Mario Kart Tour – Una pericolosa sbandata

In principio fu Super Mario Run a segnare il debutto dell’azienda di Kyoto sul mercato mobile: un titolo che manteneva il “cuore” dei vari New Super Mario visti su console, ma con un sistema a pagamento che ricordava la scena shareware dei primi anni ‘90 su PC. Molti download e pochi introiti rispetto alla media dei titoli più scaricati sui market Android e iOS spinsero Nintendo a cambiare radicalmente approccio, accodandosi al più classico delle proposte per giochi mobile: le tanto discusse microtransazioni, arrivando anche a “copiare” meccaniche di titoli radicati nell’immaginario dei giochi per smartphone, come nel caso del recente Dr. Mario World, che ricordava (anche fin troppo) i vari Candy Crush. Mario Kart Tour avrà imparato dagli errori dei predecessori, consegnando ai giocatori quella che è l’esperienza casual Nintendo perfetta? …ma partiamo dal principio.

Slippery when wet

Appena avvieremo Mario Kart Tour (e dopo aver fatto login, o registrato, il nostro Nintendo ID, obbligatorio per poter giocare) verremo posti a una scelta fondamentale: guida semplice o avanzata? La prima si descrive da sola, con una freccia che indica la direzione del nostro kart e che rappresenta la scelta ideale per i neofiti che non hanno mai avuto l’occasione di giocare a un Mario Kart. L’avanzata, invece, è per gli esperti del titolo e chi mastica pane e gusci rossi: niente aiuti, ma le derapate sono più frequenti, mentre nel primo caso, avvengono automaticamente durante una curva più acuta. Vi è anche la possibilità di sterzare usando il giroscopio del nostro smartphone, ma essendo scomodo e poco utile alla causa, è sconsigliato da molti, visto che trasforma il kart in una sorta di piccolo veicolo impazzito che sfreccia a destra e a manca come un cavallo imbizzarrito.
I comandi sono croce e delizia di questo titolo: Nintendo sostiene che si può giocare usando una sola mano (anche perché l’accelerazione del kart è automatica), ma in realtà, soprattutto usando la guida avanzata, usare le due mani è praticamente obbligatorio, visto che per sterzare si deve “swipare” verso sinistra o verso destra, mentre per lanciare i power-up bisogna scorrere il dito verso l’alto o verso il basso del nostro schermo, per poter usare le armi verso chi sta nelle posizioni più avanzate o verso chi ci insegue.
Altro elemento altalenante è rappresentato dalla struttura di gioco: sembra assurdo che un titolo basato sul multiplayer come Mario Kart non permetta già al lancio di non poter sfidare i propri amici, oltre al fatto che la possibilità di stilare una lista amici verrà sbloccata solo dopo aver completato il quinto trofeo. Al momento regna sovrano solo l’accoppiamento casuale con giocatori di tutto il mondo e le consuete sfide tra conoscenti sono relegate a un’inutile classifica con i punti ottenuti durante le nostre corse. I trofei e le gare sono anche ben strutturate: tre gare normali e una sfida (che sotto un certo punto di vista funge quasi da tutorial allargato) con cinque Megastelle (tre per le sfide) da guadagnare in base al nostro punteggio, calcolato dalle nostre mosse (come le derapate o un power-up andato a segno) e dalla nostra posizione finale nel tabellone di gara. Peccato solamente per le piste a disposizione, davvero poche attualmente, e continuamente riciclate sotto forma di modifiche al tracciato (lo si può avere normale, al contrario o in versione Extrema, con salti e dossi in più). In più le scelte non sono nemmeno delle migliori, come nel caso di Veduta di New York, poco adatta al gameplay su mobile, avendo delle curve a gomito strette che diventano quasi impossibili da fare su uno smartphone.
Graficamente il titolo è un piccolo gioiello: certo, non ci sarà la pulizia e la potenza grafica delle versioni casalinghe per Switch o 3DS, ma il framerate è stabile e non rallenta nemmeno usando smartphone di fascia medio-bassa.

Pay the man

Se vi eravate lamentati per le eccessive microtransazioni di Dr. Mario World, preparatevi al peggio, perché Nintendo su Mario Kart Tour ha veramente calcato la mano: il gioco presenta due valute, le Monete, gratuite e ottenibili in ogni circuito presente nel gioco, che vengono usate per poter acquistare alcuni oggetti a rotazione disponibili sullo store, come personaggi, kart o deltaplani. La seconda valuta è rappresentata dai Rubini, ottenibili sia in game tramite bonus giornalieri o completando alcune sfide, oppure pagando, partendo da un minimo di 2,29€ per tre Rubini (sostanzialmente inutili, visto che un lancio, ovvero l’acquisto casuale di uno dei tre oggetti succitati costa cinque Rubini) fino a un massimo di 75€ per 135 Rubini. Scelta francamente folle da parte di Nintendo, società che sembra aver sacrificato la fetta di pubblico più giovane, che da sempre ha cercato di difendere e appoggiare, all’altare del vil denaro. Ancora più scellerata, se consideriamo il Pass Premium mensile da 5,49€ che contiene come esclusiva la Classe 200cc e molti Rubini, irraggiungibili per gli utenti che scelgono di giocare gratuitamente.
È il più grande difetto di quello che, con molta probabilità, rappresenta l’apporto migliore di Nintendo dato al mondo del mobile gaming: Mario Kart Tour è divertente come gioco mordi e fuggi, adatto sia ai neofiti che agli utenti più smaliziati, nonostante molti aiuti come l’accelerazione automatica e l’impossibilità di uscire fuori pista (se non in determinati punti di alcuni tracciati). Purtroppo le microtransazioni, eccessive e molto pesanti, e il sistema di controllo non proprio ottimale per uno smartphone frenano il valore di un titolo che diverte e fa imprecare, proprio come un normale Mario Kart.
Mario Kart Tour è disponibile gratuitamente su Google Play Store e su App Store Apple.




SNK 40th Anniversary Collection

Se qualcuno non lo sapesse, cominciamo col ricordare che SNK è stata una delle case videoludiche più influenti e importanti del Giappone in campo hardware e software. La Shin Nihon Kikaku (in inglese “New Japan Project”) fu fondata nel 1973 e cominciarono a produrre videogiochi dal ’79 per tutti gli anni ’80 ma fu negli anni ’90 che diventarono dei protagonisti del gaming di quegli anni. Popolari nell’home market ma soprattutto nelle arcade, la SNK rilasciò il Neo Geo MVS (che sta per Multi Video Sistem) nel 1990, segnando così un punto di svolta nel mercato. Oggi SNK è una delle compagnie più attive nell’ambito del retrogaming, avendo rilasciato molti dei suoi titoli chiave sullo store del Nintendo E-Shop e lo spettacolare Neo Geo Mini, una bellissima mini console che riproduce la forma e le funzionalità di un cabinato MVS.
A fine 2018, il 13 Novembre, SNK ha rilasciato per Nintendo Switch la bellissima SNK 40th Anniversary Collection, approdata lo scorso 29 marzo su PS4, una raccolta di titoli pre-MVS curata da Digital Eclipse e SNK, che racconta le radici di questa nota compagnia giapponese. Non troveremo nessun Metal Slug, King of Fighters, Fatal Fury o Samurai Showdown ma avremo in compenso dei grandi titoli che hanno posto le basi per l’avvenire di SNK e i suoi futuri “big red monster”, i cabinati Neo Geo MVS,  che dominarono le arcade negli anni 90. Vediamo cosa c’è all’interno di questa bellissima collection che celebra la vita e l’eredità di una compagnia giapponese che fronteggiò Nintendo e Sega con risultati veramente eccellenti.

Una notte al museo

Prima di scendere nelle (brevi) analisi dei singoli giochi che compongono questa raccolta, vogliamo analizzare la presentazione della collection in sé. All’avvio avremo la possibilità di accedere alla sezione museo dove poter conoscere la storia dei titoli SNK dal 1978 – pensate –  al 1990, anno in cui fu lanciato il più standardizzato sistema Neo Geo MVS, includendo dunque anche giochi che non sono presenti in questa raccolta. Ogni presentazione include solitamente artwork, manuali di istruzioni, illustrazioni pubblicitarie, screenshot e a volte anche foto dei cabinati, il tutto accompagnato da brevi ma dettagliatissime linee di testo che ci raccontano la storia dello sviluppo del gioco in questione, le innovazioni portate e retroscena esclusivi. Sono così utili e belle che le abbiamo consultate più volte nel compilare questa stessa recensione!
La sezione museo include inoltre le colonne sonore di tutti i giochi presenti in questa collezione, nel caso vorreste ascoltare singolarmente alcuni dei brani dei giochi a cui avete giocato. Nelle opzioni invece potrete guardare i crediti, cambiare la lingua (dei menù, non certo dei giochi), vedere il progresso degli achievement esclusivi di questa collection e scegliere la visualizzazione verticale o orizzontale, come un vero cabinato arcade (ma questa opzione è possibile solo in modalità portatile).
Nei giochi, così come accade per le migliori collection che si rispettino, abbiamo la possibilità di cambiare il ratio dell’immagine, ovvero il classico 4:3 (spesso allungato) centrato, il 4:3 che si lega ai bordi superiori e inferiori dello schermo e 16:9 (le stesse opzioni presenti nella release Sega Ages di Thunder Force IV); poi possiamo cambiare filtro dell’immagine, ovvero il pixel perfect (senza filtro), con gli scalini della TV e il filtro monitor da sala giochi, ai tempi più avanzati rispetto ai monitor casalinghi. Essendo questa collection principalmente indirizzata ai giocatori di una certa età che hanno giocato in passato a questi titoli, e che con buona probabilità hanno sempre meno tempo per giocare ai videogiochi, è stato inserito un tasto rewind, “L”, che permette di mandare indietro l’emulazione dei giochi giocati e dunque giocare al meglio ogni singola partita; un compromesso veramente superiore, e più veloce, dei più comuni save/load state (a ogni modo presenti e utilizzabili dal menù di pausa). Qualora doveste abbandonare per forza la vostra partita potrete tornare al menù principale con l’opzione “salva ed esci”; in questo modo, quando riprenderete la vostra partita, vi ritroverete esattamente nel punto in cui l’avevate lasciata, una scelta semplice, standard, essenziale e perfettamente funzionale. In alcuni dei giochi è possibile cambiare la regione e scegliere le versioni arcade e Nintendo Entertainment System (ove presente). Quest’ultima opzione è una vera e propria manna dal cielo per quegli utenti che non hanno ancora preso in considerazione l’iscrizione al servizio online di Nintendo Switch che permette l’accesso ai titoli NES in streaming. Ma adesso diamo un breve sguardo di dettaglio a buona parte dei giochi inclusi in questa raccolta.
Di seguito vi verranno riportati i titoli (anche alternativi), l’anno di produzione, le versioni regionali (selezionabili dal menù col tasto “X”) e versione hardware, ovvero arcade e/o NES.

  • Alpha Mission/ASO1985US, JPArcade, NES. Uno dei primi shoot ‘em up moderni della SNK, che dunque seguì la rivoluzione lanciata da Gradius nel 1985. Il gameplay si rifà principalmente a Xevious, con obiettivi in volo e in superficie da eliminare coi missili, ma la sua unica meccanica consistente nel raccogliere pezzi di armatura in volo, e dunque creare diverse combinazioni di offesa e difesa, lo accostava tranquillamente ai giochi RPG di cui i programmatori SNK erano ghiotti. È un gioco veramente difficile e tedioso ma grazie alle opzioni inserite in questa collection potremo giocarlo con molta calma, la stessa che mancava tempo addietro quando orde di bambini sudati inserivano le proprie 500 lire per provare a superare anche un solo livello.
  • Athena1986INTArcade, NES. Platform che ha per protagonista la dea greca della sapienza, dell’arte e della guerra (rigorosamente in bikini rosso come da tradizione epica), lo si può considerare come un insolito mix di Alex Kidd in Miracle World, per il design generale, e Ghost ‘n Goblins per la sua incredibile difficoltà. Sebbene il gioco non sia esente da difetti, Athena fu una delle più grandi hit della SNK prima del lancio del Neo Geo MVS; il titolo portò elementi propri del RPG, genere più propriamente legato alla dimensione casalinga, in un semplice platform per arcade tramite la semplice collezione di armi, scudi e pezzi di armatura che apparivano addosso ad Athena una volta raccolti: una vera rivoluzione per l’epoca. La protagonista stessa divenne una delle prime mascotte della SNK, tanto che per il titolo Psycho Soldier (che vedremo più avanti) venne creata Athena Asamiya, una discendente diretta dell’originale Athena, che apparirà più in là anche nella serie picchiaduro King of Fighters, anche con l’iconico bikini rosso nelle schermate di vittoria. Sconsigliato a chi ha poca pazienza e ai puristi dell’epica greco-romana.
  • Crystalis/God Slayer1990US, JPNES. Questo titolo per NES si discosta in tutto e per tutto dallo stile arcade che caratterizza molti dei giochi SNK presenti in questa collection, infatti Crystalis è un iconico gioco d’avventura sullo stile di The Legend of Zelda che provò a colmare la grande fame venutasi a creare dopo il rilascio di Zelda II: The adventure of Link, titolo che lasciò i fan della saga con uno strano amaro in bocca per il suo forte scostamento dal primo capitolo. A differenza dell’iconica saga Nintendo, il design generale di Crystalis ha una spiccata sfumatura sci-fi, più vicina a Phantasy Star, e altre componenti RPG non presenti in The Legend of Zelda, prima fra tutti la crescita livellare. Il gioco ricevette nel 2000 un porting per Gameboy Color ma solamente con l’avvento di internet Crystalis ottenne lo status di cult following. Una vera e propria chicca per NES che difficilmente gli iscritti del servizio online di Nintendo Switch vedranno in tempi brevi (sempre se mai arriverà) in streaming; una vera e propria gemma nascosta che potrete persino giocare offline! Se c’è un titolo che vale l’acquisto di questa collection, Crystalis è esattamente quel gioco.

  • Ikari Warriors/Ikari1986US, JPArcade, NES. Ispirato a film come Rambo e Commando, Ikari Warriors è un gioco simile a uno shoot ‘em up che però ci permette di controllare l’avanzamento dei nostri soldati Ralph e Clark (Paul e Vince al di fuori del Giappone), futuri combattenti in King of Fighters. Sebbene, come Athena, il gioco presentava una miriade di difetti (soprattutto sulla versione per console) il gioco diventò popolarissimo, sia nelle sale giochi che nelle case dei possessori del NES, per via dell’avvincente campagna da giocare in due giocatori contemporaneamente. Dopotutto, come non poteva Ikari Warriors diventare popolare? Insomma, includeva due virili soldati che uccidevano ondate di nemici in una giungla a petto nudo a colpi di fucile (infatti molti giocatori speculavano che i due personaggi giocabili erano proprio John Rambo e John Matrix di Commando, in poche parole Sylvester Stallone e Arnold SchwarzeneggerRambo Commando!), granate ed era possibile anche guidare i carri armati, feature che diventerà essenziale in Metal Slug. La versione per console è decisamente la più difficile in quanto non era possibile includere la feature dello stick rotante presente in sala giochi (oggi fedelmente riprodotta nella la versione arcade col secondo stick del controller del Nintendo Switch, le stesse meccaniche di un twin stick) e non era possibile continuare a giocare dopo la perdita delle due vite; tuttavia, alla perdita dell’ultima vita, potrete riprendere a giocare se digiterete, con i tasti “A” e “B” del NES, il nome di una famosa pop band svedese di quattro lettere… Mamma Mia, che complicazione!
  • Ikari Warriors II: Victory Road1986US, JPArcade, NES. Terminata la prima avventura, Paul e Vince tornano a casa in aereo ma una strana turbolenza li porta avanti nel futuro, in uno strano mondo sci-fi popolato da strane creature e alieni. Il gameplay generale rimase lo stesso del primo capitolo ma furono aggiunte giusto nuove armi, come i bazooka e le spade in grado di uccidere i nemici senza un proiettile, le aree nascoste e sostituiti i carri armati con delle armature. Questo nuovo titolo incluse inoltre delle chiarissime linee di dialogo, uniche per entrambe le versioni. Nonostante i temi più seriosi, in Ikari Warriors II furono inseriti elementi di humor per rendere la fruizione del gioco più leggera. Se giocate a questo gioco in due provate a incrociare le spade come si vede nell’artwork!
  • Guerrilla Wars/Guevara1987US, JPArcade, NES. Inizialmente il gioco fu concepito come un ulteriore sequel di Ikari Warriors ma durante lo sviluppo il presidente della SNK si interessò ai personaggi di Ernesto “Che” Guevara e Fidel Castro dopo aver letto il libro “La Guerra di Guerriglia” scritto dal rivoluzionario cubano, unico libro che trattava la rivoluzione cubana disponibile in Giappone. Fu così che un giorno, a metà dello sviluppo del sequel, si presentò ai programmatori chiedendo che il titolo venisse trasformato in un gioco sui rivoluzionari cubani. Ebbene sì, nella versione Giapponese (in realtà anche quella americana ma i nomi dei personaggi giocabili non vengono mai menzionati) controllerete il guerrigliero Che Guevara e l’ex leader cubano Fidel Castro, come secondo giocatore, intenti a rovesciare il durissimo governo di Fulgencio Batista… altro che lezioni di storia! Il gameplay riprende Ikari Warriors in tutto e per tutto ma aggiunge il salvataggio di ostaggi, che se colpiti da un nostro proiettile comporteranno la perdita di 500 punti, e il miglioramento delle AI dei nemici, ora più furbe e più strategiche. Probabilmente è un gioco che non portò grandi innovazioni, ma era un gioco “rivoluzionario” a modo suo!

  • Ikari III: The Rescue1989US, JPArcade, NES. Stavolta per la rabbia, visto che “Ikari” in giapponese significa proprio “rabbia”, Paul e Vince abbandonano le armi e decidono di far fuori i nemici alla vecchia maniera: “mazzate”! In Ikari III le armi da fuoco si fanno rare, così come i neo-introdotti oggetti contundenti, e il nostro metodo di difesa principale diventano i pugni e i calci – un vero e proprio tributo a Chuck Norris!. Da notare è anche l’abbandono dello stile animato degli artwork in favore di uno più realistico e crudo.
  • Iron Tank1988US, JPNES. Altro titolo sviluppato per NES che non arrivò mai nelle sale giochi ma che, a differenza di Crystalis, conserva un gameplay prettamente arcade. Iron Tank è il sequel di TNK III (che vedremo più avanti), ovvero un gioco simile a Ikari Warriors ma in cui controlleremo un carro armato. I due tasti del NES serviranno a sparare due tipi di fuoco diversi, ovvero uno sparo che segue la direzione del carro armato e uno direzionato nel verso del cannone principale. TNK III era dotato dello stesso stick rotante di cui Ikari Warriors era munito per muovere il cannone principale (dunque si poteva mirare dritto col cannone principale e spostarsi lateralmente continuando a sparare coi cannoni inferiori, sparando così in due direzioni contemporaneamente) ma col controller del NES è tutto un altro discorso: il cannone superiore si muove soltanto quando terremo premuto “B” (layout del NES), ovvero il tasto dei cannoni inferiori, perciò sarà impossibile sparare in due direzioni in questa versione. Nonostante le limitazioni Iron Tank risulta comunque un gioco molto gradevole.
  • P.O.W. Prisoners of War/Datsugoku1988US, JPArcade, NES. Uno dei primi beat ‘em up della SNK, P.O.W. si rifà principalmente a film come Fuga di mezzanotte o Fuga da Alcatraz in cui un protagonista programma, e conclude, una fuga da una prigione di massima sicurezza. La versione arcade di questo gioco ha un sistema di controllo a quattro tasti che includono un calcio e un pugno forte, un tasto per le combo e un tasto per il salto. Nel 1989 P.O.W. uscì per NES e, visti i problemi relativi al controller e alla memoria del sistema, fu semplificato il sistema di combattimento e tolta la modalità per due giocatori; in compenso furono introdotte nuove armi e oggetti contundenti, sub-aree e un nuovo boss finale. Per una volta la versione NES sembra che abbia dato di più rispetto alla controparte arcade!

  • Prehistoric Isle in 19301989US, JPArcade. In questo spettacolare shoot ‘em up sulla scia di R-Type partiremo alla volta di una misteriosa isola per capire cosa si cela dietro allo strano fenomeno della scomparsa degli aerei che le si avvicinano; una volta lì scopriremo che l’isola è abitata da creature preistoriche, dinosauri, cavernicoli e altri esseri ancestrali. Come il rivoluzionario gioco della Irem, avremo una sorta di satellite che rimarrà attaccato al nostro aereo ma potremo posizionarlo in otto posizioni diverse dalle quali partirà un colpo di supporto diverso: in diagonale bassa verrà lanciato un siluro in pieno stile Gradius, se lo posizioneremo sul retro lasceremo delle mine, e così via. I passi avanti rispetto ad Alpha Mission e Chopper I (arrivato in questa collection come DLC) sono evidenti e, fra gli Shmup presenti in questa collection, Prehistoric Isle in 1930 è certamente il più completo e il più avvincente.
  • Psycho Soldier1987US, JPArcade. Sequel spirituale di Athena che include la sua erede Athena Asamiya, Psycho Soldier è un platform a scorrimento automatico che funziona su quattro superfici, un po’ come avviene in City Connection della Jaleco. Ha pochi legami con l’originale Athena, come il poter rompere i blocchi e l’inclusione di Athena stessa, ma offre un gameplay nettamente superiore al suo predecessore, con potenziamenti di vario tipo e persino trasformazioni, e si gioca con molto piacere, soprattutto in cooperativa con un secondo giocatore che comanderà l’amico Sie Kensou, anche lui futuro combattente in King of Fighters. Di degna nota è soprattutto la colonna sonora, la prima nella storia dei videogiochi a includere una traccia con delle linee cantate dalla cantante giapponese Kaori Shimizu; la versione giapponese venne curata con particolare attenzione, tanto che poi per l’uscita di Athena per Famicom venne inclusa una musicassetta con il singolo, ma la versione inglese presenta delle linee “broken english” molto risibili!
  • Street Smart1989US,JPArcade. Il primo esperimento della SNK in ambito picchiaduro. Il genere era ancora agli albori: Street Fighter, uscito nel 1987, pose le basi per i picchiaduro in tutto il mondo, ma non stupì abbastanza da imporre uno standard, e molte compagnie videoludiche ponevano in essere un proprio sistema di gioco sempre diverso. Street Smart mette i giocatori in un area di gioco tridimensionale, ponendosi dunque come una specie di area boss di un beat ‘em up, ma il tutto risulta molto giocabile pur non avendo mosse speciali e tutte quelle feature che faranno grandi i tournament fighter à la Street Fighter II. Al posto della parata, Street Smart offre un tasto per fare una capriola all’indietro e evitare con stile gli attacchi avversari. Gli unici due personaggi disponibili, Karate Man e Wrestler, sono rispettivamente primo o secondo giocatore. L’obiettivo del gioco? Mettere al tappeto gli avversari per la gloria, i soldi… e le ragazze!

  • TNK III/T.A.N.K.1985US, JPArcade. In TNK III si combatte con un carro armato, guidato dal Ralph di Ikari Warriors, e il sistema dello stick rotante, per la prima volta implementato qui, permette di far fuoco col cannone principale in una direzione e muoversi in un’altra facendo fuoco con un altro cannone che segue la direzione dell’autoblindo. Grazie ai controlli di una console moderna come il Nintendo Switch possiamo rivivere l’esperienza autentica di questo storico titolo che non solo ha avviato questo filone di titoli di sparatutto dall’alto con lo stick rotante ma ha anche salvato la SNK da un incombente fallimento. Un vero e proprio capolavoro!
  • Vanguard 1981 INTArcade. Primo grande successo mondiale per SNK, Vanguard era così popolare che Atari ne comprò i diritti per poter fare un porting per l’Atari 2600 che divenne un successo anche nel mercato casalingo. Era uno shooter simile a Scramble, gioco della Konami che pose le basi per gli shmup e la sua stessa saga di Gradius, ma proponeva feature ambiziosissime: aveva quattro tasti per sparare in alto, in basso, a destra e a sinistra, scorreva in orizzontale, in diagonale e in verticale, aveva delle linee di dialogo, rese con una primitiva sintesi vocale simile a quella vista in Berzerk, ed era uno dei primi giochi per sala giochi a includere una funzione di continue (tanto che nei filmati demo, prima di inserire il gettone, veniva spiegata questa futuristica feature). A bordo della nostra navicella dobbiamo arrivare in fondo alla caverna in cui risiede il re Gondo, un alieno che terrorizza le colonie vicine; al termine dell’avventura, come consueto per i primi giochi arcade, il gioco ricomincia a una difficolta elevata e potremo continuare fin quando ne abbiamo voglia (che fortuna non dover più inserire monete in una macchina). Magari ai giocatori più giovani Vanguard potrebbe non dire niente, ma ciò non toglie che è uno dei giochi più importanti della storia del gaming e merita di essere giocato almeno una volta nella vita. L’unica cosa che avrebbe potuto migliorare questo gioco sarebbe stata inserendo un’intonazione di Danger Zone di Kenny Loggins ogni qual volta la voce robotica annuncia l’ingresso in una “danger zone“, ma in fondo va bene così (e poi… non l’aveva ancora scritta)!

Quelli che abbiamo elencato sono i titoli originariamente rilasciati per Nintendo Switch, ma la stessa edizione è stata gratuitamente implementata l’11 dicembre 2018, quando tutti i possessori di SNK 40th Anniversary Collection si sono ritrovati un aggiornamento che aggiungeva ben altri 9 titoli:

  • Bermuda Triangle1987US, JPArcade. Un insolito shoot ‘em up che incorpora le meccaniche dello stick rotante visto in TNK III e Ikari Warrior, Bermuda Triangle permette di controllare una nave madre di grandi dimensioni (simile a una Great Fox della saga di Star Fox, per intenderci) e pertanto, visto che schivare i proiettili non sarà semplicissimo, potremo contare sui caccia che affiancheranno la nostra nave madre, anche per quel che riguarda la potenza di fuoco. Ciò che stupì all’epoca, insieme all’emozionante gameplay che includeva anche meccaniche di viaggio nel tempo, fu anche la sua coloratissima e vibrante grafica, visivamente un grande passo in avanti per SNK.
  • Chopper I/Legend of Air Cavalry1988US, JPArcade. Un moderno shoot ‘em up che ricorda nelle sue fattezze la saga di 19XX di Capcom. Altro grande titolo per SNK, Chopper I offre un gameplay veramente da manuale, con un intensità di proiettili nemici simile ai primi titoli della Toaplan, come Truxton e Zero Wing, famosi per aver – diciamo – lanciato quella tendenza che anni più avanti si sarebbe evoluta nel bullet hell (ma questo titolo è ben lontano dall’esserlo). Un titolo più che mai adatto per gli appassionati degli shmup vecchio stile, non troppo moderno ma neanche troppo datato.
  • Fantasy 1981US, JPArcade. Altro titolo proveniente dall’epoca d’oro delle arcade, per tanto costruito intorno allo stesso hardware di Vanguard e Sasuke vs. Commander (rilasciato in questi DLC), questo titolo offre un gameplay incredibilmente vario che si rifà principalmente ai più popolari Donkey Kong, Jungle Hunt e lo stesso Vanguard, in cui un ragazzo corre dietro alla sua sfortunata ragazza che viene rapita da pirati, scimmioni e tribù di cannibali. Come il precedente successo arcade SNK, Fantasy include l’innovativa feature di continue, chiare (ed esilaranti) linee vocali e persino, in un livello, parte della popolarissima hit disco “Funkytown”! Un altro titolo storico che, come Vanguard, possiede quella magia capace di portarci in un epoca in cui ci si stupiva con poco fatta principalmente di giochi elettronici, code interminabili dietro a un cabinato, senza cellulari e senza internet.

  • Munch Mobile/Joyful Road1983US, JPArcade. In questo strano gioco dai toni “pucciosi” controlleremo un’automobile senziente dalle braccia elastiche, utili per raccogliere mele, ciliegie, pesci, sacchi di soldi e taniche di benzina ai bordi della strada. Munch Mobile è un gioco particolarmente difficile, soprattutto perché la strada è piccola e l’uscita fuori strada comporta la perdita di una vita, ma se si è bravi potremo arrivare addirittura agli uffici della SNK! Il gioco, inoltre, tenta di sensibilizzare i più piccoli riguardo i temi dell’ambiente e dell’inquinamento: una volta raccolto e mangiato un oggetto commestibile possiamo guadagnare molti più punti se getteremo i suoi resti nei cestini della spazzatura riallungando le braccia verso questi oggetti sparsi nei per i bordi della strada. L’ironia sta proprio nel fatto di come un’automobile, un oggetto artificiale, riesca ad essere più pulita di certe persone!
  • Ozma Wars1979 INTArcade. Questo titolo, il più vintage di questa collection, è un fix shooter sulla scia di Space Invaders, il primo gioco che imitò il successo arcade della Taito. Ozma Wars nacque dall’impossibilità di Taito di produrre abbastanza cabinati e tabletop di Space Invaders; SNK, in mezzo alle tante compagnie che acquistarono i diritti per produrre Space Invaders al fine di aiutare Taito con la distribuzione, creò parallelamente sullo stesso hardware un kit di conversione per offrire ai giocatori delle sale giochi, che erano colme di cabinati di Space Invaders, un’esperienza diversa e lanciarsi nel mercato come un nuovo produttore, al pari di Taito, Sega e Nintendo. Anziché far fuori una schiera di alieni come nel popolare arcade, Ozma Wars innova il concetto proponendo navicelle, più dettagliate e sullo stile dei caccia spaziali di Star Wars, che come in uno shooter moderno scendono dall’alto verso il basso, sparano con più frequenza e persino di riducono la loro hitbox mettendosi di taglio (come quando si premono “L” e “R” in Star Fox) o addirittura rendendosi invisibili per qualche secondo; probabilmente, però, l’innovazione più grande di questo titolo fu quella di offrire dei livelli sempre diversi e la barra di energia, che si ricarica attaccando la nostra navicella alla più grande nave madre. Il modesto successo di questo gioco, primo vero loro titolo originale, spinse la SNK a puntare sempre più in alto e Ozma Wars rappresenta in tutto e per tutto l’inizio della compagnia che noi oggi conosciamo e amiamo.
  • Paddle Mania 1988INT Arcade. Probabilmente uno dei primi crossover della storia, ma non come intendiamo oggi un Super Smash Bros.: Paddle Mania mette faccia a faccia, in un campo chiuso in cui la palla non può andare fuori campo, giocatori di tennis, pallavolo, pallanuoto, sumo e persino surfisti! Nonostante le bizzarre premesse lo scopo del gioco è comunque molto semplice: mandare la palla nella porta avversaria, esattamente come in Pong. Sebbene il gioco originale prestava due tasti per muovere la racchetta da destra verso sinistra e viceversa, sul Nintendo Switch si è deciso di optare per dei controlli twin stick che rendono l’esperienza un po’ tediosa e non realmente gradevole. L’esperienza del twin stick è portata avanti in tutta la collection, ma probabilmente Paddle Mania è il gioco a cui meno serve questa feature!

  • Sasuke vs. Commander 1980INTArcade. Altro innovativo gioco arcade della SNK, costruito ancora una volta sullo stesso hardware di Vanguard, Sasuke vs. Commander è ancora una volta un gioco simile a Space Invaders. Invece di conformarsi a uno stile sci-fi, come andava di moda ai tempi, questo titolo offrì al giocatore uno scenario tipicamente giapponese con shogun, il carattere “grande” che si vede in lontananza (che segnala il culmine della festa dei morti di Kyoto) e gli immancabili ninja. Alla fine delle schermate di combattimento, in cui i ninja lanceranno a Sasuke gli iconici shuriken, apparirà un nemico più tenace e più grande; per tale motivo si dice che Sasuke vs. Commander introdusse il concetto di boss al termine di un livello. Un altro gioco che ci racconta le origini delle arcade.
  • Time Soldiers/Battle Field1987 US, JPArcade. Ancora una volta un top-down shooter sulla scia di Ikari Warriors con la differenza che lo stick ruotante qui montato ruota in 16 direzioni anziché in 8 come in tutti i giochi con questa caratteristica che abbiamo visto in questa collection. Time Soldier offre un campo di gioco più ampio e perciò possiamo muoverci in tutte le direzioni che vogliamo. Ovviamente, come il titolo ci suggerisce, questi futuristici combattenti – uno dei quali, dall’alto, sembra Pegasus dei Cavalieri dello Zodiaco – si spostano nel tempo per salvare i loro compagni, alcuni di loro in un’antica Roma popolata da soldati romani e persino creature mitologiche! Anche se il gameplay, dopo aver giocato ai vari Ikari Warriors, Guerrilla Wars e TNK III, può risultare ripetitivo almeno ci consola il fatto che qui il ritmo si presenta un po’ più veloce, con una difficoltà attenuata e una grafica più dettagliata.
  • World Wars1987 INTArcade. Sequel di Bermuda Triangle, il gioco, che gira sulla stessa arcade board, presenta le medesime caratteristiche del suo prequel ma con una navicella più piccola. Il concept della nave madre fu abbandonato in favore di un gameplay più fruibile e classico, con power up e proiettili più facilmente evitabili; viene abbandonata anche la componente del viaggio nel tempo in favore di un più semplice viaggio intorno al mondo, anche se mantiene le stesse componenti sci-fi. Da provare indubbiamente.

The future is now!

Come abbiamo visto, la collection (che include anche Beast Busters e SAR: Search and RescueI) prende in considerazione un periodo poco conosciuto della storia della SNK ma ciò non toglie che sono comunque 32 grandi giochi che vi possono regalare ore e ore di gameplay di stampo prettamente arcade, ormai quasi del tutto perduto. La presentazione e le funzionalità di questa collection sono veramente superbe e ci sono comunque diversi giochi in grado di giustificare l’acquisto per Nintendo Switch e PS4, primo fra tutti Crystalis. Non sarà forse una collection che interesserà ai più giovani (a parte i più virtuosi interessati a “studiare la storia”) ma vi garantiamo che è un gran salto nel passato e, per chi non conosce la SNK, una vera e propria lezione sulla loro storia e sulla loro eredità che ancora oggi influenza il panorama videoludico mondiale.




Robbotto

Ultimamente mi sono dato alla macchia con i tripla A, per dedicarmi anima e corpo a quella tonnellata di titoli indie tra i quali, a volte, è possibile anche trovare delle perle di non poco interesse. Oggi è la volta di Robbotto, sviluppato da JMJ interactive; è un simpatico – e allo stesso tempo odioso – arcade-platform chiaramente ispirato a quel vecchio gioco arcade dei due draghetti sparabolle, chi di voi lo ricorda? Infatti personalmente, definirei Robbotto quasi la versione “Dark Souls” di Bubble Bobble: ovviamente non mi riferisco al genere “souls” in sé, bensì al fatto che sia davvero impegnativo riuscire a proseguire oltre un certo livello.
Dopo questa piccola premessa, andiamo a vedere più da vicino di cosa si tratta.

Cos’è Robbotto?

Partiamo dal fatto che il titolo del gioco, nasce semplicemente dall’unione dei nomi dei due robot che possiamo utilizzare: Robb e Otto – … già, non ditelo a me –.
Robbotto è, come già scritto, un arcade-platform con grafica in stile 8-bit con livelli procedurali, sempre più complessi andando avanti nel gioco. È possibile giocarlo in singolo o in coppia in modalità co-operativa (online o locale).
I comandi sono molto semplici: in definitiva c’è un tasto per saltare, uno per sparare un dardo elettrico e un’altro per spruzzare acqua una volta elettrizzato il nemico, in maniera da metterlo completamente fuori gioco. Attraverso i 100 livelli di gioco, si incontreranno venti diversi nemici da affrontare, ognuno con le proprie caratteristiche, offensive e non. Robbotto è uno di quei giochi che lascia illudere i propri avventori: diciamo che i primi dieci livelli alimenteranno semplicemente la vostra autostima come arcade player, i successivi faranno un po’ vacillare la vostra autostima da pro-player, per poi arrivare a maledire il giorno in cui avete deciso di iniziare a videogiocare! Oltretutto questo, è un gioco che spinge l’utente a continuare a oltranza la propria partita, anche una volta perse le tre vite a disposizione: infatti al “gameover“, si potrà continuare perdendo solo il punteggio accumulato e i progressi dell’ultimo livello in corso; in pratica senza rendervene conto potreste giocare e rigiocare lo stesso livello anche per venti, quindi, “chapeau” agli sviluppatori per la vincente strategia applicata.
Al decimo livello e poi per ogni suo multiplo, si affronterà una boss-fight, più o meno semplice (personalmente ho spesso trovato più difficoltosi i livelli di intermezzo che non le boss-fight).

Oldstyle in tutto e per tutto

Che dire, uno stile retrò, mantenuto e rispettato in ogni suo canone: la colonna sonora, peraltro acquistabile anche separatamente su Steam, è composta da suoni sintetizzati, che accompagnano perfettamente il ritmo di gioco che, con i suoi colori sgargianti e quello stile 8-bit, in qualche modo, esplicitano ulteriormente la natura “arcade” di Robbotto.

In definitiva, ritengo che il titolo proposto da JMJ Interactive, sia un ottimo arcade, divertente, immediato e che può dare il meglio in co-op locale, ma credo anche che possa esserci un “gap” tra il prodotto offerto e il prezzo suggerito, forse troppo alto. Robbotto viene venduto a circa 10 euro sull’eshop di Nintendo Switch8 euro su Steam.




SEGA AGES: Thunder Force IV

Anche su Nintendo Switch, come in molte altre console prima di questa, arriva la collana di giochi Sega Ages, una serie di release di titoli per le vecchie console Sega migliorati per la nuova generazione e con nuove aggiunte. Per iniziare hanno deciso di rilasciare due dei più grandi titoli per Mega Drive, ovvero Sonic the Hedgehog e Thunder Force IV, gioco della Technosoft uscito nel 1992 che andremo a recensire. La saga è in stallo dal 2008, anno dell’uscita di Thunder Force VI, ma grazie all’acquisto delle proprietà intellettuali Technosoft avvenuta nel 2016, Sega ha adesso modo di poter continuare la loro fantastica saga di shooter e rilasciarne i titoli chiave; dopo l’uscita di Thunder Force III su Nintendo 3DS circoscritta al solo Giappone, questa nuova uscita avvenuta lo scorso 20 Settembre su Switch porta la saga ai più giovani giocatori di tutto il mondo, e quale miglior modo di presentarsi se non con il capitolo più forte e completo della serie? Thunder Force IV, ora come allora, offre un’azione e una colonna sonora in grado di accelerare il vostro battito cardiaco e un gameplay fra i migliori del genere; vediamo cosa rende speciale questo titolo in questa nuova release per l’ultima console Nintendo che ultimamente sta rilanciando un vero e proprio revival degli shoot ‘em up.

Una lotta all’ultimo sangue

La federazione spaziale, dopo gli eventi di Thunder Force III, è riuscita a fermare l’impero Orn ma con forti perdite fra le sue file. Proprio in questo momento, quando sono più deboli, un nuovo nemico si staglia all’orizzonte: i Vios, formati da terrestri e orniani, sferrano un attacco a sorpresa alla federazione registrando ulteriori perdite. Scoperta la loro base sul pianeta Aceria, la Federazione manda in avanscoperta il Rynex per sbarazzarsi della nuova minaccia, nonostante la navicella sia momentaneamente incompleta. Di questi risvolti, i giocatori potranno venire a conoscenza solamente connettendosi a internet e leggendo la trama da un vecchio manuale della versione Sega Mega Drive oppure dalle wikia degli appassionati che da anni archiviano le trame di questi shooter; Thunder Force IV proviene da un’epoca in cui la backstory, qualora non fosse stato possibile inserire ogni risvolto di trama all’interno del media ludico, veniva proposta nel manuale cartaceo e, sfortunatamente, il nuovo manuale online per la versione di Nintendo Switch non include la storia. Una volta letto quel che riguarda la cornice narrativa, ciò che avviene su schermo nelle sezioni “meno dinamiche” potrà avere un senso anche se non sarà necessario capire tutto quanto, visto che lo Shmup è un genere prettamente arcade; sarebbe stato carino poter includere questa backstory nel manuale digitale ma è vero anche che in giochi del genere la narrazione è veramente superficiale.
Ciò che conta in Thunder Force IV è il suo spettacolare gameplay: intricati livelli a velocità più o meno alta, boss battle all’ultimo sangue e ottimizzazione delle proprie risorse, ovvero i cinque power up collezionabili, i satelliti (Claw) e le capsule scudo da raccogliere in volo nonché la velocità modificabile in ogni momento. A tal proposito, è raro non poter trovare i power-up quando più ci servono e perciò, anche nelle sezioni più difficili, avremo sempre modo di cavarcela; il Rynex, se non altro, è ricordato dai fan come una delle navicelle più potenti della saga, specialmente per il fatto che dopo il quinto livello verremo dotati della Thunder Sword, arma speciale che permette un colpo caricato (solo se saremo dotati dei satelliti), perciò, anche con i power up di base (ovvero il twin shot, che spara due file frontali di proiettili ed è potenziabile nella più potente blade, e il back shot che ne spara una davanti e una dietro, potenziabile anch’esso in rail gun) saremo sempre ben equipaggiati per ogni situazione. Ricordiamo che, come da regola della saga, all’esplosione della navicella perderemo il power-up corrente, perciò, proprio quando si usa l’arma più utile per gestire una determinata situazione, quello è anche il momento in cui non ci si può distrarre, neanche per grattarsi il naso. Questo capitolo presenta i livelli più avvincenti della serie, che diventano anche quelli più difficili e avvincenti; premendo “X” e “Y“ all’avvio del gioco (ovvero durante l’apparizione del logo Sega e Technosoft) sarà possibile accedere al menù delle opzioni, e lì si potrà cambiare il livello di difficoltà (da “normale” a “facile”, ma anche da “difficile” o a “maniac”). Selezionare una difficoltà più esigua non comporterà alcuna penalità alla fine del gioco, perciò i meno esperienti del genere shoot ‘em up potranno diventare sempre più bravi per poi poter provare le restanti difficoltà; a supporto del giocatore, inoltre, tornano anche i vecchi cheat per le 99 vite e per ottenere tutti i power-up durante l’azione (che dovrete inserire premendo pausa ma orientandovi ricordando il layout dei tasti del joypad del Mega Drive). Tuttavia, se volete un esperienza autentica ma la normale difficoltà vi sembra un po’ estrema, e non volete neppure utilizzare i cheat, in questa release sarà possibile giocare alla versione parallela Thunder Force IV Kids. Il gioco rimarrà lo stesso sul piano del level design, e interverranno alcuni cambiamenti che renderanno il gameplay meno snervante:

  • i nemici cadranno con meno colpi rispetto alla versione normale.
  • I power-up non verranno persi alla perdita di una vita.
  • Tornando in campo dopo un’esplosione saremo muniti di satelliti, godendo dunque del massimo del raggio d’azione delle armi, e una capsula di protezione all’ultimo stadio (quindi basterà un colpo per perderla).

Se ancora tutto questo non vi basta, oppure conducete una vita che non vi permette di stare troppo tempo davanti ai videogiochi, questa release Sega Ages vi offrirà i save/load state tipici degli emulatori, in modo da salvare i progressi correnti e riprendere la partita quando il tempo ve lo permetterà.
Esattamente come nella versione di Thunder Force IV per Sega Saturn, inclusa nella collection Thunder Force Gold Pack 2, sarà possibile rigiocare l’intero gioco con la Styx, navicella del precedente capitolo, e con essa avremo a disposizione esattamente lo stesso arsenale di power-up di Thunder Force III; per sbloccare questa modalità basterà completare il gioco in qualsiasi difficoltà, a differenza della precedente versione in cui era necessario completare l’intero gioco con un solo credito. La navicella non verrà dotata della Thunder Sword al quinto livello ma i suoi power-up, specialmente se potenziati, saranno abbastanza potenti da abbattere con facilità molti dei nemici; tuttavia, giocando in questa modalità, ci si renderà conto di come i livelli, in realtà, siano stati disegnati per i power-up del Rynex, soprattutto per quelle sezioni in cui non avremo dei veri sostituti per le armi Free Way e Snake (che sono power-up più utili quando si passa per dei cunicoli stretti o ci serve adottare una tattica difensiva che garantisca un attacco mentre si va in ritirata) e perciò sarà più difficile rendere efficaci le armi esclusive dello Styx, ovvero la Wave e la Fire, in certe sezioni. Tuttavia, entrambe le navi possono essere utilizzate anche nella versione Kids perciò questa modalità può rappresentare un ottimo compromesso per la mancata affinità dei power-up dello Styx coi livelli di Thunder Force IV.

Arte classica

Ai tempi, Thunder Force IV fu affidato al team che portò Devil’s Crush su Mega Drive (un gioco pinball sviluppato originariamente su PC Engine) e pertanto il comparto artistico dal terzo capitolo è semplicemente sensazionale; la grafica in sé è una delle più belle mai proposte su Mega Drive e offre sprite dettagliati, proiettili sempre ben visibili e distinguibili, fondali ricchissimi, colorati ma soprattutto profondissimi grazie a un ingegnoso uso dei layer di scorrimento del Mega Drive da parte dei programmatori originali. Sfortunatamente, per via della qualità della grafica, velocità dell’azione e di alcune sezioni in cui più nemici appaiono contemporaneamente, il gioco soffre di rallentamenti che possono essere tuttavia sfruttati dal giocatore per affrontare con più calma le sezioni più difficili. La release Sega Ages, però, ci offre un’opzione per ridurre questi rallentamenti: in questo modo non elimineremo definitivamente il problema ma almeno si presenterà con meno frequenza.
Le opzioni offerte con questa nuova release permettono di visualizzare infatti il gioco nel modo che più ci piace: possiamo scegliere il ratio dello schermo da una gamma che vede un 4:3 centrato, un 4:3 che si lega ai bordi superiori e inferiori della tv/monitor del Nintendo Switch (secondo noi la migliore) e un 16:9 che copre tutto lo schermo; effetti di visualizzazione che permettono di vedere l’immagine in pixel perfect (ovvero visualizzando ogni singolo pixel dell’immagine), con uno smoothing che rende la grafica più omogenea e smussata oppure con gli scalini del tubo catodico (applicabili sia con lo smoothing che col pixel perfect). Bisogna dire che l’HDMI riesce a rendere migliore la grafica del Mega Drive, anche se questa non era la risoluzione pensata per i suoi giochi, e le diverse opzioni di visualizzazioni riescono ad accontentare ogni tipo di retrogamer o giocatore moderno. Inoltre, è possibile cambiare la title screen del gioco da Thunder Force IV a Lightening Force: Quest for the Darkstar, buffissimo titolo contenente un errore ortografico (inspiegabilmente) scelto per vendere il gioco in Nord America; il gioco non subirà alcuna variazione ma è giusto una chicca per gli appassionati.
Infine, è impossibile parlare di Thunder Force IV senza menzionare l’incredibile colonna sonora. Curata da ben tre compositori, ovvero Toshiharu Yamanishi, Takeshi Yoshida e Naosuke Arai, il titolo offre oltre un’ora e mezza di musica che spazia dal rock/metal al jazz/fusion ma anche, a tratti, alla musica elettronica; gli autori di questa colonna sonora hanno saputo trarre il massimo sia dal chip YM2612, che forniva alla macchina la sintesi FM di cui il Mega Drive era tipico, e dal chip PSG primariamente utilizzato per rendere la console retrocompatibile col Sega Master System. Anche se la sintesi FM non reggeva il confronto con l’avanzatissimo chip S-SMP del Super Nintendo, i compositori riuscirono a creare diversi suoni di chitarra elettrica distorta in grado di fornire al Mega Drive delle sonorità che potessero accostarsi tranquillamente all’heavy metal e al rock, rendendo la colonna sonora di Thunder Force IV non solo al passo contro la console Nintendo ma persino al pari delle migliori band metal a livello compositivo; la musica si fonderà perfettamente con le visual futuristiche e le spettacolari battaglie aree e perciò la qualità delle composizioni è semplicemente di qualità altissima. Inoltre, dopo aver completato il gioco per la prima volta, come nell’originale, sbloccherete i dieci pezzi Omake, ovvero dei pezzi scartati che potrete ascoltare solamente dal menù delle opzioni. Grazie alla sua colonna sonora il gameplay viene intensificato al massimo ed è ciò che rende Thunder Force IV un gioco unico nel suo genere.

(Ruin? Una sola? Ma soprattutto: Daser?!)

Un titolo storico

Questo titolo è semplicemente un pezzo di storia che oggi possiamo goderci con soli 6,99€ sul Nintendo E-Shop, un decimo degli osceni prezzi delle cartucce originali per Mega Drive vendute su eBay. Le migliorie per rendere appetibile Thunder Force IV sono ottime e il gioco ci arriva esattamente come è stato concepito in origine insieme alle ulteriori migliorie e alle aggiunte della versione per Sega Saturn, come la modalità con lo Styx e la riduzione dei rallentamenti; non avrà uno storytelling d’avanguardia, fattore che può allontanare coloro che a un videogioco debbano necessariamente una storyline solida, ma questo unico gioco della Technosoft è un vero e proprio esempio di come uno shooter va concepito ed è pertanto una pietra miliare della libreria del Sega Mega Drive. Assolutamente da provare, specialmente se siete appassionati degli Shmup e della favolosa console 16 bit di Sega.




Atari Entertainment System: storia di un accordo andato a male

A molti giocatori ormai è nota, grazie ad articoli e documentari, la storia del crollo del mercato dei videogiochi del 1983 in Nord America: troppe console da gioco, “deflazione” di software videoludici, molti dei quali di bassissima qualità e l’abbassamento dei prezzi dei primi computer per uso casalingo furono le cause per cui le console dedicate ai videogiochi stavano per diventare una meteora nella storia dei prodotti di consumo. La crisi portò anche alla chiusura di Atari Inc., fautrice della diffusione del medium, che avrebbe potuto scongiurare forse lo sfacelo uscendo dall’imminente fallimento a testa alta. Reduce da un buon successo in Giappone, Nintendo voleva che Atari diffondesse in Occidente (a cominciare dagli USA) la propria nuovissima console, il Famicom, ma ciò che poteva essere una storia a lieto fine si concluse con l’abbandono del progetto, portando quasi a una battaglia legale fra tre compagnie. Questa è la storia del mai uscito Atari Nintendo Entertainment System.

Un buon affare

Negli Stati Uniti, Atari era semplicemente sinonimo di videogioco. Nonostante la crisi che stava per prendere piede, la società fondata da Nolan Bushnell (e poi acquisita da Warner Communications) era ancora tra i leader indiscussi e il loro brand era una vera e propria garanzia in termini di qualità. Nel frattempo Nintendo dominava nell’arcade con Donkey Kong ma era intenta a entrare nelle case dei giocatori con una console proprietaria che svilupparono dall’inizio degli anni ’80; il solo insuccesso di Radar Scope del 1979 nelle sale giochi americane (di cui abbiamo parlato nel nostro articolo Super Mario History) portò Nintendo a essere cauta, capendo che il successo arcade dovuto a Donkey Kong non era sufficiente per lanciare una console in quel territorio. Avevano bisogno di una figura oltreoceano in grado di vendere la loro nuova macchina che il visionario Hiroshi Yamauchi vedeva come la migliore console mai creata (ricordiamo che la console era pronta ma non ancora in vendita) e che sarebbe rimasta immune alla crisi del 1983. Nintendo considerò prima una partnership con Coleco, alla quale cedettero la licenza per sviluppare Donkey Kong per le console, ma Yamauchi si ricredette presto chiedendo a Howard Lincoln, già a l’epoca chairman di Nintendo of America, di contattare Atari per stipulare un accordo. Il CEO della compagnia di Kyoto, nonostante conoscesse la situazione del mercato in Nord America, credeva nel brand Atari in quanto, nonostante la concorrenza spietata nel settore, la storica società spiccava ancora all’interno del mercato videoludico, e una partnership avrebbe significato sfruttare il loro canale di distribuzione e la notorietà del marchio, sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo. Nell’aprile del 1983, dopo una chiamata telefonica, Howard Lincoln e Minoru Arakawa andarono al quartier generale di Atari per parlare con Ray Kassar, allora presidente, e con avvocati e programmatori per rispondere a tutte le domande riguardanti il Famicom. L’occasione sembrava essere una manna dal cielo per la compagnia americana che, nel frattempo, si trovava in cattive acque: la grafica e le potenzialità dell’Atari 2600 erano datate, l’Atari 5200 rimaneva in magazzino, le vendite di E.T. the Extra-Terrestrial avevano comportato gravi perdite e nel frattempo si avviavano i progetti (insieme alla General Computer)  dell’Atari 7800 con le poche risorse finanziarie rimaste. L’accordo con Nintendo, permetteva ad Atari di avere ben due console per cui, se una falliva potevano rifarsi con l’altra. Non avendo nulla da perdere Skip Paul, vice presidente della compagnia americana e altri legali di Atari volarono a Kyoto insieme a Howard Lincoln e Minoru Arakawa nel maggio 1983 per incontrare Hiroshi Yamauchi, parlare degli accordi commerciali e provare il Famicom.
Una volta lì scoprirono l’offerta di Nintendo che per Atari risultava abbastanza vantaggiosa:

  • Nintendo avrebbe costruito, assemblato, testato le schede madri del Famicom per poi venderle ad Atari per 5.300 Yen a pezzo.
  • Nintendo avrebbe prodotto i giochi su richiesta di Atari per poi cederglieli assemblati e senza etichetta per 1.500 Yen a cartuccia (con un ordine minimo di 100.000 unità).
  • Atari avrebbe dovuto iniziare con un ordine di due milioni di schede madri per Famicom: un milione sarebbero state destinate ai territori NTSC, 700.000 nei territori PAL e 300.000 in quelli SECAM.
  • Atari si sarebbe impegnata a dare a Nintendo, alla firma del contratto, 5 milioni di dollari per pagamenti futuri e altri 3.5 milioni per avviare lo sviluppo del primi prototipi PAL e SECAM.
  • Per venire incontro alle richieste del FCC (Federal Communications Commission) negli Stati Uniti, Nintendo avrebbe dovuto apportare delle modifiche tecniche alle schede madri originali per soddisfare requisiti di potenza elettrica; per questi motivi le schede per il mercato americano sarebbero state fisicamente diverse da quelle del Famicom. Atari si doveva impegnare a creare un nuovo design estetico per accomodare la forma delle nuove schede madri.
  • Il contratto avrebbe avuto una durata di quattro anni, al termine dei quali sarebbe potuto essere rinnovato.

Con questi termini, Nintendo contava di piazzare 100.000 unità nei negozi  con l’aiuto di Atari per il 31 agosto di quell’anno insieme a quattro giochi, in modo che la console potesse diventare popolare entro Natale. D’altro canto Atari, pur introducendo un concorrente sul proprio mercato di riferimento, avrebbe beneficiato delle vendite dal lato publisher: la strategia si sarebbe rivelata un win-win in ogni caso. In tutto questo, durante le negoziazioni, Hiroshi Yamauchi entrava e usciva continuamente dalla sala del meeting; Howard Lincoln spiegò ai rappresentanti Atari che il CEO giapponese era una persona molto impaziente e che, se avessero esitato, avrebbero potuto perdere l’occasione per collaborare con Nintendo (in realtà pare fosse una tattica che Yamauchi metteva spesso in atto per mettere pressione agli investitori). Skip Paul andò in un’altra stanza per chiamare Ray Kassar e riferirgli i termini degli accordi. Al suo ritorno chiese a Lincoln di preparare i contratti: l’accordo era quasi concluso. La firma sarebbe avvenuta il mese successivo al Consumers Electronic Show di Chicago, dove Nintendo e Atari avrebbero tenuto il loro prossimo meeting.

La disastrosa fine

Hiroshi Yamauchi, Minoru Arakawa e Howard Lincoln arrivarono al CES, ma furono accolti con ostilità. I responsabili Atari avevano infatti visto nello stand di Coleco una nuova versione di Donkey Kong da commercializzare sul computer Adam. Secondo un accordo precedente, Atari aveva la licenza esclusiva per sviluppare il popolare gioco arcade per i computer, mentre a Coleco spettava la produzione per le console. Atari accusò Nintendo di tradimento ed erano pronti a far causa tirandosi fuori dall’accordo del Famicom. Quel pomeriggio il CEO di Coleco, Arnold Greenberg, fu invitato nella suite dell’albergo del CEO di Nintendo per trovare uno Yamauchi furioso che lo accusava di aver distrutto un accordo da milioni di dollari con Atari.
Il libro Game Over di David Sheff (dalla quale sono state prese buona parte delle fonti per questo articolo) racconta che il CEO americano si difese dicendo che l’Adam era un’espansione del Colecovision e che la versione mostrata nel loro stand girava anche sulla console base. Al presidente giapponese non bastarono le scuse di Arnold Greenberg e lo invitò a non vendere quella specifica versione o altrimenti avrebbero fatto causa fino a farli chiudere. Dal lato Atari, si preparava un altro terremoto, con Ray Kassar costretto a dare le dimissioni dalla posizione di presidente il mese successivo anche per la cattiva gestione di questo caso, che si sommava alle perdite derivanti dai progetti di E.T. e Pac-Man, il cui porting su console era stato sovrastimato: a dar il colpo finale ai rapporti fra Kassar e Steve Ross, presidente di Warner Communications, fu una pesante accusa di insider trading derivante da una vendita di 5.000 delle azioni in suo possesso avvenuta 20 minuti prima che Atari annunciasse il bilancio annuale, che registrava perdite per 536 milioni di dollari. A settembre, dunque, Nintendo, Atari e Coleco si riunirono per rivedere gli accordi sulla distribuzione di Donkey Kong, ma nonostante i progressi fatti col meeting, l’accordo fra Nintendo e Atari saltò definitivamente. Tuttavia, fra i mesi del CES e della riunione a settembre, per Atari Inc. cominciò la spirale di eventi che portò alla sua chiusura: nell’arco di un anno erano stati persi, come detto, più di 500 milioni di dollari, un quarto dei dipendenti si ritrovò senza lavoro, i giochi vennero venduti per un decimo del loro prezzo originale; Warner Communications, proprietaria di Atari, prese un duro colpo in borsa, molti progetti furono cancellati e altrettanti uffici chiusi. In seguito Atari Inc. chiuse i battenti e gli asset hardware furono comprati da Jack Tramiel, fondatore della Commodore, che la riorganizzò in Atari Corporation; come conseguenza, la divisione software, Atari Games, fu venduta e gestita da Namco e l’Atari 7800 uscì nei negozi solamente nel 1986, con un anno di ritardo rispetto al Nintendo Entertainment System.
Col tempo si fecero avanti diversi rumor riguardanti l’accordo fra le due compagnie: un avvocato della Warner Communications informò alcuni dirigenti Nintendo che Atari non aveva abbastanza soldi per comprare la licenza del Famicom e che i loro veri obiettivi nei negoziati erano tenerli fuori dai mercati al di fuori del Giappone e imparare qualcosa di nuovo in termini di tecnologia e marketing; sarebbe per questo motivo che l’Atari 7800 risultò la console più potente fra le due. Per quanto una tale affermazione possa avere delle basi, è difficile sostenere che Atari non volesse fare affari con Nintendo: di recente è stato ritrovato un prototipo di Joust, il primo gioco programmato da Satoru Iwata per NES, risalente al 1983, titolo che non arrivò sulla console nipponica prima del 1987.
A ogni modo, il mancato accordo fra le due compagnie è stato decisamente un bene per la compagnia giapponese: Nintendo, col tempo, ha potuto studiare meglio il mercato americano e nel 1985 ha rilasciato il suo NES con risultati strabilianti. La chiave per entrare sul mercato fu trovata con un semplice stratagemma: passare dai negozi di elettronica a quelli di giocattoli. Ma questa è una storia a parte, che racconteremo magari un’altra volta. Per ricordare però il successo del NES basta guardare i numeri: la console giapponese raggiunse il milione (e cento) di unità in un solo anno, l’Atari 7800 in un arco di tempo che va dal 1986 al 1988. Atari invece rimase sola e, nonostante una buona linea di computer e console hit or miss, non riuscì più a conquistare la fiducia dei consumatori, non la stessa dei tempi dell’Atari 2600. Probabilmente l’accordo non avrebbe beneficiato nessuno dei due.

(La curiosa immaginazione di un utente su internet)



Russian Subway Dogs

Chi non ha mai sognato di correre per la stazione metro di Mosca, abbaiando e mangiando cibo che cade dalle mani dei passanti? Russian Subway Dogs esaudisce i nostri più oscuri desideri e ci permette di fare tutto questo.
Sviluppato e pubblicato da Spooky Squid Games Inc. lo scorso 2 agosto, Russian Subway Dogs si presenta come un semplice gioco arcade in grafica 2D ambientato nella fredda e lontana Russia, a Mosca, patria di cani randagi che cercano in tutti i modi di recuperare un pezzo di pane dai passanti per evitare la morte. Il nostro compito sarà quello di aiutare un povero cane a sopravvivere, mangiando il più possibile per non rimanere a corto di energie e cadere a terra sfinito.
Per evitare la sciagurata fine del nostro amico a quattro zampe dovremo spaventare i malcapitati pendolari della metro di Mosca per far sì che il cibo cada loro  dalle mani e poterlo ingerire e contrastare l’abbassamento graduale del livello della stamina.
Abbiamo solamente due azioni a disposizione: abbaiare e saltare. Ogni volta che mangeremo  qualcosa ci verranno assegnati dei punti che influiranno sul completamento del livello e sulla quantità di stamina recuperata. Per aumentare i punti ottenuti si dovranno fare delle acrobazie aeree con delle bottiglie di vodka che i passeggeri lasceranno cadere dopo ogni nostro abbaio. Per moltiplicare i punti ottenuti dal cibo si potrà mantenerle a mezz’aria grazie alle nostre capacità canine, quindi sempre abbaiando. Ogni volta che queste rimbalzeranno aumenterà un counter che renderà il cibo più efficace e farà più danno anche agli altri animali che si trovano sullo scenario. Perché non saremo i soli a cercare qualcosa da mettere sotto i denti: insieme a noi ci saranno altri cani, all’inizio, e più in là con i livelli, incontreremo ogni tipo di animale, dagli orsi ai cervi, fino ad arrivare ai piccioni. Ognuno di loro renderà più difficile ottenere cibo o ci colpirà, facendo calare di molto la stamina. L’unico modo per sopravvivere ai pericoli della metro sarà quello di lanciare bottiglie di vodka addosso agli avversari, facendo attenzione ai cibi che ingeriremo, perché ci potrebbero avvelenare o permettere al nostro cagnolino di sparare palle di fuoco, incenerendo i nemici e abbrustolendo pesce e carne.

In Russian Subway Dogs abbiamo due modalità disponibili: Campagna ed Endless. La modalità “Campagna” è strutturata in livelli, ognuno dei quali si sbloccherà solo se avremo raggiunto un certo numero di ossa, ottenibili al completamento di ognuna delle tre missioni di ogni stage, per un massimo di tre ossa per livello. A ogni scenario si aggiungeranno sempre più cibi e nemici, rendendo la sfida molto più avvincente; riuscire a completare uno degli ultimi livelli sarà molto arduo.
Nella modalità Campagna si possono anche sbloccare altri personaggi giocabili, che sostituiranno il cagnolino iniziale. I nuovi animali non avranno delle caratteristiche differenti dal personaggio principale, ma rendono il gameplay più vario, lasciando al giocatore la scelta del personaggio da dover controllare.
La modalità Endless consisterà come è classico in un singolo livello potenzialmente infinito che ci permetterà di guadagnare più punti possibili fino al game over. Il punteggio ottenuto verrà, poi, aggiunto alla classifica mondiale, permettendoci di migliorare sempre di più e battere ogni record.
Purtroppo dopo aver finito la campagna e aver terminato tutte le missioni, Russian Subway Dogs non si presta granché a essere rigiocato, se non fosse per la modalità Endless che regala qualche ora in più a un titolo che non eccelle per longevità.

La grafica è stata realizzata con l’ormai usalissima pixel art da Miguel Sternberg, che ha optato per sagome spigolose e poco dettagliate, ma in linea con l’ambientazione e il gioco in sé. Ogni background è ispirato alle reali stazioni metropolitane di Mosca, anche se non si distingue per varietà, come del resto il comparto sonoro, buono giusto a tenere compagnia durante le partite, senza stancare o cadere nella ripetitività.
Per il poco che offre, Russian Subway Dogs riesce a intrattenere per qualche ora, senza molte pretese. Un gioco con un gameplay solido e ben fatto, ma soprattutto divertente. Consigliato a chi voglia farsi due risate insieme agli stereotipi e ai luoghi comuni russi e chi non cerca un particolare livello di grafica né di complessità nel gameplay.




Un’estate al nerd

La spiaggia, strade assolate, vento che sferza in faccia durante un giro in motorino, arrivare al mare, distendersi e dimenticare ogni cosa: la scuola, il lavoro, inverni e autunni di pensieri, responsabilità e preoccupazioni. L’estate è questo, ed è serate nei chioschi, chitarre davanti a un falò, baciarsi distesi sulla battigia e andare a dormire soltanto al palesarsi dell’alba. Per alcuni è i giochi all’aperto quando si è piccoli,  per altri le passeggiate in bicicletta, per altri le birre, le prime limonate… ha il sapore di ogni età, l’estate, e c’è sempre spazio per ogni cosa, e c’è il tempo per farla, quella cosa, nella calma placida di ogni ora libera e vacanziera.
In questo abbondare di tempo libero, volete non si trovi spazio per i videogiochi? Perché fra una pausa e l’altra del dolce far niente, tra una partita a pallone e una gara di tuffi, il tempo per una partitina in formato handheld o per un giro di joypad nella propria stanza si è sempre trovato. O, se si era in giro, non si lesinava una visita alla sala giochi, per chi abbia vissuto quell’epoca d’oro di luccicanti coin-op.

Per l’estate vogliamo regalarvi uno spazio amarcord, un momento dedicato ai ricordi estivi, piccoli racconti che testimoniano un altro frammento della nostra passione per i videogiochi. Passione che non ha tempo, né stagioni deputate, che se ne infischia del caldo boia e delle ore che passano fino a che si è fatta notte fonda, istanza del cuore che ti dice: gioca, tanto tornerà un altro inverno, gioca e non pensare ai mille petali di rose.

E quei giorni noi siamo qui a ricordarli, noi che abbiamo una redazione che spazia dai 17 ai 40 anni. Vogliamo raccontarveli tutti, questi decenni di differenza, queste estati che, pur segnando un arco lungo quasi un quarto di secolo, ci hanno riunito qui, sotto l’emblema di una bussola, uniti da un’unica passione. Dunque sedetevi con noi in riva al mare, prendete una bevanda gassata, mettete le cuffie e lasciatevi trascinare indietro nel tempo questi brevi racconti fatti di pixel e parole, righe che raccontano di estati al sapore di nerd.




Double Kick Heroes

Come dice un blog che seguo appassionatamente da anni, «la gente non sa cosa si perde a non essere metallari»: devono essere dello stesso avviso anche gli sviluppatori francesi di Headbang Club, autori di questo Double Kick Heroes, inizialmente creato per la Ludum Dare 34 a fine 2015, e poi arrivato in early access su Steam da circa un mese.

Il titolo si presenta come un rhythm game misto a shoot ‘em up, un particolare ibrido che ben si sposa con l’atmosfera apocalittica e decadente, ispirata dai lavori cinematografici del regista americano Robert Rodriguez: infatti qui l’ispirazione viene principalmente dal seminale Dal Tramonto all’Alba. Quindi aspettatevi tonnellate di zombie e soprattutto una colonna sonora trascinante e potente: ma andiamo per gradi.

All’avvio di Double Kick Heroes, oltre alle opzioni, vedremo le tre modalità del gioco: arcade, storia e editor, e la modalità inferno da sbloccare una volta completata la modalità storia.
La modalità arcade ci presenta i vari livelli del gioco in modo separato, affrontabili in quattro difficoltà di grado ascendente: si va dal rock, più facile e con un solo strumento da gestire, a estremo, più complicato avendo tre tracce e tutti gli strumenti della band da suonare. La modalità arcade è formata da 18 livelli, più uno in arrivo nel prossimo futuro; gli stessi presenti nella modalità storia, che riprende i livelli della modalità arcade, ma ci aggiunge delle cutscene disegnate in una pixel art di buona fattura. La storia è quanto di più semplice si possa pensare: è scoppiata un’apocalisse zombie e bisogna salvare la pellaccia. Cosa che ricorda, fra l’altro, il recente video di Ten Thousand Ways to Die degli Obituary, leggendario gruppo death metal statunitense.
Durante il nostro viaggio, faremo conoscenza dei personaggi che fanno parte del gruppo dei Double Kick Heroes e, andando avanti nei livelli, affronteremo boss che sembrano usciti proprio da alcuni b-movies della Troma, e incontreremo alleati che prendono spunto da musicisti o attori: è il caso di Marlene Branson, citazione del celebre anticristo del rock americano, Marilyn Manson, oppure troveremo anche James Hetfield dei Metallica, nel ruolo di co-capo di una prigione insieme al celebre attore di film d’azione Danny Trejo.

Il gameplay è quanto di più intuitivo ci possa essere: basta seguire le note che si trovano in basso sullo schermo e andare più a tempo possibile. Più si azzecca il timing delle note, e più aumenteremo il nostro punteggio e la possibilità di ottenere armi più potenti come il fucile, che ha uno sparo più ampio, come nelle più classiche delle spread gun, o un potente cannone.
I livelli tradizionali sono ben strutturati e offrono delle buone sfide, soprattutto alle difficoltà più elevate. Rivedibile, a mio avviso, la meccanica dei boss: ho trovato abbastanza confusionario il fatto di poter spostare la direzione della Gundillac, ovvero la nostra Cadillac armata di tutto punto, mentre dovevo fare attenzione alle note da azzeccare e al raggio d’azione degli attacchi nemici. È un’idea che magari offre più profondità al titolo, ma rende il tutto più complicato da giocare, visto che bisogna tenere d’occhio non solo la parte bassa dello schermo, dove troviamo le note, ma anche la parte superiore dove troviamo i nostri eroi e l’armata di zombie e mob.
Menzione d’onore per la colonna sonora, come ogni buon rhythm game che si rispetti: tutto a cura del compositore francese Fredric Elmobo Botte, già autore delle musiche di titoli come i due Nightmare Creatures o Pac in Time, che qui ritroviamo a spaziare dal rock da classifica fino a generi più pesanti come death e black metal, il tutto coadiuvato da alcuni musicisti della scena francese.

Ci manca da analizzare solamente la modalità editor: quella che, poteva essere un grandissimo punto a favore del titolo, si ritrova, alla fine, a essere un’opera incompiuta. Il tutto funziona importando il nostro file mp3 preferito, da unire al livello e i nemici scelti sempre da noi: peccato che il gioco non offra un’analisi automatica del file, come viene fatto da titoli procedurali come Beat Hazard Ultra o Audiosurf. Invece, Double Kick Heroes ci propone tre alternative: creare le note da zero, seguendo il brano di nostra scelta (ipotesi che, francamente, trovo folle sotto ogni punto di vista), importare un file MIDI (cosa che, sì, funziona, ma non benissimo come dovrebbe), oppure controllare se si trova qualcosa di già pronto sul workshop di Steam. Peccato che quest’ultimo sia letteralmente deserto, ma voglio pensare che sia dovuto allo status early access del titolo che altro.

In conclusione, l’opera prima di Headbang Club presenta degli alti ma anche dei bassi: l’atmosfera del gioco è ben congegnata e si sposa perfettamente con le musiche di Elmobo. Il gameplay, per quanto buono nella sua base, avrebbe bisogno di una leggera sistemata, così come l’editor dei livelli, davvero scomodo e poco user friendly. Diciamo che Double Kick Heroes è come la prima demo di un gruppo formato da pochi mesi: acerbo, ma con del potenziale che può uscire fuori magari in un prossimo lavoro. E in tal caso, li aspetteremo con impazienza!




Disc Jam

Vi piace giocare a frisbee con gli amici ma odiate l’afa estiva, la sabbia e i cani indisciplinati che acchiappano il disco volante intromettendosi fra voi e il vostro avversario? Se la risposta è “sì” troverete in Disc Jam il vostro compagno ideale per l’estate, un gioco sportivo fresco, futuristico, frenetico e veramente divertente! Questo spettacolare titolo è stato concepito da High Horse Entertainment, una compagnia fondata dagli ex dipendenti Activision Jay Mattis e Timothy Rapp, i cui curriculum vedono figurare titoli del calibro di Call of Duty, Guitar Hero e Tony Hawk’s Pro Skater; dopo ben vent’anni trascorsi nella leggendaria compagnia americana, i due hanno deciso di mettersi in proprio e concentrarsi, come si può leggere nel loro sito, su giochi arcade vecchio stile per portarli nel XXI secolo. Disc Jam, il loro primo lavoro, incarna perfettamente questi obiettivi e restituisce al giocatore un’esperienza intensa e velocissima essendo ispirato, chiaramente, a Windjammers, gioco della Data East originariamente uscito per le piattaforme Neo Geo (e oggi giocabile su Playstation 4 e PS Vita), e Rocket League per le customizzazioni, la presentazione generale, le atmosfere futuristiche ma soprattutto la sua natura online e cross-platform; è possibile giocare a questo titolo per PS4 e Steam ma noi prenderemo in esame la nuovissima versione per Nintendo Switch.

How to play

Disc Jam mette di fronte due team avversari, in singolo o in doppio, in un’area simile a un campo da tennis e l’obiettivo della partita è vincere due set da 50 punti. Per racimolarli bisognerà mandare il disco nella rete avversaria o farlo cadere per terra nella metà opposta (visto che è diviso da una sorta di rete); a ogni nostro lancio il punteggio, che parte da 5 (ma che arriverà direttamente a 10 se al primo lancio andrà a punti), salirà di un punto, dunque più saranno i passaggi fra gli avversari più sale la posta in gioco: non basterà solamente rimanere concentrati ma anche agire più velocemente possibile. Quando ci si troverà nella traiettoria di un lancio avversario, e si sarà certi di prenderlo, sarà decisivo mandare il disco indietro il prima possibile per sfruttare la sua stessa potenza e far sì che possa viaggiare sempre più veloce; mantenere il ritmo dei lanci è molto importante, perderlo significa fare un lancio più lento e dunque più possibilità per l’avversario di riprenderlo in fretta.
I controlli, di conseguenza, sono molto semplici e pensati per un gameplay veloce e frenetico, facili da imparare anche se un po’ di difficili da applicare in un match online: in offesa si lancia il disco premendo il tasto “B” con direzione, puntando dunque alla rete avversaria o a una parte di essa, oppure “X” per tirarlo in alto e sperare che il nostro rivale non riesca a prenderlo prima che cada per terra; con “ZL” e “ZR” possiamo effettuare dei tiri ad effetto ma premendo “B” e ruotando un po’ la levetta analogica, fra i 90° o i 180°, riusciremo a eseguire gli stessi lanci, talvolta persino più curvi; in difesa invece possiamo fare una scivolata premendo “X” e direzione, che ci permetterà di coprire grossi spazi di campo in poco tempo, oppure, con “B“, possiamo caricare uno scudo di energia che bloccherà la traiettoria del disco mandandolo in aria ma dobbiamo comunque raccoglierlo in tempo per far si che non cada per terra e regali dei punti al nostro avversario. Se carichiamo con anticipo lo scudo o ci posizioniamo nel punto di caduta del disco in tempo (se appunto il nostro avversario ce lo tirerà con “X”) allora avremo la possibilità di fare un super lancio che avrà una traiettoria insolita e andrà incredibilmente veloce.
I lanci dei giocatori saranno molto precisi e risponderanno a ogni inclinazione della levetta; meno, sfortunatamente, lo saranno i movimenti del giocatore stesso. Con buona probabilità, per rendere l’esperienza più accessibile e meno macchinosa possibile, gli sviluppatori hanno fatto sì che il giocatore possa correre o faccia dei semplici passetti a seconda dell’inclinazione della levetta ma i suoi movimenti saranno relegati a sole 8 direzioni, come in un gioco vecchio stile con visuale dall’alto. Bisognerà imparare a gestire bene questi comandi se vogliamo bloccare ogni lancio avversario, specialmente perché se ci arriverà il disco mentre siamo di spalle cadremo per terra, il disco volerà e, cadendo al suolo, darà i punti all’avversario; una meccanica abbastanza realistica – chi vorrebbe mai essere colpito sul collo da un frisbee a questa velocità! – anche se, personalmente, pensiamo sia un po’ eccessiva per un gioco arcade. Per quanto strano possa sembrare, vi consigliamo di seguire passo passo i tutorial del gioco, anche perché non sono obbligatori (non pensate di essere degli esperti solo perché avete divorato Windjammers ai tempi che furono).

Tutti in campo!

Fin qui abbiamo spiegato come si svolgono le partite in sé, ma ci sono ancora molte cose di cui parlare; Disc Jam, similarmente a Rocket League, offre diverse customizzazioni e stili di gioco diversi. Per prima cosa i personaggi selezionabili hanno caratteristiche differenti, a differenza del popolare indie cui i modelli delle auto non hanno variazioni sostanziali fra loro, ma solo stilistiche, e ognuno di loro gode dunque di un diverso stile che può accentuare meglio le diverse abilità dei giocatori: Gator, per esempio, è un giocatore a tutto tondo che può permettere un gioco bilanciato anche se nessuna delle sue abilità spicca in particolare; Haruka, abbastanza indicata per i principianti, è una giocatrice veloce e riesce a coprire tutto il campo da gioco in poco tempo ma i suoi lanci non sono fra i migliori; Stanton, al contrario, ha dei lanci potenti e fa delle scivolate molto lunghe ma non è velocissimo nella corsa; i più esperti, alla fine, potranno usare Makenna, una giocatrice veloce, molto tecnica e che fa dei tiri ad effetto insuperabili ma, proprio per gestire questa particolare abilità, bisognerà saper coordinare bene il tasto di lancio con la levetta analogica.
Ci sono poi altri due altri giocatori ma questi sono sbloccabili per 25000 Jamoleons, la valuta principale del gioco, ottenibili alla fine di ogni incontro o scambiabili per dei soldi veri dal Nintendo E-Shop; i soldi del gioco, sfortunatamente (al di là di questi due specifici giocatori), ci permetteranno di ottenere una ricompensa casuale dalla macchinetta dei premi per 1000 J e purtroppo dobbiamo attenerci all’outcome random di quest’ultima. La vera disgrazia di questo sistema è che gli unici elementi comuni a tutti sono solamente la skin del disco, l’emblema e il tag del giocatore (e il super tiro ma, momentaneamente, ci sono solo 3 traiettorie e nessuna di queste è sbloccabile dalla macchinetta o acquistabile separatamente); tutto il resto, ovvero lo stile della tuta, taunt e posa di vittoria, sono unici per un solo personaggio giocabile. Pertanto, come avviene in molti (forse anche troppi) giochi di oggi, bisognerà tentare e ritentare la sorte per ottenere quello che realmente vogliamo per il nostro giocatore. È possibile comprare gli elementi casuali con dei red ticket, ma questi sono ottenibili solamente, stando a quanto scritto da High Horse Entertainment su Steam, qualora la macchinetta dei premi ci dia un “doppione” e ogni premio ha il suo valore anche in questa valuta; come potremo constatare dall’in-game store, i taunt e le pose di vittoria valgono 25 red tickets, le skin del disco 125, i tag 5, etc… almeno il gioco, al di là dell’outcome random della macchinetta, ci permette di ottenere dei doppioni per poterli scambiare in un’altra valuta: una buona alternativa anche se è ugualmente tediosa.
Personalizzato il nostro personaggio possiamo finalmente scendere in campo per dei match infuocati con gente di tutto il mondo! Il sistema di matchmaking funziona per punti classifica (che ovviamente otterremo a fine partita e ci posizioneranno in punti più alti in graduatoria) e per continente, da selezionare prima di avviare la lobby; più è vicino il nostro avversario, migliore sarà la trasmissione della nostra partita. La comunità è attiva, ci sono molti giocatori anche se, essendo nuovo nella libreria di Nintendo Switch, sul piano numerico Disc Jam non è ancora ai livelli di grossi brand multiplayer come Rocket League o Fortnite, non c’è grossa affluenza in tutte le ore della giornata; se siete degli “scalatori di classifiche online” vi converrà armarvi di una buona dose di pazienza oppure usufruire del “ghost arcade”, che consiste in match singoli o doppi contro AI modellate dallo stile di giocatori reali, o delle partite private, se conoscete persone che come voi hanno comprato questo gioco; riguardo a quest’ultima modalità, servirà solamente creare una stanza, darle un nome, una password e cedere questi dati a i vostri amici. Purtroppo non abbiamo potuto testare realmente questa funzione perciò non vi sappiamo dire se questa funzione sfrutta il cross-platforming; stando ad alcuni post su Reddit, visto che il sito ufficiale di High Horse Entertainment non dà alcuna informazione a riguardo, al momento questa specifica feature non è disponibile, ma sembra che gli sviluppatori stiano lavorando per far sì che i match privati possano avvenire anche tra una piattaforma e l’altra. È possibile, inoltre, se un vostro amico è in visita a casa vostra, staccare un Joycon e competere insieme in match singoli in locale o doppi in online; nonostante si tratti probabilmente i match più divertenti, questi sono meno frequenti, perciò, anche se escluderete i match singoli dalla ricerca avversari, non sempre avrete la possibilità di beccare quattro giocatori che hanno le vostre stesse intenzioni.
Le partite, che siano match 1v1 o 2v2, sono sempre infuocatissime ma, come dicevamo all’inizio, è importantissimo imparare i comandi; anche se il matchmaking funziona a dovere e segue semplici logiche matematiche troverete moltissimi giocatori, anche molto vicini alla vostra posizione in classifica, che sono dei veri e propri assi e anticipano ogni vostra singola mossa. I controlli sembrano attecchire meglio con alcuni giocatori e meno con altri e forse chi scrive (e ciò che segue è una personalissima opinione generata dall’esperienza personale) non si trova fra i primi; non fraintendete, ci si diverte tantissimo con questo titolo, e la buona fan base attuale dimostra quanto il suo gameplay si ben congegnato; tuttavia, forse per la sua natura frenetica e veloce, questo titolo non fa per tutti. Oggi ci sono un sacco di giochi multiplayer che appartengono alla medesima categoria, e Disc Jam non è che un nuovo titolo che si aggiunge al catalogo; se gradite di più i giochi in cui la componente online è quella portante o se vi piacciono quelli in cui bisogna pensare e agire in fretta, specialmente se sportivi, allora questo gioco farà sicuramente per voi.

Blernsball? Mi dispace, è domani!

Disc Jam si presenta come uno sport futuristico, veloce, emozionante e in cui ogni secondo conta. A supporto di ciò abbiamo una bella grafica 3D molto pulita, sviluppata con Unreal Engine 4, che riesce a mantenersi a 60 FPS stabili sia in modalità portatile che in dock da dove i diversi colori e dettagli “high-tech” dell’arena, come gli ologrammi, la rete che mostra il livello del punteggio o i guardrail laterali, spiccano molto di più; i modelli dei personaggi sono molto curati, un filo over-the-top ma ognuno, specialmente con le skin e i taunt collezionabili, con una giusta dose di personalità. La sola cosa che un po’ delude della grafica è la sua staticità, soprattutto per l’inclusione di una sola arena e per il fatto che si vedano sempre gli stessi 4 personaggi (al massimo 6, se incrociate qualcuno che abbia sbloccato i due personaggi acquistabili); nonostante la sua bellezza e le diverse personalizzazioni dei personaggi, Disc Jam non offre molta varietà visiva (almeno non per ora).
Il comparto musicale, così come la sua presentazione generale (persino nei menù), ricorda molto quello di Rocket League; da buon e-sport che si rispetti i suoi temi includono sonorità molto moderne ed energiche, che si affacciano per lo più alla musica elettronica, al rock ma soprattutto alla dubstep. Sia nel menù che durante le partite, avremo modo di ascoltare dei temi molto curati e belli, specialmente quello del secondo (o terzo) set che ricorda per certi versi Stinkfist dei Tool, anche se, un po’ come accade per il comparto grafico, questi sono sempre gli stessi e, in questo caso, è veramente possibile contarli in una mano sola: allo stato attuale c’è solamente il brano del menù, primo set, secondo set e menù di fine partita… Ecco qua l’intera soundtrack! I giocatori non hanno linee di dialogo ma a ognuno di essi è stata data una voce e la si può sentire a ogni lancio o scivolata; nulla di che, ma serve a dare la giusta profondità a un match duro e faticoso (anche se la voce di Haruka, personalmente, risulta davvero insopportabile!).

Manca ancora qualcosa

Si potrebbero stare ore a elogiare questo titolo, il primo di questa neonata compagnia il cui futuro pare già da qui prospettarsi luminoso e interessante; Disc Jam non ha molti difetti e per il suo prezzo di lancio di 14,99€ sul Nintendo E-Shop è davvero regalato (sempre se non ne vogliate spenderne altri per i Jamoleon). Tuttavia, quello che delude è ciò che non c’è, specialmente a un anno dal lancio nelle altre piattaforme; per quanto divertente possa essere il titolo della High Horse Entertainment, questo, allo stato attuale, offre veramente poco: 6 giocatori (di cui 2 acquistabili separatamente), una sola arena e due sole modalità di gioco. A un anno dalla sua uscita, Rocket League offriva già altre modalità, come l’arena per l’hockey e quelle sperimentali, elementi per le customizzazioni sempre nuovi e DLC sempre ben graditi; dunque se paragoniamo la vita di Disc Jam al titolo di Psyonix sembra che, forse, gli sviluppatori non ci stiano credendo tanto, ma è più probabile che non abbiano abbastanza fondi.
Questo titolo non ha nulla da invidiare a molti altri, merita tante nuove modalità di gioco (anche una semplice arena ghiacciata, risulterebbe divertente e piena di imprevisti), maggior varietà di personaggi e magari un sistema di acquisizione delle ricompense meno tedioso di quello attuale; anche se il titolo non è (ancora) ai livelli di Rocket League o di Fortnite non sembra che il supporto da parte dei fan stia mancando, e, dunque, speriamo di vedere nuovi aggiornamenti in Disc Jam per rendere quello che è già un bel gioco ancora più profondo ed entusiasmante.
Se siete stanchi dei classici giochi di sport e siete alla ricerca di un titolo in grado di mettervi alla prova e che possa entusiasmarvi con poco (perché comunque, allo stato attuale, rimane comunque un gioco molto bello), allora troverete in Disc Jam una sfida alla vostra altezza. Ma ricordate: se ci incontrate, o siete con noi o siete contro di noi… e noi non scherziamo proprio!

(Lui è il volto di GameCompass in Disc Jam. Quando lo vedrete…  tremate!)



Dusty Rooms: Il retrogaming oggi: storia, prodotti, metodi ed etica

Precedentemente, in uno dei nostri speciali, abbiamo dato delle linee guida molto generali su come mettere su una collezione retrò, che sia di grandi o piccole dimensioni (quello dipende dal vostro portafoglio); sempre rimanendo in tema retrogaming, oggi vogliamo discutere un po’ della “storia del retrogaming moderno” e dei mezzi che vengono usati per godersi l’esperienza retrò, che siano legali, diffusi o, perlomeno, poco ortodossi. Non tutti disponiamo di grandi quantità di denaro né, tantomeno, spazio per custodire console, giochi e accessori e pertanto finiamo per utilizzare stratagemmi discutibili che talvolta risultano essere l’unico modo per giocare alcuni titoli (vedi Panzer Dragoon Saga). Come dobbiamo approcciare qualora ciò che ci interessa, in ambito di retrogaming, è al di fuori della nostra portata?

L’evoluzione della scena del retrogaming

Con l’arrivo della grafica 3D, più specificatamente con la quinta generazione di console (Sony PlayStation, Sega Saturn e Nintendo 64), il 2D, seppur non è mai stato abbandonato, ha perso il suo smalto e ha assunto uno status di “poco rilevante”; per quanto Castlevania: Symphony of the Night, Tombi, Mischief Makers o Silhouette Mirage fossero dei giochi spettacolari erano sempre eclissati, nelle riviste, nel primordiale internet o semplicemente nelle chiacchiere fra gli appassionati, da più grossi titoli come Metal Gear Solid, Final Fantasy VII o The Legend of Zelda: Ocarina of Time. Con l’avvento della sesta generazione il 3D raggiunse livelli eccellenti e i generi più classici sulla quale si fondarono le precedenti generazioni, quelli più collegati al 2D, vennero totalmente trascurati, divenendo quasi esclusiva delle console portatili; sono stati pochissimi – se ci fate caso – i titoli platform sidescroller su console di quell’epoca e quelli che uscirono, come Mega Man: Network Transmission o Contra: Shattered Soldier, passarono totalmente inosservati nonostante l’interessantissimo gameplay. Insieme ai platform, ovviamente, erano in crisi anche gli shoot ‘em up, le avventure grafiche, il cui disinteresse distolse totalmente la Lucasarts dal suo genere di punta (vi consigliamo, per tanto, di dare un’occhiata al nostro speciale sulle avventure grafiche), i beat ‘em up classici, eclissati dai più moderni hack and slash, etc… Tuttavia, nel 2006 avvenne una rivoluzione che, in retrospettiva, è stato uno dei motivi per cui il retrogaming (e di conseguenza anche la scena indie più tardi) è divenuto così popolare: stiamo parlando proprio della Virtual Console, servizio online lanciato insieme al Nintendo Wii: per la prima volta, dopo tanti anni, non solo un infinità di titoli per NES, SNES, Nintendo 64, Sega Master System, Mega Drive, Commodore 64 e molti altri tornavano disponibili in formato digitale ma si trovavano di nuovo sotto ai riflettori. I titoli retrò si rivelarono un successo e il servizio (che sfortunatamente terminerà definitivamente il 31 Gennaio 2019) diede voce ai moltissimi giocatori intenti sia a giocare ai titoli del passato e sia a quelli desiderosi di un gameplay più classico; il “ritorno dei pixel”, per ciò che riguarda i giochi moderni, fu sancito, infatti, definitivamente da Mega Man 9, rilasciato nel 2008 più o meno per tutti gli store digitali per console, e da allora sempre più developer fecero volentieri un “passo indietro” con risultati sempre positivi.
La “retromania” cominciò e oggi, sia per quanto riguarda le vecchie release che i giochi moderni in salsa vintage, stiamo godendo del suo massimo splendore; giocare ai titoli del passato ormai è una vera passeggiata e in ogni parte, che sia in uno store digitale o un semplice negozio di elettronica, troviamo sempre qualcosa per placare la nostra fame di retrogaming. Per prima cosa, per le console attuali e pc, si possono trovare tanti di titoli del passato, sottoforma di remastered o in formato originale (sugli store digitali), ma oggi si trovano soluzioni più convenienti nelle collection, con contenuti spesso migliorati per le TV di oggi e tanti extra: Mega Man Legacy Collection I & II, Rare Replay, e le imminenti Street Fighter 30th Anniversary Collection e Shenmue I & II sono solo alcuni dei bundle per riscoprire questi titoli che hanno fatto la storia del gaming. Se invece desiderate un’esperienza un po’ più vicina a quella originale sfruttando i joypad originali e le tv attuali (sfoggiando anche un po’ di sfarzosità) allora ci sono le mini console: NES e SNES Classic Mini vi offriranno, rispettivamente, ben 30 e 21 giochi, tutti in qualità HD e con componenti di qualità, il Sega Mega Drive Flashback di AT Games che, nonostante non raggiunga la qualità Nintendo in termini di hardware, vi darà una buona base di 85 giochi e la possibilità di utilizzare le cartucce e i controller originali, l’Atari Flashback 8 Gold, sempre di AT Games, con ben 120 giochi e caratteristiche simili alle console precedentemente citate, il prossimo Neo Geo Mini (annunciato ufficialmente da SNK) dalla forma di un cabinato con schermo, joystick arcade e casse integrate. La lista andrebbe avanti ancora per molto ma per ora vogliamo soffermarci solo, diciamo, ai canali e alle soluzioni “pubblicizzate”.

Prima di chiudere questo capitolo, però, non dobbiamo dimenticarci di altri grossi fattori culturali che hanno permesso la riscoperta delle vecchie console: stiamo parlando dei siti internet dedicati come Screwattack, Retroware, Classic Game Room (il cui show partì già nel 1999) e delle personalità a esse collegate, che diventarono parallelamente star del primordiale YouTube, come James Rolfe (ovvero l’Angry Video Game Nerd), Patrick Contri (Pat the Nes Punk), Chris Bores (Irate Gamer, oggi Chris Neo), Projared, Angry Joe, Mark Bussler e molti altri. In un epoca in cui si guardava al futuro, le arcade si svuotavano in favore del gioco online e la risoluzione HD diventava obbligatoria per il gaming queste persone rispolveravano le loro vecchie console, rievocando, anche con un po’ di rabbia, i loro ricordi a essi connessi e rivendicando un passato più semplice fatto prima di esperienze, di giochi comprati giudicando dalla copertina e da qualche debole descrizione sulla scatola o su qualche rivista, di chiacchiere a scuola e poi di tecnologia; i loro buffi show ebbero, per l’epoca, un grossissimo riscontro poiché per molti fu motivo di condivisione, un “tornare bambini” dopo una giornata di duro lavoro, magari trovare recensito quel gioco che si possedeva tanto tempo fa e non sentirsi l’unico a “rimanere bloccato in quel punto”. È impossibile non dare a YouTube, alle piattaforme indipendenti citate (nonché al succeso di Facebook e i gruppi di retrogaming ad esso collegati) buona parte del merito per l’esplosione del retrogaming.

Le terze parti, l’emulazione, le Everdrive e le modifiche

La retromania su internet spinse sempre più persone ad andare su eBay e cominciare a mettere su la propria collezione; ma come la retromania diventava sempre più popolare anche i prezzi su eBay crescevano di conseguenza e perciò cominciarono ad apparire le prime alternative agli hardware originali e persino ai giochi troppo rari sotto forma di reproduction cartdrige; alcune compagnie, come Hyperkin e Retro-Bit, sono sorte proprio per colmare molte delle esigenze relative al retrogaming, fornendo ai giocatori cavi e joypad di qualità, accessori di ogni tipo e anche console in grado di leggere cartucce di più sistemi, come appunto il Retron-5 o il Super RetroTRIO. In molti, soprattutto i puristi, non sono grandi estimatori di questi nuovi sistemi poiché, per via dell’emulazione, sono spesso presenti alcuni problemi minori per ciò che riguarda la risoluzione (nonostante molte abbiano l’uscita HDMI) e il sonoro. Gli hardware interni, poiché gli originali sono spesso difficili da riprodurre, sfruttano dei sistemi operativi proprietari e spesso questi copiano l’immagine della cartuccia inserita e li emulano nei propri sistemi.

L’emulazione, soprattutto su PC, è stata per molti anni l’alternativa per non comprare dei sistemi obsoleti su eBay e, per un certo verso, non è stato eticamente troppo sbagliato; fino a quando, con gli store online delle console e PC, i singoli giochi non sono stati resi di nuovo disponibili per la vendita, essa ha permesso la sopravvivenza di questi sistemi e questi giochi per gli appassionati e, senza di loro, oggi probabilmente non avremmo avuto cose come la Virtual Console, le mini console o il neo-annunciato catalogo online di giochi NES per Switch. In alcuni casi l’emulazione, e tutta la hacking scene a essa collegata, hanno permesso la sopravvivenza di alcuni titoli che altrimenti sarebbero andati persi per sempre: ne sono un esempio i titoli per l’esclusivo add-on giapponese Satellaview per il Super Famicom, dalla quale era possibile giocare via streaming a Radical Dreamers, una side-story di Chrono Trigger, BS Legend of Zelda e il suo sequel Ancient Stone Tablets, o l’intera scena arcade prima dell’arrivo dei titoli per Xbox Live Arcade; grazie al MAME, emulatore creato dall’italiano Nicola Salmoria, è stato possibile salvaguardare le schede che contenevano i giochi arcade e renderli disponibili fino all’arrivo dei canali ufficiali, tanto è vero che non è mai stato avviato alcun processo per violazione per copyright per i creatori del MAME. Ma se ad alcuni basta giocare su computer con una tastiera ai giochi più classici, ad altri questo non basta e allora si ricercano metodi per poter avere una riproduzione più fedele possibile senza dover spendere un capitale.

(Il Nesticle fu il primo emulatore gratuito NES mai concepito per PC. Uscito nel 1997 girava su Windows 95 e Dos)

Una delle soluzioni meno invasive e che negli ultimi anni hanno preso piede, soprattutto per le console pre-compact disk, sono le sempre più popolari Everdrive. Questi dispositivi, similarmente alle notissime R4 per Nintendo DS e 3DS, non sono altro che cartucce, modellate per ogni singola console vintage, con uno slot per le schede SD da dove è possibile inserire le rom scaricate da internet. È vero che gli store online di console e PC offrono molti dei giochi che potrebbero essere giocati legalmente ma questo è, tuttavia, un metodo per risalire alla fonte e dunque poter giocare con la risoluzione originale (ammesso e concesso che avete un televisore CRT), i joypad originali e, soprattutto, la console originale. Le Everdrive, tuttavia, sono un ottimo metodo per giocare in un insolito modo “originale” ai giochi hack (delle versioni di un gioco modificato dai fan) e con le rom di quei titoli mai usciti al di fuori del Giappone tradotti dai fan; è importante, in ogni caso, sapere che non tutti i giochi sono compatibili con le Everdrive in quanto, alcune volte, le cartucce originali includevano dei chip aggiuntivi per una migliore resa dell’esperienza (come il chip FX incluso in Star Fox o il chip SA-1 incluso in Kirby’s Fun Pack) e perciò, non potendo emulare questi pezzi di hardware, è bene conoscere quali titoli, specificatamente, non funzionano in questi curiosi dispositivi.
Esistono tuttavia, come si sa, altri metodi per rendere l’esperienza di gioco sempre più conveniente e non sempre sono molto etici: stiamo parlando ovviamente delle modifiche interne che, a differenza di quel che si possa pensare, possono servire a diversi scopi. Le console mod sono esistite sin dall’alba dei tempi e queste sono servite per motivi più o meno leciti: il taglio del quarto piedino del chip 10NES del NES europeo per permettere la lettura di tutti i giochi PAL (poiché nel continente c’erano due diverse codifiche a seconda della zona: PAL-A e PAL-B), la rimozione di due pezzettini di plastica all’interno dello slot delle cartucce dello SNES americano per renderlo, praticamente, compatibile coi giochi giapponesi, l’over clocking del Sega Mega Drive/Genesis per poter cambiare, con un interruttore, la codifica del video ma le più comuni sono quelle per leggere i backup nelle console che leggono i compact disk. Nonostante la lettura dei backup può rivelarsi un ottimo metodo per accedere all’intera libreria di giochi per console obsolete (dunque non più supportate) come Sony PlayStation, Sega Saturn e PlayStation 2, noi ve le sconsigliamo vivamente al di là dell’etica perché il dover toccare con mano i componenti potrebbe comunque danneggiare, talvolta irreversibilmente, le vostre console. Per tanto noi non contempliamo nulla di tutto ciò e, per quel che riguarda le console come queste, comprate sempre giochi originali o, se esistono, applicate una modifica software che sia facilmente applicabile e reversibile.

Qual è il nostro parere sulla “retro-etica”? Come già ribadito, viviamo in un epoca di riscoperta (potremmo addirittura chiamarlo rinascimento videoludico) e pertanto è facilissimo trovare i videogiochi retrò che ci interessano, che siano sotto forma di software digitali negli store di console e pc, all’interno di collezioni o incluse nelle spettacolari retroconsole che stanno spopolando fra gli appassionati; dall’altra parte, per ciò che riguarda il possedere gli hardware originali o dei cloni moderni con feature più vicine ai TV set moderni (come l’Analogue NT o l’AVS di Retro USB), esiste una scena attivissima sempre in evoluzione in grado mantenere vivi i vostri vecchi sistemi. Il nostro consiglio è semplicemente quello di scegliere le strade più etiche e corrette e dunque, che ci sia una grande compagnia come Nintendo o Hyperkin dietro a qualche progetto di retrogaming, sempre finanziarle e comprare tutto in maniera ufficiale, non solo per supportarle ma tanto più per far sentire la nostra voce da retrogamer e far capire che la scena a essa legata rimanga in totale attività. Lo stesso vale per le console moderne e ricordate sempre che la pirateria è un reato e pertanto comprate sempre tutto in maniera ufficiale per voi e per chi per anni ha lavorato allo sviluppo di un gioco e dunque a dissociare da ogni tipo di metodo illecito.