Per Andrew House il modello Switch non è da imitare

L’arrivo di Nintendo Switch ha cambiato le carte in tavola nel settore gaming: la console ibrida ha subito riscosso successo, non solo in terra natia ma anche nel resto del mondo.
Ad ammetterlo è anche il CEO di Sony Interactive Entertainment, Andrew House che, in un’intervista rilasciata a Bloomberg, non solo ha evidenziato come la strategia Nintendo sia vincente, ma ha anche confermato che Sony, dal canto suo, non lancerà alcuna console concorrente (ibrida) e soprattutto nessuna possibilità di vedere PlayStation Vita 2 nei prossimi anni.
A detta sua infatti, il mondo è cambiato e, l’entrata sul mercato di smartphone e tablet sempre più performanti ha drasticamente ridotto il mercato per console portatili. È per questo motivo che Sony si sta impegnando – come Nintendo del resto – alla realizzazione di contenuti su piattaforme Android e iOS, creando ForwardWorks, una compagnia indipendente che si occuperà dello sviluppo e rilascio di servizi mobile ma, almeno per il momento, soltanto per il mercato asiatico.




La grande guerra: Sega Genesis vs Super Nintendo

La rivalità fra Nintendo è Sega non è cosa nuova. Sin dalla nascita delle due compagnie queste sono sempre state in un modo o nell’altro antagoniste l’una dell’altra. Già negli Anni 80 Sega rispondeva a Donkey Kong con Congo Bongo, al Famicom con la serie SG-1000, prima col Mark I, Mark II e poi col Mark III che poi divenne il Master System al di fuori del Giappone, e così via. Le vendite del Master System furono buone ma, anche se in alcuni paesi divenne più popolare del Nes, non erano minimamente comparabili alle vendite totali della controparte. Su questa base Sega mise le fondamenta sulla quale lanciare la sua nuova console a 16, il Sega Mega Drive o Genesis in Nord America. Da ora in poi adotteremo il termine Genesis e relativi termini americani visto che la vera battaglia, sulla quale Sega basò le sue strategie di mercato, fu più propria del Nord America.

Genesis vs Nes

Con l’uscita del nuovo hardware Sega, basato sul sistema arcade Sega System 16, Sega riuscì ad ottenere l’attenzione dei giocatori. Il nuovo sistema prometteva una grafica superiore al Nes, un migliore sonoro ottenuto dalla sintesi FM ed una giocabilità comparabile alla qualità arcade. Questa fu la prima strategia adottata da Sega per vendere il suo Genesis: portare i giochi da salagiochi a casa e superare il muro che separava mercato casalingo dal mercato arcade. La strategia all’inizio sembrò andar bene, spinta anche dal fatto che la console, al lancio, fu venduta in bundle con Altered Beast, un gioco arcade niente male ed in grado di sottolineare la differenza fra il Nes ed il Genesis. Tuttavia i giocatori non erano ancora convinti della nuova macchina a 16 bit di Sega; l’uscita di Super Mario Bros 3 fece capire a Sega come i giocatori fossero ancora attratti dall’ormai vecchio Nes ed anche se le arcade fossero ancora il punto di riferimento tecnologico per la comparazione degli hardware questi non servivano a nulla se un gioco casalingo, seppur con una grafica mediocre, fosse divertente ed adatto alle case. Tuttavia, già a questo punto, il Genesis aveva comunque una solida fanbase; nonostante Mario fosse insuperabile a casa non si può negare che la linea di titoli iniziale del Genesis fosse comunque competitiva. Non dimentichiamo anche che molte 3rd party cominciavano ad interessarsi alla nuova console Sega per via delle sue caratteristiche superiori e in cerca di nuovi accordi commerciali meno rigidi di quelli di Nintendo; già nel 1989 Capcom mise sulla nuova piattaforma Sega il suo Ghouls’n Ghost, sequel di Ghost and Goblin, sorprendendosi della la facilità di programmazione, quanto fosse bello sviluppare per il mercato casalingo dei giochi così simili alle arcade e quanto fosse buono il loro nuovo accordo con Sega. Il coinvolgimento di molte celebrità sportive, come il pugile James “Buster” Douglas, il giocatore di football Joe Montana, il golfista Arnold Palmer, aveva già attirato a se una fascia poco considerata nella vita del Nes, ovvero gli appassionati dei giochi sportivi, e sottolineò come il Genesis avesse già attirato a se una fascia di pubblico più adulta. Michael Jackson Moonwalker fu uno dei titoli più discussi e diede al Genesis una attitude che assunse per tutto il suo ciclo vitale. La discussione sulla qualità della libreria di titoli rispetto un’altra giaceva spesso su un punto morto: il Genesis ha 16 bit, il Nes solo 8. Con l’assunzione di Tom Kalinske nel 1990 come CEO di Sega of America furono lanciate in TV delle nuove pubblicità aggressive e dirette a Nintendo che miravano a sottolineare l’arretratezza tecnologica del Nes. Il nuovo slogan “Genesis does what Nintendon’t” parlava chiaro e la console si aprì verso quella fascia di pubblico cresciuta sì col Nes ma che ormai era grande ed andava al liceo. Il Genesis poteva dar loro giochi sportivi, giochi d’azione, giochi puzzle, porting dei giochi presenti in arcade, in poche parole giochi adatti alla loro personalità. L’ultima cosa che mancava era una mascotte in grado di poter competere con Mario, icona dei videogiochi e che sembrava essere imbattibile.

Una nuova nemesi

In tutto questo Nintendo non era assolutamente sprovvista. Il Nes durò ben oltre le loro aspettative ma, come anche le campagne pubblicitarie sottolineavano, era arretrato ed era ora di lanciare il nuovo sistema a 16 bit, in grado di poter competere col Sega Genesis. La nuova macchina Nintendo aveva una palette di colori più ampia del Genesis, un vero sonoro 16 bit digitale e la nuova grafica Mode-7 che permetteva al background di essere rotato e scalare di dimensioni dando la sensazione di un 3D rudimentale. Ne sono esempi i primi giochi come Pilotwings, in cui il giocatore può buttarsi da un aeroplano col paracadute, ed F-Zero in cui il mondo ruota attorno alla macchina da corsa futuristica. In tutto questo, dopo 3 giochi di successo della saga di Super Mario, ci si poteva solo aspettare che la nuova console Nintendo doveva essere in bundle con un nuovo gioco dell’idraulico più famoso al mondo. Kalinske aveva bisogno di un personaggio non solo carismatico ma che rappresentasse anche la cultura giovanile dei tempi e che potesse dare a Nintendo il colpo di grazia. In Giappone Yuji Naka, ispirato dal suo completare ripetutamente e velocemente il primo livello di Super Mario Bros, voleva creare un gioco veloce, pieno di azione e mozzafiato. Il personaggio di questo gioco sarebbe stato destinato a diventare la nuova mascotte Sega e, dopo tante bozze, la scelta cadde su un insolito porcospino: gli fu dato un bel colore blu cobalto, una schiena spinosa che si rifacesse le capigliature mohawk in voga in quegli anni, delle scarpette rosse in contrasto con il blu e soprattutto un caratterino frizzante e “figo”. Sonic The Hedgehog incorporò tutti questi aspetti nel suo gioco, che fu repentinamente messo in bundle con la console, e il suo arrivo nel mercato scosse il mondo. Il nuovo bundle del 1991, lanciato per giunta con un price drop visto che la console era già nel mercato da due anni, fu un successo strepitoso e il cammino di Sonic verso la gloria era solo all’inizio. Nintendo non fu da meno infatti, poco dopo, lanciò la sua nuova console a 16 bit in bundle con Super Mario World, il Super Nintendo, sulla carta migliore in quasi ogni aspetto (ricordatevi di quel quasi). Super Mario World, all’uscita, sembrò un gioco già visto con poca innovazione ed un gameplay per nulla rinnovato; questo titolo col tempo venne rivalutato ma purtroppo questo fu dovuto alla presenza sempre più forte di Sonic e la sua nuova console a 16 bit. Anche se Nintendo non fu pronta all’impatto Nintendo era fiduciosa del fatto di riottenere le luci della ribalta, sicura del fatto di avere il miglior hardware e le migliori IP. Kalinske non voleva assolutamente che il Sega Genesis fosse un fuoco di paglia, così corse ai ripari e tentò di capire come vendere la sua console di fronte ad una console onestamente più potente. Si scoprì l’unico punto di vantaggio a favore del Genesis contro lo Snes, ovvero il processore di 7.6 MHz contro quello di 3.7MHz dello Snes, e su questo punto si costruì tutta la nuova campagna pubblicitaria di Sega. Le nuove pubblicità parlavano di un fantomatico “blast processing”: non era altro che un modo per sottolineare la più rapida velocità di calcolo del Sega Genesis ma fu una parola “cool” studiata appositamente per essere utilizzata fra i giovani durante i dibattiti sulla console migliore senza necessariamente puntare sui fatti matematici. La pubblicità ebbe successo e servì non solo ad infuocare il dibattito ma ad infuocare la competizione fra le due compagnie, intente a dare il massimo.

Schieramenti

Nel Gennaio del 1992 Sega aveva in mano il 65% del mercato dei videogiochi: per la prima volta Nintendo non era più sovrana del mercato dei videogiochi ma questo servì a Nintendo per ricostituirsi e prepararsi a stracciare la competizione. Il parco titoli dei primi anni del Super Nintendo era già superbo: giochi come Sim City, F-Zero, ActRaiser, Gradius 3, Super Mario Kart, Super Ghouls’n Ghosts, Final Fantasy II e The Legend of Zelda: a link to the past erano giochi che da soli valevano l’acquisto di un Super Nintendo. Da come si può notare il Super Nintendo era indirizzato a chi veramente cercava una sfida in un videogioco, un gioco che ti mettesse di fronte una difficoltà risolvibile con un po’ di acume. Il Sega Genesis, del canto suo, era più per chi cercasse giochi più frenetici, sportivi ed immediati: il successivo Sonic 2, Shinobi, Stryder, la serie di Thunder Force, Streets of Rage e Gunstar Heroes. Questi giochi invece hanno in comune la velocità d’azione nonché d’animazione, temi un po’ più maturi e che possano coinvolgere più giovani e più facili da capire. Entrambe le console si appellavano ad una fascia di pubblico diversa nonché personalità diverse ed entrambe le compagnie diedero il massimo per compiacere il loro pubblico ideale. Consegnare un titolo in entrambe le piattaforme ai tempi era un’impresa più ardua: le due console avevano palette di colori diversi, processori diversi, sintesi sonore diverse e tutto ciò era ben visibile agli occhi dei giocatori. I programmatori dovevano spendere molte più ore davanti alle loro postazioni solo per poter tradurre un gioco al meglio per i possessori delle due console ma fortunatamente, ciò che veniva consegnato, era più o meno lo stesso gioco da entrambe le parti. Alcune compagnie, come Konami e Capcom, decisero invece di consegnare giochi diversi da entrambe le parti: Konami ad esempio consegno sullo Snes Super Castlevania 4 mentre sul Genesis consegnò Castlevania: Bloodlines. Il primo è un titolo più difficile, che si rifà ai classici sul Nes, e sul punto di vista dei controlli perfetti dopo averli imparati; il secondo invece è un titolo più facile, meno complesso nel comparto dei controlli ma più sbalorditivo sul comparto grafico, non solo per i dettagli ma anche per il fatto che mostrasse il sangue, un taboo nei Castlevania per Nintendo. Capcom consegnò a Nintendo nuovi titoli di Mega Man, come appunto il celebre Mega Man X, mentre per a Sega riservò una collezione dei vecchi titoli che i fan Sega potevano non conoscere. Aladin, sempre di Capcom, era un platformer in entrambe le console ma l’aspetto generale era ben diverso ed in questi casi vince il gioco più intuitivo e “flashy”; appunto la versione per Genesis è considerata la migliore.

Punto di svolta

Le cose per Sega giravano per il verso giusto e Nintendo, anche se a tentoni, si faceva sempre più spazio nel mercato dei videogiochi. Le cose per Sega però cominciarono a mettersi male verso la fine del 1992 più o meno parallelamente con il lancio dell’add-on Sega CD, periferica che permetteva di leggere i giochi su compact disk, all’epoca la tecnologia più potente e persino meno costosa. Nintendo vide una minaccia ma le cose non si misero male per la grande N… si misero male per Sega! Il Sega CD poteva essere un vero e proprio successo  in grado di spazzare una volta per tutte lo Snes; quello che fu lanciato su Sega CD furono titoli mediocri, punta e clicca dal PC (che non si adattano bene per le console) e giochi le cui scene in “full motion video” non finivano mai. Sega non riuscì mai a lanciare bene il Sega CD e per via delle scarse vendite la Nintendo, che stava per ricorrere ai ripari, si tranquillizzò. Come ormai è noto, grazie ad internet, la Nintendo era in contatto con Sony e Phillips per costruire un nuovo add-on per lo Snes in grado di leggere i CD ma, al di là del fallimento del Sega CD, il progetto non andò mai ad una vera conclusione e Nintendo finì col lasciare alcune licenze a Phillips per usare alcune sue IP sulla sua nuova console, il Phillips CDI, e a Sony le basi per la Playstation. Vista questa debolezza Nintendo, nel 1993 attaccò e ricordò ai giocatori chi aveva l’hardware più potente. Star Fox (o Starwing in Europa) fu il primo vero gioco 3D casalingo e il tutto era consegnato in un’arretrata cartuccia. È vero, Star Fox è famoso proprio per il suo FX chip, componente sviluppato dalla Argonaut Games che permetteva l’aggiunta di un processore extra, ma Nintendo mostrò come la loro console riusciva a superare Sega in ogni aspetto. Successivamente Nintendo implementò anche la grafica 3D prerenderizzata per il suo Donkey Kong Country, presentandolo, per scherzo, come un gioco per il successivo Nintendo 64; dopo aver rivelato che quelle immagini invece appartenevano allo Snes i fan esplosero e Donkey Kong Country finì col diventare uno dei giochi più venduti del 1994. In tutto questo Sega provò anche ad imitare queste imprese senza però raggiungere lo stesso traguardo di Nintendo. Virtua Racing, gioco di corse con grafica poligonale lanciato nel 1994, aveva un processore aggiuntivo nella cartuccia come Star Fox, il chip SVP; Sega prese la cattiva decisione di sviluppare il chip per conto loro e Virtua Racing finì per avere un sovrapprezzo nei negozi. Vectorman invece giocava sullo stesso piano di Donkey Kong Country, ovvero con la Grafica 3D prerenderizzata, ma nonostante il più veloce processore del Genesis permetteva un’azione più rapida Vectorman non fu semplicemente all’altezza della controparte. Il processo del 1993 vide l’industria dei videogiochi imputata nel processo contro la violenza nei videogiochi: Nintendo, grazie al neo introdotto sistema ERSB, si sentì libera di consegnare giochi più maturi, come il loro Super Metroid del 1994, più oscuro e spaventoso dei precedenti, e tal volta persino violenti, come Mortal Kombat 2 del 1994 e l’ottimo porting di Doom del 1995. Nintendo stava battendo Sega al suo stesso gioco, ovvero quello di accaparrarsi il pubblico maturo e alla ricerca dello stupore. Sega, nonostante stesse perdendo terreno, continuava a fare uscire ottimi giochi pubblicando anche le migliori versioni di Earthworm Jim, NBA Jam ed il primo Mortal Kombat. Tuttavia Sega si diede la proverbiale “zappa sui piedi” lanciando il suo ultimo add-on per il Sega Genesis, ovvero il 32X. Questa periferica era solamente un add-on che leggeva delle cartucce più avanzate con grafica a 32 bit e con un processore aggiuntivo; la scelta delle cartucce sembrò essere un passo indietro dopo la spavalda promozione dei CD ma il vero problema fu lanciare il 32X a pochi mesi dal lancio del Sega Saturn, la console Sega per la nuova generazione e già lanciata in Giappone. Il misto fra 32X e Sega CD fu un vortice che risucchiò milioni e milioni di dollari per investimenti che non portarono a nulla e che invece fecero sembrare lo Snes più potente che, da parte sua, non sviluppò alcun add-on.

La fine?

La  console war fra Snes e Genesis finì con i seguenti numeri: 49.10 milioni di SNES venduti e 30.75 milioni di console vendute per Sega (cifre stimate). La differenza non è poca ma i fan, specialmente di Sega, preferiscono vedere un pari; la battaglia fra Nintendo e Sega degli anni 90 è ancora soggetto di dibattito e ad oggi la guerra e tutto meno che finita. Moltissimi Youtuber ancora parlano di questa battaglia, chi giornalisticamente e chi da fan boy preferendo una parte rispetto ad un’altra. Sega, dopo un poco rilevante Sega Saturn ed un ingiustamente fallimentare Dreamcast, si è ritirata dal mercato delle console e oggi è un ottimo sviluppatore 3rd party che immette nel mercato titoli validissimi come la serie di Yakuza, Football Manager e i migliaia di titoli di Sonic, segno che i fan non hanno mai dimenticato Sega e che il loro impatto sul mercato è ad oggi importantissimo. C’è chi spera un ritorno di Sega sulle scene del mercato hardware ma tutto questo è solamente un utopia… alla quale però non smettiamo di credere.




GTA V su Switch forse è realtà

Sembra che la stessa fonte che aveva predetto l’arrivo su Switch di LA Noire, abbia rilasciato un leak che prevede la pubblicazione di GTA V per la console ibrida di casa Nintendo.
Vern, utente di NeoGAF, che aveva predetto con largo anticipo l’arrivo della Remaster di LA Noire da parte di Rockstar Games si lascia volutamente sfuggire che la casa statunitense abbia intenzione di far uscire altri titoli per la nuova console, tra questi vi sia GTA V.
Se così fosse, Nintendo guadagnerebbe un titolo che ancora oggi, dopo ben 4 anni riesce a vendere migliaia e migliaia di copie.




Super Mario History

Alla ricerca di un’identità

La Nintendo non è sempre stata la compagnia che conosciamo oggi. Questo, ormai, colosso industriale ha le sue lontane origini nel 1889 quando la compagnia produceva principalmente carte del popolare gioco giapponese “hanafuda” o “carte fiorite” come tal volta tradotto. Dal 1956 la Nintendo, passata di diritto a Hiroshi Yamauchi nipote del fondatore Fusajiro Yamauchi, si dedicò alla produzione di molte altre cose oltre  alle popolari carte da gioco come ad esempio giocattoli, una linea di taxi chiamata daiya, una stazione TV, una catena di love hotel e persino riso istantaneo. Tutte queste iniziative fallirono e dopo le olimpiadi di Tokio del 1964 le azioni di Nintendo raggiunsero il loro minimo, toccando le 60¥ ad azione. In questo clima scoraggiante Nintendo decise di investire nel crescente mercato dell’elettronica, ponendo la prima pietra sulla quale la compagnia costruì la sua odierna reputazione. Nel 1974 Nintendo si assicurò la distribuzione della prima console casalinga del mondo in Giappone, il Magnavox Odissey, ma fu solo nel 1977 che la grande N lanciò nel mercato la loro prima serie di hardware proprietari, le built-in game console Color TV-Game. Le cose per Nintendo sembravano cominciare a girare per il verso giusto, specialmente dopo il lancio dei Game & Watch che divennero popolarissimi in Giappone, ma un esserino rotondo e giallo che risponde al nome di Pac Man impazzava per le sale giochi stracciando ogni forma di record finora posta da giochi come Space Invaders e Galaxian. Nintendo, già nel 1979, aveva già lanciato nelle sale giochi Radar Scope, un gioco che ebbe un discreto successo ma fallì ad impressionare gran parte dei giocatori. Yamauchi, visti anche i migliaia di cabinati invenduti nei magazini, decise di richiamare tutti i cabinati di Radar Scope e di costruire un nuovo gioco basato su quel hardware.

L’uomo qualunque alla riscossa

Inizialmente l’idea era quella di ottenere una licenza per creare un gioco sul famoso fumetto Popeye, ovvero Braccio di Ferro, ma Nintendo non riuscì ad ottenere i diritti. Il concetto base del fumetto però rimase: una donzella indifesa nelle mani di un “bruto” da salvare. Il celebre Shigeru Miyamoto, che si mise in prima linea per cambiare l’hardware di Laserscope, cominciò a disegnare dei personaggi originali. Il ruolo del protagonista, o meglio del personaggio controllato, fu affidato ad un baffuto carpentiere con una blusa blu e un cappello rosso; il ruolo dell’antagonista, che diede il nome al gioco, venne affidato ad un gigantesco gorilla molto simile a King Kong che, non a caso, rapiva una delicata fanciulla. Questi personaggi finirono nell’ormai leggendario classico arcade Donkey Kong del 1981, un gioco destinato a diventare un pilastro fondamentale del gaming di sempre. Nonostante i giocatori all’inizio storsero il naso una volta visto il bizzarro nome di questo nuovo gioco (Donkey Kong significa letteralemente “asino scimmia”, un errore di dizione dovuta all’intenzione di Miyamoto di creare qualcosa come “Scimmia Scema”) Donkey Kong diventò in poco tempo uno di quei giochi in cui si formava la fila solo per giocarci. Il personaggio principale, all’epoca solo Jumpman, era un newyorkese qualunque ma, grazie anche alla distribuzione di nuovo materiale promozionale, il nome del personaggio principale fu finalmente definito: Mario, un nome proprio di una persona qualunque con la quale potersi identificare. La scelta del nome “Mario” fu una storia curiosa; Nintendo era indietro con l’affitto del loro stabilimento negli Stati Uniti ed un tale Mario Segale, proprietario dello stabilimento, ebbe un’infuocata discussione con Minoru Arakawa, primo presidente e fondatore della Nintendo of America, a proposito dei ritardi coi pagamenti. Dopo che il signor Segale lasciò l’edificio i dipendenti furono consoni a chiamare il loro personaggio, in nord America, Mario. Miyamoto ricorda, durante le prime fasi dello sviluppo di Donkey Kong, che Mario non aveva ancora un tasto per saltare e che il gioco, dovendo evitare i barili lanciati da Donkey Kong soltanto arrampicandosi per le scale nello stage, risultava troppo difficile; così il geniale Miyamoto si pose la semplice domanda: “se mi arriva addosso un barile, rotolando, a tutta velocità, che faccio”? Fu così che il salto non solo diventò la mossa che distinse Mario per tutti i giochi a venire ma gettò anche le basi per il genere che diventerà il platform. Il sequel Donkey Kong JR., più o meno simile al precedente Donkey Kong, confermò e cementò il nome del personaggio in Mario ed inoltre fu il primo ed unico gioco in cui Mario ricorse come antagonista. Le strade di Donkey Kong e Mario si separarono; il gorilla fu affiancato ad un poco rilevante giardiniere per l’uscita del discreto Donkey Kong 3, tale Stanley, mentre a Mario gli venne dato un fratello: Luigi. I due fratelli, impegnati nel settore dell’idraulica, fecero la loro prima comparsa nel gioco del 1983 “Mario Bros” un gioco in cui lo scopo del gioco era quello di collaborare, ma anche competere, nel far fuori le tante creature che intasavano le tubature della città di New York. Questo gioco, se pur non portava grandissime innovazioni, era molto divertente e, oltre a Luigi, furono introdotti molti elementi che diventeranno parte del canone della serie come le tubature verdi, i blocchi POW e le tartarughe che diventeranno poi Koopa.

Super Mario alla conquista del mondo

In Giappone, nel 1983, Nintendo aveva già lanciato il Famicom che, dopo un inizio un po’ turbolento, divenne la console più venduta del 1984. In Giappone il mercato delle console era florido ma in nord America le cose andavano diversamente. La famosa crisi dei videogiochi del 1983, e che portò alla chiusura l’originale Atari Inc., era fortemente sentita: un mercato inondato da console poco diverse fra loro e poco interessanti, inflazione rampante dei videogiochi dovuta anche all’assenza di misure di controllo sulla produzione (chiunque era libero di produrre un videogioco ed immetterlo nel mercato) e la sempre più presente competizione da parte dei primi computer casalinghi. Queste furono le cause della ormai documentatissima crisi. I computer casalinghi avevano la fetta più grossa di ciò che era rimasto del mercato dei videogiochi poichè i genitori erano più disposti a comprare dei computer ai loro figli per poter sia giocare che poterlo usare per i compiti o per qualcosa di produttivo. Persone come Jack Tramiel, fondatore della Commodore, erano fiduciosi e sicuri che il futuro dei videogiochi risiedesse nei computer. Il lancio di una console, in uno scenario come questo, poteva essere letale per Nintendo; i passi da intraprendere dovevano essere programmati nel minimo dettaglio. La console presentata al Consumers Electroinc Show del 1984 come Nintendo Advanced Videogame System era molto diversa dal Famicom ma anche molto diversa alla versione definitiva del Nintendo Entertainment System. Questa console, vista la presa dei computer in Nord America, aveva persino una tastiera ed un lettore per le cassette a nastro, usatissime nei primi home computer. Vista la negativa ricezione del pubblico al CES 1984 Nintendo non ci mise molto a cambiare il design di quella console e decise anche che per il lancio della loro console in nord America questa doveva avere dei titoli fortissimi e rilevanti. Un gioco di avventura ed esplorazione, che poi divenne The Legend of Zelda, e un gioco più veloce ed atletico entrarono in sviluppo più o meno nello stesso tempo. Il team di sviluppo dietro al primo Super Mario Bros definì il gioco in ogni dettaglio: il gioco doveva essere intuitivo, semplice, stimolante e visibilmente incredibile. Dopo un lancio di prova nello stato di New York con i giochi della linea black box (ovvero quei giochi le cui scatole riportavano la grafica del gioco confezionato) il NES fu lanciato in tutto il mondo con Super Mario Bros in bundle. Fu in quel momento che Mario divenne sinonimo di videogioco; quel gioco non solo incorporava tutto quello che i giochi erano stati finora ma portava novità mai viste prima. In aggiunta alla grafica all’epoca eccezionale, bella quasi quanto un gioco per sala giochi, Super Mario Bros introdusse il sidescrolling: il livello andava avanti con Mario e quei livelli risultavano, per i tempi, lunghissimi. C’era chi addirittura pensava che finito il primo livello il gioco fosse finito ma invece, a loro sorpresa, Mario finiva nel sottosuolo del neo-introdotto regno dei funghi, mostrando un lato completamente diverso dal primo livello luminoso e colorato. Ed ancora, proseguendo in questo nuovo mondo virtuale, i giocatori finivano nel primo castello dove potevano affrontare Bowser, probabilmente il primo vero boss dei videogiochi, ma una volta sconfitto l’avventura proseguiva poiché “la principessa si trovava in un altro castello”. La longevità di quel gioco spinse i giocatori ad esplorare i più profondi meandri del gioco, scoprendo aree bonus, aree teletrasporti e trucchetti per superare le parti più difficili. Il gioco stupì tanto nella maestosità quanto nella semplicità; Mario, anche nella sua forma base, poteva affrontare qualsiasi nemico del gioco, bastava solamente saltare addosso ai nemici oppure agilmente evitare le situazioni più complesse. Il sistema di power uprappresentati dagli iconici Super Fungo, I Fiori del Fuoco e la Super Stella, permetteva un potenziamento graduale concedendo a Mario dei colpi in più e delle abilità aggiuntive senza che il gioco si facilitasse più di tanto, la difficoltà era perfetta ed adatta a tutti; persino alcuni genitori di bambini che avevano ricevuto il NES per qualche occasione giocavano di tanto in tanto al videogioco coloratissimo regalato ai loro figli. In fondo il successo del NES risiedeva nel fatto che fosse venduto come una sorta di HI-FI; il fronte della console leggeva “entertainment system”, non era un “videogioco” come un Atari 2600 si presentava, il NES all’interno della casa aveva la stessa importanza di un videoregistratore o di un (primitivo) lettore CD ad alta fedeltà. Parlando di CD, che dire della musica? Il motivetto creato da Koji Kondo finì per diventare uno dei pezzi più famosi del mondo; il pezzo è così famoso da essere conosciuto persino da persone che non hanno mai giocato a Super Mario Bros. Band famose, orchestre, un buon 80% dei musicisti del mondo hanno suonato il tema di Super Mario Bros almeno una volta.

Una scelta necessaria

Super Mario Bros rivoluzionò decisamente il mondo dei videogiochi. Negli anni successivi al 1985, ci furono i primi tentativi di imitazione. Uno fra i tanti, ad esempio, fu Alex Kidd in Miracle World, gioco del Sega Master System del 1986. Questo fu un titolo validissimo: fu uno dei primi giochi ad avere uno scrolling verticale e graficamente era migliore di Super Mario Bros grazie alla vasta palette di colori del sistema. Alex Kidd però non fu semplicemente all’altezza del suo rivale; i suoi controlli erano scivolosi, il carisma del protagonista era nullo in confronto a quello del suo rivale e gli sviluppatori, dopo più di un anno dall’uscita di Super Mario Bros sul mercato, presero l’orrenda decisione di invertire i controlli nel similissimo controller del Master System. Tentativo di plagio invece fu The Great Giana Sisters, gioco che non solo storpiava il titolo del più famoso gioco per NES ma ne copiava il gameplay e l’aspetto in generale. Nintendo prese provvedimenti contro gli sviluppatori e il gioco fu ritirato dal mercato poco dopo la sua uscita. Il mondo chiedeva a gran voce un sequel, un sequel che Nintendo, già nel 1986, aveva già prodotto in quattro mesi per l’add-on Famicom Disk system. Super Mario Bros 2, al di là di qualche nuovo più curato dettaglio grafico, era semi identico all’originale anche se nuovi elementi furono introdotti rispetto al primo titolo: la possibilità di poter scegliere sia Mario che Luigi nella schermata del titolo, abilità diverse per ciascuno dei personaggi, un fungo velenoso, il vento che in alcuni livelli influenzava i salti, warp zone fittizie che rispedivano il giocatore indietro nel gioco, etc… Howard Phillips, un dipendente Nintendo che testava i nuovi giochi che arrivavano dal Giappone, giocando all’originale Super Mario Bros 2 provò un forte senso di frustrazione e non si divertì affatto. Nintendo decise di rimandare momentaneamente il rilascio e trovare un modo per rilasciare un nuovo titolo della saga di Mario che fosse diverso ma allo stesso tempo che restituisse le stesse sensazioni ottenute con il primo titolo. La decisione era quella di re-mappare un titolo diverso con i personaggi dell’universo di Mario, ma quale? Un titolo Giapponese di nome Yume Kojo: Doki Doki Panic fu prodotto dalla Nintendo per una expo della Fuji-TV; questo titolo, un validissimo platformer, aveva un nuovo motore grafico dotato di scrolling verticale e delle meccaniche, se pur diverse da Super Mario Bros, che potevano adattarsi perfettamente a Mario e compagni. Il Super Mario Bros 2 che arrivò in occidente nel 1988 era totalmente diverso dal primo titolo ma divertente quanto tanto il primo. Era possibile scegliere ben quattro personaggi all’inizio di ogni livello, ovviamente tutti relativi all’universo della saga (Mario, Luigi, Toad e la principessa Peach), non si saltava più addosso ai Goomba e Koopa (che non erano presenti nel gioco) ma si raccoglievano degli ortaggi per terra da poter scaraventare contro i nemici, via i tubi verdi, via i blocchi da colpire con la testa e via la bandierina a fine livello. Super Mario Bros 2 era un gioco del tutto diverso dal primo capitolo eppure restituiva perfettamente quelle stesse sensazioni avute giocando col primo gioco; i fan accolsero il gioco più che positivamente il nuovo titolo e durante il natale del 1988 fu uno degli oggetti più difficili da trovare in commercio. Super Mario Bros 2, così come Zelda II: the Adventure of Link o Castlevania 2: Simon’s quest, godette di ottima luce proprio perché presentò un qualcosa che scuotesse la formula classica, proponesse qualcosa di nuovo senza stravolgere l’interezza del gioco e restituisse le stesse sensazioni del primo titolo. Con l’avvento di internet i fan rigettarono i loro pareri positivi verso Super Mario Bros 2 condannando il fatto di non aver ricevuto il vero sequel del primo titolo e di essere stati, in un certo senso, presi in giro; la verità è stata scomoda ma fu una decisione necessaria. il vero Super Mario Bros 2, sarebbe probabilmente passato inosservato per la troppa similarità col primo titolo e la difficoltà aumentata avrebbe solamente fatto infuriare i giocatori più casuali. In uno scenario in cui il mercato dei videogiochi era in continua evoluzione un titolo ancorato al passato non avrebbe fatto una bella figura. Non dimentichiamoci che diverse figure chiave del titolo originale lavorarono per Doki Doki Panic, principalmente Kensuke Tanabe, Koji Kondo ma soprattutto Shigeru Miyamoto che supervisionò tutto il progetto dall’inizio. Il gioco, anche se in precedenza fu concepito con altri personaggi, era veramente come se fosse destinato a diventare un titolo della saga di Mario tanto da essere tornato in giappone nel 1992 come Super Mario USA riscuotendo ancora molto successo.

Parte della cultura popolare

Insieme a Mario, nel Nes, c’erano migliaia di platformer uno più bello dell’altro. Lo scenario era più florido che mai e in un clima in cui il platformer era il genere più in voga e Mario famoso quanto i Beatles lo furono per la musica pop un terzo Super Mario Bros sarebbe stato il top del top. Prima del suo terzo capitolo su NES l’idraulico più famoso al mondo fece un apparizione sulla nuova console portatile di casa Nintendo che rivoluzionò il mercato dei videogiochi portatili: il Gameboy. Quello che ne venì fuori fu Super Mario Land, il primo gioco della nuova console portatile e il primo gioco della saga a non essere sviluppato da Shigeru Miyamoto ma bensì da Gunpei Yokoi, ideatore della console stessa. Fu un titolo molto diverso dalle incarnazioni sulle console casalinghe ma, come già dimostrato in passato, Mario fu capace di vendere perfettamente il sistema anche se poi Super Mario Land fu scartato come gioco in bundle in favore di Tetris che, in seguito, scrisse un’altra storia. Super Mario Bros 3 invece debutto in anteprima in pompa magna sul grande schermo, come parte integrante del film del 1989 “The Wizard”, arrivato in Italia come “Il piccolo grande mago dei videogames”, in cui venne proposto come l’ultima prova per il maghetto dei videogiochi. Quel film dimostrò come i videogiochi non solo fossero parte integrante della cultura popolare di quei anni ma anche di come la figura di Mario era in grado di attirare l’attenzione di tutti. In quegli anni a Mario erano state dedicate ben due serie TV di cartoni animati (senza contare che più in là ne uscì una terza), c’erano dei cereali per la prima colazione a tema, sacchi a pelo, cestini per il pranzo, sorpresine negli Happy Meal di Mc Donald’s… Mario era semplicemente un fenomeno inarrestabile. Super Mario Bros 3, ancora una volta, riscrisse la storia non solo per le vendite ma per aver rinnovato un genere che era già al suo picco: scrolling in ogni direzione, mondi a tema tutti diversi, un infinità di livelli, nuovi power up, segreti sia nei livelli che nelle mappe dell’overworld, canzoni memorabili… Super Mario Bros 3 è ancora oggi ritenuto da molti il più bel platformer mai realizzato, un gioco vicino alla perfezione e che ha posto le basi per tutti i platformer a venire.

Un rivale all’orizzonte

In un clima del genere sembrava andare tutto per il verso giusto ma un rivale si stava per fare avanti e sembrava più agguerrito che mai. Nel 1989 Sega lanciò nel mercato la sua nuova console a 16 bit, il Sega Mega Drive o Genesis in nord America, che offriva una grafica più dettagliata, un sonoro superiore e una qualità generale paragonabile ai loro giochi arcade. La strada intrapresa da Sega, all’inizio, era proprio quella di portare la sala giochi a casa dei giocatori ma la loro stessa console non era potente quanto i loro sistemi arcade in costante evoluzione; inoltre giochi come appunto Super Mario Bros 3 rendevano ancora rilevante una console la cui tecnologia doveva essere, nel 1990, obsoleta e Sega, nonostante avesse la tecnologia dalla sua parte, non riusciva nemmeno a scalfire quella che era la concorrenza Nintendo. Nintendo era un colosso inarrestabile ma nel 1991 Nintendo dovette rivedere la sua strategia. Sega notò che i giocatori cresciuti col NES erano cresciuti, andavano al liceo e probabilmente avevano bisogno di un qualcosa di più adulto. In quei anni Sega colpiva duramente Nintendo con slogan come “Genesis does what nintendon’t” e “Welcome to the next level”, riuscì a coinvolgere personalità dello sport e dello spettacolo per la promozione della loro nuova console ma fu con l’uscita di Sonic the Hedgehog, una nuova proprietà intellettuale, che Sega diede finalmente un duro colpo a Nintendo. Il Mega Drive/Genesis in bundle con Sonic the Hedgehog mise in crisi per la prima volta Nintendo dopo una sicura stretta sul mercato delle console. Super Mario World, in bundle con il neonato Super Nintendo, rispose in tutto tono alla nuova mascotte Sega e alla sua spietata campagna pubblicitaria. Super Mario World triplicò decisamente i contenuti del precedente Super Mario Bros 3: l’overworld era decisamente più vasto, migliaia di livelli tutti rivisitabili, livelli segreti, migliaia di nuovi nemici e boss sempre diversi, l’aggiunta del nuovissimo compagno Yoshi il cui arrivo era voluto da Miyamoto sin dal primo gioco, una nuovissima veste grafica a 16 bit e un vero sonoro digitale ai passi con le sintesi digitali dell’epoca. Super Mario World e il suo sistema sembravano eclissare il Sega Mega Drive/Genesis sotto ogni aspetto ma il tardo arrivo sul mercato (ben 2 anni dopo la concorrenza, dunque nel 1991) portò il Super Nintendo a costare di più della concorrenza che nel frattempo poté permettersi un price drop con una killer app a tutti gli effetti. Con gli anni 90 arrivò una cultura sempre più ribelle e “l’antieroe” diventava sempre più di moda. In un periodo del genere Mario, un onesto idraulico innamorato della sua principessa, sembrava essere meno rilevante di Sonic, personaggio sbarazzino, con un carattere frizzante e tutto sommato più “figo”. Fu decisamente un duro colpo per Nintendo ma questi non gettarono la spugna così facilmente. In questo periodo più o meno difficile diedero a Mario nuovi scenari e nuove possibilità con la quale sfondare. Il 1992 vide la nascita di Super Mario Kart, il primo gioco dell’omonima saga che rivoluzionò il genere del kart racing. Super Mario Kart fu un grande successo ed è un gioco che, ancora oggi, regala momenti e sessioni di multiplayer indimenticabili. E ancora, sempre nel 92, uscì il curiosissimo Mario Paint, un gioco che era più un programma di editing artistico (con tanto di mouse e tavolozza) pensato per i più piccoli con la quale era possibile disegnare, colorare, comporre musica e fare semplici animazioni. Alcuni creatori Youtube, come ad esempio il famoso James Rolfe che ha dato vita al popolarissimo personaggio Angry Videogame Nerd, hanno citato Mario Paint come la loro prima esperienza con un software di editing, software che poi li spinse verso orizzonti più vasti. Poi nel 1993 uscì Super Mario All Stars, una collezione contenente i primi tre giochi con una grafica rinnovata e un sonoro modernizzato. I giocatori ebbero finalmente l’occasione di giocare inoltre con la versione giapponese di Super Mario Bros 2, rinominata Super Mario Bros: the Lost Levels, che non arrivò in occidente nel 1986. Dal 1993 Sega cominciò a prendere delle batoste per via dei fallimentari Sega CD/Mega CD e Mega32X/32X che, anche se promettevano grafiche e capacità di dati maggiori, sottolineavano la loro arretratezza rispetto al Super Nintendo che nel frattempo riguadagnava terreno grazie anche ad altri giochi come Starfox, Super Metroid e Final Fantasy III (VI). In questo scenario Mario torna in campo con due curiosissimi titoli che poi finirono per diventare nuove saghe distaccate dal canone principale. Il primo, presentato come il sequel di Super Mario World, fu Super Mario World 2: Yoshi’s Island. Questo splendido platformer ha ben poco a che vedere col capitolo precedente citato nel titolo in quanto al centro dell’attenzione c’è l’amico Yoshi che accompagna Baby Mario in giro per la sua isola alla ricerca del fratellino Baby Luigi. Il dinosauro verde ha più o meno le stesse abilità che aveva nel gioco precedente ma adesso ha la possibilità di espellere delle uova che poi può usare come proiettili contro i nemici più duri e di librarsi in aria per un periodo di tempo limitato. Il level design è uno dei più belli mai realizzati ed è ciò che ha posto Yoshi’s Island fra i più acclamati platformers di sempre. Il secondo titolo fu invece una collaborazione con la Squaresoft che culminò con Super Mario RPG, un fantastico gioco di ruolo che vide Mario in uno scenario ben lontano dal solito platform. Il gioco, anche questo annoverato fra i migliori RPG di sempre, è ricordato soprattutto per lo humor del gioco, la fantastica storia e la grafica 3D pre-renderizzata che rendeva il gioco più vivo che mai. Anche se la Squaresoft rinunciò a produrre nuovi titoli della saga Nintendo non rinunciò al concept del gioco e la saga RPG dell’universo di Mario continua a tutt’oggi grazie agli studi della Alphadreams.

Mario nella terza dimensione

La nuova generazione era ormai alle porte e mentre Sega e Sony, la nuova temibile concorrente con la sua potente ma tecnologicamente semplice Playstation, si erano già buttati in una battaglia senza esclusione di colpi Nintendo tardò ad entrare in competizione. Il ritardo del Nintendo 64 fu ben giustificato quando Super Mario 64, nel 1996, arrivò nei negozi. Mario fece il salto verso la terza dimensione e il risultato fu sbalorditivo. La potenza del Nintendo 64 offriva una grafica eccezionale, Mario e la grafica 3D si sposavano perfettamente insieme ma ciò che contraddistinse il gioco fu la grandezza, la varietà dei mondi ma soprattutto i fluidissimi ed intuitivissimi controlli. Non c’erano più livelli con un inizio ed una fine come nei titoli precedenti ma mondi aperti con missioni da svolgere. Il gioco vero e proprio non sarebbe finito con la disfatta di Bowser come tutti gli altri, il vero scopo era raccogliere tutte le 120 super stelle sparse per i mondi raggiungibili dal castello della principessa Peach cui faceva da hub. La nuova avventura di Mario non era più tanto un viaggio ma più una missione da portare a termine. Il termine di paragone iniziale fu ovviamente la neonata stella di Crash Bandicoot, il nuovo platformer che impazzava sulla nuova console Sony. Per quanto Crash Bandicoot fosse un ottimo gioco, la nuova mascotte Sony non era libera quanto Mario in quanto i suoi livelli erano si in 3D ma lineari. I controlli erano decisamente all’altezza del suo rivale Nintendo ma in quanto innovazione Crash Bandicoot ne portava ben poche. Super Mario 64 fu uno di quei giochi che fecero resistere il Nintendo 64 in uno scenario che sembrava una guerra persa in partenza; le cartucce, se pur un media (apparentemente) meno potente dei capientissimi Compact Disk, assicurarono a Nintendo la totale assenza di pirateria e tutto ciò che immettevano nel mercato tornava indietro come guadagno economico. Per il resto del ciclo vitale della console Mario diede spazio a tante nuove I.P. in arrivo sulla console Nintendo. Sul Nintendo 64 Super Mario divenne una sorta di icona del divertimento e sulla nuova console a 64 Bit si possono trovare una marea di giochi party con tutta la ciurma dell’idraulico baffuto. Giochi come come Mario Kart 64, i tre giochi Mario Party, Mario Tennis, Mario Golf e ancora il primo Super Smash Bros, tutti giochi che assicuravano sessioni di multiplayer infuocate grazie alle quattro porte per i controller già installate nel sistema; il Nintendo 64 è ancora oggi ritenuta la console definitiva per il multiplayer locale.

Sperimentazioni e ritorno alle radici

Il Gamecube arrivò sulle scene nel tardo 2001 e fu la prima console Nintendo a leggere mini-dischetti ottici. Ancora una volta i fan storsero il naso sulla scelta del media della console ma grazie ad essi il Gamecube fu come risultato una console difficilissima da modificare, tanto che le prime modifiche per leggere i backup apparvero solo verso la fine del suo ciclo vitale, ancora una volta assicurandosi il ritorno economico di tutto ciò che veniva immesso nel mercato. Il Gamecube fu la prima console Nintendo a non avere un gioco di Super Mario al lancio. Il lancio invece fu affidato al fratello Luigi con il curiosissimo spin-off Luigi’s Mansion il cui obbiettivo era proprio quello di trovare Mario all’interno della magione stregata. La nuova avventura di Mario arrivò l’anno succesivo, nel 2002, con Super Mario Sunshine. Nintendo decise di sperimentare molto con questo titolo: diedero molto più storytelling e dunque un background un più ricco dei precedenti giochi, l’azione non era più all’interno del regno dei funghi, bensì nell’isola Delfino, isola popolata da simpatici esserini chiamati Palmensi e l’atmosfera del gioco era decisamente più soleggiata ed esotica. Il gameplay fu l’elemento più modificato: similarmente a Luigi’s Mansion a Mario venne dato un dispositivo, il FLUDD, in grado di caricare acqua e sfruttarla a suo vantaggio. Super Mario Sunshine mostrava chiari investimenti in grafica, sonoro, storia e gameplay ma, nonostante una critica favorevole, alcuni fan si trovarono alienati di fronte al nuovo titolo, troppo diverso dal precedente Super Mario 64 e, a tratti, anche troppo difficile. L’idea di un nuovo titolo più classico si fece strada poco dopo la sua uscita. Giravano voci che Nintendo avrebbe sviluppato un nuovo titolo dalla demo mostrata al Nintendo Space World del 2000 intitolata Super Mario 128. Le voci erano infondate e da quella demo fu un concept dalla quale poi venne sviluppato Pikmin. Nel Gameboy Advance, uscito nel 2002, vennero rilasciati una serie di titoli classici, in ordine: Super Mario Bros 2, Super Mario World, Yoshi’s Island e Super Mario Bros 3. Finiti i giochi classici (Super Mario Bros fu anche rilasciato per Gameboy Advance per la serie NES Classics) si fece avanti l’ipotesi fra i fan di un quinto gioco classico inedito da aggiungere alla serie Super Mario Advance. I fan ebbero ragione ma il titolo usci per il popolarissimo Nintendo DS con il nome di New Super Mario Bros, un inedito gioco in 2.5D che sancì il ritorno alle radici classiche del gioco. New Super Mario Bros rappresentò la riscoperta del canone classico della serie, il gioco funzionava esattamente come un vecchio titolo del passato ma presentava tantissimi nuovi elementi come nuovi power up, nuove gimmick per i livelli, nuove canzoni e nuovi nemici boss, sempre sconfiggibili tramite il classico salto addosso. New Super Mario Bros riscosse un successo senza precedenti: con 31 milioni di copie vendute in tutto il mondo divenne il titolo più venduto del Nintendo DS nonché uno dei giochi più venduti di tutti i tempi.

Verso l’eccellenza ed oltre

In questo clima di riscoperta Nintendo era pronta a colpire di nuovo con un titolo della saga senza precedenti. Passarono cinque anni dall’ultima apparizione di Super Mario in una console casalinga e nel frattempo, nel 2006, il Nintendo Wii ebbe un impatto nel mercato pari a quella della Playstation durante la sua generazione, il prossimo gioco di Mario, faccia della compagnia e icona dei videogiochi, doveva essere perfetto. Dopo anni in sviluppo Super Mario Galaxy uscì nel Novembre del 2007 riscontrando  immediatamente pareri positivi della critica e dei fan. Il nuovo palcoscenico di Super Mario non era più la terra ferma bensì lo spazio e le galassie al di fuori del regno dei funghi: ciò che fece rimanere a bocca aperta critici e giocatori fu la cura e la precisione della gravità implementata in questi nuovi mondi rotondi di questo capitolo. Il mondo ruotava letteralmente in torno a Mario, la dimensione dei platform fu totalmente squadernata, Super Mario Galaxy diede ai fan, alla critica e persino agli sviluppatori di tutto il mondo un nuovo modo per vedere un platform 3D, difficilmente la stessa eccellenza fu raggiunta da altri sviluppatori. I livelli erano della difficoltà giusta, tutto era curato nei minimi particolari, persino la musica dell’overworld, la stazione spaziale del nuovo personaggio Rosalina, era una sinfonia composta sul ritmo passetti di Super Mario. Non si badò a spese, appunto, neppure per la musica, la gran parte dei pezzi fu composta da un’orchestra di 50 persone. In tutto questo i motion control, sulla quale Nintendo aveva costruito la reputazione del Wii, non erano né troppo invasivi né assenti, il puntatore ed il sensore di movimento dei Wiimote erano usati senza nessuna gimmick superflua e mai noiosa. La cura con la quale fu sviluppato Super Mario Galaxy fu un evento quasi irripetibile. Nel 2010 fu rilasciato, dopo un New Super Mario Bros per Wii, il sequel diretto Super Mario Galaxy 2 che fu una vera e propria continuazione del primo. Molti elementi, quale la cura per la gravità e diversi power up, fecero ritorno ma la struttura del gioco cambiò in quanto questa volta, per scovare Bowser, bisognerà viaggiare con la nostra nave/pianeta spaziale attraverso una serie di mondi in serie. Inoltre, in questo capitolo, fece ritorno il caro Yoshi  che fu un aggiunta perfetta all’interezza del gioco. Gli anni in sviluppo di Super Mario Galaxy 2 stanno ancora a dimostrare la cura con la quale Nintendo sviluppa un titolo di Mario e che i titoli principali di questa saga non possono essere buttati nel mercato solo per riscuotere vendite; un titolo di Super Mario non è solo un gioco, ma un evento. L’eccellenza di Super Mario Galaxy è anche dimostrata dal fatto che è stato l’unico titolo 3D ad aver ricevuto un sequel diretto.

Gli anni recenti

Le cose per Nintendo e Mario girano per il verso giusto ma allo scattare della nuova generazione delle nuove console le cose non sembrano andar bene come le altre volte. Il lancio del Nintendo 3DS fu molto lento e la nuova gimmick del 3D senza occhiali non convinceva molto i fans. Le cose andarono molto peggio per il mercato delle console casalinghe con il semi-fallimentare Wii U, successore del Wii, con la quale i giocatori non riuscivano ad entrare in contatto. In uno scenario del genere, in cui anche la concorrenza fatica ad emergere per via della presenza sempre più imponente di Steam, i nuovi giochi di Mario sembrano all’apparenza già visti ma tutto quanto si rivela una falsa impressione. Per 3DS uscirà Super Mario 3D Land, un gioco che crea una nuova formula fondendo il passato con il presente: il gioco si pone come un platformer stage by stage, dunque come i più classici giochi 2D, ma i livelli, seppur lineari, sono in 3D ed esplorabili fin dove possibile. L’implementazione del multiplayer fino a quattro giocatori ha reso Super Mario 3D Land uno dei giochi più validi e divertenti della nuova console portatile, diventando anche uno dei giochi più venduti del Nintendo 3DS. Sul fronte del Wii U invece troviamo il più espanso Super Mario 3D World, sequel di 3D World e che porta nuovi power up, livelli più grandi e il bonus di Cpt. Toad dalla quale poi verra tratto un intero gioco. In questo periodo vengono fuori anche due nuovi capitoli 2D per 3DS e Wii U, rispettivamente New Super Mario Bros 2 e New Super Mario Bros U (e un DLC intitolato New Super Luigi bros U) ma nonostante tutti questi titoli è l’hardware Nintendo che sembra non essere all’altezza del mercato. I titoli sono tutti validissimi, Super Mario 3D World era stato nominato il miglior videogioco da regalare per il natale 2013 ed uno dei giochi più comprati su amazon in quel periodo, ma nulla sembra attecchire coi fan, specialmente con coloro che non hanno un Wii U. Le vendite di quest’ultima però, in occasione dei 30 anni di Mario, riscontrarono un rialzo di vendite quando fu lanciato  Super Mario Maker in bundle con la console. Un po’ come Mario Paint, Super Mario Maker è più un software di editing che un gioco; per la prima volta ai fan della saga viene dato un vero e proprio tool di creazione per dei livelli di Super Mario. Questo gioco celebra in tutto e per tutto la storia dell’icona dei videogiochi: è possibile scegliere quale motore grafico (e dunque quale fisica del gioco) usare, se quello di Super Mario Bros, Super Mario Bros 3, Super Mario World o New Super Mario Bros, inserire blocchi calpestabili, blocchi rompibili, power up, nemici, porte, creare sub-aree… Tutto in una maniera incredibilmente intuitiva e facile per tutti. Ad oggi i livelli creati con Super Mario Maker sono attorno ai 7 milioni ed il numero è, ovviamente, ancora in crescita. Dal 2016 in poi le cose però sembrano migliorare per la grande N e l’idraulico più famoso al mondo. Nel 2016 Nintendo, che si è aperta al mercato delle app per mobile, ha curato lo sviluppo di Super Mario Run per iOS, un gioco che fonde le meccaniche di un endless runner, genere ormai popolarissimo fra gli utenti di smartphone di tutto il mondo, con un platform più classico nel vero senso della parola. Su Nintendo Switch la Ubisoft ci sta deliziando con il nuovissimo Mario + Rabbids Kingdom Battle, un’accoppiata che sta rivelando vincente e che riscontra pareri altamente positivi da parte di critica e fan. Ma il futuro è ancora luminoso per Mario infatti fra poco saremo testimoni della sua nuova avventura: il rilascio di Super Mario Odyssey, in programma per il 27 Ottobre 2017, si sente già nell’aria e la fanbase dell’idraulico non vede l’ora di cimentarsi in questa nuova avventura.

E se…

Chissà se Nintendo avesse davvero ottenuto la licenza per i personaggi di Popeye da mettere in quel videogioco del 1981… Sarebbe Nintendo la stessa compagnia che conosciamo oggi? Mario sarebbe mai esistito? Ci sarebbe mai stata un’icona grande quanto Mario nel mondo? Avrebbe mai avuto lo stesso peso per la cultura popolare? Ad oggi ci è veramente difficile pensare ad un mondo senza Mario, l’uomo qualunque con una marcia in più, il personaggio in cui tutti ci siamo immedesimati almeno una volta. Tante serie videoludiche, nel tempo, sono iniziate e finite ma Mario è da sempre stata la costante che ha reso i videogiochi quello che sono oggi.




Tutto quel che c’è da sapere sul SNES Classic Mini

Proprio come per il Nes Classic Mini lo scorso anno, c’è grande attesa per SNES Classic Mini, in uscita fra un paio di giorni. Con un vasto assortimento di vecchi classici selezionati tra i tanti presenti nella vasta biblioteca Super Nintendo, molti titoli vivranno una “seconda vita”, tornando nelle case dei gamer di ogni età.
Ma cosa c’è da sapere su questa nuova console? Proviamo a rispondere andando con ordine

Quando esce SNES Classic Mini?

La release è prevista per il 29 settembre 2017 al prezzo di 79,98 €. Il SNES Classic mini sarà disponibile nella maggior parte dei mercati internazionali. Proprio come il NES Classic, il Giappone avrà una versione Famicom, conosciuta come Super Famicom Classic, e uscirà la settimana successiva, il 5 ottobre, insieme a alcuni giochi esclusivi per il mercato nipponico come Ganbare Goemon: Yukihime Kyūshutsu Emaki (The Legend of the Mystical Ninja). Sebbene la versione occidentale della console classica manchi di alcuni titoli della sua controparte orientale (qualcuno dei quali lo abbiamo inserito in questa classifica dei 10 grandi assenti del SNES Classic Mini), ci sono ancora tanti grandi giochi ad arricchirla.

Dove posso trovare un SNES Classic?

Visto il rapido sold-out del NES Classic, Nintendo ha aumentato la quantità di unità prodotte e stavolta pare non debbano esserci problemi. Inoltre, Nintendo ha invitato i fan a non acquistare SNES Classic a un prezzo significativamente più elevato da soggetti terzi, proprio per la sua maggiore disponibilità rispetto al NES Classic. Il SNES Classic sarà disponibile nelle più note catene di negozi di elettronica e videogame e nei più famosi e-commerce.

Alcuni aspetti tecnici

Proprio come il NES Classic, è possibile salvare progressi per qualsiasi gioco in qualsiasi punto toccando il pulsante di ripristino e memorizzando lo stato di gioco in uno dei quattro slot di “Suspend Point“. Ma il Super NES Classic supporta anche le funzioni di salvataggio in-game originariamente incluse in 15 dei giochi inclusi. Ciò significa che il progresso del gioco, i livelli sbloccati, i punteggi più alti, e altro possono essere memorizzati usando lo stesso processo che i giocatori di gioco originari utilizzavano negli anni ’90, senza la necessità di fare un “freeze” dal punto esatto in cui si salva.
Il SNES Classic mette a disposizione una funzione di “riavvolgimento” che consente di ripristinare un gioco allo stato di pochi secondi prima. La caratteristica non è esattamente facile da usare, però. Innanzitutto, è necessario premere reset per andare al menu di sistema, quindi selezionare il punto di salvataggio e toccare X per entrare in un menu di riavvolgimento (si può anche scegliere di riavvolgere da punti di salvataggio precedentemente salvati). Lì si potrà poi tornare indietro di circa 40 o 50 secondi (la lunghezza esatta sembra variare a seconda della complessità degli ingressi e delle scene di gioco). Con i tasti L e R si potrà andare avanti e indietro attraverso il menù di riavvolgimento a intervalli di 10 secondi. Una volta scelto il punto per riprendere si ricomincerà a giocare dal momento prescelto.
Il SNES Classic permette di utilizzare i filmati di gioco come screensaver.
Il filtro CRT incluso nel sistema, studiato per replicare la risoluzione inferiore e le scanline di un vecchio televisore a tubo catodico, ed è molto più flebile di quanto non fosse sulla NES Classic Edition, ma è comunque facilmente impostabile.
Riguardo l’alimentazione, console impiega solo 2,3 watt. È possibile comprare a 14,99 € un alimentatore apposito, ma basteranno quelli dei normali smartphone e tablet.
I controller del SNES Classic Edition saranno compatibili con la versione NES Classic, e questo è utile se non avete mai comprato un secondo controller (anche questi sold-out) per il sistema precedente: pulsanti d-pad, Select, Start e B e A sono mappati correttamente, mentre il pulsante Y mapperà su A e il pulsante X su B su NES Classic (L e R non faranno nulla). Anche i vecchi controller NES Classic sono compatibili in avanti con Super NES Classic, ma i pulsanti mancanti rendono questa caratteristica quasi inutile. Entrambi i controller sembrano funzionare per i giochi classici su Wii e Wii U.
È stato inoltre messo sul mercato da Hori un controller wireless programmabile con funzione turbo, ma al momento sarà riservato ai mercati di Giappone e Stati Uniti.
Riguardo i tempi di accensione e spegnimento, sono necessari circa sette secondi dopo aver acceso il sistema affinché il menu venga visualizzato sullo schermo. Dopo aver spento il sistema, sullo schermo viene visualizzato un messaggio di spegnimento per circa tre secondi prima di andare in nero.

Quali giochi include il SNES Classic?

Come anticipato, il SNES Classic comprenderà 21 giochi preinstallati, fra cui l’inedito Star Fox 2. Ecco la lista completa:

  • Contra III The Alien Wars
  • Donkey Kong Country
  • EarthBound
  • Final Fantasy III (Final Fantasy VI in Giappone)
  • F-Zero
  • Kirby Super Star Kirby’s Dream Course
  • The Legend of Zelda A Link to the Past
  • Mega Man X
  • Secret of Mana
  • Star Fox
  • Star Fox 2
  • Street Fighter II Turbo Hyper Fighting
  • Super Castlevania IV
  • Super Ghouls ’n Ghosts
  • Super Mario Kart
  • Super Mario RPG: Legend of the Seven Stars
  • Super Mario World
  • Super Metroid
  • Super Punch-Out!
  • Yoshi’s Island

Come già detto, il SNES Classic Mini sarà disponibile dal 29 settembre 2017 al prezzo di 79,98 €.




Super Nintendo Classic Mini: i 10 grandi assenti

Il Super Nintendo Classic Mini uscirà il 29 settembre sul mercato e la risposta del pubblico è già stata fortissima, con un grande numero di prenotazioni in tutto il mondo.
La piccola console conterrà 21 giochi preinstallati, grandi classici che hanno fatto la storia dei videogame e con essi  l’inedito Star Fox 2. In un range di giochi così contenuto era inevitabile figurassero i grandi esclusi, e qui ne abbiamo selezionati e classificati 10 di cui sentiremo assolutamente la mancanza.

10. Final Fight 2

Seguito del titolo che doveva essere inizialmente il sequel del primo Street Fighter, questo picchiaduro a scorrimento ha fatto la storia del genere partendo dalle sale giochi e arrivando con il secondo capitolo probabilmente alla sua massima espressione.

9. Legend of the Mystical Ninja

Remake di un capitolo della saga Ganbare Goemon, il titolo è stato il primo episodio della serie platform d’avventura di grande successo in Giappone ad arrivare in Occidente, ed è tuttora considerato un titolo di culto.

8. Earthworm Jim

Videogioco a piattaforme che vede il lombrico Jim acquisire incredibili poteri e intelligenza umana grazie a una Space Suit caduta dal cielo che dovrà difendere dal terribile Psy-Crow, intenzionato a riportare la tuta alla regina aliena.

7. Super Bomberman

Gioco che darà il via a una fortunata serie e che vede alcuni piccoli personaggi combattere in un’arena a suon di esplosioni. Fu il titolo col quale Nintendo lanciò un multitap che permetteva una battaglia fra più di due giocatori contemporaneamente, aprendo la strada al multiplayer su 16 bit.

6. Zombies Ate My Neighbors

Titolo ormai di culto realizzato da LucasArts che mise il meglio del suo immaginario parodistico, facendo il verso ai b-movie di genere horror e alle invasioni zombie, qui fronteggiate dai protagonisti a colpi di pistole d’acqua, posate e bibite gassate.

5. Sunset Riders

Straordinario shooter a scorrimento ambientato nel Far West americano, nel quale si vestiranno i panni di un cacciatore di taglie che in ogni livello dovrà fronteggiare vari nemici fino ad affrontare il ricercato di turno e ottenere l’agognata ricompensa.

4. International Superstar Soccer

Primo capitolo di una lunga serie che ha portato all’odierno Pro Evolution Soccer, punto di riferimento fra gli appassionati del calcio videoludico. La vera simulazione calcistica cominciò da lì, venuta dopo una miriade di titoli che emulavano il vero calcio piuttosto che simularlo.

3. Actraiser

Titolo a metà tra il platform d’avventura e il videogame simulativo che riesce a calibrare benissimo entrambe le anime, mettendo in atto dinamiche proprie del god game alternate a boss fight mozzafiato sullo sfondo di una mitologia elaborata e di una storia complessa e ben curata.

2. The Magical Quest: starring Mickey Mouse

Platform straordinario e immaginifico nato dalla collaborazione tra Disney e Capcom, questo titolo vede Mickey Mouse affrontare pericoli di ogni genere in mondi di fantasia tratti dall’immaginario favolistico con vesti e abilità sempre diverse, in un videogioco dalla storia avvincente e dal gameplay inaspettato che lo rende adatto a tutte le età

1. Chrono Trigger

Il titolo di cui forse la maggior parte del pubblico sente la mancanza, a cui Nintendo ha preferito forse Secret of Mana, e che è considerato ancora oggi uno dei jrpg più belli di ogni tempo, con una grande varietà di combattimenti e personaggi, una storia curatissima e 13 finali diversi che lo hanno reso uno dei titoli videoludici più amati di sempre.




Sonic Mania

Un gioco dai fan per i fan. Dopo una serie di titoli poco convincenti, Sonic Mania appare come il sole dopo una giornata di pioggia. Con la benedizione del Sonic Team, il team composto da Christian Whitehead, che ha dato nuova vita ai giochi Sonic, Sonic 2 e Sonic CD su iOS, Headcannon e Pagoda West Games hanno decisamente dimostrato con questo titolo cosa serve per rendere un gioco del porcospino blu semplicemente eccezionale. Certo il fandom del porcospino è molto selettivo e il Sonic Team difficilmente riesce ad accontentare le loro richieste. La risposta sembra proprio un gioco super semplice e che si rifà alle proprie radici sul leggendario Mega Drive; per quanto eccellente il risultato possa sembrare, questa è comunque una sorta di contraddizione visto che il difficilissimo fandom ha sempre voluto vedere qualcosa di nuovo e innovativo… ma andiamo per gradi.

Un tuffo nel passato

La storia vede i tre classici eroi, Sonic, Tails e Knucles, alle prese con il nuovo piano del dott. Eggman: lo scienziato, in compagnia dei sui nuovi sgherri, gli Hard Boiled Heavies, ha intenzione di usare la potentissima gemma del tempo per viaggiare nel tempo e recuperare ciò che serve per poter dominare Little Planet. Una volta estratta la gemma dal terreno, Sonic, Tails e Knulckles (che semplicemente si stava facendo i fatti suoi sotto un albero) vengono inghiottiti dal vortice temporale sprigionato da quest’ultima, e sarà allora che la nostra avventura avrà inizio fra le zone più classiche del passato. Sonic Mania non è solamente un richiamo a un passato nostalgico ma è un gioco che unisce ciò che ha reso leggendaria la saga a nuove idee. Troviamo le zone più tipiche della serie, come le celebri Green Hill Zone, Chemical Plant Zone e Oil Ocean zone, insieme a molte altre nuove, come Press Garden Zone e la fantastica Studiopolis Zone. Ogni livello, come da tradizione diviso in due atti, è sempre originale e aggiunge sempre qualcosa di nuovo senza che questi elementi siano scontati o noiosi. La grafica è chiaramente ispirata a quella dei titoli del Mega Drive, migliorata con più frame di animazione e  con fondali più ricchi, rotazione totale degli sprites e colori più vividi e vibranti. Il level design è perfetto e soddisfa sia chi vuole esplorare il livello più nel dettaglio sia chi invece preferisca sfrecciare dall’inizio alla fine nonché, sempre come da tradizione, premia il giocatore se si mantiene sulla parte alta del livello con più rings, power up, principalmente presi da Sonic 3, e ha più probabilità di finire in una delle aree bonus utili per ottenere le Chaos Emerald che permettono a Sonic di diventare Super Sonic. Questa area bonus si rifà a quella di Sonic CD in cui Sonic correva in un una specie di mondo in Mode-7 e doveva rompere degli UFO sparsi per il livello; qui il concept è stato sia semplificato, mettendo solamente un ufo, sia migliorato dalle sfere blu che permettono di correre più veloce e i rings che serviranno per allungare il tempo a nostra disposizione per il nostro bonus. Tutto questo condito con una grafica da Sega Saturn: modelli poligonali semplici, ben colorati e pieni di nostalgia. Ancora come da tradizione in questo gioco passando da un checkpoint con più di 25 rings è possibile accedere all’altra area bonus: il labirinto delle sfere blu di Sonic 3. Chi ha una grande pazienza, e sa anche come fare apparire i rings, ha la strada più o meno spianata ma la novità, visto che i Chaos Emerald sono riservati all’altra area bonus, sta nel fatto che bisogna collezionare non solo tutte le sfere blu ma anche i rings indicati nella parte alta dello schermo. Quando avremmo ottenuto tutte le sfere blu, e se avremmo raccolto il numero di rings indicato, otterremo un gettone d’argento o dorato; il numero dei gettoni permette di sbloccare gli extra del gioco come la modalità debug e il minigioco Mean  Bean, praticamente una versione di Puyo Puyo che si rifà a sua volta al suo spin-off su Mega Drive in cui il dott. Eggman era il protagonista. Il gioco è diviso in quattro campagne, ovvero una per personaggio più una che include sia Sonic che Tails controllato dal computer o, dividendo i joycon (nella versione per Nintendo Switch) fra due giocatori, da un amico. Questa avventura sarà accompagnata dalla magistrale colonna di Tee Lopes che si alterna fra i temi classici della serie e pezzi inediti, fra strumenti digitali e sintesi FM usata anche per dar vita agli effetti sonori.

«You’re too slow»

Sonic Mania è decisamente una lettera d’amore rivolta a tutti i fan della serie ma forse questo potrebbe far desistere qualche giocatore alle prese per la prima volta con un titolo della saga. Non tutti forse sono in grado di comprendere gli easter egg e i cameo netti per i più devoti fan di Sega, come quei cartelli wanted nella Mirage Saloon Zone, l’insegna “Pinkbot” in Studiopolis Zone che richiama Streets of Rage su Mega Drive, il furgoncino “Hornet” che richiama Daytona Usa, la boss battle di Chemical Plant Zone che non è altro che un livello del già citato spin-off Dr. Robotnik Mean Bean Machine per Mega Drive, una boss battle che in sé è un intero easter egg! Sonic Mania è una vera e propria enciclopedia Sega, un titolo decisamente per i più nostalgici ma non per questo merita di passare inosservato dai giocatori più casual; con la giusta apertura mentale, Sonic Mania risulterà, come molti altri platform in questo stile, un gioco divertentissimo, dai controlli intuitivi, attuale e difficile al punto giusto. Il retrogaming ormai va di moda e alcuni giochi sono semplici richiami a un passato ormai andato, ma non questo. Vedete Sonic Mania come uno Star Wars EP 7: The Force Awaken: un modo per mandare avanti una serie i cui fan erano rimasti con l’amaro in bocca, un dare ai fan qualcosa di nuovo pur restituendo tutto quello che avevano reso grandi i precedenti titoli creando così un equilibrio perfetto. I diversi contenuti garantiscono ore e ore di gioco che ci riporteranno indietro nel passato ma ci terranno comunque ancorati in un presente ancora vivissimo e tutto da giocare. Un gioco come questo, ai tempi degli anni neri di Sega, avrebbe forse salvato l’ex gigante che ha avuto la possibilità di mettere in ginocchio Nintendo. In poche parole: «To be this good takes AGES»!




Suda51 vorrebbe creare un seguito di Killer is Dead

Durante un’intervista per Gamereactor al Tokio Game Show, a Suda51 è stato chiesto se fosse interessato a creare dei seguiti di alcune delle sue opere, come Lollipop Chainsaw, Killer is Dead, Killer 7 .
L’autore giapponese ha risposto che per molti dei suoi titoli sarebbe relativamente difficile realizzare dei seguiti, perché Grasshopper (azienda fondata da Suda51) non detiene i diritti di alcuni di essi, quindi non spetta a loro prendere decisioni a riguardo.
Ma certamente ci sono dei titoli per i quali esiste una possibilità, ad esempio, Killer is Dead.
Suda ha detto di aver pensato per parecchio tempo a un possibile seguito, anche se ancora non c’è nulla di concreto, e spera di poter parlarne più approfonditamente in futuro.
Ma prima deve terminare i lavori su Travis Strikes Again: No More Heroes che uscirà l’anno prossimo su Nintendo Switch.

 




Lovers in a Dangerous Spacetime arriva su Switch

Lovers in a Dangerous Spacetime è un gioco in cui è possibile esplorare coloratissime galassie piene di robot malvagi e costellazioni muovendosi con un’enorme nave da guerra al neon da controllare in coppia manovrando torrette, laser, scudi e acceleratori. Il gioco arriverà in versione aggiornata su Nintendo Switch il prossimo 3 ottobre.
Dal trailer uscito in occasione dell’annuncio non sembra che questa nuova versione includa elementi nuovi.




Nintendo Switch non riesce ancora a soddisfare l’alta richiesta di mercato

Nintendo Switch è stato lanciato a Marzo e da allora è nota la sua difficile reperibilità sul mercato, date le inaspettate vendite della console giapponese.

Reggie Fils-Aime, presidente della Nintendo of America, ha dichiarato che è stato  consegnato al lancio uno stock di Switch “drasticamente” più basso del previsto, in contrasto alla domanda inferiore suggerita dagli analisti di mercato. Negozi come GameStop, ad oggi, esauriscono i loro stock di Nintendo Switch non appena questi arrivano in negozio. A onor del vero, Fils-Aime conferma che Nintendo potrebbe non riuscire a soddisfare la domanda di console per il prossimo Natale; tuttavia ha aggiunto che la compagnia sta facendo di tutto per far sì che ciò non accada.

Fra le persone rimaste senza la console più in voga del momento c’è anche Hajime Tabata, direttore di Final Fantasy XV, che ha rivelato inoltre l’intenzione di Square Enix di portare la più recente incarnazione della saga su Nintendo Switch.

Lo Switch non è l’unica console Nintendo a non essere riuscita a soddisfare la domanda; il Nes Classic Edition è stato noto per la sua difficile reperibilità lo scorso anno e molti temono che lo stesso possa accadere allo Snes Classic Edition per il suo lancio fissato per il 29 Settembre. Nintendo ha incrementato la produzione delle due mini console e raccomandato a coloro che le cercano di non pagare oltre il prezzo suggerito di 80 dollari.