch, Stanley Kubrick e una spruzzata di Carl Jung, Control vale da solo il prezzo del biglietto.

Al di là del bene e del male

Il primo impatto con Control è decisamente straniante: ci troviamo di fronte a fatti in pieno svolgimento e di difficile comprensione. Jesse Faden (Courtney Hope) non è solo una semplice protagonista ma è niente meno che la nuova direttrice del Federal Bureau of Control, una sorta di FBI allestita per studiare e scoprire eventi paranormali. Ma all’interno della Oldest House, centro nevralgico delle nostre avventure, niente è come sembra e continui colpi di scena e momenti di meraviglia vi terranno incollati allo schermo per tutta la durata delle vicende. Il mondo creato da Remedy è quasi una prosecutio di quanto allestito con Alan WakeQuantum Break e Max Payne, mescolate in salsa puramente “lynchiana” e l’impatto dell’autore del Montana (benché non sia stato in alcun modo reso partecipe del progetto) è tangibile sin dai primi istanti di gioco, attraverso una ricercatezza stilistica che rende Control unico nel suo genere. La regia e l’attenzione ai dettagli è qualcosa di sublime, arricchita da quell’aria da Serie TV che lo studio ci ha ormai abituati a vedere: tra primi piani caratterizzati da una fotografia capace di generare inquietudine, piccoli “sommari” all’inizio di ogni missione principale e sopratutto il non sapere cosa aspettarsi in qualunque frangente di gioco rendono Control un interessante esperienza videoludica e meta-narrativa.

Di fatto, Jesse Faden, non è sola: come una novella J.D. – Scrubs, ovviamente – saremo diretti spettatori dei suoi pensieri, senza filtri; lei è arrivata alla Oldest House per un motivo che, come potete immaginare, aprirà la strada a qualcosa ben più grande di lei. Ma questa continua introspezione dicevamo, prende anche la forma di dialogo con un’entità astratta e fin dall’inizio tende a confondere il videogiocatore: questa entità siamo noi? È in antitesi con l’Hiss? È una presenza reale legata a Jesse per qualche motivo? Lo scoprirete solo giocando, ma è incredibile come la sceneggiatura e la messa in scena giochi continuamente con le aspettative dello spettatore. E questo, ci porta finalmente all’Hiss, l’entità manifestata all’interno della Oldest House e in grado di assumere diverse forme, capaci di corrompere chiunque. Il suo ruolo, come quello dell’edificio, è di fondamentale importanza, non solo come mero nemico da affrontare ma importante stimolo nell’approfondire l’intera lore imbastita dai ragazzi di Remedy. A tal proposito numerosi sono i documenti e video in grado di incollare le tessere del puzzle di Control e mai come in questo caso, la lettura e la visione dei vari contenuti diventa fondamentale. Certo, l’eccessiva mole di informazioni multimediali può far presupporre una carenza di sceneggiatura “diretta”, ma questo titolo è anche questo, l’essere immersi in un mondo che gioca con le sue regole in cui persino la protagonista è a conoscenza di fatti che per il giocatore resteranno ignari per molte ore. In poche parole, Control si prospetta come una delle migliori esperienze degli ultimi anni, grazie a una scrittura di livello, coerente e soprattutto magnetica.

Un po’ Sylar, un po’ Chuck Norris

Tutte le vicende a cui prenderemo parte saranno all’interno della Oldest House con i suoi oscuri segreti. A volte si ha come l’impressione che lo stesso edificio sia un personaggio, alla stregua dei vari comprimari con cui potremmo interagire grazie a dialoghi ben scritti e recitati, permettendoci di approfondire il contesto. La struttura di gioco dunque, replica quella dei “metroidvania“, stile visto in tantissime salse ma che qui sembra avere una rilevanza particolare: ogni luogo scoperto o esplorato è un piccolo mondo, anch’esso con una storia alle spalle capace di integrarsi perfettamente all’intera sceneggiatura del titolo. L’esplorazione, benché contornata da un consultazione della mappa abbastanza difficoltosa, è semplicemente un piacere, sospinti dalla curiosità, cercando di scoprire le tante sfaccettature della F.B.C.
In questo contesto, dove gameplay e trama sembrano estremamente interconnessi, le fasi shooting vivono di vita propria grazie all’arma in dotazione del Direttore in grado di assumere diverse forme, dalla classica pistola, alla mitragliatrice sino a una sorta di lanciagranate. È possibile switchare in tempo reale tra due modalità d’arma che risulta essere al contempo utile e limitante: se passare ad esempio da lunga a corta gittata crea dei vantaggi sottintesi, lascia un po’ l’amaro in bocca la sola possibilità di ulteriore cambio modalità senza l’ausilio del menu apposito, mettendo in pausa il gioco. Le cinque modalità disponibili, se intercambiate in tempo reale avrebbero portato ancor più varietà e tatticismo a un gameplay che comunque, nonostante ciò, risulta molto appagante. Jesse non è un essere umano qualunque e l’incontro con alcuni Oggetti del Potere, oggetti speciali in grado di racchiudere peculiarità particolari grazie all’influenza dell’Hiss, la renderanno una macchina paranormale micidiale; senza elencarli tutti per non rovinare la sorpresa, ci soffermeremo sul Lancio, ovvero l’uso della telecinesi per attrarre gli oggetti per poi spedirli contro i nemici. Questa abilità rispecchia la volontà di Remedy di produrre qualcosa di estremamente esaltante e coreografico, facendo sentire il giocatore davvero all’interno del mondo di gioco: l’interazione ambientale è ai massimi livelli così come, ovviamente, la distruttibilità ambientale; ne consegue che durante gli scontri, avremo l’inquadratura stracolma di elementi, in grado di enfatizzare ogni piccolo anfratto di gameplay. Anche il resto dei poteri a disposizione è estremamente appagante da usare, potenziabili ulteriormente attraverso classici punti esperienza, così come l’arma in dotazione che, grazie all’uso di perk casuali, può generare effetti diversi a seconda delle nostre esigenze, come una ricarica più rapida dell’energia o il minor consumo di proiettili (comunque infiniti).
Tutto perfetto quindi? Benché Control riesca a rendere quasi tutto ciò che vediamo a schermo memorabile, è difficile non rimanere basiti (in senso negativo), dalla realizzazione dell boss fight, in netto contrasto rispetto al resto del titolo. In poche parole prive di mordente e a tratti noiose.
Ma tralasciando questo aspetto, Control è un’esperienza appagante anche dal punto di vista del gioco in senso stretto, con ampia libertà lasciata al giocatore. Nel bene o nel male, la Oldest House è il nostro parco giochi.

Semplicemente un miracolo

Quello che risalta immediatamente, come già accennato, è la gestione della fisica che, tralasciando qualche lecito svarione nel riprodurre la giusta massa degli oggetti, è tra le cose più riuscite del titolo. Si ha sempre la sensazione di stare in un luogo concreto, dove la minima interazione crea delle conseguenze. Tutto questo grazie anche al Northlight Engine, lo stesso utilizzato in Quantum Break ma qui in pieno spolvero: la gestione di un alto numero di poligoni, la loro interazione e filtri di ottima fattura sono solo la punta dell’iceberg di un motore che da il suo meglio nella gestione delle luci attraverso un lavoro encomiabile anche senza l’attivazione del Ray Tracing. Tutto questo ben di dio risulta anche ben ottimizzato e, se ci pensate, è un piccolo miracolo: nelle situazioni più concitate con distruzione “a go go”, effetti luci singoli per ogni elemento a schermo e dettagli ultra, Control riesce a mantenersi stabile e le piccole correzioni avvenute nell’ultimo periodo ne hanno ulteriormente migliorato le performance. Tutt’altra storia invece con Ray Tracing attivo: che la tecnologia sia ancora un po’ acerba lo si è capito, ma fa specie notare come a cotanta bellezza visiva corrisponda a un calo drastico del frame rate, anche con DLSS attivo. Nulla di ingiocabile, ma se volete godervelo appieno, a 4K e RT attivo, sappiate che qualche sacrificio bisogna farlo. Facendo notare con leggero disappunto la mancanza dell’HDR e animazioni non proprio al passo coi tempi, Control rimane una gioia per gli occhi, grazie a una regia impeccabile e con cutscene da brivido che a volte mischiano sapientemente il digitale col live-action, alla stregua di Hellblade: Senua’s Sacrifice.
Dal punto di vista audio, il titolo si presenta solo in lingua inglese con sottotitoli, con ottima interpretazione di Courtney Hope nei panni della protagonista Jesse Faden, e dei comprimari, mai sopra le righe e attenti a un conteso così particolare. Nota di merito infine agli effetti sonori, estremamente peculiari e attenti nel restituire i giusti feedback, sia in fase puramente esplorativa sia durante la presenza dell’Hiss, con un attento studio del sound design, definito appositamente per rendere al meglio questa entità.

In conclusione

Control è semplicemente una piccola perla che, come spesso accade, rimane incompresa. I dati di vendita purtroppo non sono rosei, vuoi per una campagna marketing priva di mordente e un periodo di lancio azzardato. Ma di qualità ce n’è davvero tanta, qualità realizzata col cuore da un team di sviluppo che ha realizzato l’opera che voleva e, di questi tempi, non è cosa da poco. Il viaggio di Jesse all’interno della Oldest House è uno dei più memorabili degli ultimi anni, con Control, in grado di candidarsi senza alcun problema al titolo di miglior gioco dell’anno 2019.

Processore: Intel Core I7 4930K
Scheda video: Sapphire Radeon RX 580 8GB NITRO+ Special Edition
Scheda Madre: MSi X79A
RAM: Corsair Vengeance 16GB
Sistema Operativo: Windows 10




E3 Real Time: Conferenza Sony

Una delle conferenze più attese dell’Expo di Los Angeles rimane inevitabilmente quella di Sony. La casa di PS4 ha in cantiere svariate IP già annunciate e in parte mostrate, e le aspettative sono tutte su titoli di punta come Death Stranding The Last of Us 2. Ed è proprio quest’ultimo ad aprire le danze, letteralmente: la conferenza ha inizio infatti con un’esecuzione del tema principale dell’IP di casa Naughty Dog suonata per banjo dal maestro Gustavo Santaolalla, già compositore delle musiche del primo titolo.
È il preambolo adatto per introdurre il primo trailer della serata, quello in cui si vede una bella sequenza di gioco divisa tra gameplay e cinematiche.

Il rientro vede il Presidente e CEO di Sony Interactive Entertainment America, Shawn Layden, prima sul palco, raggiungere Sid Shuman e Ryan Clements per un breve scambio di battute, nel quale emerge quello che sarà un po’ il mood della conferenza: «non aspettatevi particolari bombe, siamo qui però per farvi dare un po’ di più di quello a cui stiamo lavorando», è il succo del suo messaggio. E in effetti sarà questo il ritmo costante della serata Sony, che si mostrerà estremamente concentrata sulle IP principali in lavorazione, riservando alle terze parti soltanto alcuni brevi trailer. Il primo arriva subito dopo la breve intervista al Chairman di Sony, ed è quello delle Back in Black Maps di Call of Duty: Black Ops III, che sarà disponibile gratuitamente dall’11 giugno all’11 luglio per tutti gli abbonati al PS Plus. Una mossa da apripista, che certamente vuole incentivare gli utenti al pre-order dell’upcoming Black Ops IV.

Il ritorno è su Shuman e Clements, questa volta accompagnati da Meredith Molinari che lancia gli highlights nei quali un compendio di quel che ci aspetta per PSVR.

Non si entra ancora nel vivo della conferenza, e i conduttori fuori sala avvisano che manca poco: non resta che mostrare il trailer di Destiny 2: Forsaken prima di iniziare. Il contenuto aggiuntivo arriverà il prossimo 4 settembre.

Si ritorna finalmente nella sala che ospita pubblico e conferenza, e l’attenzione ritorna sui grandi titoli in lavorazione: uno di questi è anticipato (e il riferimento al setting è subito abbastanza chiaro) dall’esibizione dal vivo di un suonatore di Shakuhachi che ci porta con sonorità suggestive nel Giappone feudale, epoca in cui ha luogo la narrazione del lavoro di Sucker Punch, un Ghost of Tsushima che viene annunciato in tutta la sua bellezza nel trailer mostrato.

Contenuti interessanti, ma ancora nessuna release date: e l’andazzo non pare cambiare con Control, nuovo titolo di Remedy e 505 Games, di cui vediamo due minuti tra cinematiche e brevissimi scampoli di gameplay. Il titolo dovrebbe uscire nel 2019 (e, di questi tempi, il condizionale è ormai d’obbligo).

La conferenza continua mandando a schermo colori scuri, colorandoli di rosso gore, ed è il momento del rispolvero di un’altra IP: torna Resident Evil 2, e stavolta sappiamo quando, il 25 gennaio 2019.

Il colore si accende con il trailer successivo, Trover Saves the Universe sviluppato da Squanch Games in collaborazione con il creatore di Rick and Morty, Justin Roland. Pur avvalendosi di una grafica animata in 3D, lo stile dei personaggi è inconfondibile, dalla bocca del personaggio principale immerso in una vasca al tratto umoristico che rimanda alla nota serie animata, oltre al doppiatore dello stesso Morty che dà voce al personaggio viola dagli occhi rosso-blu in chiusura del trailer.

Un’IP nella quale è chiaro tutti credano all’E3 è Kingdom Hearts, il cui trailer compare anche in questa conferenza: a differenza della conferenza Square Enix, stavolta vediamo un trailer del tutto nuovo, che vede comparire Jack Sparrow e altri personaggi de I Pirati dei Caraibi, franchise di proprietà Disney, e varie sequenze sono dedicate agli scenari navali; al termine del video c’è spazio anche per l’annuncio di un All-in-One Package in esclusiva PS4 che comprende i capitoli I.5+II.5, II.8 e III.

Arriva quindi uno dei momenti più attesi in assoluto della serata, quello di Hideo Kojima e del suo Death Stranding: anche stavolta abbiamo un lungo trailer dove il Decima Engine dà il meglio di sé in un susseguirsi di spazi aperti, chiaroscuri e paesaggi dal fortissimo potere suggestivo. Emergono alcuni elementi di quello che è il lore del gioco, che il protagonista, Sam (interpretato da Norman Reedus), gravato dal compito di “portatore di corpi” (neonati, per lo più, ma vi è una sequenza con quello che pare chiaramente essere un corpo adulto avvolto in un lenzuolo bianco), emerge un rapporto non lineare con la memoria, e pare corroborarsi l’idea della presenza di più dimensioni, ma è ancora troppo poco per delineare anche vagamente un setting narrativo che si preannuncia davvero complesso.

Il trailer successivo è una vera sorpresa: spuntano i nomi di Koei Tecmo e Team Ninja, ed è subito Nioh 2. Non si sa ancora molto data la brevità del video ma è certamente un ritorno ben accolto da tutti i giocatori.

Altro momento attesissimo è quello di Spider-Man, con un altro trailer sospeso tra cinematiche e gameplay mozzafiato, dinamico, con un combat system che richiama i Batman di Rocksteady ma diversamente elaborato, più esplosivo e adatto alle caratteristiche dell’Uomo Ragno: purtroppo anche qui niente release date e, se questo ci pareva accettabile, per le precedenti IP, su questo titolo Insomniac Games lavora ormai da un po’ e risulta poco comprensibile la mancanza di un orizzonte d’attesa anche generico.

Una conferenza compatta e alquanto contenuta quella di Sony quest’anno, che ha scelto di porre l’accento su quattro importanti IP molto attese dai giocatori: certo lascia perplessi la scarsità di release date (davvero pochissime) e la totale assenza di Days Gone, titolo sul quale ci si aspettava qualche contenuto in più, vista la prossima uscita a febbraio 2019. Molto è rimandato di certo alla Gamescom di agosto, ma Sony dovrà tenere a mente la risposta da dare a Microsoft, che a questo E3 ha offerto una conferenza ricca di contenuti e dalla quale è emerso un chiaro messaggio riguardo il futuro.
La concorrenza non è finita, e Sony, se vuole restare sulla cresta, deve certamente impegnarsi di più.




E3: Sony svela parte della sua tabella di marcia

Siamo ormai agli sgoccioli; sta per iniziare la nuova edizione dell’E3, uno degli eventi fieristici più seguiti al mondo. Tra qualche annuncio shock qui e traumatizzante lì, contornati da tante aspettative, Sony si sbottona un po’, rivelandoci una parte non indifferente della propria tabella di marcia pre-E3.

Ovviamente la casa giapponese terrà, come di consueto, la propria press conference, fissata per il giorno Lunedì 11 Giugno, alle 18:00 PST (ossia circa le 3:00AM in Italia), in cui principalmente mostreranno nuovi contenuti per i giochi più attesi del momento: Death Stranding e The Last of Us Part II.

Ma la compagnia sembra aver in serbo altre sorprese, riservando una carrellata di rivelazioni per la settimana che precede l’E3.

Questi contenuti saranno visibili ogni giorno alle 8:00AM PST (quindi alle 17:00PM in Italia), in live-streaming su Twitch, Facebook e YouTube:

  • Oggi: un nuovo gioco PS4 compatibile con il VR
  • 7 Giugno: data di rilascio per un titolo di Worldwide Studio
  • 8 Giugno: nuovo gioco PS4
  • 9 Giugno: nuovo gioco per PlayStation VR
  • 10 Giugno: nuovo porting VR di un gioco molto atteso

In precedenza Sony avrebbe atteso direttamente la press conference per mettere tutta la carne al fuoco. Personalmente credo che l’aver deciso di differenziare in questo modo i contenuti da proporre, sia stata una scelta molto intelligente – o furba che dir si voglia – anche considerando il fatto che magari alcuni titoli, avrebbero corso il rischio di poter passare in secondo piano all’ombra di annunci più imponenti nel corso della fiera.

Nel frattempo, attendiamo con ansia il countdown.




Che novità apporterà la nuova generazione di console?

Sono ormai giorni che non si fa altro che parlare delle possibili nuove console che probabilmente usciranno tra il 2019 e il 2020, ma nessuno sa effettivamente quali caratteristiche avranno, che componenti monteranno, la data d’uscita e soprattutto le novità che apporteranno nel mondo del gaming.
Meno di un anno fa sono state messe in commercio le versioni 2.0 delle console di Sony e Microsoft, le corrispettive PlayStation 4 Pro e Xbox One X. Queste due console hanno fatto indubbiamente passi avanti, portando lo standard di risoluzione dal FullHD (1920×1080) all’UltraHD (3840×2160), ma non basta. Infatti le nuove console riescono a far girare giochi abbastanza pesanti in UHD o giù di lì, ma ancora con un frame rate che fatica a superare la soglia dei 30 FPS per la maggior parte dei titoli.

La PS4 Pro al suo interno monta una CPU AMD Jaguar da 8 core con una frequenza di clock di 2,13 GHz, una GPU, che si basa su AMD Radeon, da 4,20 TFLOPS, e 8 GB di RAM DDR5, mentre la controparte Microsoft monta componenti più performanti, come una versione della Jaguar custom con una frequenza di 2,3 GHz, una GPU, anche questa custom, da ben 6 TFLOPS e 12 GB di RAM. Queste specifiche hanno permesso una grande evoluzione tecnologica: infatti, Xbox One X riesce a riprodurre quasi tutti i titoli in 4K nativo raggiungendo, in alcuni casi, anche i 60 FPS, mentre PS4 Pro sfrutta la tecnologia dell’upscaling, che permette una miglior risoluzione rispetto ai 1080p, ma non sufficiente per arrivare ai 2160p di Xbox One X. Questo cosa significa?
Semplice, le nuove console che arriveranno nei prossimi anni avranno, ovviamente, delle specifiche simili, ma molto più elaborate e potenti. Questo comporterebbe un passaggio immediato dai 1080p 30 FPS ai 2160p 60 FPS, segnando un nuovo standard: quello dell’UHD.
Di recente molte testate di settore hanno cominciato a fare le loro scommesse sulle componenti che monteranno le nuove console, discutendo soprattutto dell’ipotetica PlayStation 5. Si pensa che la nuova console Sony vedrà la luce a partire dal 2020 – magari nel mese di novembre – e monterà la nuova tecnologia AMD Navi, nuova architettura GPU, che dovrebbe offrire a PS5 la bellezza di 11 TFLOPS, e una CPU Ryzen octa-core a 7 nm; mentre per quanto riguarda il lato dello storage potrebbe montare un quantitativo di RAM pari a 16 GB e l’adozione della tecnologia SSD, consentendo una maggior velocità sia di lettura che di scrittura.
L’accoppiata di CPU e GPU permetterà sicuramente di avere delle performance migliori  (si ipotizza di avere una potenza pari a 15 TFLOPS) rispetto alla Jaguar, che ormai ha i suoi anni (circa cinque), e alle GPU custom utilizzate, consentendo una più pulita e fluida fruizione della risoluzione UHD con un frame rate stabile e molti più dettagli.
Mentre per ciò che riguarda il mondo Microsoft, non sono trapelati alcun tipo di rumor sulle caratteristiche future della console, che si potrebbe chiamare Xbox Two. Ma nelle scorse ore si è parlato di un annuncio di lavoro pubblicato dalla stessa Microsoft, che sta cercando degli ingegneri che possano lavorare allo sviluppo delle memorie DRAM e alla loro implementazione su un’ipotetica console.
Microsoft, come d’altronde Sony, sta già lavorando allo sviluppo della nuova console, che potrebbe avere delle caratteristiche molto simili a quelle di PlayStation 5.
Ma in tutto questo, Nintendo cosa farà?
Sicuramente la grande N non starà con le mani in mano e già qualche settimana fa si vociferava di una possibile nuova console: Switch Pro. Si tratterebbe sempre di una console ibrida, praticamente uguale a Switch, ma con alcuni aggiornamenti hardware, come il processore, che potrebbe diventare il nuovo Tegra X2 di Nvidia, uno schermo con una maggiore risoluzione e un maggior quantitativo di RAM. Questi upgrade potrebbero anche potenziare Switch in modalità fissa, implementando una GPU proprio all’interno del dock di ricarica, permettendo una migliore resa grafica e performance migliori quando sarà collegata direttamente alla TV.

Adesso però passiamo alle nuove funzionalità che PS5 e Xbox Two potrebbero avere, come la retrocompatibilità. Questa funzione è già stata implementata da Microsoft lo scorso anno, rendendo retrocompatibile la console, consentendo agli utenti di recuperare titoli datati senza dover aspettare un remake o una remastered. PS5 e Xbox Two dovrebbero adottare questa caratteristica, permettendo almeno di gustarsi giochi della console corrente senza dover per forza possederne una.
Questa novità permetterà non solo di continuare a vendere giochi per PS4 e Xbox One anche ai possessori della nuova console, ma anche di evitare di concentrarsi sulla produzione di remastered e remake che forse hanno un po’ annoiato il pubblico, tornando a sfornare titoli nuovi, innovativi che possano sfruttare appieno l’hardware messo a disposizione.
Se quindi per Microsoft non è una novità, PS5 consentirà finalmente di giocare i prossimi titoli in uscita, come Cyberpunk 2077, The Last of Us Parte 2 o Death Stranding, oltre ai tanti videogame che ci hanno accompagnato nella nostra infazia o adolescenza.
Come farebbe PS5 a essere retrocompatibile fisicamente senza il supporto ottico? Ebbene, il disco fisico non si abbandonerà, probabilmente perché l’utenza non è ancora sufficientemente pronta per accogliere al meglio il cloud gaming o l’acquisto di giochi totalmente in edizione digitale o, ancora, una mera scelta di marketing.
Questo però non porterà Sony a mettere completamente da parte il cloud gaming, non imponendolo come standard e utilizzando anche il supporto ottico.

Passiamo però alla vera rivoluzione di questa generazione di console apportata da Sony: la realtà virtuale, un nuovo universo che ha preso piede grazie al PlayStation VR. PS5 potrebbe essere un trampolino di lancio per la realtà virtuale, molto più di PS4, apportando delle modifiche hardware che permetteranno una migliore resa grafica e una serie di nuove tecnologie migliorate nel tempo, come un nuovo sistema di tracking.
E se Microsoft presentasse un proprio visore o, ancora meglio, riesca a terminare lo sviluppo di HoloLens per console – magari molto meno costosi – ? Staremo a vedere nelle prossime conferenze.

Alla fine della fiera, non sembra esserci un vero e proprio passo avanti rispetto alle attuali console. Probabilmente è più da considerarsi un aggiornamento delle attuali console. Ma se il prezzo di vendita resterà intorno alla fatidica cifra di 399€ sarà possibile avere un’esperienza in game stabile, fluida e soprattutto piena di dettagli, e in quel caso, l’acquisto di una console di nona generazione non sarebbe da sottovalutare.




Novità per Death Stranding in arrivo per il 2018

Hideo Kojima, creatore della magnifica saga di Metal Gear, non ha ancora rivelato molti dettagli riguardanti Death Stranding, ma pare abbia intenzione di rimediare nel corso del 2018. Durante un’intervista rilasciata alla rivista giapponese Dengeki PlayStation, il game designer giapponese ha infatti dichiarato:

«Lo sviluppo di Death Stranding sta andando talmente bene che Sony ci ha detto: “Non abbiamo mai visto un titolo creato ad un ritmo così veloce”. Stiamo pianificando un annuncio  che sorprenderà ulteriormente tutti nel 2018.»

Ciò che ci chiediamo adesso è cosa siano queste novità, magari un gameplay, o un lancio a sorpresa?




Playstation Experience 2017: torna anche Medievil

La PlayStation Experience di Sony è piena di novità e trailer riguardanti gli ultimi giochi in uscita, che includono MediEvil Remastered, God Of War, Soul Calibur VI, Death Stranding e altri. Sono stati annunciati due giochi nuovi da aggiungere al repertorio della Ps4: Firewall Zero Hour, uno sparatutto in VR, e MediEvil Remastered. È stato annunciato che quest’ultimo girerà in 4K su Ps4. Riguardo i giochi già annunciati, si hanno delle novità. Questo è il caso di Death Stranding, il cui trailer sembra avere senso solo dopo 4-5 ore di gioco.
Detroit: Become Human è stato giocato in live al PSX 2017 e i presenti hanno potuto assistere al gameplay. Il catalogo di giochi per VR si sta espandendo piano piano, aggiungendo adesso The Last Guardian, che avrà un adattamento per VR, e Wipeout, che avrà degli upgrade al VR. È stata mostrata una piccola curiosità riguardante God Of Wars. Lo sviluppatore dell’omonimo gioco, infatti, ha annunciato che ci vorranno dalle 25 alle 35 ore di gioco per poterlo completare. Riguardo Soul Calibur VI, invece, è stato mostrato un trailer dove si vede il combattimento tra due personaggi, Mìtsurugi e Sophìtìa. Da ciò che c’è scritto nel trailer, il gioco dovrebbe uscire nel 2018 per piattaforme Sony, Microsoft e su Steam.

Il nuovo trailer di Death Stranding:

Il gameplay di Detroid: Become Human giocato in live al PSX 2017:

Il trailer mostrato con l’annuncio di MediEvil Remastered per Ps4:

Il nuovo trailer di Soul Calibur VI:




Un recente tweet di Kojima apre un nuovo interrogativo su Death Stranding

Molti dubbi girano ancora intorno a Death Stranding, titolo pioniere della neonata Kojima Productions e tutt’ora in sviluppo. Nonostante questo l’ex vicepresidente di Konami ha deciso di mettere ancora più carne sul fuoco, pubblicando un tweet apparentemente innocuo, ma che ha scatenato la nascita di teorie su teorie da parte dei fan.

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Norman Reedus, il protagonistaavrà indosso nel gioco una coppia di targhette, sulle quali è incisa l’equazione del Raggio di Schwarzschild o raggio gravitazionale. Questa formula è strettamente legata alla velocità della luce e ai buchi neri (per una definizione precisa potete far riferimento a Wikipedia). In moltissimi ora teorizzano che il gioco sarà ambientato nello spazio o addirittura oltre l’orizzonte degli eventi.
Certo che quando c’è la mente di Hideo Kojima dietro un’opera, l’imprevedibilità fa sempre da padrona.




Hideo Kojima: grazie Konami

La divisione tra Hideo Kojima e Konami è stato sicuramente uno degli episodi più malvisti e pubblicizzati all’interno dell’industria videoludica, ma non sembra che Kojima nutra qualche forma di risentimento. Infatti, il sito web giapponese Toyokeizai ha dichiarato che Kojima era apertamente apprezzato da Konami, e che li avrebbe per l’appunto ringraziati per avergli lasciato fare i giochi che voleva elaborare.

«Sono sinceramente grato verso Konami perché quando ho proposto qualcosa su cui volevo lavorare, me l’hanno lasciato fare», dice Kojima. «D’altro canto , non sono stato costretto da loro a fare ciò che non volevo». Kojima continua dicendo che, anche quando era solo una giovane recluta, Konami gli ha dato carta bianca fin dall’inizio.

Ha senso che Kojima riservi grande affetto per il publisher che lo ha fatto entrare nell’industria videoludica, anche se la successiva divisione tra i due è stata disastrosa. Ora entrambi stanno oltrepassando il “divorzio”: Kojima sta lavorando attualmente con Sony su Death Stranding, una nuova IP, mentre Konami si sta preparando al lancio di Super Bomberman R .