Knack 2

Dopo i risultati non troppo esaltanti del primo Knack, Mark Cerny ci riprova: se il primo capitolo offriva poca varietà e un gameplay spesso troppo semplificato, con Knack 2 la musica sembra cambiare: il gioco è migliorato sotto tutti i punti di vista, mostrandosi più divertente, longevo e vario, e avvantaggiandosi anche di un prezzo di lancio più adeguato.

Storie di Goblin e antiche reliquie

Le origini del nostro eroe nel bene e nel male la conoscono ormai in molti: Knack è un essere fatto di antiche reliquie di una misteriosa e antica civiltà messe insieme dal Dottor Vargas, che hanno preso coscienza in un unico essere dai grandi poteri. Nel primo titolo, Knack si erge a paladino dell’umanità contro i Goblin e contro altri antagonisti che minacciano la terra.  La questione qui non è tanto differente: abbiamo una storia adatta alla famiglie, dove gli eroi di turno si trovano nuovamente a dover difendere la terra dal tentativo di dominio dei Goblin, che tornano ancora più agguerriti e in possesso di macchine e robot devastanti. La storia non presenta particolari picchi di originalità, ma scorre lineare e presenta anche una sua discreta solidità, conservando quelli che sono tutti gli elementi tipici del genere, mischiando il tema supereroistico al cartoonesco e non riducendosi a mero pretesto per andare in fondo al gioco: non ci sono particolari colpi di scena, ma il tono leggero risulta piacevole e riesce a offrire svariate ore di svago.

Danzando tra i colori

Non siamo di certo di fronte a un titolo che tende al fotorealismo e, pur non raggiungendo sul piano tecnico le vette di altre esclusive PS4 come Horizon: Zero Dawn o Uncharted 4, Knack 2 offre una grafica di tutto rispetto: l’enviroment è ben curato, ricco di colori, con vari spazi aperti suggestivi e modelli dei personaggi ben studiati, pur adagiandosi su un art-style probabilmente un po’ troppo masticato, elemento che al contrario avrebbe potuto conferire originalità a un titolo da questo punto di vista poco coraggioso. Su PS4 PRO, dove si può scegliere se giocare a 1800p con checkerboard rendering e frame rate variabile, oppure 1080p a 60 fps, il gioco risulta godibile in entrambe le modalità, ma risulta preferibile probabilmente la seconda dove, sacrificando un po’ di risoluzione, si ottiene comunque una buona resa grafica godendo di un frame rate certamente più stabile.

Se quindi sul piano visivo Knack 2 risulta un bel vedere che non va oltre la norma, qualche lode in più può spendersi per il comparto sonoro: le musiche di Anthony Willis, suonate dalla Nashville Scoring Orchestra, risultano molto appropriate ai vari contesti, innestando in temi “eroici” sonorità giocose, in una piacevole alternanza di epico e brioso nella quale la musica si adatta al ritmo dell’azione di gioco e anche al variare della grandezza di Knack, la cui dimensione può andare da 75 cm a circa 10 metri in relazione alle reliquie acquisite. Il doppiaggio italiano risulta ben fatto ed efficace, con voci e intonazioni adatte a ogni personaggio e buone recitazioni che nulla hanno da invidiare a quello originale inglese, confermando che l’ottima scuola di cui gode il Bel Paese nel Cinema ben si adatta anche ai prodotti videoludici.

Agili pesantezze e nuove sfide

Ci sono diverse novità rispetto al primo capitolo anche in termini di gameplay e movenze: il mastodontico Knack si muove più agilmente, la gamma di mosse è più varia, è presente un albero delle abilità da sviluppare nel corso del titolo per potenziare il nostro eroe, le fasi platform sono più numerose e certamente più divertenti; l’inquadratura è rimasta fissa, e la telecamera non presenta problemi neanche quando Knack è alle sue massime dimensioni, risultando invece ben gestita (anche nelle cinematiche: ottima la sequenza a girare quando Knack si introduce nella città dei Goblin con attacco dall’alto). Infine, le fasi action sono migliorate, il gioco non è mai frustrante come accadeva a volte nel precedente capitolo e, pur risultando piuttosto facile per i giocatori più esperti anche al livello di difficoltà massimo, riesce a intrattenere quanto basta chi voglia godersi la storia e, al contempo, giocare a un titolo non troppo impegnativo che mischia l’abilità nelle piattaforme ai combattimenti.
Le modalità non si fermano alla sola Storia: chi abbia infatti completato il gioco, potrà infatti cimentarsi nelle sfide proposte ripercorrendo alcuni livelli del gioco nelle varie modalità: Attacco a Tempo, dove bisognerà completare la sfida entro un tempo massimo, e Attacco Colosseo, che consisterà nel contrastare orde di nemici in un’arena entro un tempo massimo.
Resta inoltre ferma la possibilità di rigiocare i vari livelli alla ricerca dei segreti e delle medaglie che permetteranno di sbloccare tutte le mosse per Knack e le 4 armature colorate che potenzieranno il protagonista conferendogli ognuna un’abilità speciale diversa.
Insomma, molto materiale per un prodotto pensato per intrattenere grandi e piccini, i quali potranno divertirsi giocando anche in cooperativa (altra novità del titolo) e sfruttando lì le combo assenti nel single player. La longevità si attesta tra le 10 e le 15 ore, che variano in relazione a quanto si voglia esplorare e quanti dei numerosissimi segreti si vogliano trovare per ottenere i relativi potenziamenti.

Due, senza tre

Mark Cerny ci ha riprovato, dicevamo, ma forse i risultati non sono quelli che ci si aspettava: nelle intenzioni di Sony vi era fin dall’inizio probabilmente la volontà di creare un’IP di successo che unisse i gamer di ogni età, partendo dai più giovani. Il primo capitolo non ha mai raggiunto i 2 milioni di unità vendute, un risultato tutt’altro che desiderabile in poco più di 4 anni, e il secondo non ha ancora raggiunto le 150.000 unità vendute. Difficile aspettarsi un ulteriore sequel, con questi numeri. Eppure questo Knack 2 non è affatto male: le vendite devono aver sofferto della fama del precedente e di un’accoglienza piuttosto fredda da parte della critica che, se da un lato a buon ragione non lo ha esaltato, d’altro canto lo ha accolto in genere con sospetto, a volte bastonandolo anche eccessivamente in termini di voti proprio in ragione del suo risultare un gioco senza guizzi di sorta, pur presentando oggettivamente pochi difetti. I vizi di dell’IP Sony stanno alla base, e sono quelli che, anche in presenza di un buon prodotto, non le consentiranno di affermarsi nell’immaginario collettivo dei giocatori: Knack è un personaggio piacevole e bonario, ma privo di spessore, un eroe con poca personalità, che risulta a tratti un Frankenstein tenace e un po’ tonto, un braccio armato incapace di infiammare i cuori dei fan. La storia sembrano sempre orientarla gli umani, mentre Knack sta lì a fungere da arma, animato da vaghi ideali di giustizia di cui mostra livello di consapevolezza superficiale e trainato soprattutto dalla fedeltà verso i suoi amici. Non tanto diverso da un cane fedele, insomma, e si capisce bene come di fronte a Nathan Drake, Aloy, Kratos e altri non riesca a stagliarsi nel Pantheon dei personaggi Sony. Altro vizio di fondo è la storia, dicevano, che pur risultando lineare e priva di grosse falle, risulta troppo semplicistica anche per un pubblico giovane più smaliziato e oggi per certi versi più pretenzioso, che faticherà a stupirsi.
Vizi che, come si diceva, indeboliscono un’IP in cui probabilmente Sony non reinvestirà a breve, e che non inficiano però la qualità di fondo di un gioco riuscito, anche grazie all’ottimo lavoro di uno sviluppatore straordinario come Japan Studio, che qua ha svolto un buon lavoro, correggendo i difetti del primo capitolo. Knack 2 è infatti un gioco migliore sotto tutti i punti di vista rispetto al prequel, offrendo tante ore di divertimento rifuggendo la noia e la frustrazione, con ambientazioni varie, un gameplay ben giocabile, con un buon bilanciamento tra action e platform, e, pur non offrendo una grafica memorabile e presentando le maggiori debolezze in termini di screenplay e personaggi, può comunque risultare un buon titolo (dal buon rapporto qualità prezzo, oggi che si trova a 30 €) per tutte le famiglie che vogliano godere insieme alcune ore di divertimento e spensieratezza.

(Si ringrazia Alfonso Sollano per il contributo dato a questa recensione)




Nuove migliorie da parte di Tencent per PUBG per il mercato cinese

Proprio pochi giorni fa è stato annunciato che Tencent (casa di Arena of Valor e Clash Royale, nonché proprietaria di Riot, e del suo LoL, di SuperCell e metà di Epic Games), avrebbe stretto un accordo per pubblicare il gioco di azione multiplayer online PlayerUnknown’s Battlerground proprio in Cina. La pubblicazione, tuttavia, non prevede solo la traduzione dei testi nella nuova lingua, ma ci sarà anche un impatto sui contenuti del gioco stesso, che saranno adattati al contesto culturale.
PUBG sarà decisamente “differente”, per accogliere le preferenze dei giocatori cinesi, ma soprattutto per incorporare la cultura tradizionale sinico.





Il DLC di Breath of the Wild, La Ballata dei Campioni, potrebbe arrivare a Dicembre

Una lista dell’e-Shop ci avrebbe fornito una possibile data di uscita del DLC La Ballata dei Campioni per The Legend of Zelda: Breath of the Wild: il contenuto aggiuntivo dovrebbe essere rilasciato il mese prossimo, dicembre 2017.
Il DLC introdurrà un nuovo dungeon e una nuova storyline inedita. Inoltre, il DLC non potrà essere comprato separatamente e che per poterlo giocare bisognerà comprare il Season Pass del gioco.




Left Alive: nuovo trailer e primi screenshot

Square Enix ha rilasciato un altro trailer e primi screenshot del nuovo survival-action shooter, Left Alive, che arriverà su PS4 e PC nel 2018. Le immagini ci offrono un primo assaggio di personaggi e ambientazioni, un mondo decadente e cupo, permeato dalla guerra.




Svelato Left Alive, nuovo shooter di Square Enix

Square Enix Ltd. ha svelato oggi Left Alive, nuovo action-shooter in arrivo nel 2018 su PS4 e Steam.
Alla creazione del gioco stanno lavorando gli sviluppatori Yoji Shinkawa (già noto per essere il character designer di vari Metal Gear), Toshifumi Nabeshima (direttore della serie Armored Core) e Takayuki Yanase (che è stato mecha designer di titoli del calibro di Ghost in the Shell: AriseXenoblade Chronicles X, Mobile Suit Gundam 00).

Left Alive è stato presentato oggi con un trailer mostrato oggi alla conferenza stampa di PlayStation in Giappone. Ulteriori dettagli verranno svelati Alla fine di questa settimana al Tokyo Game Show 2017.




Open Beta per Raiders of the Broken Planet

Lo shooter asimmetrico Raiders of the Broken Planet sarà lanciato il prossimo 22 settembre. Prima del lancio però i giocatori potranno provare l’open beta e le prime due missioni su Xbox One, Ps4 e Pc.
Enric Alvarez, co-proprietario di Mercury Steam, ha dichiarato «Sono emozionato per tutti i giocatori che finalmente proveranno il prologo. L’open beta è gratis da scaricare e e permetterà ai giocatori di provare le pazze avventure in cui li vogliamo portare. Speriamo  che ognuno si diverta con le prime due missioni e con qualcuno del team che sarà online nel weekend. E non siate tristi di giocare come antagonisti, è bello essere cattivi ogni tanto!»
L’intero prologo sarà disponibile gratis al lancio, mentre la prima campagna costerà all’incirca 10 €. Saranno rilasciate altre tre campagne a intervalli regolari per lo stesso prezzo, e sarà anche possibile scegliere una campagna che da ai giocatori degli inviti per giocare in co-op con i propri amici senza bisogno che loro posseggano il gioco.




Svelata la data di uscita di Yakuza 6

É stata annunciata da Sega l’uscita del capitolo finale della saga di Kazuma Kiryu, Yakuza 6: The song of life, che sarà disponibile dal 20 marzo 2018 sia in versione fisica sia in versione digitale per Ps4.

L’annuncio non si è fermato alla sola data di uscita del gioco: trattandosi dell’ultimo capitolo del videogioco, Sega ha deciso di creare una premium edition contenente 2 bicchieri in vetro decorati con il drago tatuato su Kiryu, 2 cubetti di ghiaccio con sopra raffigurata l’iconica fiamma, due sottobicchieri del clan Tojo e un artbook.

É stato inoltre rilasciato un nuovo trailer del videogioco




Gravity Rush 2

Il mio primo giorno di lavoro estivo: al ristorante, addetto alla sala. Era l’estate del 2007, un’isola nel bel mezzo del Mar Mediterraneo, caldo asfissiante e un pizzico di tregua nemmeno dopo il tramonto. Avevo sostituito il ragazzo che adesso lavorava come barman nel locale situato un numero civico più avanti, coi tavoli piazzati proprio sullo stesso marciapiede in cui erano sistemati i nostri. A fine serata un cliente, un signore distinto dagli occhi a mandorla, turista straniero ovviamente, habitué col senno di poi, mi fa un cenno chiedendomi il conto. Arrivato al tavolo, mi guarda e, molto lentamente, con un marcato e inconfondibile accento giapponese à la Haruhiko Yamanouchi mi fa: «Sapete qual è il problema di voi italiani?». Sorrido imbarazzato e aspetto che continui, sperando in cuor mio di non aver commesso errori, durante il servizio, che potrebbero averlo infastidito e che potrebbero mettere a repentaglio il lavoro appena trovato,  «In Giappone,» prosegue «lavoriamo ogni giorno per migliorarci in ciò che sappiamo fare»; lì per lì non riesco a capire a cosa esattamente si riferisca e mi si dipinge sul volto quell’espressione tipica di attonimento di chi vorrebbe replicare ma non ha ancora colto il senso e però rimane a bocca aperta, in silenzio. Lui, voltandosi per la proverbiale, impercettibile frazione di secondo, posa lo sguardo sul ragazzo che sta lavorando al bancone del locale accanto al nostro ristorante, quel ragazzo di cui io oggi sono il sostituto; poi si rivolge nuovamente a me e continua: «Voi italiani, invece, non vedete l’ora di fare qualcosa di nuovo ogni giorno. Oggi siete qui, domani vi trovate lì.»

Japan Studio, Project Siren, Keiichiro Toyama e il suo Team Gravity: è il 2012 e Gravity Daze (questo il titolo originale), partito come progetto PS3 fa invece la sua apparizione come esclusiva su PS Vita, la console portatile di Sony. Nel giro di pochissimi mesi ne diventa vox populi la killer-app, per quanto il titolo rimanga poco conosciuto in Occidente, viste le scarse vendite della console.
Il gioco, un action adventure in cel-shading che sfrutta appieno le potenzialità del dispositivo, ci introduce a un mondo fantastico e fluttuante nel quale la protagonista – la bella, ingenua e smemorata Kat – si ritrova a girovagare alla ricerca dei propri ricordi in compagnia di un misterioso gatto che, a quanto pare, è causa del potere che le permette di manipolare la gravità e di aiutare i bizzarri cittadini di Hekseville, minacciati da tempeste gravitazionali e sinistre creature, fino a diventarne la beniamina.
Devo dire la verità: prima di cominciare a giocare questo secondo capitolo ho deciso deliberatamente di non provare la remastered per PS4 a cura di Bluepoint Games, ho preferito invece rispolverare PS Vita per rinfrescarmi un po’ la memoria come si deve. A distanza di cinque anni, Gravity Rush rimane un gioco di tutto rispetto, così come la console che lo ospita, che nel tempo è stata – da me – messa da parte in favore dell’handheld di Nintendo (quando si dice che sono i giochi a fare la fortuna di una console e non la tecnologia hardware, come invece in molti sostengono di questi tempi), un titolo, dicevo, ancora in grado di divertire, un gioco che trova la sua giusta dimensione su quella console portatile.

In questo secondo episodio, la storia riprende esattamente da dove si era interrotta, con una Kat catapultata in un nuovo scenario, attorniata da nuovi personaggi e priva dei propri poteri: il pretesto giusto insomma per poter reintrodurre le meccaniche di gioco, a beneficio di chi si approccia per la prima volta alla saga, e nuovi comandi sul controller della Playstation 4 per chi invece, come me, proviene da un’esperienza su portatile.
Ed è proprio qui che nascono le prime perplessità: i comandi sembrano essere peggiorati rispetto al predecessore, se non fosse che effettivamente è possibile regolare/disabilitare alcune funzioni assegnate al controller, si direbbe comunque che non è stato fatto alcun passo avanti in tal senso. Man mano che Kat va riacquisendo poteri e abilità durante il primo e il secondo capitolo della storia ci si rende conto di quanto possa diventare sempre più frustrante – specie poi nelle fasi avanzate di gioco – gestire i movimenti a mezz’aria della protagonista, che di libertà ne ha veramente tanta visti i poteri di cui dispone. Complice di tale, annunciato disastro è una telecamera anch’essa per nulla migliorata rispetto al primo episodio, che ci darà del filo da torcere durante le 20 ore abbondanti in cui si svolge la parte principale della storia. La narrazione, a causa di alcune ingenuità in fase di scrittura, come ad esempio il dar per scontato molti degli eventi accaduti in Gravity Rush o durante i quasi venti minuti dell’anime Ouverture – pubblicato gratuitamente sul canale Youtube di Playstation un mese prima del lancio, doppiato nello stesso idioma di fantasia che caratterizza i dialoghi del gioco e sottotitolato anche in lingua italiana – non tende certo all’eccellenza e, pur ribadendo i buoni spunti che caratterizzavano il primo episodio, li riduce a una a tratti sbiadita imitazione.

Ma veniamo ai lati positivi: a partire dall’eccellente realizzazione artistica, ispirata tanto a Mœbius quanto a certe produzioni manga, continuando per le sublimi animazioni e la straordinaria colonna sonora, un framerate piuttosto stabile, una rosa di missioni secondarie, sfide, cacce al tesoro, un sistema di potenziamento delle abilità accompagnato dall’uso di speciali talismani che più in là nel gioco possono anche essere fusi fra loro per crearne di nuovi, aggiungendo così una buona dose di personalizzazione ai propri poteri, non dimenticandoci inoltre di una modalità foto migliorata, dell’implementazione delle gestures, dei costumi (quello di 2B direttamente da Nier: Automata su tutti), del DLC gratuito che espande la storia e ce la fa vivere dal punto di vista di Raven, dei sempre piacevoli dialoghi in stile fumetto in parallasse e di alcune memorabili bossfight, risulta evidente che gli aspetti di rilievo di questo titolo non sono certo pochi. Lodevole è anche lo sforzo fatto per rendere un po’ meno ripetitive alcune di queste attività, se si gioca con una connessione a internet attiva, dando la possibilità di poter sfidare e raccogliere sfide, giudicare scatti fotografici e a nostra volta venire giudicati dagli amici o da simpatici sconosciuti.

Jirō Ono è un arzillo vecchietto di 92 anni. Il suo piccolo ristorante conta meno di dieci posti a sedere e per poter gustare il suo menu 3 stelle Michelin bisogna prenotare mesi prima e avere in tasca almeno 300 dollari in contanti. Sin dall’età di 9 anni si sveglia ogni mattina con un solo proposito: migliorare il proprio sushi.
Ciò che accomuna il grande chef di Tokyo e i membri di Project Siren  oltre al non essere italiani – è la minuziosa dedizione al proprio lavoro. Probabilmente, offrendo a questi ultimi l’opportunità di migliorare quegli aspetti che non hanno del tutto convinto in Gravity Rush 2, sono certo che i prossimi capitoli potranno tendere naturalmente ad avvicinarsi di più a quell’idea di perfezione che ogni buon giapponese insegue.




Alienation

La Housemarque produce da anni titoli twin-stick arcade molto curati, e giochi stimolanti come Dead Nation e Resogun hanno avuto molto successo, ed è per questo che gli appassionati del genere non potevano che attendere con trepidazione la release di Alienation.
Alienation non è solo un eccellente shooter arcade, ma è un titolo nel quale gli elementi rpg  sono gestiti in pieno stile Housemarque, ovvero in maniera eccelsa. Ora vi illustrerò perché, a mio parere, questo gioco dovrebbe essere considerato un must-have.

I cugini di X-com

Vorrei iniziare dal suo più grande difetto, che è la totale assenza di originalità. La Terra è attaccata dagli alieni, e voi fate parte di un’unità speciale che deve fare il lavoro sporco nel corso di una serie di missioni per respingere l’assedio extraterrestre. Abbiamo troppo spesso visto in altri giochi come X-COM questo tipo di storia ma, a differenza di quest’ultimo, qui la trama viene raccontata tramite audiolog e schermate di caricamento, tenendo sempre a una certa distanza il giocatore in termini di coinvolgimento. Alienation si gioca esclusivamente per il gusto della frenesia, ed era ovvio che la Housemarque concentrasse tutto sull’azione e gameplay.
In Dead Nation il meccanismo di gioco portava a un rilascio graduale di nuove armi, ma Alienation si basa più su un sistema rpg vecchio stampo; durante le missioni si può giocare da soli o in co-op, si ottiene più o meno bottino per sviluppare le proprie abilità attive e passive. Per la prima missione è possibile scegliere tra tre classi, ognuna caratterizzata dal proprio stile e albero d’abilità: lo specialista biologico, il Sabotatore e il Tank. i diversi stili di gioco forniscono più varietà nel gameplay, cosa che dà la possibilità di giocare la partita tre volte godendo ogni volta di un’esperienza diversa.

RPG: old, but gold

Lo Specialista Biologico possiede tutti i tipi di tecniche per aiutarlo nella lotta; l’abilità più importante è che questi può ricostituire la salute di tutta la squadra con la semplice pressione di un pulsante, e può anche avvelenare gli alieni o distruggerli con uno sciame di nanomacchine. Il Sabotatore ha una splendida abilità che gli permette di creare un attacco aereo devastante quando la squadra è circondata da nemici. Ultima, ma non meno importante, classe d’eccellenza è il Tank, utilissima per andare in prima linea. La sua abilità principale consiste nel creare uno scudo per tutta la squadra. Tutte le abilità hanno la possibilità di svilupparsi grazie ai punti che si ottengono “livellando”.

Le abilità passive sono uguali per tutte le classi, ma sta a voi trovare maggiore efficienza nella distribuzione per ognuna. Il sistema offre la scelta di concentrarsi su un’abilità o operare un’equa spartizione tra le attive e le passive, dando la possibilità di rendere il personaggio più eclettico. Si tratta di un sistema RPG raffinato con un albero delle abilità non troppo profondo, ma che funziona bene.
Questo aspetto si riflette anche nelle armi: giocando le varie missioni, si guadagnano nuove armi e, più alto è il livello di difficoltà, migliori sono le ricompense. L’armamentario del gioco è piuttosto esteso, in quanto svaria tra SMG, lanciafiamme, vari fucili, lanciamissili e altro ancora. Queste armi possono essere equipaggiate con degli aggiornamenti alle statistiche che si trovano nel mondo di gioco. Ciò incentiva al proseguimento della storia e all’esplorazione dei livelli.

Procedurale che non stanca

Quando, più avanti nel gioco, si vorrà scegliere un livello di difficoltà più elevato, ci si potrà accorgere quanto le prime 15-20 ore di gioco possano essere servite come tutorial. I livelli già incontrati non saranno mai gli stessi poiché la proceduralità creerà sempre diverse sotto missioni, alieni o ostacoli differenti: ciò porta i giocatori a dover fare molta pratica, non avendo la possibilità di attingere allo schema del livello “a memoria”. Esistono inoltre, tra le possibile missioni secondarie, la possibilità di affrontare mini boss, strutturati perfettamente come i mostri elite di Diablo 3, ognuno dei quali avrà degli status atti a fortificarli, ogni volta generati casualmente. Il contenuto metagame pare più sostanzioso rispetto al resto del gioco, fattore che regala una discreta longevità.

Frenesia senza confusione

Molto spesso si ci troverà a usare il multiplayer co-op (il matchmaking funziona perfettamente fortunatamente) poiché si ci renderà conto che il numero di nemici sorpassa nettamente la vostra potenza di fuoco. In Dead Nation accadeva a volte che l’azione risultasse un po’ caotica; Alienation consente numerose personalizzazioni sul personaggio, dal cambio di colore dell’armature o del laser, consentendo sempre di capire quale sia la posizione anche nei momenti di mischia. Riassumendo, il gameplay, le possibilità e le varietà supplementari nelle combinazioni sono sublimi, così come l’esperienza di gioco. Lo stesso si può dire per la qualità audio-video.

Niente è così soddisfacente nel gioco come eseguire un attacco aereo di successo, assistendo successivamente allo smembramento ben realizzato del gruppo di alieni appena massacrati. Ottimi particellari dipingono lo schermo regalando molta soddisfazione ai vostri occhi. Poi, naturalmente, c’è il suono, che si rende spesso protagonista del gioco: le armi hanno un suono forte e chiaro, come dovrebbe essere in tutti i titoli del genere. Non mancano neanche i colpi di classe, sul piano sonoro, come nel caso della ricarica della propria arma, della quale si può sentire il rumore attraverso l’altoparlante del proprio joypad. Gli effetti in termini di grafica e audio sono ben realizzati, senza tralasciare la colonna sonora, che si abbina perfettamente l’avventura.

Conclusioni

La Housemarque con Alienation ha ottenuto un ottimo risultato in termini di gioco. Un titolo che fornisce ore di divertimento, di cui si apprezza ogni secondo, soprattutto la dinamica di gameplay mentre si cercano ovunque orde di alieni e nuovi bottini per sviluppare il nostro personaggio. L’azione e la giocabilità sono “ricercate”, rendendo il tutto una gioia per l’esperienza. Aggiungete il fatto che difficilmente si trovano bug e difetti, lasciando l’esperienza sempre godibile sia in modalità solista che in co-op.
Concludendo, possiamo definire Alienation un must nel genere sparatutto arcade twin-stick, un titolo che mi sentirei di consigliare a tutti gli appassionati del genere.




Darksiders III: analisi del gameplay

Dopo l’annuncio ufficiale, è arrivato anche il primo gameplay di Darksiders III, terzo capitolo della saga che vede come protagonisti i Cavalieri dell’Apocalisse. Sotto la guida artistica di Joe Madureira, la serie Darksiders è riuscita pian piano a conquistare pareri favorevoli da parte di critica e pubblico grazie a uno stile unico nel suo genere. Dopo Guerra e Morte, ora tocca a Furia cercare di riportare ordine nel caos tra Paradiso e Inferno.
Il video di IGN mostra un titolo ancora in pre-alpha ma capace già di far chiarezza sulle direzioni intraprese riguardo il gameplay e il comparto tecnico-artistico.
Vediamo più nel dettaglio quali sono e quali potrebbero essere le novità apportate.

Io sono Furia

La caratteristica essenziale in un titolo che prevede più protagonisti è la loro caratterizzazione, sia estetica che narrativa. Per ora possiamo osservare solo il primo aspetto, in quanto ancora si sa poco o nulla del background narrativo di Furia. I primi elementi che saltano all’occhio sono la sua armatura (anche se si prevede una certa personalizzazione dell’equipaggiamento) e il suo look, con lunghi capelli in perenne movimento, che ci permettono di farci un’idea del suo carattere: una donna forte, una guerriera, quasi una femme fatale, con un possibile passato burrascoso.
Salta inoltre all’occhio il suo stile di combattimento, che sembra unire le peculiarità dei protagonisti precedenti: l’agilità di Morte e alcuni moveset di Guerra nonostante la nostra eroina impugni un lunga frusta invece di Divoracaos, lo spadone del cavaliere del destriero rosso.

Nomen non omen

Passando alla parte principale del video, ovvero il puro gameplay, notiamo delle caratteristiche familiari: un mondo vasto e aperto da esplorare e soprattutto una vasta gamma di nemici da affrontare.
Il periodo sembra contemporaneo a quello che ha visto Morte protagonista nel secondo capitolo, con Guerra nel frattempo imprigionato dall’Arso Consiglio. Le vicende quindi si svolgerebbero prima di Darksiders, il che sembra confermare il progetto iniziale: un capitolo dedicato a ognuno dei Quattro Cavalieri e uno finale, diretto sequel del primo titolo.
Le mappe mostrateci ricalcano quanto già visto, ma con la novità di poter sfruttare piccoli passaggi di collegamento tra le diverse aree. Questo è dovuto alla caratteristica di Furia di potersi rannicchiare per potersi intrufolare in condotti o cunicoli vari, il che si presterebbe a sezioni di natura stealth, ma questa è solo una congettura.
Ovviamente è la frusta la vera protagonista: in questo video il suo moveset sembra abbastanza limitato, sicuramente ampliabile, ma con caratteristiche che non solo la rendono adatte a fendere, ma anche utile a fini esplorativi e di mobilità come, per esempio, il potersi aggrappare a sporgenze, dondolare e raggiungere la parte opposta. Un po’ come Indiana Jones.
In aperto combattimento i nemici sono tanti e diversi tra loro, per cui servirà un approccio specifico. L’agilità di Furia pare essere ottimizzata per effettuare rapide schivate dato che non sembra esserci alcun modo per pararsi. Per adesso i combattimenti mancano di quella frenesia sfoggiata dai primi capitoli, avvicinandosi più verso caratteristiche dei Souls in tal senso. Altra caratteristica interessante è che i nemici sembrano essere coerenti con l’ambiente di gioco. Ad esempio, creature simil-granchio le troveremo soltanto in prossimità di ambienti ove è prevista acqua, e insetti solo vicino ai propri nidi, ma servirà ulteriore approfondimento da questo punto di vista.
Purtroppo non sono state fatte vedere altre armi e soprattutto le abilità magiche della protagonista, cosa di cui si ha certezza anche dalla presenza di una seconda barra di colore azzurro oltre a quella dedicata alla vita.
Alla fine del video ci sarà anche una boss fight, Sloth – il Signore delle Mosche. È una lotta in più fasi e con la possibilità di stordire l’avversario. Si nota una certa tendenza a rendere il tutto più coreografico ma in alcuni momenti la telecamera di certo non aiuta.

Bello, ma non bellissimo

Ricordando che si tratta pur sempre di una pre-alpha, il lato artistico non sembra discostarsi tanto dai precedenti capitoli. La paura più grande è che per via della mancanza di direzione da parte di Joe Madureira, non più presente nel nuovo team di sviluppo, si perda un po’ di quella magia che ci aveva accompagnato sulla Terra post-Apocalisse. Per quanto si è potuto vedere, la coerenza artistica è presente, forse troppo, lasciando l’impressione che magari si sarebbe potuto osare un tantino.
Il salto generazionale sicuramente si vede: la mole poligonale è certamente aumentata, così come sono migliorate la risoluzione di texture e l’utilizzo di shader e materiali. Purtroppo non si ha parvenza di luci dinamiche ed effetti post-processing. Il risultato è che, se da un lato appare sicuramente più bello da vedere nel complesso, dall’altro si mostra il fianco a deficit sicuramente dovuti alla prematurità della release, ma anche al basso budget messo a disposizione per Gunfire Games, sviluppatori del titolo.
Da migliorare sicuramente anche il comparto animazioni, a volte un po’ slegate tra loro, e la telecamera, che a volte manca il bersaglio e varie compenetrazioni poligonali. Ma questi sono problemi sicuramente dovuti alla gioventù della release.

In conclusione

La visione del primo gameplay di Darksiders III ha lasciato più dubbi che certezze. Sicuramente lo sviluppo travagliato, il fallimento della casa madre (THQ) e innumerevoli problemi finanziari stanno minando un po’ il progetto. Ma la fine del 2018 (periodo previsto di rilascio) è ancora lontana, per cui rimaniamo in attesa di novità e miglioramenti già a partire dall’E3 di giugno.