Intellivision Amico: impressioni a caldo

In questa rubrica abbiamo già visto il Polymega, una console di prossima uscita dedicata esclusivamente al retrogaming e al recupero dei vecchi giochi, sia tramite cartucce e dischi (la cui macchina estrarrà le immagini) sia tramite uno store online da lanciare nel tardo 2019. A percorrere quasi gli stessi binari della nostalgia, Tommy Tallarico, famoso compositore che per ha lavorato nell’industria videoludica per titoli come Aladdin per Sega Genesis, Terminator per Sega CD, Cool Spot e Metroid Prime, ha comprato nel Maggio 2018 gli asset di Intellivision Production di Keith Robinson, precedente detentore venuto a mancare l’anno scorso, fondando la nuova Intellivision Entertainment e, giusto qualche giorno fa (22 Ottobre) è stato lanciato un trailer per l’Intellivision Amico, una console, a detta del suo nuovo CEO, rivolta a tutta la famiglia, una macchina che propone giochi per ogni tipo di giocatore e non solo gli hardcore gamer. Sul nuovo sito di Intellivision Entertainment è possibile vedere tutti i dettagli della macchina (che a breve discuteremo); ma prima di buttarci a capofitto sulle novità, diamo prima uno sguardo alla precedente console di seconda generazione, giusto per ripercorrere la storia di questo marchio spesso dimenticato ma molto importante.

Meravigliosa creatura

L’originale Intellivision, prodotto da Mattel Electronics, fu lanciato nel 1980, previo test market a Fresno, in California nel 1979, introducendo sul mercato una marea di innovazioni all’avanguardia (forse anche troppo) per i suoi tempi, feature e capacità che avremmo visto anni o addirittura decenni, più tardi: per prima cosa, Intellivision è stata la prima console con processore 16bit in grado di dare alla macchina, sul piano grafico e sull’azione, un vantaggio decisivo contro la concorrenza, sottolineato tramite un’aggressiva campagna marketing, che poteva permettere l’inserimento dell’Intellivoice Voice Synthesis Module, un add-on esterno in grado di poter dare ad alcuni giochi delle vere e proprie tracce vocali digitali da ascoltare durante il gameplay; Intellivision è stata la prima macchina a puntare direttamente agli appassionati sportivi, proponendo all’interno della sua ottima libreria, che offriva titoli innovativi come Utopia e Advanced Dungeon and Dragons: Cloudy Mountain che gettarono le basi, rispettivamente, per i generi god simulator e avventura, i primi giochi su licenza delle varie federazioni sportive americane, come MLB, NFL, NBA, NHL, ect.; inoltre (e questo è veramente una feature più volte ripresa nel tempo ma decollata soltanto negli anni 2000) è stata la prima macchina a fornire una distribuzione digitale, tramite cavo televisivo, con il suo add-on Playcable, una qualità, ad oggi, immancabile nelle console moderne. Unico suo punto a sfavore era forse il poco intuitivo controller, direttamente saldato all’interno della console e dunque non sostituibile, che presentava un dischetto metallico, simile ma non uguale a una croce direzionale, che si sostituiva al joystick e che dava al giocatore ben 16 (eccessive) direzioni, quattro tasti principali sui lati e una tastiera numerica, simile a quella di un telefono, sulla quale era possibile attaccare degli overlay di cartone sulla quale erano spiegate le funzionalità di ogni singolo tasto per un determinato giochi; dunque, tenendo anche conto del fatto che il dischetto direzionale funziona anche come tasto se premuto al centro, ci sono ben 17 tasti, veramente troppi per una console di questa generazione. Fra pregi e difetti, possiamo senza dubbio dire che è stata una console veramente all’avanguardia, sia sul piano tecnico che sul piano marketing, ma fra Colecovision, Magnavox Odyssey2, Atari 5200 (che si dava battaglia da sola per rimpiazzare l’obsoleta Atari 2600 che, paradossalmente, era ancora la console che vendeva di più) e i nuovi PC casalinghi, l’Intellivision era una goccia d’acqua nell’oceano della competizione.
Successivamente, nel 1984, per limitare le perdite, Mattel fondò Intellivision Inc., tramutata in seguito in INTV Corporation, che continuò la distribuzione della console, adesso chiamata appunto INTV e la produzione di giochi e console, il tutto distribuito esclusivamente via posta ed esente dal marchio Mattel, fino al 1990, anno in cui Nintendo e Sega approcciarono i loro uffici per fermarne la produzione. Anche se meritava molto di più, Intellivision se ne uscì con oltre 3 milioni di console vendute in tutto il mondo e più in là, a testimonianza dell’amore e dell’innovazione portata da questa macchina, sotto la nuova Intellivision Production fondata da Keith Robinson nel 1997 furono licenziate diverse collection, fra PC Windows e console e addirittura l’Intellivision Flashback di AtGames, una retro-console plug and play per poter riscoprire una buona manciata di giochi. Intellivision è stata senza dubbio una console che ha saputo farsi spazio nei cuori della community.

Un nuovo Amico

Il marchio e il prestigio di Intellivision è sopravvissuto fino a oggi, anno in cui Tommy Tallarico ha comprato le possessioni di Keith Robinson e ha rilanciato l’intera azienda sotto il nome di Intellivision Entertainment mettendosi al capo. Ed è così, come un fulmine a ciel sereno, appare Amico, la nuova console Intellivision che verrà lanciata il 10 Ottobre 2020 (fate caso a 1010 2020! Piccoli stratagemmi per ricordare certe date, un po’ come Sega Dreamcast fece per il suo 09/09/1999) per un prezzo di lancio fra i 149 ai 179$. Vediamo un po’ cosa offre questa nuova console che propone caratteristiche veramente fuori dal comune.
Innanzitutto la macchina detta una regola tanto interessante quanto rigida, ovvero “2D only”: ebbene sì, la macchina conterrà un avanzatissimo chip in grado di offrire la migliore grafica 2D sul mercato. La macchina sarà ovviamente in grado di connettersi a internet via wi-fi, dove potremo accedere allo store online per acquistare i software aggiuntivi, che saranno esclusivamente digitali, giocare online, vedere le classifiche all’interno dei singoli giochi e partecipare a tornei. Per il resto, nella console, ci saranno delle porte USB, uscita HDMI, delle luci al led che cambieranno colore con le interazioni con i giochi e il sito Intellivision Entertainment parla anche di un “System Expansion Interface”, forse un qualche futuro add-on, chissà. I controller wireless presentati ricalcano la forma di quelli originali, dunque ci sarà un dischetto (che però stavolta sembra funzionare di più come un d-pad), i quattro tasti sui lati del controller e verranno aggiunti inoltre microfono, speaker, vibrazione, sensori giroscopici e sarà possibile ricaricarli sulla base della console; la più grande innovazione, però, è senza dubbio il touchscreen integrato che sostituirà il tastierino numerico, e magari riuscirà a restituire, forse, quel concetto pensato originariamente per l’Intellivision che ai tempi non funzionò benissimo per via della tecnologia poco avanzata. Sarà possibile inoltre collegare alla console i propri smartphone via app dedicata in assenza di controller originali Amico (fino a otto giocatori). Per ciò che riguarda i software, che non andranno oltre la classificazione ESRB 10+, non solo saranno esclusivamente in 2D ma saranno tutti esclusive Amico, sottolineando anche che la console non ospiterà porting, DLC o microtransazioni e che i prezzi varieranno da un minimo di 2,99$ a un massimo di 8,99$. Momentaneamente, sempre sul lato software, si parla di classici re-immaginati, dunque vecchi titoli che vedranno un upgrade grafico, sonoro, nuovi livelli, modalità multiplayer locale, online e molto più: questi verranno presi dalla libreria Intellivision, Atari, iMagic, famoso third party dei tempi e altri titoli arcade come Super Burger Time, Moon Patrol, R-Type, Toejam & Earl e molti altri. La console, al momento dell’acquisto, avrà alcuni classici inclusi ma sono stati promessi oltre 20 nuovi titoli per il lancio.

Amico o Nemico?

Il team di Intellivision Amico è composto da gente veramente competente: come abbiamo già detto, Tommy Tallarico sarà il CEO di Intellivision Entertainment, mentre al suo fianco troveremo i produttore Jason Enos, veterano dell’industria che ha lavorato in ben oltre 100 progetti fra Sega, Konami, E.A. e Namco, Phil Adam, Mike Mika, Perrin Kaplan, altra veterana che si occupò dei lanci di Super Nintendo, Nintendo DS, Wii, Gamecube e N64 (e che ovviamente si occuperà del lancio di Amico), Beth Llewelyn alle pubbliche relazioni, altra veterana Nintendo con ben 12 anni di carriera alle spalle, David Perry e Scott Tsumura come special advisor, il co-fondatore di Intellivision Steve Roney, Bill Fisher, altro programmatore dipendente dell’originale Intellivision, André Lamothe, specialista hardware che ha persino avuto esperienza alla NASA, Emily Rosenthal per ciò che riguarderà le comunicazioni e gli eventi e Paul Nurminen, attualmente l’host del Intellivisionaries podcast.
Come possiamo ben vedere, la nuova Intellivision Entertainment sta tracciando delle chiarissime linee direttive, a ben due anni di distanza dal lancio, con chiarissime idee su ciò che saranno i loro giochi, come verranno giocati, che aspetto avranno e persino quanto dovranno costare. Tommy Tallarico ha espressamente detto:

«Vogliamo creare una console che i genitori vorranno comprare, che non gli venga indicata dai figli».

Ha anche rivendicato come l’industria, oggi, si concentri solo sugli hardcore gamer, tenendo fuori tutta quella fetta di pubblico che non gioca regolarmente coi videogiochi o, semplicemente, non ne sono attratti; Intellivision Amico dovrà essere una console rivolta a tutti, uno di quei dispositivi da accendere durante le feste a casa con amici e parenti per passare delle sane ore di gaming accessibile a tutti, un po’ come avvenne per Nintendo Wii – se è per questo, riflettendo, il nome di questa console rimanda proprio al suo significato italiano, amico, una console simpatica che può entrare nel cuore di tutti –. Sebbene ci sia un solidissimo team esperiente alle spalle dell’Intellivision Amico, ci sono alcune qualità che non ci entusiasmano, anzi, ci sembrano dei veri e propri diktat: per quanto interessante e audace possa sembrare una console che proporrà esclusivamente giochi in 2D ciò escluderà a priori tutti quei produttori che potrebbero realizzare titoli in 3D, anche con un forte richiamo nostalgico; in poche parole, non vediamo il motivo per cui il 3D, moderno o retrò che sia, debba essere bandito dalla libreria a priori; avere una console che si distingua nel mercato, esattamente come succedeva fra Super Nintendo e Sega Mega Drive nella quarta generazione di console, è sicuramente un fattore positivo ma bisogna anche trovare delle vie di mezzo, dei compromessi vitali per una buona immissione nel mercato. La scelta di creare giochi esclusivi per Intellivision è certamente interessante ma può comunque essere una lama a doppio taglio. L’industria vive di porting e di titoli multipiattaforma e, se è per questo, alcuni di questi titoli hanno contribuito a lanciare alcune console di nuova generazione. Pensiamo proprio a Shovel Knight, uno dei titoli più solidi per il lancio di Nintendo Switch (aiutato, ovviamente, al rilascio della campagna interna Specter of Torment) e che potrebbe essere assente dal parco titoli di  Intellivision Amico, una console che al meglio potrebbe valorizzare un gioco dai toni retrò come questo. Il concetto di esclusiva e ancora vivo e funzionante ma i porting e i titoli multipiattaforma sono decisamente vitali per la sopravvivenza di una console, anche in una visione di cross-play, caratteristica che a oggi diventa sempre più un must per alcuni titoli che offrono un multiplayer online. Come potranno mai approcciare le third party verso un sistema così esclusivo? Prendendo il caso di Shovel Knight: Yacht Club Games dovrà produrre da capo un nuovo titolo della saga oppure rimappare la grafica con una più moderna, per sfruttare al meglio le specifiche di questo nuovo chip 2D rendendolo esclusivo per l’Intellivision Amico senza poterlo rendere disponibile per PC o le restanti console?
Tommy Tallarico ha sottolineato che l’obiettivo della console sarà considerare ogni persona, far sì che le persone approccino ai videogiochi ma è molto difficile attuare un piano simile senza almeno far salire a bordo anche i giocatori più assidui che compongono la più grossa fetta del mercato, anche in una prospettiva di marketing in cui, gli ormai decisivi, “influencer” di YouTube o Twitch non si troveranno invogliati a  giocare con Intellivision Amico, oppure potrebbero produrre una sorta di “product placement forzato”. Neppure Nintendo, ai tempi dell’accessibilissimo Wii, ha escluso i giocatori più assidui, tanto è vero che quella console, insieme ai tantissimi party game per i giocatori più casuali, ha anche tanti altri titoli per gli hardcore gamer: basti citare i diversi titoli di Resident Evil su Wii, MadWorld, House of the Dead: Overkill, No More Heroes e molti altri poco “family friendly”.
Attrarre i giusti developer e avere una buona linea di lancio è spesso la chiave per il successo di una console ed è difficile che potranno costruire la loro fortuna su un parco titoli per console di seconda generazione; tutto si giocherà su quei 20 titoli esclusivi brand new non ancora annunciati. Non dimentichiamo poi i prezzi accessibili del software: quali saranno gli accordi dietro alla vendita di un gioco così a buon mercato? Quali saranno i vantaggi dei developer che intenderanno investire nel sistema e quali quelli di Intellivision Entertainment? Dietro al team di Amico c’è un team veramente competente e pertanto crediamo che ci sia ancora molto che non è stato ancora detto; tuttavia la politica sulle esclusive è probabilmente da rivedere e se Amico ospiterà solamente giochi esclusivi e allora bene che questi siano veramente eccellenti e che possano essere in grado di fronteggiare i modernissimi giochi proposti da Sony, Microsoft e Nintendo. Sperando che il tutto non sia un “Davide contro Golia”, speriamo che Intellivision Entertainment offrirà in futuro più dettagli riguardo ai giochi di lancio, sulla politica delle esclusive, che a noi sembra fin troppo restrittiva e sulle potenzialità di Amico. Non possiamo fare altro che seguire la pagina di Intellivision Entertainment su Facebook e iscriverci al canale YouTube. E voi farete entrare questo nuovo Amico a casa vostra?




Slitta l’uscita del Sega Mega Drive Mini

Mentre Sony ha annunciato nelle scorse ore l’uscita di PlayStation Classic (che uscirà il 3 dicembre 2018), Sega ha al contempo reso noto il ritardo del lancio del Mega Drive Mini al 2019.
Sega aveva dichiarato ad aprile che il rilascio della mini console sarebbe avvenuto entro la fine del 2018.
La ragione di tale ritardo è da attribuire principalmente alla richiesta in territori al di fuori del Giappone e su ulteriori lavori di design dell’hardware e sul software, che hanno richiesto l’ingrandimento del team di sviluppo con nuovi talenti esperti nello sviluppo.




La grande guerra: Sega Genesis vs Super Nintendo

La rivalità fra Nintendo è Sega non è cosa nuova. Sin dalla nascita delle due compagnie queste sono sempre state in un modo o nell’altro antagoniste l’una dell’altra. Già negli Anni 80 Sega rispondeva a Donkey Kong con Congo Bongo, al Famicom con la serie SG-1000, prima col Mark I, Mark II e poi col Mark III che poi divenne il Master System al di fuori del Giappone, e così via. Le vendite del Master System furono buone ma, anche se in alcuni paesi divenne più popolare del Nes, non erano minimamente comparabili alle vendite totali della controparte. Su questa base Sega mise le fondamenta sulla quale lanciare la sua nuova console a 16, il Sega Mega Drive o Genesis in Nord America. Da ora in poi adotteremo il termine Genesis e relativi termini americani visto che la vera battaglia, sulla quale Sega basò le sue strategie di mercato, fu più propria del Nord America.

Genesis vs Nes

Con l’uscita del nuovo hardware Sega, basato sul sistema arcade Sega System 16, Sega riuscì ad ottenere l’attenzione dei giocatori. Il nuovo sistema prometteva una grafica superiore al Nes, un migliore sonoro ottenuto dalla sintesi FM ed una giocabilità comparabile alla qualità arcade. Questa fu la prima strategia adottata da Sega per vendere il suo Genesis: portare i giochi da salagiochi a casa e superare il muro che separava mercato casalingo dal mercato arcade. La strategia all’inizio sembrò andar bene, spinta anche dal fatto che la console, al lancio, fu venduta in bundle con Altered Beast, un gioco arcade niente male ed in grado di sottolineare la differenza fra il Nes ed il Genesis. Tuttavia i giocatori non erano ancora convinti della nuova macchina a 16 bit di Sega; l’uscita di Super Mario Bros 3 fece capire a Sega come i giocatori fossero ancora attratti dall’ormai vecchio Nes ed anche se le arcade fossero ancora il punto di riferimento tecnologico per la comparazione degli hardware questi non servivano a nulla se un gioco casalingo, seppur con una grafica mediocre, fosse divertente ed adatto alle case. Tuttavia, già a questo punto, il Genesis aveva comunque una solida fanbase; nonostante Mario fosse insuperabile a casa non si può negare che la linea di titoli iniziale del Genesis fosse comunque competitiva. Non dimentichiamo anche che molte 3rd party cominciavano ad interessarsi alla nuova console Sega per via delle sue caratteristiche superiori e in cerca di nuovi accordi commerciali meno rigidi di quelli di Nintendo; già nel 1989 Capcom mise sulla nuova piattaforma Sega il suo Ghouls’n Ghost, sequel di Ghost and Goblin, sorprendendosi della la facilità di programmazione, quanto fosse bello sviluppare per il mercato casalingo dei giochi così simili alle arcade e quanto fosse buono il loro nuovo accordo con Sega. Il coinvolgimento di molte celebrità sportive, come il pugile James “Buster” Douglas, il giocatore di football Joe Montana, il golfista Arnold Palmer, aveva già attirato a se una fascia poco considerata nella vita del Nes, ovvero gli appassionati dei giochi sportivi, e sottolineò come il Genesis avesse già attirato a se una fascia di pubblico più adulta. Michael Jackson Moonwalker fu uno dei titoli più discussi e diede al Genesis una attitude che assunse per tutto il suo ciclo vitale. La discussione sulla qualità della libreria di titoli rispetto un’altra giaceva spesso su un punto morto: il Genesis ha 16 bit, il Nes solo 8. Con l’assunzione di Tom Kalinske nel 1990 come CEO di Sega of America furono lanciate in TV delle nuove pubblicità aggressive e dirette a Nintendo che miravano a sottolineare l’arretratezza tecnologica del Nes. Il nuovo slogan “Genesis does what Nintendon’t” parlava chiaro e la console si aprì verso quella fascia di pubblico cresciuta sì col Nes ma che ormai era grande ed andava al liceo. Il Genesis poteva dar loro giochi sportivi, giochi d’azione, giochi puzzle, porting dei giochi presenti in arcade, in poche parole giochi adatti alla loro personalità. L’ultima cosa che mancava era una mascotte in grado di poter competere con Mario, icona dei videogiochi e che sembrava essere imbattibile.

Una nuova nemesi

In tutto questo Nintendo non era assolutamente sprovvista. Il Nes durò ben oltre le loro aspettative ma, come anche le campagne pubblicitarie sottolineavano, era arretrato ed era ora di lanciare il nuovo sistema a 16 bit, in grado di poter competere col Sega Genesis. La nuova macchina Nintendo aveva una palette di colori più ampia del Genesis, un vero sonoro 16 bit digitale e la nuova grafica Mode-7 che permetteva al background di essere rotato e scalare di dimensioni dando la sensazione di un 3D rudimentale. Ne sono esempi i primi giochi come Pilotwings, in cui il giocatore può buttarsi da un aeroplano col paracadute, ed F-Zero in cui il mondo ruota attorno alla macchina da corsa futuristica. In tutto questo, dopo 3 giochi di successo della saga di Super Mario, ci si poteva solo aspettare che la nuova console Nintendo doveva essere in bundle con un nuovo gioco dell’idraulico più famoso al mondo. Kalinske aveva bisogno di un personaggio non solo carismatico ma che rappresentasse anche la cultura giovanile dei tempi e che potesse dare a Nintendo il colpo di grazia. In Giappone Yuji Naka, ispirato dal suo completare ripetutamente e velocemente il primo livello di Super Mario Bros, voleva creare un gioco veloce, pieno di azione e mozzafiato. Il personaggio di questo gioco sarebbe stato destinato a diventare la nuova mascotte Sega e, dopo tante bozze, la scelta cadde su un insolito porcospino: gli fu dato un bel colore blu cobalto, una schiena spinosa che si rifacesse le capigliature mohawk in voga in quegli anni, delle scarpette rosse in contrasto con il blu e soprattutto un caratterino frizzante e “figo”. Sonic The Hedgehog incorporò tutti questi aspetti nel suo gioco, che fu repentinamente messo in bundle con la console, e il suo arrivo nel mercato scosse il mondo. Il nuovo bundle del 1991, lanciato per giunta con un price drop visto che la console era già nel mercato da due anni, fu un successo strepitoso e il cammino di Sonic verso la gloria era solo all’inizio. Nintendo non fu da meno infatti, poco dopo, lanciò la sua nuova console a 16 bit in bundle con Super Mario World, il Super Nintendo, sulla carta migliore in quasi ogni aspetto (ricordatevi di quel quasi). Super Mario World, all’uscita, sembrò un gioco già visto con poca innovazione ed un gameplay per nulla rinnovato; questo titolo col tempo venne rivalutato ma purtroppo questo fu dovuto alla presenza sempre più forte di Sonic e la sua nuova console a 16 bit. Anche se Nintendo non fu pronta all’impatto Nintendo era fiduciosa del fatto di riottenere le luci della ribalta, sicura del fatto di avere il miglior hardware e le migliori IP. Kalinske non voleva assolutamente che il Sega Genesis fosse un fuoco di paglia, così corse ai ripari e tentò di capire come vendere la sua console di fronte ad una console onestamente più potente. Si scoprì l’unico punto di vantaggio a favore del Genesis contro lo Snes, ovvero il processore di 7.6 MHz contro quello di 3.7MHz dello Snes, e su questo punto si costruì tutta la nuova campagna pubblicitaria di Sega. Le nuove pubblicità parlavano di un fantomatico “blast processing”: non era altro che un modo per sottolineare la più rapida velocità di calcolo del Sega Genesis ma fu una parola “cool” studiata appositamente per essere utilizzata fra i giovani durante i dibattiti sulla console migliore senza necessariamente puntare sui fatti matematici. La pubblicità ebbe successo e servì non solo ad infuocare il dibattito ma ad infuocare la competizione fra le due compagnie, intente a dare il massimo.

Schieramenti

Nel Gennaio del 1992 Sega aveva in mano il 65% del mercato dei videogiochi: per la prima volta Nintendo non era più sovrana del mercato dei videogiochi ma questo servì a Nintendo per ricostituirsi e prepararsi a stracciare la competizione. Il parco titoli dei primi anni del Super Nintendo era già superbo: giochi come Sim City, F-Zero, ActRaiser, Gradius 3, Super Mario Kart, Super Ghouls’n Ghosts, Final Fantasy II e The Legend of Zelda: a link to the past erano giochi che da soli valevano l’acquisto di un Super Nintendo. Da come si può notare il Super Nintendo era indirizzato a chi veramente cercava una sfida in un videogioco, un gioco che ti mettesse di fronte una difficoltà risolvibile con un po’ di acume. Il Sega Genesis, del canto suo, era più per chi cercasse giochi più frenetici, sportivi ed immediati: il successivo Sonic 2, Shinobi, Stryder, la serie di Thunder Force, Streets of Rage e Gunstar Heroes. Questi giochi invece hanno in comune la velocità d’azione nonché d’animazione, temi un po’ più maturi e che possano coinvolgere più giovani e più facili da capire. Entrambe le console si appellavano ad una fascia di pubblico diversa nonché personalità diverse ed entrambe le compagnie diedero il massimo per compiacere il loro pubblico ideale. Consegnare un titolo in entrambe le piattaforme ai tempi era un’impresa più ardua: le due console avevano palette di colori diversi, processori diversi, sintesi sonore diverse e tutto ciò era ben visibile agli occhi dei giocatori. I programmatori dovevano spendere molte più ore davanti alle loro postazioni solo per poter tradurre un gioco al meglio per i possessori delle due console ma fortunatamente, ciò che veniva consegnato, era più o meno lo stesso gioco da entrambe le parti. Alcune compagnie, come Konami e Capcom, decisero invece di consegnare giochi diversi da entrambe le parti: Konami ad esempio consegno sullo Snes Super Castlevania 4 mentre sul Genesis consegnò Castlevania: Bloodlines. Il primo è un titolo più difficile, che si rifà ai classici sul Nes, e sul punto di vista dei controlli perfetti dopo averli imparati; il secondo invece è un titolo più facile, meno complesso nel comparto dei controlli ma più sbalorditivo sul comparto grafico, non solo per i dettagli ma anche per il fatto che mostrasse il sangue, un taboo nei Castlevania per Nintendo. Capcom consegnò a Nintendo nuovi titoli di Mega Man, come appunto il celebre Mega Man X, mentre per a Sega riservò una collezione dei vecchi titoli che i fan Sega potevano non conoscere. Aladin, sempre di Capcom, era un platformer in entrambe le console ma l’aspetto generale era ben diverso ed in questi casi vince il gioco più intuitivo e “flashy”; appunto la versione per Genesis è considerata la migliore.

Punto di svolta

Le cose per Sega giravano per il verso giusto e Nintendo, anche se a tentoni, si faceva sempre più spazio nel mercato dei videogiochi. Le cose per Sega però cominciarono a mettersi male verso la fine del 1992 più o meno parallelamente con il lancio dell’add-on Sega CD, periferica che permetteva di leggere i giochi su compact disk, all’epoca la tecnologia più potente e persino meno costosa. Nintendo vide una minaccia ma le cose non si misero male per la grande N… si misero male per Sega! Il Sega CD poteva essere un vero e proprio successo  in grado di spazzare una volta per tutte lo Snes; quello che fu lanciato su Sega CD furono titoli mediocri, punta e clicca dal PC (che non si adattano bene per le console) e giochi le cui scene in “full motion video” non finivano mai. Sega non riuscì mai a lanciare bene il Sega CD e per via delle scarse vendite la Nintendo, che stava per ricorrere ai ripari, si tranquillizzò. Come ormai è noto, grazie ad internet, la Nintendo era in contatto con Sony e Phillips per costruire un nuovo add-on per lo Snes in grado di leggere i CD ma, al di là del fallimento del Sega CD, il progetto non andò mai ad una vera conclusione e Nintendo finì col lasciare alcune licenze a Phillips per usare alcune sue IP sulla sua nuova console, il Phillips CDI, e a Sony le basi per la Playstation. Vista questa debolezza Nintendo, nel 1993 attaccò e ricordò ai giocatori chi aveva l’hardware più potente. Star Fox (o Starwing in Europa) fu il primo vero gioco 3D casalingo e il tutto era consegnato in un’arretrata cartuccia. È vero, Star Fox è famoso proprio per il suo FX chip, componente sviluppato dalla Argonaut Games che permetteva l’aggiunta di un processore extra, ma Nintendo mostrò come la loro console riusciva a superare Sega in ogni aspetto. Successivamente Nintendo implementò anche la grafica 3D prerenderizzata per il suo Donkey Kong Country, presentandolo, per scherzo, come un gioco per il successivo Nintendo 64; dopo aver rivelato che quelle immagini invece appartenevano allo Snes i fan esplosero e Donkey Kong Country finì col diventare uno dei giochi più venduti del 1994. In tutto questo Sega provò anche ad imitare queste imprese senza però raggiungere lo stesso traguardo di Nintendo. Virtua Racing, gioco di corse con grafica poligonale lanciato nel 1994, aveva un processore aggiuntivo nella cartuccia come Star Fox, il chip SVP; Sega prese la cattiva decisione di sviluppare il chip per conto loro e Virtua Racing finì per avere un sovrapprezzo nei negozi. Vectorman invece giocava sullo stesso piano di Donkey Kong Country, ovvero con la Grafica 3D prerenderizzata, ma nonostante il più veloce processore del Genesis permetteva un’azione più rapida Vectorman non fu semplicemente all’altezza della controparte. Il processo del 1993 vide l’industria dei videogiochi imputata nel processo contro la violenza nei videogiochi: Nintendo, grazie al neo introdotto sistema ERSB, si sentì libera di consegnare giochi più maturi, come il loro Super Metroid del 1994, più oscuro e spaventoso dei precedenti, e tal volta persino violenti, come Mortal Kombat 2 del 1994 e l’ottimo porting di Doom del 1995. Nintendo stava battendo Sega al suo stesso gioco, ovvero quello di accaparrarsi il pubblico maturo e alla ricerca dello stupore. Sega, nonostante stesse perdendo terreno, continuava a fare uscire ottimi giochi pubblicando anche le migliori versioni di Earthworm Jim, NBA Jam ed il primo Mortal Kombat. Tuttavia Sega si diede la proverbiale “zappa sui piedi” lanciando il suo ultimo add-on per il Sega Genesis, ovvero il 32X. Questa periferica era solamente un add-on che leggeva delle cartucce più avanzate con grafica a 32 bit e con un processore aggiuntivo; la scelta delle cartucce sembrò essere un passo indietro dopo la spavalda promozione dei CD ma il vero problema fu lanciare il 32X a pochi mesi dal lancio del Sega Saturn, la console Sega per la nuova generazione e già lanciata in Giappone. Il misto fra 32X e Sega CD fu un vortice che risucchiò milioni e milioni di dollari per investimenti che non portarono a nulla e che invece fecero sembrare lo Snes più potente che, da parte sua, non sviluppò alcun add-on.

La fine?

La  console war fra Snes e Genesis finì con i seguenti numeri: 49.10 milioni di SNES venduti e 30.75 milioni di console vendute per Sega (cifre stimate). La differenza non è poca ma i fan, specialmente di Sega, preferiscono vedere un pari; la battaglia fra Nintendo e Sega degli anni 90 è ancora soggetto di dibattito e ad oggi la guerra e tutto meno che finita. Moltissimi Youtuber ancora parlano di questa battaglia, chi giornalisticamente e chi da fan boy preferendo una parte rispetto ad un’altra. Sega, dopo un poco rilevante Sega Saturn ed un ingiustamente fallimentare Dreamcast, si è ritirata dal mercato delle console e oggi è un ottimo sviluppatore 3rd party che immette nel mercato titoli validissimi come la serie di Yakuza, Football Manager e i migliaia di titoli di Sonic, segno che i fan non hanno mai dimenticato Sega e che il loro impatto sul mercato è ad oggi importantissimo. C’è chi spera un ritorno di Sega sulle scene del mercato hardware ma tutto questo è solamente un utopia… alla quale però non smettiamo di credere.