Nuovi titoli in cantiere per il team di Bayonetta

Platinum Games, nel prossimo futuro, prevede di pubblicare 2 nuovi titoli che, sebbene abbiano un budget non troppo ridotto, non risulteranno comunque dispendiosi quanto gli altri tripla A dello studio, come Bayonetta o il più recente Nier:Automata.

Durante un’intervista ai microfoni di GameInformer, Atsushi Inaba, capo dello sviluppo di Platinum Games, condivide il proprio desiderio di voler raggiungere un buon equilibrio tra un titolo indie e un tripla A.

«Non possiamo sviluppare un titolo da più di 10M di dollari, per il semplice motivo che non disponiamo di quella cifra come sviluppatore indipendente. Ma ad ogni modo non vogliamo neanche seguire la strada degli indie con soltanto 10 persone nello staff per produrre il gioco, probabilmente staremo nel mezzo, con un organico di circa 20 persone per lo sviluppo.»

Inaba ha inoltre parlato della propria politica di mantenere le porte aperte alle nuove idee dello staff. Infatti ci sono circa 70 nuovi concept proposti dallo stesso team, che sono stati scremati per capire su quali poter lavorare con il budget disponibile.

Forse la nuova politica di Platinum Games potrebbe dare un forte scossone all’industry, donando nuova vita e un nuovo spazio ai giochi mid-range, che potrebbero essere apprezzati anche da quei giocatori che normalmente non apprezzerebbero un titolo di uno studio indipendente. E chissà che magari non potrebbero anche ridurre le lamentele dei grossi publisher sul profitto non esattamente commisurato al costo di produzione di certi titoli AAA.




Chrono Trigger avrebbe potuto avere un sequel

Chrono Trigger, come molti videogiocatori veterani sanno, fu il più acclamato RPG di Nintendo per SNES e successivamente anche per Nintendo DS. Di recente, direttamente dal genio di Takashi Tokita, l’art director del suddetto gioco, è stato rilasciato sul mercato per IOS (apple) un gioco chiamato Final Fantasy Dimensions II. Durante alcune interviste Tokita si è lasciato a delle rivelazioni che hanno incuriosito il grande pubblico ammettendo che una volta Square Enix, registrò nel 2001 il marchio Chrono Break, pensato all’epoca come il nome che avrebbe dovuto rappresentare il sequel diretto di Chrono Trigger. Purtroppo per i fan, poi il progetto si interruppe per  scarsa produttività. Ma stando alle affermazioni dell’art director Tokita, parte del concept originario del gioco, è stato completamente trasposto sul nuovo Final Fantasy Dimensions II, che adesso sembra possedere l’essenza di Chrono Break, quello che sarebbe stato oggi il seguito di un titolo che molti di noi non hanno ancora dimenticato.




PacMan ritorna a cacciare Fantasmi, ma questa volta lo farà su Switch

Bandai Namco annuncia il ritorno di PacMan con uno strepitoso porting su Nintendo Switch, della versione già uscita in precedenza per le altre piattaforme.

Il gioco uscirà il 22 Febbraio 2018 sotto il nome di Pac-Man Championship Edition 2 PLUS e prevede anche un’elaborata modalità co-operativa in esclusiva proprio per le console Nintendo, nella quale si potranno condividere i joycon in modo che quando un giocatore verrà catturato dai fantasmi, l’altro potrà correre in suo soccorso. Teniamo a sottolineare che questa modalità non sarà purtroppo implementata a chi in precedenza ha acquistato il gioco per le altre piattaforme, quindi se vi piace l’idea, andate dal negoziante più vicino, e munitevi di un Nintendo Switch.

Nell’articolo potrete vedere gli screeshot del gioco in questione. Siamo certi che Pac-Man Championship Edition 2 PLUS sia uno dei porting meglio riusciti che va ad aggiungersi al già promettente e sempre in crescita parco giochi di Nintendo Switch.Ideare delle feature esclusive per un gioco su una piattaforma piuttosto che per un’altra, rendono essa stessa un esclusiva console da gioco, proprio per questo il titolo bandai namco su Switch, pur essendo un porting sarà comunque una spanna sopra i suoi gemelli. Molte software house sembrano aver afferrato bene in messaggio, e molti porting sono già stati sviluppati. A questo punto vien da chiedersi: “Nintendo Switch sarà la console del futuro?”




The Last of us: Part II è ancora a metà lavorazione

Nonostante siano trascorsi due degli eventi più importanti nel settore videoludico, il Game Awards e il Playstation Experience, di The Last of Us: Part II, non v’è neanche l’ombra. Dopo l’hype dato dall’apparizione con un trailer mozzafiato al Paris Game Week il progetto è tornato tra le mura degli studi di Naughty Dog e dalle quali non sembra voler ancora uscire. Druckmann, il direttore creativo della nota software house, spiega infatti che il sequel è stato lanciato molto prematuramente. Lo sviluppo del gioco è ancora tra il 50% e il 60%, proprio per questo motivo anche la data di uscita è molto lontana, non definita. Ma Druckmann ci assicura però che TLoU2, sarà sicuramente presente per il prossimo E3 2018.

Ad addolcire l’amaro boccone ingoiato dai più speranzosi fan della serie, ci hanno pensato Ashley Johnson e Troy Baker, che interpretano i personaggi Ellie e Joel, cantando in un duetto unplugged l’OST del videogioco.

Insomma a questo punto probabilmente, visto che c’è ancora molto tempo per il prossimo E3, possiamo ben sperare che Naughty Dog possa finalmente dare una consistente prova del suo operato con un video gameplay o magari perché no, con una demo giocabile di The Last of Us: Part II.




Star Wars Battlefront II e il futuro delle microtransazioni

Un argomento caldo del momento  è quello che riguarda l’implementazione del circuito delle microtransazioni all’interno dei videogame tripla A, e quanto sia giusto o meno che tutto questo venga propinato – forzatamente – ai giocatori, soprattutto quando si parla di titoli a prezzo pieno come Star Wars Battlefront II.

Come avevamo scritto in precedenza, EA, dopo svariate lamentele del pubblico, aveva deciso di interrompere temporaneamente il sistema di loot box presente nel titolo, promettendo di rielaborarlo e poi implementarlo nuovamente, ma andiamo al punto: quanto è giusto che debba andare così? Cosa porta gli sviluppatori a puntare tutto sulle microtransazioni?

Diversi esponenti del settore si sono espressi in questi giorni, ci si trova tra un turbine di pareri contrastanti, tra chi è totalmente a favore e chi no. Uno fra tutti, forse il più lungimirante, Shams Jorjani di Paradox Interactive, porta avanti, come si direbbe in termini giuridici, un “ragionevole dubbio”,  dicendo testualmente:

«Do we really think the kids growing up today will be complaining about loot boxes and micro transactions – that have been an ingrained part of how they played games ever since they were born?»
Traduzione:
«Pensiamo davvero che i ragazzini che stanno crescendo oggi con un sistema di loot box e microtransazioni ormai integrato nei titoli che giocano un giorno se ne lamenteranno?»

Se è vero quel che dice Jorjani, davvero il futuro dei nostri videogiochi preferiti ci costringerà a effettuare periodicamente degli acquisti online? Gli sviluppatori non dovrebbero avere cura allo stesso modo di tutte le tipologie di gamer?
Infine: non sarebbe giusto che le microtransazioni di qual si voglia natura, rimangano più semplicemente un’opzione e non una imposizione per la competitività?

Abbiamo trattato l’argomento microtransazioni in una delle ultime puntate del nostro format Tv e in un successivo hangout, e continueremo a farlo.

Iscrivendovi ai nostri canali Twitch e Youtube sarete aggiornati riguardo le prossime puntate e potrete dirci la vostra sul tema.




GAME subisce il forte impatto della crisi finanziaria nel settore videoludico

Non sono sempre state rose e fiori per il noto rivenditore di videogiochi britannico GAME, e sembra che per di più, quest’anno, sia andata anche peggio del solito.

L’ultimo rapporto finanziario rivela infatti uno scivolone del 2,4% nel valore lordo delle transazioni, anche a causa delle vendite di “hardware a basso margine”, come le console, e gli utili su base annua, si sono addirittura dimezzati da circa 28,7 milioni di sterline a 14 milioni.

«Anche se il mercato è stato molto volubile nell’ultimo anno, abbiamo compiuto solidi progressi nelle nostre strategie di vendita, continuando a offrire la migliore soluzione per il commercio al dettaglio nel Regno Unito» così parla, Martyn Gibbs, amministratore delegato di GAME. «Dopo due anni di declino, la vendita nel reparto hardware delle console nel Regno Unito è tornato a crescere nella seconda metà del nostro anno finanziario, proprio in seguito al lancio di Nintendo Switch. Questa crescita si è protratta anche nel nuovo anno finanziario in entrambi i nostri territori chiave. Pur restando consapevoli dei problemi strutturali che permangono nei nostri settori principali, prevediamo che le recenti evoluzioni positive di mercato degli ultimi tempi, continueranno nel periodo di picco natalizio, trainate soprattutto dalla forte crescita di tutti gli elementi della categoria PS4, dalla continua domanda dei clienti per Nintendo Switch, dal lancio di Microsoft Xbox One X e ovviamente dalla continua richiesta di software correlato».




Racing Game: dal concept al prodotto finale.

Le grandi software house del settore motoristico continuano a sviluppare racing game sempre più evoluti che si battono per accaparrarsi, anno dopo anno, il primato di miglior gioco di guida simulativo. Ma il percorso per lo sviluppo di un gioco di qualità non è affatto semplice. Vediamolo insieme.

Ogni motoristico che si rispetti deve avere innanzitutto una propria dimensione sulla quale poi gettare le fondamenta, poiché sin dall’inizio bisognerà avere ben chiara la direzione da seguire per la linea di sviluppo del titolo: arcade, simulativo o ibrido?

Una volta scelta l’impostazione, si inizierà a progettare quello che sarà il vero e proprio contenuto del gioco. La fisica è normalmente legata al comportamento delle vetture su diversi tipi di terreno oppure ad altri particolari tipi di variabili dinamiche, caratteristiche che oggi giorno sono sempre più ricercate e, di conseguenza, oggetto di critica se mancanti o mal congegnate. Non sono queste però a determinare necessariamente la natura di un racing game. Di fatto esistono simulativi senza danni alle vetture o arcade con danni alle vetture ultra realistici.

Per avere un buon gioco di corse, sarà fondamentale fare affidamento su un buon motore grafico: le grosse software house ne sviluppano spesso uno proprietario, creato apposta per le esigenze del gioco. Al motore grafico, che sarà ovviamente responsabile di buona parte della qualità finale del titolo, andrà affiancato un minuzioso studio di tutte le variabili dinamiche, come l’aerodinamica dei veicoli in diverse condizioni, il clima variabile, l’usura delle gomme e altre caratteristiche che andranno poi ad arricchire l’esperienza di gioco: una fisica il più reale possibile diventa oggi uno dei punti di forza. Un’altra delle caratteristiche imprescindibili per i racing game di ultima generazione è sicuramente la qualità grafica. Lavoro che ultimamente si è raddoppiato, soprattutto per i modellatori 3D, anche a causa della tanto chiacchierata “visuale dall’abitacolo”, nella quale il giocatore va alla ricerca anche dei minimi dettagli, dalle cromature dei bocchettoni dell’aria, alle manopole del climatizzatore, oltre che a un cruscotto con tanto di contagiri e tachimetro realmente funzionali. Il numero di poligoni delle vetture, dapprima molto basso, adesso è diventato diametralmente opposto: si cerca la perfezione in ogni dettaglio, dai bulloni di un cerchio in lega sino all’interno dei fari, dotati di lampade e luci a led. Il team al contempo si occuperà delle texture, necessariamente di alta qualità, sia per quanto riguarda le vetture, soprattutto nella visuale interna ove prevista, che per quel che riguarda tutto il contorno di copertoni, asfalto, cordoli, erba, terra, alberi e montagne. Una volta terminato il modello 3D, non rimarrà che completarlo applicando, grazie al motore grafico per l’appunto, diversi shader per ottenere delle superfici sempre più realistiche. Il comparto sonoro, non meno importante dei precedenti, viene registrato per ogni singola auto in modo da risultare il più fedele possibile all’originale e in seguito modulato in base anche alle diverse visuali di gioco: per esempio quella interna al casco, nella quale avremo un suono ovattato e sordo che ci restituirà una sensazione molto realistica alla guida. Le vetture virtuali vengono successivamente testate con speciali postazioni di simulazione di guida, spesso anche facendo affidamento a veri piloti professionisti, anche per poter usufruire di un parere professionale sulla fisica delle automobili in modo da limare dove possibile eventuali incoerenze tra realtà e simulazione.

Ma l’elemento che più attrae i veri amanti del genere sono le costosissime licenze ufficiali delle auto, che non sempre vengono rilasciate con facilità. Nel caso di alcuni racing game quali Ridge Racer, Split Second, Burnout e simili, lo sviluppatore ha deciso deliberatamente di creare modelli di automobili e moto partendo da zero, trovandosi così anche a dover fronteggiare un minor investimento iniziale.

Che i giocatori adesso siano “viziati” dall’alta qualità dei titoli è un dato di fatto: si è raggiunto uno standard molto alto dal quale è ormai difficile tornare indietro, ed è forse proprio per questo che la scelta di investire nello sviluppo di un racing game competitivo è valutata con molta attenzione e cautela da ogni grosso developer presente sul mercato.




GT Sport

Finalmente dopo 4 anni Polyphony Digital rilascia al grande pubblico GT Sport, il nuovo capitolo della celebre serie automobilistica nata in esclusiva per le piattaforme Sony. Le immagini e i video promozionali rilasciati dalla casa produttrice tempo addietro avevano nutrito positivamente la curiosità degli appassionati del genere che da tempo aspettavano il grande, roboante ritorno di GT sulle console nextgen.
Dopo aver testato e analizzato il gioco a fondo emergono lati positivi che non sempre riescono purtroppo a controbilanciare quelli negativi.

Tanto rumore per nulla

Analizzando quello che è il contorno, non possiamo non apprezzare l’ottimo lavoro svolto dal team di sviluppo: un menù ben strutturato e stilisticamente impeccabile, che tramite didascalie e immagini ci accompagna in un viaggio emozionale durante la nostra esperienza di gioco, raccontandoci la storia dell’automobilismo. Graficamente impressionante, anche grazie a un supporto HDR editabile, che rende la visualizzazione del gioco il più naturale e realistica possibile, ovviamente TV permettendo.
Pollice in su per la nuovissima sezione “livree”, tramite la quale sarà possibile customizzare casco, tuta e ovviamente veicolo, mentre rimangono il solito marchio di fabbrica le prove per le patenti.
Un colpo al cuore invece è stato purtroppo vedere che, ancora una volta, Polyphony ha tristemente deciso di glissare sull’implementazione dei danni sulle vetture, con impatti che risultano fisicamente ridicoli: sotto questo punto di vista poco pare essere cambiato dal lontano 1997, anno in cui venne rilasciato l’originale Gran Turismo. Non è tutto oro quel che luccica in GTsport, erede che per certi versi non rende onore allo spessore storico del brand: Yamauchi, creatore del gioco allo sviluppo del quale ha partecipato con grande attenzione e dedizione, spiega: «guidare un’auto, non è così difficile come si lascia intendere in molti giochi. Avendo provato personalmente sia l’esperienza su strada che su pista, posso confermare che è sbagliata l’idea di simulazione data dagli altri titoli automobilistici». Ammetto che mi piacerebbe credere alle sue parole, ma purtroppo noi che abbiamo giocato GTsport, sappiamo bene quanto possa risultare incredibilmente distorta la visione dell’autore. Della tanto amata modalità Carriera non rimane che un mero ricordo, a sostituirla è presente una sezione di gioco nella quale ci limiteremo a superare delle sfide – anche abbastanza elementari – nei circuiti a disposizione.
Inoltre è davvero inaccettabile che ancora oggi le auto non abbiano una fisica degna di nota: schianti inesistenti, anche lanciati a tutta velocità contro un muretto di cinta, con il risultato di vedere l’auto bloccarsi senza alcun tipo di reazione realistica. Insomma gli studi della dinamica non hanno avuto un buon esito, e nello specifico basterà notare quanto sia banale la differenziazione tra un auto da competizione e una semplice auto sportiva, le quali in curva si comporteranno quasi allo stesso modo, pur disabilitando ogni ausilio alla guida, con manovre delle vetture che rimangono semplicistiche e abbastanza innaturali. Di certo il feeling con i controlli risulta ottimo: attenzione però, questo non dipende da una ben gestita complessità del sistema di guida ma piuttosto dalla semplicità del controllo delle vetture, che sembrano calcare un po’ uno stile di guida “ibrido”, in bilico tra arcade e simulazione.

Dov’è finito Gran Turismo?

Questo è proprio quello che ci piacerebbe sapere. Tutti ci aspettavamo un GT alla riscossa, invece abbiamo avuto in cambio un gioco tendenzialmente piatto, che non spinge il piede sull’acceleratore. Niente modalità “Carriera”, un numero ridicolo di automobili a disposizione, poche impostazioni di setup del veicolo, questa gravosa faccenda dei salvataggi, possibili solo se connessi a internet. Insomma, a cosa stiamo giocando? Tra le mani abbiamo un gioco di guida che sembra essere un’opera incompiuta, che avremmo potuto giustificare qualora si fosse intitolata GT Prologue 2.

Per concludere

Non ho voluto giocare a fondo alla open-beta per non rovinarmi la sorpresa avendo prenotato il gioco per prenderlo successivamente al day-one del 18 ottobre. Credo sinceramente che, qualora lo avessi fatto, avrei probabilmente rivisto la mia scelta, evitando di comprare un Gran Turismo Sport rivelatosi alquanto triste.




Humble Bundle viene assorbita da IGN

Secondo l’articolo riportato da Gamasutra, IGN, il più grande sito di giochi e intrattenimento ha acquistato Humble Bundle, il noto store online che promuoveva anche azioni benefiche. Humble Bundle vende blocchi di giochi, libri, fumetti e altra merce digitale adottando il metodo “pay-what-you-want” ossia “paga quanto vuoi”. Una porzione del ricavato dalla vendita viene devoluto in beneficenza. Normalmente i bundle sono creati seguendo un tema comune, come per esempio gli “indie games”, oppure raggruppando quelli di un genere specifico.

Il sito vanta oltre 10 milioni di acquirenti e ha devoluto in beneficenza oltre 106 milioni di dollari a diverse associazioni come “American Red Cross” e “Make-A-Wish“. Oltretutto Humble Bundle ha anche pubblicato dei giochi, come il recente A Hat in Time. HB continuerà a funzionare in maniera indipendente da IGN e non subirà importanti cambiamenti di personale dal momento dell’acquisto.

Jeff Rosen, amministratore delegato e co-fondatore, in un comunicato stampa ha affermato:

“Noi abbiamo scelto IGN perché loro riescono realmente a comprendere la nostra visione, condividono le nostre passioni per i giochi e credono nella nostra missione per promuovere fantastici contenuti digitali e al contempo fare beneficenza. Io non riesco a pensare a miglior partner di IGN per aiutare Humble Bundle a continuare la propria ricerca.”

Questo cambiamento potrebbe avere delle ripercussioni economiche sui prezzi dei prodotti digitali in vendita su Humble Bundle? Forse è ancora presto per dire in che misura IGN cambierà le politiche di mercato di HB.




The Kindred

Se la vostra vita ruota attorno al “farm and craft” e… e basta, non potrete che apprezzare il lavoro svolto da Persistent Studios con The Kindred, un simpatico, cubico e coloratissimo sandbox gestionale con il quale ci potremo cimentare nella fondazione di una cittadina agricola.

Prima una premessa

The Kindred è stato rilasciato nel febbraio 2016, ed è ancora in early access. Il gioco di per sé è sviluppato in maniera troppo semplicistica, forse si potrebbe definire  anche un po’ “nudo”. Non ci sono infatti obiettivi, missioni o sfide che possano mantenere viva la voglia di continuare a giocare. Questo è un po’ il motivo per cui alla lunga il gioco rischia di risultare noioso, ripetitivo e stancante sotto ogni aspetto: a conti fatti, The Kindred non rimane che un semplice e simpatico gestionale. Bisogna considerare  che il panorama indie videoludico, in questo momento, vede la presenza di diversi titoli dello stesso stampo già in commercio, ragione per cui il team di sviluppo dovrebbe impegnarsi a offrire un’esperienza il più variegata possibile, in modo da farsi strada tra gli altri concorrenti.

Mine & Craft

Lo scopo del gioco, a questo punto, diventa unicamente quello di far lavorare forsennatamente dei piccoli omini cubettosi chiamati “kin”. Inizialmente a ognuno di loro dovremo assegnare dei lavori in base alle loro caratteristiche: mining, crafting, researching, milking, etc… Questo perché durante il gioco, quando con l’ausilio del mouse si andrà a sezionare una  determinata azione da compiere (per esempio: far legna, cacciare, creare oggetti al banco da lavoro o cucinare) verrà svolta dal primo kin a disposizione a cui, in precedenza, sia stato assegnato quello specifico compito/lavoro.
Il fine ultimo di questo genere di giochi è sicuramente quello di stimolare l’estro creativo di ogni giocatore, dando libero sfogo alla fantasia, nella costruzione degli edifici e dell’intera struttura del piano di gioco.
L’interfaccia grafica è molto intuitiva, ci sono solo poche icone tra cui muoversi ma questo non limita la grande quantità di operazioni possibili durante il gioco, in effetti chi ha giocato almeno a uno dei capitoli di The Sims, noterà una leggera somiglianza con alcune funzionalità dell’editor.

Tirando le Somme

A dirla tutta The Kindred sarebbe potuto andare bene anche così com’è, qualora ci fossero stati almeno degli eventi o degli imprevisti che avessero messo un po’ di pepe al gameplay ma, ahimè, il casuale cambiamento climatico o il ciclo giorno/notte o ancora l’arrivo di un nuovo kin nella nostra comunità, non sono abbastanza per dare carattere al gioco che, purtroppo, rimane ancora povero di contenuti.
Dopo parecchie ore di pesante attività agricola rimane l’amarezza di non avere avuto mai uno scopo per tutta la durata dell’esperienza di gioco, ma non dimentichiamo che The Kindred è pur sempre un titolo ancora in fase di sviluppo, quindi non è detta ancora l’ultima parola: si spera che Persistent Studios abbia modo di farci ricredere con la versione definitiva.