The Arcade Crew, la nuova società di Dotemu

DotEmu, società francese famosa per i suoi remake e revival, come l’ultimo Wonder Boy: The Dragon’s Trap (uscito l’anno scorso) o le versioni per mobile di Karateka The Last Express, quest’anno ha provato qualcosa di molto diverso. Infatti proprio DotEmu ha annunciato il 14 marzo, The Arcade Crew, un nuovo publisher per titoli indie, come Blazing Chrome, dello sviluppatore brasiliano JoyMasher. Recentemente il CEO di DotEmuCyrille Imbert, ha dichiarato che questa era già stata presa in considerazione tempo fa, ma si è concretizzata con l’arrivo di numerosi successi, come Wonder BoyYs OriginWindJammers. Ha continuato dicendo di avere l’esperienza giusta per cominciare a sviluppare titoli da zero, e non più solo sequel o remake, caratterizzati da grafica e gameplay in pieno stile retrò.

Confrontandoli, i giochi creati da entrambe le società potrebbero sembrare simili e, proprio per questo, Imbert ha voluto precisare che le creazioni di DotEmu continueranno a essere proprietà di licenza dell’IP originale, mentre, i titoli di The Arcade Crew, saranno separati dalla prima società, anche se il nome potrà suggerire degli adattamenti dei classici coin-up. In seguito Imbert ha rilasciato le seguenti parole:

«Il vero lato “arcade” di The Arcade Crew, non riguarda la macchina in sè, ma il suo spirito.  Vogliamo pubblicare giochi che abbiano questa sensazione di divertimento istantaneo, qualcosa che ricordi i vecchi tempi, giochi semplici, non sono semplici nel concetto o nel modo in cui vengono eseguiti, ma non è neanche qualcosa di complicato o strano, con concetti totalmente nuovi. Non siamo solo un editore indipendente, siamo noi stessi sviluppatori, e questo ha un grande impatto sul modo in cui vediamo l’Arcade Crew: possiamo permetterci di avere un portafoglio selettivo, non abbiamo bisogno di riempire un programma di pubblicazione, abbiamo i nostri progetti e lo abbiamo fatto per molto tempo tempo.»

Ma DotEmu sarà comunque presente durante le attività di The Arcade Crew. Sviluppando un paio di titoli all’anno, The Arcade Crew potrà fornire molta più assistenza agli utenti e al suo lavoro. Per questo DotEmu vuole essere partecipe, dalla progettazione al collaudo, all’animazione, al supporto per il porting multipiattaforma. A proposito di questo Imbert ha dichiarato:

«Vogliamo davvero un coinvolgimento integrante nell’intero processo di completamento di un gioco.  Molti editori sono solo editori, non sanno davvero cosa significhi veramente sviluppare un gioco. Cercheremo di lasciare che gli studio lavorino dove hanno davvero un valore aggiunto, che stiano creando il loro gioco e realizzando il loro progetto. Per tutte le altre cose, potremmo supportarli, perché sappiamo esattamente come va.”

Anche se The Arcade Crew, sta cercando di stimolare il mercato retrò, Imbert, sa bene che il mercato si evolve in continuazione. Lo dimostra l’esperienza di DotEmu con Wonder Boy, il quale punto di forza è la sostituzione della pixel art con le immagini disegnate a mano dallo sviluppatore Lizardcube.

«L’arte dei pixel è stata usata molto nella scena indipendente perché è più facile poterci lavorare. È più rapida, è meglio per l’iterazione, per l’animazione. Per un sacco di motivi ha senso, soprattutto quando hai un budget basso. Fare un’animazione disegnata a mano come è stato fatto su Wonder Boy è molto difficile.  È un affare completamente diverso.»

In passsato il disegno manuale, era qualcosa di impossibile, a causa delle limitazioni tecniche. Ora data la sovrabbondanza di titoli in pixel art, molti professionisti hanno voglia di qualcosa di nuovo e mai visto. Per Imbert, la pixel art di Blazing Chromedà al titolo un chiaro riferimento a classici retrò come Metal SlugContra.

«A volte ha senso che alcuni giochi siano pixel art. C’è stato un processo di riflessione dietro a ciò che sarà il gioco? Perché dovremmo fare pixel art, e come? Perché ci sono molti stili differenti di pixel art, ovviamente. Ma finché si adatta con il genere del gioco, l’universo del gioco, il gioco stesso, ha senso. A volte puoi dire su alcuni giochi che erano solo pixel art di default perché è bello o perché sembra un po’ retrò. Il modo in cui selezioneremo giochi per The Arcade Crew, non importa come appaia, è importante come lo giustifichi, è importante spiegare perché si mostra in questo modo. Qual è stato il processo artistico dietro di esso? »

Quest’ultima è una domanda molto importante, base su cui si svilupperanno i futuri titoli. The Arcade Crew punta a spingere il potenziale di Blazing Chrome, e di tutti i futuri sequel, sfruttando i principali gameshow, a partire dal Game Developer Conference, che si sta tenendo proprio in questi giorni, continuando poi con E3 Gamescom.




Redout: Race faster than ever

Nell’ultima edizione del premio Drago d’Oro a meritarsi il premio come “Miglior gioco italiano dell’anno” è stato un gioco che prende a piene mani dagli arcade racing del passato: parliamo di Redout, ultimo lavoro della casa torinese 34BigThings, che abbiamo intervistato al Let’s Play, proprio in occasione della premiazione. Il team ci ha parlato del titolo come un ritorno alle corse di vecchio stampo arcade, citando come fonti di ispirazione grandi classici come F-Zero o Wipeout.
La software house sta anche ultimando le fasi di porting per le console domestiche Ps4, Xbox One e Nintendo Switch, per le quali il gioco è già pre-ordinabile.
E adesso, analizziamo Redout più nel dettaglio:

Aspetti grafici

Redout gode di una grafica pulita, poco dettagliata ma molto colorata a fare da contorno alle nostre corse. Personalmente, viste le piattaforme a cui è orientato il gioco, avrei gradito che fossero state utilizzate textureshader orientati più al realismo piuttosto che lo stile poligonale che vediamo nel gioco.

Le navi

La “flotta” è suddivisa in 6 case navali, a loro volta distinte in 4 differenti classi sbloccabili gradualmente nel proseguo nel gioco. I concept sono molto originali, guardandoli, trasmettono immediatamente un’idea di futuristico e ipermoderno.
Ogni casa si differenzia dall’altra per parametri tecnici delle navi in scuderia: dalle più veloci alle più deboli, dalle robuste ma difficile da pilotare alle ben equilibrate per i piloti meno esperti, e così via.
Sin da subito le navi possono essere personalizzate sostituendo la livrea e scegliendo tra le varie colorazioni disponibili. Uno dei punti di forza di Redout sono i potenziamenti e i powerups, i quali hanno una funzione fondamentale nel gioco, andando a incidere sensibilmente sulla nostra esperienza di guida.

Gameplay

Redout mostra sin da subito la propria anima arcade, mettendo il giocatore davanti un menù semplice e intuitivo ma al contempo completo e ben realizzato.
Intraprendendo la modalità “carriera” si potrà selezionare una prima nave di classe I, con la quale avremo accesso alle prime gare: si nota fin da subito come le navi abbiano una buona manovrabilità e come ogni competizione risulti dinamica e adrenalinica. Proseguendo e quindi accumulando esperienza, si accrescerà il proprio “livello pilota“, tramite il quale si potrà avanzare negli eventi avendo accesso alle classi più alte delle navi. Qui purtroppo iniziano le prime note dolenti: finalmente dopo svariate gare, e dopo aver accumulato abbastanza esperienza e denaro, si riuscirà a sbloccare la nave di classe III; ma non si avrà il tempo di gridare “FINALMENTE CE L’HO FATTA!” che, da quel momento, si dovrà dimenticare quanto detto finora. Una volta entrati nella classe III, infatti, l’esperienza di guida cambierà radicalmente: sembrerà di essere un vecchietto alle prese con Mario Kart, le navi avversarie andranno in modalità “berserk“, VELOCISSIME:  è vero, anche la vostra nave sarà velocissima e completamente potenziata, ma loro si muoveranno con precisione millimetrica, sembreranno camminare su una monorotaia, non sbaglieranno una, DICO UNA sola curva!
Personalmente mi sono ritrovato a correre solo gli eventi delle prove a tempo, perché alla lunga ripetere le gare più e più volte nella speranza di arrivare al podio rischia di diventare frustrante. A ciò bisogna aggiungere altri fattori che variano nelle fasi avanzate di gioco. Provate, infatti, un po’ a immaginare tutto quel che abbiamo appena descritto sopra applicato a un semplice evento “corsa”: il risultato sarà che la vostra nave sarà – come detto – potentissima, e quindi anche difficile da pilotare, le navi avversarie andranno a velocità da missili terra-aria, i circuiti diventeranno sempre più ostici e tortuosi e, come ciliegina sulla torta, si potrà notare un effetto motion blur, o simile, che diventa talmente eccessivo da infastidire la visuale di guida.

Conclusioni

Sarò sincero, mi sono divertito parecchio giocando a Redout, guidare questi piccoli bolidi dà proprio una bella sensazione, e mi sentirei di consigliare il gioco a chiunque, come me, adori il genere arcade “gravità 0“.
Il gioco gode di molti aspetti positivi: oltre a quelli già illustrati sopra, c’è da porre l’accento sulla colonna sonora, d’effetto e molto esaltante, della quale abbiamo apprezzato i cambi di tono durante i salti e le immersioni, accompagnando ritmicamente il movimento dei veicoli. Anche la varietà dei tracciati e le ambientazioni a tema post-apocalittico hanno il loro grande fascino. Inoltre non sono da sottovalutare le numerose modalità di gara suddivise in “corsa”, “prova a tempo”, “boss”, “a punteggio”, “eliminazione” e tante altre ancora.
D’altro canto, come dicevamo, Redout ha la pecca di non riuscire a mantenere un equilibrio di gioco tra l’utente e quello degli avversari nei livelli più alti, e non offre, al contempo, la possibilità di cambiare livello di difficoltà per ovviare a questo disequilibrio. Questo può costituire un grosso problema, specie per i giocatori meno abili. Infine, non possiamo esprimere un giudizio riguardo la modalità multiplayer, la quale è prevista ma, al momento, risulta completamente deserta, (abbiamo tentato in diverse fasce orarie).

Nulla – quanto rilevato – che una buona patch non possa risolvere.

E ce lo auguriamo, perché il team di 34BigThings ha dimostrato, non solo di meritare i riconoscimenti ricevuti, ma soprattuto di saper lavorare bene, e siamo curiosi di vedere cosa ci riserverà in futuro questo giovane gruppo di sviluppatori.




Intervista a 34BigThings (Drago D’Oro 2017)