God of War

A metà tra un reboot e un sequel, l’ultima fatica di Santa Monica Studio approda su PS4, perdendo la numerazione e cambiando genere da hack’n slash ad action adventure con elementi ruolistici.
Cambia anche l’ambientazione: non si affronteranno più le divinità appartenenti alla  mitologia ellenica (anche perché sono morti praticamente tutti nei capitoli passati), ma le divinità norrene (tema già trattato nell’ottimo Hellblade: Senua’s Sacrifice)

In barba all’Olimpo

Dopo aver decimato gli dei dell’Olimpo ed essere scampato alla morte, Kratos appare molto più maturo rispetto ai titoli passati: è invecchiato nell’aspetto (anche grazie alla barba), si è ritirato nelle gelide lande della Scandinavia e ha avuto un figlio di nome Atreus dalla sua nuova compagna, la quale viene a mancare all’inizio del gioco. Padre e figlio dovranno attraversare una moltitudine di insidie per poter versare le ceneri della donna dal monte più alto dei nove regni e onorare la sua memoria.
Durante questo lungo viaggio, Kratos approfondirà il rapporto con il bambino, e gli insegnerà a combattere e sopravvivere contro gli innumerevoli avversari che affronterà insieme a lui.
La storia ha un tono decisamente più maturo rispetto al passato, e viene prevalentemente raccontata durante i dialoghi tra padre e figlio, il più delle volte quando si trovano in barca mentre navigano nel Lago dei Nove, una mappa aperta dove si possono raggiungere tante aree più piccole e lineari, il loro rapporto si consoliderà proseguendo nel gioco, e Atreus, oltre a imparare a combattere, cambierà carattere a seconda di ciò che gli accadrà intorno o di come verrà trattato dal padre.

Un lunghissimo piano sequenza

Sin dalla schermata del titolo, fino ai titoli di coda, il gioco verrà mostrato con la tecnica del piano sequenza, con una telecamera sempre in movimento e alcuno stacco nel cambio di prospettiva, che segue costantemente KratosAtreus con movimenti cinematografici e cambi di zoom, mantenendo una sostanziale linearità nell’inquadratura, anche grazie al fatto che nel gioco sono totalmente assenti le schermate di caricamento, sapientemente nascoste dalle cut-scene o da piccoli segmenti di gioco interattivi.
Alla tecnica registica si affianca un comparto tecnico che fa gridare al miracolo: tutto è rappresentato con una cura ai dettagli vista raramente, sia su console che su PC, i personaggi principali sono modellati in maniera impeccabile, e i paesaggi sono ricchissimi di particolari che ammalieranno il giocatore con piante rigogliose o distese innevate o ancora ambientazioni vulcaniche.
Se a tutto ciò aggiungiamo un gameplay frenetico e che raramente scende sotto ai 30 fps anche su una PS4 standard, possiamo dire a cuor leggero di trovarci di fronte al punto più alto toccato al momento sulla console di casa Sony.
Anche il comparto audio è d’eccezione, con una colonna sonora azzeccatissima che il vincitore di Emmy Award, Bear McCreary, ha composto per il gioco, la quale adesso si sposa a meraviglia con le ambientazioni nordiche e con i temi più maturi e a volte anche più emozionanti che il titolo di Santa Monica Studio ci offre.
Anche il doppiaggio in italiano questa volta non delude rispetto a quello originale in inglese, a parte forse la voce di Atreus che sembra molto più grande rispetto alla voce anglofona, i dialoghi sono recitati benissimo e gli attori si comportano bene sia nelle situazioni comiche che in quelle più cupe.

Un’ascia chiamata Leviatano

Un cambiamento fondamentale rispetto al passato è l’arma principale di Kratos,:il nostro ex dio della guerra sembra essersi liberato delle Lame del Caos, donategli da Ares (precedente dio della guerra) e causa di innumerevoli atrocità.
Adesso lo spartano impugna l’ascia chiamata Leviatano donatagli dalla moglie, grazie alla quale si gode di un rinnovato combat system che riflette benissimo il cambio di genere del gioco: i comandi sono simili a quelli di un souls-like, con il tasto dorsale destro dedicato all’attacco leggero, il grilletto destro all’attacco pesante, dorsale sinistro dedicato alla parata con lo scudo, con il grilletto sinistro si mira con l’ascia per poi lanciarla con un attacco leggero o pesante, adesso non è più possibile saltare, ma si può schivare premendo la x , dare ordini ad Atreus con il tasto quadrato, e interagire con leve o porte o casse con il tasto cerchio.
A questo si aggiunge anche il sistema di crescita del personaggio, con un albero delle abilità con cui è possibile imparare nuove mosse o abilità legate alle armi di Kratos e Atreus; inoltre adesso anche le armature aumentano le caratteristiche dei personaggi, alle quali si possono anche aggiungere delle gemme per potenziarle ancora di più. Le armature e i potenziamenti variano per rarità, vanno dal “comune” al “leggendario”, con i classici colori che contraddistinguono le categorie, ben noti ai giocatori di action rpg à la Diablo.
Al contrario degli episodi precedenti, il gioco parte molto lentamente per permetterci familiarizzare con il nuovo sistema di combattimento. I giocatori più esperti potrebbero anche annoiarsi un po’ ma, se si ha la pazienza di andare un po’ avanti, si apprezzera l’ottimo lavoro fatto dagli sviluppatori, con un parco mosse sempre in crescita che da un certo punto in poi esploderà e non avrà più nulla da invidiare ai capitoli in puro stile hack’n slash. La varietà di modi con cui affrontare i nemici lascia di stucco, è possibile ucciderli a distanza, stordirli con Atreus, colpirli a mani nude, congelarli con i poteri del Leviatano per poi frantumarli, e tanto altro ancora.
La storia principale ci terrà impegnati per almeno una ventina di ore mentre, se si vuole esplorare ogni angolo della mappa, le due aree opzionali dedicate all’end game, finire le quest secondarie e raccogliere tutti i collezionabili ce ne vorranno almeno il doppio.

Conclusioni

God of War rappresenta il punto più alto toccato da un action-adventure in terza persona, con un valore produttivo al passo con le migliori esclusive di casa Sony, un comparto tecnico eccellente, un gameplay che riesce a stupire anche i fan più scafati degli hack’n slash, e una longevità di tutto rispetto.
Se si avrà la pazienza di superare una fase iniziale un po’ lenta, le sorprese che riserverà il gioco sapranno ripagare ampiamente l’impegno.




God of War: Vita e Morte di un Deicida

Lira incontrollabile, la sete di vendetta e il sacrificio, sono tre delle innumerevoli sfaccettature di Kratos, la personificazione della potenza e della rabbia, protagonista di una delle saghe che è entrata con prepotenza nell’Olimpo dei videogiochi. In questo articolo ripercorreremo le vicende del “fu” Dio della Guerra, dai concept sino all’imminente God of War su PlayStation 4. Attenzione a possibili spoiler.

Sviluppato da Sony Santa Monica, God of War ebbe una gestazione particolare e il cui successo fu del tutto inaspettato. God of War non fu il primo progetto di Santa Monica: tutto iniziò con un gioco meno ambizioso ma capace di dare i primi asset ed esperienza al team che avrebbe realizzato il noto titolo d’ambientazione mitologia, Kinetica. Fu proprio uno degli sviluppatori di Kinetica, David Jaffe, a divenire capo del nuovo team che, ispirandosi a titoli come Ico e Devil May Cry volle portare sulla nuova console Sony qualcosa che non si era mai visto e dal tono epico. Due aspetti erano fondamentali: il contesto e il protagonista. L’ambientazione scelta fu quella della antica Grecia, con quell’immancabile epica che permetteva di prendere innumerevoli spunti sia dal punto vista dei nemici, della trama e delle sezioni platform. Se questa fu relativamente semplice, la scelta del protagonista non lo fu altrettanto: il team di sviluppo era deciso a creare un personaggio originale, carismatico e brutale ma lontano dagli stilemi dell’epica classica. Furono passati in rassegna diversi modelli, come soldati con maschere ma abbastanza anonimi, guerrieri dalla spiccata vena africana fino a un personaggio che portava sulle spalle un bimbo o un cane, ma anche qui nulla di fatto, grazie a Zeus. Fu così deciso di realizzare un personaggio a torso nudo e che al posto dell’armatura avrebbe avuto un grosso tatuaggio per dare un tocco di colore. Inizialmente blu, il tattoo divenne rosso dopo che fu notata un’eccessiva somiglianza con un personaggio di Diablo II. Anche le armi hanno caratteristiche particolari: sono due lame, denominate Spade del Chaos, fuse con una lunga catena direttamente sulle braccia del protagonista, per gentile concessione di Ares. A questo punto manca solo il nome: visto che nella mitologia greca spesso ogni personaggio personificava una qualità (una virtù o un vizio), al personaggio in questione fu affibbiata la Potenza, che in greco antico si traduce appunto con Kratos (Κράτος). Il corpo bianco di Kratos è dovuto alle ceneri della moglie e della figlia da lui uccise mentre si trovava sotto il controllo di Ares, e attaccate per sempre alla sua pelle – di base scura –, attraverso una maledizione dell’Oracolo della sua stessa città.

L’inizio della fine

Dopo tre anni intensi di sviluppo venne presentato finalmente il nuovo titolo: God of War. Il gioco si apre con il potente Kratos, pronto a gettarsi dalla montagna più alta della Grecia. Ma le vicende interessate cominciano tre settimane prima. Kratos è tormentato dai molti mali che ha causato, ma soprattutto uno gli impedisce di dormir bene la notte: l’aver ucciso sua moglie e sua figlia, nonostante in quel momento fosse sotto l’influsso di Ares, è il suo peccato più grande. Proprio il Dio della Guerra sarà il principale antagonista del primo capitolo e darà filo da torcere al nostro paladino. Molti saranno i momenti esaltanti e ci troveremo a interagire con molti degli Dei che abbiamo studiato a scuola – o che, al limite, abbiamo visto in Pollon : Zeus, Artemide, Ade, Poseidone e Atena consegneranno a Kratos i loro poteri, tornando molto utili durante il corso del gioco, soprattutto una volta circondati da orde di nemici. Ares è ormai nemico dell’Olimpo e del mondo intero e sarà proprio Kratos a sconfiggerlo in una boss fight ben coreografata. Nonostante la vittoria, Kratos non avrà pace, succedendo ad Ares come nuovo Dio della guerra.
God of War fu un successo su vasta scala, apprezzatissimo dalla critica e amato dal pubblico, e dalla sua uscita costituì uno dei pilastri del grande tempio Sony. Tanta sana violenza viene immersa in un contesto – quello della mitologia greca – assolutamente originale e credibile e con una trama che a poco a poco lascia intravedere tutti gli aspetti del mondo di gioco e di Kratos, un antieroe che all’inizio faremo fatica a comprendere ma che col tempo impareremo ad apprezzare. Era dai tempi di Devil May Cry che non si vedeva un hack ‘n slash di tale potenza, perfetto sotto tutti i punti di vista e originale grazie all’impiego delle Spade del Caos e dei vari poteri messi a disposizione dagli Dei, il tutto contornato da una reattività dei comandi fuori scala. Oltre ai combattimenti, erano in scena anche sezioni platform e qualche puzzle ambientale da risolvere; un esempio su tutti è quello del Tempio di Pandora. Importante è anche la possibilità di potenziare Kratos e le sue armi, dando così un forte senso di crescita all’interno del gioco.
God of War ha anche il merito di aver sdoganato i quick time event, trasformando l’eliminazione dei nemici e soprattutto dei boss in scene altamente coreografiche e suggestive, e la particolarità della telecamera fissa, perfetta in tutte le situazioni e che in un gioco del genere fa davvero la differenza, essendo gestita direttamente dal motore di gioco, dando sempre il punto di vista migliore e rendendo l’azione cinematografica e adrenalinica.
Sul piano tecnico, GoW era quanto di più bello visto su PlayStation 2: modellazione certosina di personaggi principali e comprimari così come gli ambienti di gioco, tutti ricchi di dettagli e accompagnati da ottimi filtri, e soprattutto senza caricamenti di sorta. Ottimi particellari ed effetti speciali sono arricchiti da un comparto artistico d’eccezione e da un comparto sonoro perfetto sia nelle musiche che nel doppiaggio.
God of War rimane senza dubbio uno dei migliori videogiochi della storia. Allo Spike Video Game Award 2005 ha ricevuto il premio “Gioco d’azione dell’anno” e David Jaffe, il suo creatore, ha ricevuto il premio “Sviluppatore dell’anno“. Cominciarono anche a farsi vivi rumor su un lungometraggio cinematografico, ma non si ebbero più notizie.

Non solo monolite

Sorpresi? Esiste anche un God of War per smartphone denominato Betrayal, che cronologicamente si interpone tra Chains of Olympus e il secondo capitolo. Kratos, ormai vero e proprio Dio della Guerra, conquista, grazie al suo esercito spartano. Una volta giunto al suo prossimo obbiettivo, Rodi, viene fermato da Argo, un mostro mandato dalla regina degli Dei, Era, per dissuaderne i piani di conquista. Kratos, lo imprigiona senza ucciderlo, ma la bestia troverà comunque la morte per mano di un misterioso assassino. Kratos darà la caccia a quest’individuo in lungo e in largo senza riuscire a prenderlo. Il piano prevedeva di screditare Kratos agli occhi degli Olimpici, cosa che accade comunque per la stessa mano del nostro eroe, il quale uccide il nipote di Zeus, Ceryx (anche figlio di Hermes). Sarà proprio in questo momento che a Kratos verrà affibbiato il titolo di “uccisore degli Dei“, ponendo le basi per la guerra totale che si scatenerà di lì a poco.
La caratteristica di Betrayal è la sua grafica 2D e il suo essere più un platform game che altro. I combattimenti sono presenti ma ovviamente non hanno nulla a che vedere con quanto visto su console. Essendo un titolo per cellulari si son dovuti fare dei sacrifici, a cominciare dal sistema di controllo – in certi casi fastidioso – fino al comparto tecnico e sonoro. Resta un buon titolo, ma ovviamente i God of War a cui si riferisce il grande pubblico e la critica sono ben altri.

La maledizione di Kratos

Lo sviluppo di God of War II era ampiamente previsto, e la palla passò da David Jaffe al responsabile delle animazioni, Cory Barlog, aprendo anche di fatto la leggenda della “maledizione di God of War”: un nuovo capitolo, un nuovo producer. Il team era diviso in due: chi voleva sviluppare il titolo sulla nuova e più potente console (PlayStation 3), e chi voleva sfruttare al massimo l’ampio numero di unita vendute di PS2. Fu Yoshida, presidente Worldwide di Sony, a prendere la decisione: God of War II fu sviluppato su PlayStation 2.
Le vicende si aprono sempre a Rodi, con Kratos, nelle vesti di Dio della guerra che porta distruzione nella città con lo scopo di conquistarla. Un’aquila appare dal nulla dando vita al Colosso che sarà il nostro super avversario nella prima parte del gioco. L’unico mezzo per sconfiggerlo è la Spada dell’Olimpo, una potentissima arma forgiata da Zeus per sconfiggere i Titani anni addietro. Grazie a essa Kratos configgerà il Colosso di Rodi ma, nel farlo, perderà tutti i suoi poteri, tornando mortale. L’aquila si rivela essere Zeus stesso, che uccide Kratos portando così ordine nel caos. Ma il nostro eroe troverà soccorso nei Titani, che l’aiuteranno a compiere la sua vendetta ai confini del tempo e dello spazio. Solo la sequenza finale vale il prezzo d’acquisto del titolo.
Il secondo capitolo rappresenta un affinamento di quanto visto in precedenza: il sistema di combattimento è rimasto pressoché invariato nella forma ma con un miglioramento della risposta ai comandi e feeling con armi. Le nuove armi e magie rappresentano le vere novità in ambito di gameplay, cosi come il Vello d’Oro, capace di respingere gli attacchi se usato con il giusto tempismo, e le Ali di Icaro, che permette di coprire grandi distanze e modi più fantasiosi di uccidere i nemici. Anche la trama risulta meglio raccontata, grazie anche a bellissime cutscene in CGI, ricca di colpi di scena e momenti drammatici, arricchita da molte più boss fight e con una durata maggiore. Il comparto tecnico è eccezionale, probabilmente la produzione migliore su PlayStation 2, con ottime texture e, in generale, una pulizia maggiore rispetto al primo capitolo. Sempre nel 2007, God of War II vinse i Premi Bafta come Technical Achievement e Story and Character.

Il brand ebbe un tale successo da essere trasposto, sotto forma di prequel, nella portatile Sony: PSP. Con il sottotitolo Chains of Olympusil God of War su handheld avrebbe raccontato quanto accaduto prima degli eventi di nostra conoscenza, fornendo uno sguardo più ampio su Kratos. Sviluppato da Ready at Down (sviluppatore che vanta anche il discusso The Order 1886), questo titolo mostra tutte le potenzialità della portatile Sony, toccando vette d’eccellenza un po’ dappertutto. Il motore base è quello utilizzato per Dexter ma è servito un aggiornamento apposito del firmware di PSP per far fruttare tutte le idee che aveva in serbo il team di sviluppo.
Qui si assisterà al piano – un po’ contorto, a dir la verità – di Persefone in cerca di vendetta nei confronti di Ade, reo di averla imprigionata, e degli Dei, che non avevano in alcun modo interferito. Il suo obbiettivo è quello di distruggere il pilastro che sorregge la Terra grazie al potere di Elios, grazie anche all’allontanamento di Kratos verso i Campi Elisi, dove il nostro protagonista, rinunciando alla malvagità e i suoi poteri, ha potuto finalmente ricongiungersi alla figlia. Kratos, compiendo una difficile scelta, riuscirà a fermare Persefone e a portare di nuovo la luce nel mondo.
Il team di Ready at Down è riuscito a trasporre un titolo perfetto anche sulla console portatile, a cominciare dal comparto tecnico, impressionante visto il contesto, aiutato sicuramente dallo schermo più piccolo per la pura resa grafica. Gli ambienti, le animazioni e tutto il resto è da primato, portando la PSP ad avere una sua killer application. Anche i comandi, sulla cui resa si temeva non poco, sono stati adattati regalando quasi le stesse sensazioni del DualShock. Ovviamente, rispetto ai titoli principali, questo capitolo ha qualche mancanza, come la durata della campagna tra le 6-8 ore, puzzle e boss più semplici, ma il tutto è comunque rigiocabile per sbloccare i numerosi extra.
È presente anche una specie di trollata: sul libretto d’istruzioni figura un invito a cercare le cosiddette Urne del Potere, in grado di conferire poteri inauditi e difficili da trovare. Peccato solo che nel frattempo gli sviluppatori decisero di eliminarle dal gioco completo per cui, chi non era a conoscenza di ciò, probabilmente ha vagato in cerca di urne che effettivamente non erano presenti.
In ogni caso, Chains of Olimpus fu il gioco piu venduto e con i voti piu alti presente su PSP.

Niente sarà più come prima

Nuovo God of War, nuovo producer, dicevamo: si passa da Cory Barlog a Stig Asmussen, l’art director di God of War II. Siamo al primo salto generazionale per questo franchise, approdando, nel 2010 su PlayStation 3, God of War III, in grado di mostrare tutta la sua potenza in una delle sezioni introduttive migliori di sempre.
Il Monte Olimpo è assediato da Kratos e dai Titani; Poseidone sarà il primo Dio a cadere per mano del deicida ma, subito dopo, Zeus, ricordandosi improvvisamente del suo ruolo, usa tutto il suo potere per ostacolare la scalata del Titano Gaia e il nostro pelatissimo eroe. Proprio quando Kratos si appresta a chiedere aiuto capisce di essere stato una pedina in mano dei Titani, interessati solo alla loro volta vendetta nei confronti degli Dei. Kratos partirà alla ricerca della sua doppia vendetta, eliminando chiunque si opponga alla sua strada, siano essi Dei o Titani, fino allo scontro finale con Zeus che vedrà il protagonista redimersi utilizzando il vero potere del Vaso di Pandora, utilizzato nel primo capitolo per sconfiggere Ares. Si scoprirà come e quando gli Dei divennero malvagi, pieni di istinti omicidi nei confronti di Kratos, e i veri piani di Atena.

Con il terzo capitolo, visto anche un nuovo e più potente hardware, si vantano diverse novità anche dal punto di vista del gameplay. Innanzi tutto magie e armi non sono più elementi separati: ogni arma infatti possiede la sua magia intrinseca, selezionabile grazie alla croce direzionale, con la quale è possibile cambiare arma rapidamente, continuando così le combo senza interruzioni. Inoltre, sono state modificate anche  postura e animazioni del protagonista e l’introduzione di una barra apposita per l’utilizzo di alcuni oggetti come l’Arco di Apollo e gli Stivali di Hermes, oltre che un maggior numero e varietà di nemici.
A livello tecnico è essenzialmente un capolavoro, capace di lasciare sbalorditi ancora oggi nonostante siano passati otto anni. L’utilizzo del nuovo hardware ha permesso un boost spaventoso in tutti gli aspetti del gioco regalando una perla di pregevole fattura. Come detto, è la prima ora di gioco che risulta assolutamente straordinaria e picco più alto di tutta la produzione, difficilmente replicabile. In quell’ora di gioco si è avvolti da God of War alla massima potenza.
Oltre all’eccezionale comparto tecnico non si è badato a spese anche nel sonoro, che si fregia di ben quattro compositori differenti, che sono riusciti ad arrangiare brani dal tono epico in grado di esaltare ogni situazione possibile. Assolutamente impeccabili.
Durante lo sviluppo molte idee furono scartate come una modalità multiplayer o la possibilità di utilizzare gli Stivali di Hermes per correre sui muri alla stessa maniera di Prince of Persia.

Ascensione e declino

Sempre nel 2010 arriva un altro capitolo per PSP, ancora una volta realizzato da Ready at DownGhost of sparta, cronologicamente posto tra il primo God of War e God of War: Betrayal. Qui entrano in scena la madre di Kratos e il fratello, Deimos, apparsi in una visione del neo Dio della Guerra molto sofferenti. Kratos cercherà di trovare spiegazioni nella Città di Atlantide, eretta in nome di Poseidone e culla della conoscenza umana. Durante il suo pellegrinaggio verso il tempio del Dio dei Mari, Kratos “ritroverà” sua madre e avrà varie informazioni sul fratello, scoprendo che è stato rapito da Atena ed Elios per via di una profezia che narrava di come un uomo con la faccia dipinta avrebbe posto fine agli Olimpici. Essendo Deimos l’unico con queste caratteristiche, viene rapito causando anche la famosa cicatrice di Kratos sull’occhio. Deimos è prigioniero di Tanatos, il Dio della Morte, e, dopo una bellissima  e coreografica boss fight in coop, e una volta “uccisa” la Morte, Kratos diventa un vero “Distruttore dei Mondi” – una sorta di Robert Oppenhaimer  ma con la faccia dipinta–. Nel frattempo scopriamo anche che il padre di Kratos è Zeus.
Ghost of sparta rappresenta il canto del cigno di PSP, una gioia per gli occhi sia dal punto di vista meramente tecnico che artistico, anche se purtroppo non raggiunge le cifre di vendite degli altri capitoli.
Questo capitolo e Chains of olympus furono poi rimasterizzati nella Origin Collection per PS3.

Nuovo God of War, nuovo producer, come da tradizione: la palla passa da Stig Asmussen a Todd Papy. Arriviamo all’utimo God of War uscito finora, Ascension, un prequel di tutto quanto visto fino a questo momento.
Avendo tradito il patto siglato con Ares, Kratos è prigioniero di tre Furie, esseri impegnati nel “gestire” traditori e colpevoli.  In questo meno riuscito capitolo, vediamo Kratos agli inizi, subito dopo aver siglato il patto con Ares e tormentato in maniera violenta dalle visioni. Kratos verrà aiutato da un’altra Furia, Orkos, che, resosi conto della crudeltà del patto, aiuterà il protagonista fino al sacrificio finale che renderà finalmente Kratos libero.
Ascension non vanta una trama che lascia il segno: sì, è ben raccontata, ma avara di colpi di scena risultando piuttosto prevedibile. Ovviamente il comparto tecnico anche qui è fuori scala, nonostante PS3 sia ormai sul viale del tramonto, con qualche piccola innovazione dal punto di vista del gameplay come avvenuta sul tasto cerchio del pad, non più adibito alle prese ma alle armi secondarie, che è possibile raccogliere durante il gioco. Anche i diversi amuleti, che potremmo utilizzare lungo il corso dell’avventura, diventano fondamentali ai fini del gameplay: quello di Uroboro, per esempio, permetterà di distruggere o ricostruire elementi dello scenario, mentre quello di Orkos permetterà di sdoppiarsi. Tutte ciò regala una boccata d’aria fresca alle sezioni platform, molto lunghe e costruite sulla base dei suggerimenti degli sviluppatori di Uncharted. Ma la vera novità è il comparto multiplayer, sia competitivo che cooperativo: una volta scelto il personaggio ci verrà richiesto a quale divinità votarci, avendo così da parte di queste un potere unico. Le modalità di gioco sono molte e permettono una buona progressione. Forse il multiplayer risulta a conti fatti un po’ forzato, visto che il franchise ha sempre puntato forte sul single player, ma è anche vero che David Jaffe ha sempre desiderato includere una modalità cooperativa sin dal primo capitolo, modalità che fu sempre scartata poiché Kratos rischiava di essere snaturato.
In Ascension, sono presenti tante novità ma, complice una trama non particolarmente ispirata ed elementi che sanno di già visto, questo God of War risulta il meno riuscito dell’intera saga.

Sei davvero tu?

Siamo nel 2018 e come al solito tocca a un nuovo producer, ma questa volta a una vecchia conoscenza: Cory Barlog è pronto a rilanciarsi con un nuovo capitolo dal semplice titolo di God of War che sposta parecchi focus su altrettanti elementi. Si passa infattidalla mitologia greca a quella norrena, in un futuro in cui Kratos ha ormai una certa età, prendendosi cura di Atreus, suo figlio. Cambiano completamente anche il combat system e il sistema di telecamere, non più fisso, ma spostato direttamente alle spalle del protagonista. Tutti questi cambiamenti rendono questo God of War effettivamente un altro gioco e difficilmente paragonabile ai titoli precedenti ma, da quanto abbiamo potuto vedere, di qualità sembra essercene tanta e non vediamo l’ora di reimpersonare la Potenza, ancora una volta.

Dopo sei giochi, uno mobile, un romanzo, una serie a fumetti, un lungometraggio sempre in cantiere, remastered e un nuovo capitolo pronto a stravolgere tutto, con Kratos apparso un po’ in giro in diversi altri media, ci si rende conto di quanto God of War sia entrato nella storia di questo mondo. Pensate che tra i piani di Santa Monica la serie doveva concludersi con il secondo capitolo, quando Kratos, dopo aver sterminato gli Dei greci avrebbe continuato la sua caccia ad altre deità di altre mitologie come quella nordica e addirittura quella cristiana. Infatti, riferimenti in tal senso, sono presenti in God of War II, in un dipinto che raffigurava i Tre Magi e un’arma, chiamata Lancia del Destino, come quella che trafisse Gesù crocifisso. Dopo tutto ciò, Kratos sarebbe diventato la Morte in persona, con le sue due lame che sarebbero diventate una falce, appunto come quella della morte.
Il nuovo Kratos è ora pronto a sfidare gli dèi nordici, e non più da solo.