The Movies e l’avanguardia videoludica

«Basito lui, basita lei, macchina da presa fissa, luce un po’ smarmellata e daje tutti che abbiamo fatto!» era una delle frasi di René Ferretti, regista della fiction Occhi del cuore 2 la quale lavorazione è stata narrata nella serie televisiva cult Boris. Eppure nel 2005, due anni prima della serie italiana era uscito un videogioco che narrava le storie e i meccanismi dell’industria della celluloide. Era The Movies di Lionhead Studios, software house fondata da Peter Molyneux, una delle menti videoludiche più visionarie di quegli anni.

L’anno è il 1997: Molyneux, allora fresco del successo ottenuto con i due Popolous, uscì da Bullfrog per inseguire la sua visione dedicata a giochi innovativi per gli anni a venire. Così nacquero i Lionhead Studios che partirono subito in quinta con due giochi dall’ottimo successo di critica e vendite come il simulatore dei Black & White e il primo capitolo di una saga fantasy capace diventare una delle esclusive più apprezzate e amate della prima Xbox: Fable.
Come terzo gioco il game designer britannico decise di cambiare genere e di creare un gestionale basato sulla storia del cinema e sulla creazione di un lungometraggio: così nacque The Movies, anch’esso un grande successo di critica, tanto da vincere un BAFTA (l’equivalente inglese degli oscar del cinema) come miglior gioco di simulazione del 2006. Purtroppo le vendite non furono entusiasmanti, ma il titolo seppe ritagliarsi un grande spazio sul web. Ma a questo ci arriveremo dopo.
The Movies comincia la sua storia negli anni ‘20, durante gli albori della cinematografia. Il nostro compito è quello di gestire il nostro studio cinematografico e di creare dei lungometraggi capaci di ottenere dei premi (gli Stanley, parodia degli Oscar) e generare profitto. Sta a noi assemblare la troupe più adatta al film, con sceneggiatori adatti a uno dei cinque generi (sentimentale, fantascienza, horror, azione e commedia) a disposizione nel gioco, il giusto regista, gli attori protagonisti, le comparse e altri addetti ai lavori come operatori di macchina, ciakkisti, microfonisti e via dicendo. Una delle particolarità di The Movies è che ripercorre la storia dell’umanità legata ai rispettivi film: ciò significa che durante la grande depressione ci sarà bisogno di più commedie, mentre il pubblico chiederà più film fantascientifici durante la corsa allo spazio degli anni ‘60, oppure il periodo successivo alla seconda guerra mondiale vedrà l’affermarsi della cinematografia horror. Sarà altrettanto importante pensare ai bisogni delle nostre star: stanchezza? depressione? Nessun problema, un bel bicchiere di whiskey o una pizza e passa tutto… ma occhio a non esagerare, perché l’alcolismo e la perdita del giusto peso forma per un attore di film d’azione sono dietro l’angolo.
Insomma, il titolo Lionhead è frutto di un grandissimo lavoro di ricerca e dedizione del mondo cinematografico, ma offre anche un’innovazione senza pari per i tempi. Infatti, il titolo creato da Molyneux e soci permetteva di creare un cortometraggio di massimo venti minuti usando l’editor del gioco! Basta usare la “modalità avanzata”, dove si può creare un copione con tanto di storyboard; Qui si possono modificare gli oggetti di scena, lo sfondo, le condizioni atmosferiche e i movimenti degli attori. Dopo aver registrato tutto la palla passa alla post-produzione: qui si possono aggiungere titoli di testa e di coda, musica, effetti sonori, sottotitoli e dialoghi, questi ultimi addirittura registrabili dai giocatori, ma usando frasi brevi, così da sfruttare il lip-synch e dare agli attori un labiale corretto.
In conclusione, il filmato può essere salvato come file proprietario oppure in vmw per caricarlo in rete. Infatti uno dei punti di forza di The Movies era la sua comunità rappresentata da The Movies Online, dove Lionhead aveva pensato a un sistema di economia interno davvero rivoluzionario, oltre a gestire la selezione delle migliori opere: infatti caricare un film sul portale online fruttava 500 crediti virtuali, mentre una recensione permetteva di guadagnarne 200. I crediti ottenuti potevano essere spesi nel gioco per l’acquisto di costumi, oggetti di scena e set, oppure per pubblicizzare la propria opera sul sito. Dopo l’arrivo della prima e unica espansione del titolo chiamata Stunts & Effects, che aggiungeva al gioco nuovi costumi, la possibilità di usare gli stuntman durante le scene più pericolose e quella di creare dei veri e propri poster pubblicitari da usare su TMO, al costo di 10.000 VC.

The Movies Online chiuse nel 2008, dopo soli tre anni di vita, due milioni di visitatori e oltre 9000 ore di film caricati dai fan. Il titolo Lionhead è stato fondamentale per la creazione dei cosiddetti machinima, una tecnica per creare brevi cortometraggi nata grazie l’editor di alcuni giochi come Grand Theft Auto IV, il Source Film Maker (famoso per essere usato da alcuni content creator come l’italiano The Pruld) e, appunto, The Movies, vero e proprio precursore di questa tecnica soprattutto grazie alla versione per Mac, capace di esportare i filmati su iPod e di interfacciarsi con la suite iLife, contenente programmi come Garage Band per la musica e iMovies per l’editing video.
Nonostante alcuni paletti tecnici, The Movies godette di parecchia fama in questo settore, tanto da far nascere alcune community tuttora attive, come lo spagnolo The Movies Cinema.
Poco dopo l’uscita di The Movies e del secondo Black & White, Lionhead Studios divenne proprietà Microsoft nel 2006, attirata dal successo del primo Fable. I due sequel usciti rispettivamente nel 2008 e nel 2010 non riscossero lo stesso clamore tra i fan e Molyneux abbandonò poco prima l’uscita di Fable: The Journey, controverso titolo che faceva leva sul Kinect, per incomprensioni artistiche con Don Mattrick, capo della divisione gaming Xbox. Quest’ultimo voleva spingere più sul lato casual, mentre lo sviluppatore inglese cercava un approccio più innovativo; il tempo avrebbe dato ragione a Molyneux, ma Lionhead navigava in cattive acque senza il suo fondatore. Lo studio venne chiuso da Microsoft nel 2016, dopo il fallimento del progetto Fable Legends, che sarebbe dovuto essere un MMORPG, ma il titolo venne cancellato dopo due anni di lavoro.
Molyneux non restò con le mani in mano e fondò 22 Cans, un piccolo studio che ha rilasciato tre titoli particolari come Curiosity: What’s inside the cube?, a detta del game designer, un esperimento sociale multiplayer, Godus, mal riuscito tentativo di reinventare il genere del god game a la Popolous e The Trail: Frontier Challenge, un particolare walking simulator pubblicato sulla piattaforma indipendente Kongregate, oltre che sugli store mobile, Steam e Nintendo Switch.
E The Movies? Sembra assurdo, ma con l’acquisizione di Lionhead da parte di Microsoft e la scadenza della licenza da parte di Activision, il gioco è stato rimosso da Steam nel 2014 ed è tuttora impossibile giocarci a meno di avere una copia fisica da usare con una macchina virtuale con Windows XP o un computer apposito. Il titolo è molto richiesto su gog.com e figura ancora su SteamDB, quindi la speranza di rivederlo nello store Valve è non è ancora morta.
Dopo tredici anni dalla sua uscita possiamo dire che The Movies rappresenta al momento il canto del cigno creativo di Lionhead Studios e di Peter Molyneux, game designer che non ha più raggiunto certi livelli di creatività e innovazione. Sarebbe bello avere un nuovo The Movies Online, che grazie alla diffusione dello streaming su piattaforme come Twitch potrebbe trovare nuova linfa tramite vere e proprie riproduzioni di machinima creati con l’editor del gioco, come se si andasse al cinema per vedere l’ultimo blockbuster appena uscito. Il bello di The Movies è proprio qui: non era solo un semplice gestionale, ma un modo per stimolare la creatività tramite la realizzazione di un cortometraggio. Non so voi, ma da fan del gioco sogno da anni di poter tornare ad esclamare “motoreii”, come un novello René Ferretti.




Two Point Hospital

Facciamo un salto indietro nel tempo: 1997, anno d’uscita di Theme Hospital di Bullfrog. Uno dei gestionali più amati di tutti i tempi: sia per il gioco in sé, vasto e profondo per l’epoca, sia per la sua incredibile ironia e leggerezza nel trattare un tema spinoso come quello delle malattie. In quegli anni era la prassi lottare con teste giganti ed imitatori di Elvis Presley, e il gioco fu una delle ultime hit dello studio inglese fondato da Peter Molyneux e Les Edgar, prima di essere accorpato agli studi inglesi di Electronic Arts.
Torniamo al presente: dopo ben ventuno anni esce Two Point Hospital, seguito spirituale di Theme Hospital creato da Two Point Studios, studio di sviluppo che vede nel team due figure fondamentali che hanno partecipato alla creazione del predecessore, i designer Mark Webley e Gary Carr.

Ma andiamo a vedere come si propone questo seguito spirituale…

I’m no Superman

Two Point Hospital ci presenta da subito un sistema di progressione simile a quello visto in giochi come Overcooked: con dei livelli (o meglio, strutture ospedaliere) dove si devono ottenere delle stelle. Per ottenerle, basta seguire delle simil-quest varie per livello, come l’ottenere un’alta reputazione o conseguire un certo numero di pazienti curati. Una struttura che ben si sposa con un titolo del genere, facendo contento sia chi voglia ottenere la singola stella atta a sbloccare le altre strutture nel minor tempo, che i completisti. Vi è anche un minimo di backtracking, visto che è possibile tornare nei precedenti livelli quando si vuole, direttamente dalla mappa di gioco, così da aggiungere stanze e oggetti sbloccati avanti nel tempo e magari ottenere quella tanto agognata terza stella.

Ma passiamo al gioco vero e proprio: il design è rotondo e gommoso, e il lavoro di Ben Huskins e Gary Carr sembra quasi un’evoluzione di Theme Hospital, e ben si sposa con l’atmosfera del titolo. Il gameplay è vario e, nei momenti più concitati, come le emergenze che consistono nell’arrivo di pazienti da curare il prima possibile, offre quel giusto grado di sfida tipica dei titoli del genere, e del predecessore. La costruzione e la pianificazione delle stanze che formeranno il nostro ospedale dei sogni è tanto semplice quanto completa, con un editor che prende a piene mani dal titolo originale e anche da giochi come The Sims di Maxis: in poco più di qualche secondo, avremo creato il nostro ospedale dei sogni, con stanze e oggetti che sbloccheremo man mano nel gioco. Siano esse ottenute tramite ricompensa per le stelle raggiunte, o sbloccate tramite i kudosh, punti accumulabili tramite varie quest lanciate dal nostro staff, una delle novità introdotte in Two Point Hospital.

I cultori dell’originale titolo Bullfrog sanno, però, che la feature più importante del gioco erano le malattie, ricettacolo di incredibile ironia e motivo di divertimento. Per fortuna, nonostante la lunga assenza, le patologie divertenti (per quanto possa risultare un ossimoro) non mancano. I testoni e gli imitatori di Elvis lasciano il posto a uomini-lampadina, pentole incastrate in testa, e soprattutto imitatori di Freddie Mercury e del Tony Manero de La Febbre del Sabato Sera. A tal proposito: un plauso alla localizzazione italiana per l’ottimo lavoro svolto, che ha visto trasformare l’originale “mock star” in “rapsodite”, rendendo più netta e divertente il collegamento riguardante lo storico frontman dei Queen. E non sarà nemmeno l’unica citazione pop nascosta nel gioco! Two Point Hospital offre di tutto, dai Ghostbusters passando a Grey’s Anatomy, il gioco è una continua celebrazione della pop culture dagli anni ‘80 fino ai giorni nostri.

Insomma, concludendo, questo Two Point Hospital è un centro sotto tutti i punti di vista: il titolo è principalmente mirato agli orfani di Theme Hospital che hanno dovuto aspettare ben ventuno anni per avere un altro capitolo della serie, seppur come sequel spirituale. Le sfide sono tante, e tutto ciò va a favore della longevità del gioco, davvero vasto e capace di far pronunciare al giocatore le fatidiche parole “altri cinque minuti e stacco”, come ogni buon gestionale che si rispetti. Ora, si spera solamente di non dover attendere altri vent’anni e passa per un sequel ufficiale… ma, nel frattempo, diamo il bentornato a uno dei capisaldi del genere gestionale!