Portal Knights


Portal Knights è il perfetto anello di congiunzione tra Minecraft e Dragon Quest Builders, che lascia libertà quasi totale lasciata al giocatore ma al contempo incanalandolo attraverso gli stilemi classici dei giochi di ruolo.
Un evento denominato “Frattura” ha diviso il globo in 47 distinti biomi, ora accessibili solo attraverso la scoperta di portali, ognuno dei quali necessiterà di diversi materiali per potere essere ripristinato. Il gioco ci presenta il suo carattere ruolistico fin dalla creazione del personaggio: avremo la possibilità di scegliere tra le classi Cavaliere, Mago e Arciere, ognuna contraddistinta con un apposito albero delle abilità. Portal Knights  dà la possibilità di affrontare il gioco in diverse modalità: sarà possibile costruire un nuovo equipaggiamento per uccidere i mostri e salire di livello o varcare i portali col solo scopo di prendere i materiali necessari e dedicarci esclusivamente al crafting.
Come ogni buon sandbox, il gioco permette di distruggere ogni singolo cubo sulla mappa e poi riposizionarlo dove meglio si ritiene per costruire edifici, fortificazioni, dungeon o fortezze volanti: quelli della propria fantasia saranno gli unici limiti per il giocatore.

Se il vostro scopo è unicamente quello di saltare da un’isola all’altra il più velocemente possibile costruendo i portali, in una quindicina d’ore potreste aver già fatto tutto quel che vi serve ma, nel caso voleste prendervela con calma e creare un mondo tutto vostro, le ore da spendere nel gioco potranno essere infinite. Potrete poi invitare anche altri tre amici sulla vostra isola e lavorare in quattro a un progetto comune o persino andare a caccia di materiali rari insieme, altra nota di merito per una produzione che offre un’esperienza piuttosto valida.
Tuttavia, ciò che rende veramente Portal Knight distante dall’essere un epigone di altri modelli già visti, sono i vari elementi GDR: talvolta incontreremo altri personaggi che ci forniranno numerose side quest, rinfocolando la motivazione a continuare l’esplorazione dei vari mondi.
L’unico appunto che ci sentiamo di sottolineare, semmai, concerne l’inventario, basato su un’impostazione a menù e sottomenù che non sembra fare dell’immediatezza la propria virtù: navigarci risulta macchinoso, a tratti sgradevole.
Da un titolo come Portal Knights, che presenta una struttura lineare di crescita e di scoperta ci si poteva aspettare una storia di maggior spessore, la narrazione rimane sullo sfondo e non si erge praticamente mai nel procedere del gameplay, lasciando la sensazione che siano i giocatori stessi a creare il proprio racconto (e questo non è sempre un bene).

Sotto il profilo tecnico, il titolo gode infine di 60 fps e non mostra segni di cedimento regalando dei buoni colpi d’occhio: il ciclo giorno e notte, con alcuni nemici che compaiono solo all’imbrunire, e una dinamica dei fluidi particolarmente riuscita sono solo altre piccole chicche che migliorano l’esperienza globale.
Dal punto di vista sonoro, il gioco gode di un buon impianto tipico degli adventure game, pensata in maniera accurata con effetti realistici in azioni elementari (dai colpi sferrati a un nemico ai semplici passi in fase di movemento). È probabilmente la colonna sonora a far però la differenza, con deliziose variazioni melodiche che vanno di pari passo con i cambi di scenario e d’azione. Il lavoro orchestrale è davvero di pregio, le composizioni della Synthetic Orchestra (dietro la quale si nasconde il nome del solo Blake Robinson, che aveva già contribuito al lavoro sulla OST di Terraria) richiamano sonorità di maestri come John Williams e Danny Elfman innestandosi benissimo nell’opera di Keen Games.
Pur non risultando esente da bug, Portal Knights risulta davvero un bel prodotto, estremamente leggero e affascinante sul piano visivo e sonoro, e con un gameplay semplice e mai snervante, con un combat system basilare ma efficace. basato su attacchi e schivate, perfetto per il pubblico giovane a cui il titolo si rivolge.




GameCompass – SummerPlay #4

Il caldo non ferma i nostri gamer che in quest’ultima puntata di Summerplay, versione estiva di GameCompass, schierano la squadra al completo: in studio Gero Micciché, Simone Bruno, Daniele Spoto e Vincenzo Zambuto parlano di God Wars, di Renowned Explorers: International Society e della closed beta di Destiny 2. Finale affidato all’immancabile Top 7 di Marcello Ribuffo, oggi dedicata alle migliori intro dei videogames.




Arriva la prima edizione di Nahar Comics & Games

Le porte dello storico Palazzo Malfitano di Naro apriranno domenica 30 luglio per ospitare il Nahar Comics & Games, evento dedicato agli appassionati di fumetti, manga, videogames, giochi da tavolo e cosplay.
GameCompass sarà presente con un proprio spazio, e racconterà l’evento con dirette, articoli e un reportage.
Tanti i momenti e gli eventi previsti all’interno della manifestazione che sarà divisa in varie aree e che vedrà la partecipazione di tanti rinomati ospiti del settore.
Tanta attesa per il Cosplay Contest, che ha visto numerose adesioni da tutta la Sicilia e che vedrà i partecipanti impegnati in esibizioni e sfilate all’interno di una gara presentata da Krim Foll Fox e da Sergio Di Arcadia. I giudici Marty EmeraldMatteo Volpe e Lady BelleMoon valuteranno i migliori cosplayer e premieranno le varie categorie con medaglie fatte a mano uniche al mondo e altri premi:

  • Miglior Nahar Cosplay: Medaglia d’oro e un abbonamento per il Lucca Comics & Games Heroes 2017, con spese di volo pagate.
  • Miglior cosplay femminile: Medaglia d’argento e un abbonamento per l’Arcadia Comics & Games 2018.
  • Miglior cosplay maschile: Medaglia d’argento e un abbonamento al Nissa Comics & Games 2018.
  • Miglior interpretazione: Medaglia d’argento e un abbonamento all’Alchemy Comics & Games 2018.
  • Miglior gruppo: Medaglia d’argento
  • Premio simpatia: Medaglia d’argento

Tutti i partecipanti al contest riceveranno inoltre in dono un omaggio.

Il Nahar Comics&Games prevederà altri momenti, fra cui:

Conferenze

  • Delacroix, illustratore/fumettista siracusano che porterà “Il pomo della discordia e altri miti”, edito da Kasaobake, che narra di questo e di altri miti, da Atena, a Era sino ad Afrodite. La sua conferenza tratterà il tema “Eroe greco vs. Eroe moderno“, e si terrà in tarda mattinata. Delacroix farà disegni e caricature dal vivo.
  • Maghi Merrino terranno nel primo pomeriggio una conferenza dal titolo “Da youtube al microfono – Maghi Merrino Speech“, nella quale racconteranno come youtube li ha aiutati a realizzare il loro progetto.

Eventi

  • Mago Dimis,  “un po’ Silente un po’ Mago Merlino”, delizierà il pubblico con spettacoli di magia comica con apparizione di animali.
  • Maidolls Team Nyan, le quali proporranno una coreografia a tema nel pomeriggio, subito dopo conferenza dei Maghi Merrino.

All’interno del Nahar Comics & Games si troveranno inoltre le seguenti aree:

  • Area Games, gestita da Game-Up, nella quale si terranno tornei di Tekken 7, Fifa 17 e Crash bandicoot N.Sane Trilogy.
  • Area giochi da tavola, gestita da Kalos Games & Comix.
  • Area Medievale, gestita da La Fianna, che organizzerà tornei di spade, laboratori di alchimia, tiro con l’arco e vedranno le esibizioni di bardi, musici, cantori e violinisti.
  • Area Falconieri, nella quale sarà possibile ammirare i rapaci a riposo, fare foto con loro, sorreggerli personalmente o vederli impegnati in piccole dimostrazioni di volo.
  • Area Stand, con espositori che metteranno in vendita oggetti e gadget di ogni sorta.
  • Area YouTubers, che vedrà la presenza di fenomeni Youtube quali MrPoldoAkbar, Hemerald, i Maghi Merrino, i Parco Giochi e PapaTeo.
  • Area Fumettisti e Illustratori, con disegnatori e professionisti del mondo del fumetto e del disegno.

Vi saranno inoltre l’Area Foto, l’Area Palco, l’Area Esposizione Talenti Naresi (Nahart) e, per gli amanti del brivido, l’Horror House, nella quale i più coraggiosi potranno sfidare le stanze di una misteriosa casa dell’orrore.
Sarà possibile visitare inoltre lo stand di GameCompass, media partner dell’iniziativa assieme a Teleacras, storica emittente televisiva che ospita il primo show di videogames della storia della tv siciliana, e che racconterà l’evento con dirette live e con un reportage.
All’interno si troverà anche un’area ristoro, che ospiterà un bar, un Maid Café a tema orientale e il grow show Green Light, nel quale sarà possibile degustare caffè e altri prodotti alla canapa.
In chiusura di serata sarà previsto un concerto a tema Disney della coppia di fratelli Alessandra Raven e Marco Mondì.

Il Nahar Comics & Games si terrà domani, domenica 30 luglio, a Naro (AG), presso Palazzo Malfitano dalle 10:00 alle 23:00. I locali saranno climatizzati.




I probabili titoli Games with Gold di Xbox per Agosto 2017

Potrebbero essere trapelati, grazie al sito iberico Somosxbox, i Games with Gold del mese di agosto per i possessori di Xbox.
Da quanto visto nell’immagine promozionale, pare che i giochi riservati agli utenti Xbox One siano Assassin’s Creed: Chronicles – India (disponibile dal 1 al 31 agosto) e Firewatch (dal 16 agosto al 15 settembre), mentre i giocatori di Xbox 360 godranno di Condemned: Criminal Origins (dal 1 al 15 agosto) e di Forza Horizon 2 (disponibile dal 16 al 31 agosto).
Si attende soltanto la conferma ufficiale del leak.




Top 5: I 5 migliori film tratti dai videogames

Il videogioco è una delle poche arti che il cinema non ha ancora saputo interpretare e trasporre al meglio, risultando gli adattamenti tratti da titoli videoludici spesso poco convincenti. Ciò nonostante si contano anche vari esempi positivi e qui di seguito abbiamo selezionato i 5 migliori film tratti dai videogames.

Al quinto posto troviamo Warcraft – L’inizio: film decisamente imperfetto sul piano contenutistico, gode però di un comparto tecnico assolutamente di rango, con effetti digitali ben realizzati che offrono risultati di grande espressività. È un film che si ricorda più sul piano visivo e sonoro, con ambientazioni straordinarie e una colonna sonora molto ben curata, ma si spera che possa essere davvero l’inizio di una saga ben realizzata anche sul piano della sceneggiatura.Al quarto posto abbiamo invece Angry Birds, pellicola nata come palese operazione commerciale per sfruttare il successo dei famosissimi pennuti del mondo videoludico mobile e che ha prodotto un film d’animazione brillante, farcito di gag, citazioni divertenti e personaggi molto spassosi. Un risultato inaspettato per una serie che non gode di una solida storia alle spalle.Al terzo posto troviamo Final Fantasy:  se The Spirits Within narra una storia autonoma, che vede al centro la scienziata Aki Ross nel tentativo di salvare l’anima del pianeta Gaia, Advent Children, è invece il sequel di Final Fantasy VII mentre Kingsglaive è il capitolo che introduce a Final Fantasy XV. Film che sono sì un buon complemento della serie videoludica, ma che restano ampiamente godibili anche per chi non abbia giocato la nota saga giapponese.Al secondo posto abbiamo Resident Evil, da cui sono stati prodotti una serie di film non sempre felici, ma nella quale il primo rimane comunque un buon risultato. Inizialmente affidato a George Romero e poi passato nelle mani di Paul Anderson, è un film nel quale viene introdotto il personaggio di Alice, interpretata da Milla Jovovich, che si muove bene in un film claustrofobico che non lesina i momenti splatter, e che si imprezionisce della colonna sonora di Marylin Manson. Anche qui la sceneggiatura non è il massimo, ma resta comunque un film godibile in una saga cinematografica che ha offerto vari punti bassi.E in cima alla nostra lista troviamo forse il risultato di trasposizione più riuscito, Silent Hill. Tratto dal primo capitolo dell’omonimo videogame, il film si differenzia per svariati elementi ma riesce a restituire l’atmosfera della nebbiosa cittadina, grazie a una sceneggiatura molto ben curata da Roger Avary e una messa in scena di tutto rispetto, che mette lo spettatore in uno stato di inquietudine ancor prima di incontrare il tanto temuto Pyramid Head. Un film che apprezzeranno tutti gli amanti dell’horror e che ha avuto anche un seguito non al livello.




Secondo Michael Pachter i videogiochi giapponesi non contano nulla sul mercato

Il Giappone è un mercato che vede molte opere di rilievo in campo videoludico, titoli importanti come Persona 5, numerose saghe jrpg quali Fire EmblemFinal Fantasy e Shini Megami Tensei nascono nella terra del Sol Levante, diventandone oggi un’espressione culturale distintiva. Nonostante il grande numero di appassionati registrato dalle saghe orientali, il noto analista di settore Michael Pachter ha affermato, durante un’intervista a Gamingbolt, che i giochi giapponesi sono irrilevanti per il grande mercato.
Proprio riguardo le vendite di Persona 5, Pachter ha affermato: «Si sta parlando di 2 milioni di unità vendute, mentre una schifezza come Mafia 3 ha venduto 5 milioni di unità, nonostante faccia schifo. Quindi, no, 2 milioni di unità non rilevano a nulla: Nessuno sta facendoci dei soldi.»
Nella stessa intervista, Pachter chiarisce che Persona 5 gli è piaciuto molto, che è il gioco più “giapponese” in circolazione, ma che questo non c’entra con le scelte del mercato di massa: «Persona 5 è stato davvero il primo gioco nipponico – escluse le opere di Kojima e di Nintendo – che mi sia piaciuto in questi anni. Ma non credo sia importante. Giochi come Final Fantasy che vendono 8 o 10 o 20 milioni di copie sono eccezioni: i titoli giapponesi che in ultima analisi funzionano sono quelli come Metal Gear, quelli che hanno un appeal occidentale, e che quindi fanno presa sulle masse. I giochi giapponesi non hanno fascino sulle masse, e non si traducono bene in altre culture. Detto questo, sono convinto che Persona 5 non abbia tradito le aspettative di Atlus, la quale credo sia felice dei 2 milioni di unità vendute, che per loro rappresentano un successo»

Ma allora come fa Nintendo ad avere successo nonostante non si “pieghi” all’estetica occidentale? Pachter se lo spiega così:
«Direi che Nintendo è l’eccezione che dimostra la regola: se tu fossi un marziano», dice l’analista al suo intervistatore «e non avessi mai visto un videogioco prima, e io ti mostrassi un gioco Nintendo e in parallelo Persona 5 o Final Fantasy, non diresti mai che provengono dallo stesso luogo. Non sembrano affatto uguali. Nintendo ha un proprio stile, proprio come i disegni Disney, c’è qualcosa di totalmente diverso. Non so cosa sia, sarà il fatto che il divertimento offerto da Nintendo è accessibile, familiare, bizzarro. Guarda che polemica è scoppiata all’E3 perché Mario impugnava una pistola in Mario+Rabbids, è un elemento fuori dallo stile Nintendo, che ormai è conosciuto da chiunque. Nintendo è una società completamente diversa, è la cosa più vicina a Disney che ha il Giappone, sfuggono alle regole convenzionali. Sono l’eccezione che dimostra la regola, nessuno in Giappone fa niente di simile, a eccezione di forse Sonic»
Insomma, a parte quelli della grande N, titoli come Persona, Nier e Nioh, o gli stessi Souls, non conterebbero poi tanto in termini di mercato, non quanto i giochi tripla A occidentali.




GameCompass – Summerplay #3

La terza puntata di GameCompass SummerPlay, con le videorecensioni di Perception e Black Desert Online e una top 5 dei migliori film tratti dai videogame e poi news, speciali e chiacchiere in studio con i nostri Gero Micciché, Simone Bruno e Vincenzo Zambuto.




Presentato il primo trailer di Ready Player One

Al San Diego Comic-Con è stato presentato il trailer del nuovo film di Steven SpielbergReady Player One, tratto dall’omonimo romanzo di Ernest Cline, caso editoriale negli Stati Uniti pubblicato in Italia dalla casa editrice ISBN nel 2011. La storia è ambientata nel 2044, in un futuro distopico in cui il mondo è vessato da una crisi energetica causata  dell’esaurimento dei combustibili fossili e in cui si risente delle conseguenze del global warming, Gran parte della vita sociale si svolge sulla piattaforma OASIS, un simulatore di realtà virtuale che funziona come un MMORPG, con una moneta più stabile di quella del mondo reale. Il creatore, James Halliday, morendo ha lasciato un testamento dove annuncia di aver sparso degli easter egg dentro OASIS, dichiarando di voler lasciare tutto in eredità alla prima persona in grado di trovarli. È il giovane Wade Watts, cinque anni dopo, a trovare la prima delle tre chiavi che potrebbero portarlo dritto all’eredità, che ovviamente è contesa da molti altri concorrenti.

Al Comic Con di San Diego oggi Steven Spielberg, accanto a Ernest Cline, che è anche co-sceneggiatore del film, ha dichiarato di aver trovato grande sintonia con l’autore del libro e che Ready Player One sarà un grande passo avanti per mostrare alla gente il potere della realtà virtuale.
Nel cast figurano Tye Sheridan (che interpreterà Wade Watts), Hannah John-Kamen, Ben MendelsohnT.J. Miller e Mark Rylance.
L’uscita del film era prevista per il dicembre  2017, ma è stata rinviata a marzo 2018 per evitare la concorrenza con Star Wars: The Last Jedi.




Perception

«Quando si è ciechi si imparano un paio di cose sulla fiducia». Cassie lo sa sin da bambina, e con questa frase ha inizio il rapidissimo racconto che dall’infanzia di Phoenix, Arizona, ci porta al giorno della sua partenza alla volta di Gloucester, nel Massachusetts.
È lì che si trova, infatti, la villa che ricorre nei frequenti incubi che non le danno pace negli ultimi mesi, ed è proprio dal vialetto della fantasmatica e antica magione di Echo Bluff che ha inizio l’avventura della nostra protagonista, animata da un unico, irrefrenabile imperativo: «I need to do this».

«Looking on darkness, which the blind do see»

Cassie varca la soglia della dimora in cui è interamente ambientato Perception impugnando l’unica arma di cui dispone, un bastone con il quale ha imparato fin da piccola a “vedere” il mondo attorno a sé. La sua vista si compone di un tratteggiarsi di linee chiare sullo sfondo di tenebra dei suoi occhi, nel quale le forme si delineano a ogni vergata e a ogni rumore di passi. La nostra protagonista ha imparato fin da piccola a distinguere gli oggetti e gli spazi in relazione al suono prodotto, facendo del proprio bastone un sonar e dell’udito il suo senso principale.
Esploreremo dunque la casa in prima persona «osservando l’oscurità che i ciechi vedono» e cercando di capire la composizione delle stanze in un percorso che ci porterà a ricostruire le storie sepolte tra le mura della casa, che apprenderemo sotto forma di audiolognote e documenti. Ed ecco che qui subentra il secondo strumento a disposizione di Cassie, lo smartphone, grazie al quale riusciremo a conoscere il contenuto di ogni testo trovato in giro.
Da buona figlia del suo (nostro) tempo, Cassie ha infatti a disposizione le app che servono a facilitarle la vita quotidiana, e che diventano fondamentali per poter ricostruire la storia celata nella villa di Echo Buff: il Delphi, app “text-to-speech” per mezzo della quale avremo la lettura di un testo dopo averlo fotografato, e il servizio “Friendly Eyes“, nel quale un operatore verrà in nostro soccorso nei casi in cui per Delphi sia impossibile la lettura, “prestandoci” i suoi occhi e descrivendoci ciò di fronte a cui ci troviamo.

Presenze

«Lottare è sempre stata, più o meno, una forma di cecità»
(José Saramago, Cecità)

Armati di smartphone e bastone vagheremo, dunque, tra stanze e storie che porteranno Cassie alla rivelazione di atroci verità, ma non saremo soli: la casa, in apparenza disabitata, è in realtà infestata da una misteriosa entità chiamata “La Presenza” alla quale il nostro curiosare non piacerà affatto, e dalla quale dovremo fuggire per evitare il game over.
Il gameplay di Perception è sostanzialmente tutto qui: divisa in quattro atti, la trama si dipana in un percorso nel quale andremo avanti per obiettivi e ascolteremo tutti i documenti che ci permetteranno di ricomporre l’intero puzzle della storia mentre stiamo attenti a non farci catturare dalla Presenza.
In assenza di una scelta tra livelli di difficoltà, l’unica selezione possibile all’inizio sarà fra “Chatty Cassie” (“Cassie chiacchierona”) e “Silent Night” (“Notte silenziosa”), modalità, quest’ultima, scremata da molte spiegazioni inerenti il plot, nella quale trovano spazio prettamente le linee di testo utili ad andare avanti nel gioco.
Il consiglio è quello di scegliere senz’altro la prima modalità, sia per non perdersi una storia per molti versi interessante, sia perché molto del resto del titolo lascia a desiderare. Pur prendendo, infatti, le mosse da un concept indubbiamente affascinante e in gran parte originale, Perception mostra i propri evidenti limiti proprio sul piano del gameplay. Il titolo di The Deep End Games è un survival horror in prima persona che richiama lavori come Amnesia e Outlast, con un’impostazione da walking simulator e una ricostruzione a ritroso dei tragici accadimenti degli abitanti della casa che ricorda il recente What Remains of Edith Finch. Pur non raggiungendo lo spessore del titolo di Giant Sparrow, l’impianto narrativo risulta comunque molto godibile, nel pieno rispetto della tradizione del genere; sul piano della giocabilità, invece, quel che penalizza Perception è, da un lato, la presenza di meccaniche ripetitive e poco avvincenti, ma soprattutto, dall’altro, la mancanza di un basamento di vera tensione, la quale va scemando con l’abituarsi ai routinari meccanismi che caratterizzano il gameplay.
Il titolo inizia bene, specie se giocato in cuffia e con la giusta atmosfera: ci si sente isolati, indifesi nell’oscurità e insicuri del fatto di poter sfuggire all’imprevedibilità della Presenza, la quale potrebbe coglierci impreparati in ogni momento e in ogni stanza. Col progredire del gioco si prendono però ben presto le misure e ci si accorge che, in realtà, La Presenza non è poi così presente: si capisce ben presto che è infatti difficile che questa si manifesti (se non in determinati punti del gioco o solo in seguito a una dose massiccia di rumore) e, anche in questo caso, sfuggirle non risulta particolarmente problematico, grazie anche ai numerosi nascondigli piazzati nelle varie stanze. Insomma, alla lunga vengono a mancare livelli di imprevedibilità e di rischio che, in titoli del genere, diventano il sale della sfida (e chi ha giocato a titoli come Clock Tower Haunting Ground questo lo sa bene).
C’è da aggiungere che Cassie possiede un’altra skill, un Sesto Senso che le permette ogni volta di sapere verso quale obiettivo andare, facilitando non poco il nostro compito all’interno della casa e risparmiandoci molta fatica sul piano esplorativo, a meno che non si abbia l’intento di trovare tutti gli audiolog e i documenti utili a ricostruire l’intera storia (approccio, ripeto, caldamente consigliato a chi voglia godere dei contenuti).
Concettualmente l’operazione di Perception potrebbe ricordare Beyond Eyes, adventure game in terza persona nel quale si vestono i panni di una ragazzina immersa in una bianca cecità che ricorda quella di Saramago e che crea attorno a sé un mondo a colori col progredire del gioco, mentre qui l’effetto del bastone di Cassie richiama molto più quello di Scanner Sombre, nel quale si cammina in ambienti totalmente bui nei quali gli oggetti si ergono nei loro contorni tramite uno scanner atto a rilevarli.

Tutti i colori del buio

«La capacità sensoriale del cieco dotato di qualche residuo di vista può essere, di volta in volta, magica e inquietante. Non hai niente davanti, niente alle spalle; ed ecco emergere dalla nebbia un’ombra di forma umana: quanto è incantevole e tremenda! È una visione folle e sacra, l’ininterrotto apparire e scomparire del mondo fisico» (Stephen Kuusisto, Tutti i colori del buio)

A causa di tutti questi accorgimenti, il gioco globalmente non sembra restituirci con efficacia l’esperienza della cecità, la quale sembra a tratti un mero pretesto.
Dobbiamo dunque abbandonarci alla sospensione dell’incredulità e goderci un comparto grafico di certo perfettibile, ma la cui resa è comunque suggestiva, tra onde sonore di radio e giradischi, bambole in movimento, fasci di luce esterna che intuiamo dallo sferzare del vento fino ad alcune scoperte inaspettate in cui incapperemo nel nostro oscuro tour. Sullo schermo nero i contorni si tingono di azzurro, «il colore dello zucchero, delle zebre e delle zanzare», mutuando le parole del cieco protagonista di Almost Blue; ma in realtà i colori cambiano in prossimità della Presenza, tingendo la vista di giallo quando questa si trova nelle vicinanze, gradandosi di arancione intenso e infine di rosso con il suo progressivo avvicinarsi, rappresentando così il livello di tensione di Cassie.
Suono e visione hanno dunque una stretta correlazione ma, se la grafica ci offre dei risultati gradevoli e di una certa suggestione, lo stesso non può dirsi del comparto sonoro che dà del suo meglio in alcuni jumpscare (affidati praticamente solo all’architettura sonora) ma risulta nel complesso poco curato, al punto che la trasposizione visiva del suono diventa più importante del sonoro stesso, il quale dovrebbe essere invece il fondamento dell’intero gameplay, essendo la fonte della vista di Cassie e l’elemento di maggior suspense del titolo. Quel che davvero manca è il bilanciamento tra le parti: perseguendo l’intento di offrire al giocatore una maggior possibilità visiva, si penalizzano tutte le potenzialità che un audio design ben congegnato avrebbe potuto offrire, allontanando il giocatore da un’autentica esperienza di cecità in un contesto orrorifico. Ciò che Perception ha di ammaliante perde il proprio fascino e la propria potenza evocativa dopo circa mezz’ora di gioco, quando la casa comincia a essere percepita come un luogo “da ricostruire” piuttosto che come uno spazio reale da tirar fuori dal fondo pozzo dell’ignoto, sensazione ulteriormente accentuata dalla luminescenza degli obiettivi che possiamo mettere letteralmente in luce ogni volta tramite un sesto senso che trova poca giustificazione.

Percezioni

«Ora che ho perso la vista, ci vedo di più»
(Alfredo in Nuovo Cinema Paradiso)

Sviluppato da una parte di quel team di Irrational Games che ha lavorato su BioShockPerception nasce da un’idea originale e suggestiva che ha permesso allo sviluppatore di raccogliere più di 150.000 dollari su Kickstarter. Il titolo doveva uscire nel giugno del 2016, ha subito un ritardo di quasi un anno e in questi casi si spera che più tempo si traduca in migliori risultati, ma evidentemente non è bastato.
Il gioco mette davvero in atto uno spreco di tanto buon potenziale, considerando che alla base vi è un impianto narrativo ben congegnato, un buon doppiaggio e anche un meccanismo di ecolocalizzazione globalmente ben architettato.
Ma ci si ferma lì: il resto si perde nella routine che porta ciclicamente il giocatore a camminare, toccare, prendere un oggetto, ascoltare un ricordo, attivare il sesto senso, andare avanti e poi ripetere tutto da capo, con qualche intermezzo da brivido offerto dall’avvento della Presenza e qualche piccolo jumpscare. Troppo poco sul piano della suspense, troppo poco in termini di sfida per un survival horror di questo genere, e i contenuti non sono buoni abbastanza da compensare, non raggiungendo questi uno spessore autoriale ed essendo rimaste inespresse anche alcune intuizioni sulle quali sarebbe stato interessante lavorare, come quella di creare un racconto leggendario attorno alla proprietà di Echo Bluff, idea nata e morta nei 5 minuti di un singolo mockumentary che avrebbe potuto invece costituire la base di una serie di storie, creepypasta e leggende urbane sulle quali costruire un’aura di mistero tra finzione e realtà attorno alla villa. Un peccato anche per Cassie, personaggio ben costruito del quale emergono personalità e carattere e che quindi avrebbe meritato un altro sviluppo, mentre qui si limita a quasi a subire il fluire degli eventi e al mero ascolto delle singole storie.
Ad aggravare un quadro retto dunque quasi esclusivamente da una linea narrativa ben curata e da una grafica comunque accattivante sono inoltre i non pochi bug e glitch presenti nel titolo, alcuni dei quali bloccano di fatto l’avanzamento del giocatore, costringendo a ripartire dall’ultimo checkpoint (che per fortuna è quasi sempre abbastanza vicino): nella versione per PS4 che abbiamo giocato, mi sono ritrovato in una stanza dalla quale era impossibile uscire a causa di un dislivello nel pavimento che coinvolgeva tutta la mobilia attorno, insensatamente sollevata da terra (e no, non era un effetto di telecinesi spiritica).
Anche la traduzione italiana sembra essere figlia di una certa fretta e di approssimazione, non solo per l’evidente mancanza di cura della trasposizione nella nostra lingua, ma perché non di rado i sottotitoli italiani si alternano a quelli inglesi o addirittura si ritrovano intere sequenze in cui la voce scorre senza essere accompagnata da alcuna didascalia. Il linguaggio non è così complesso da non essere inteso da chi mastichi un po’ di inglese, ma qualunque backer nostrano che ha contribuito al finanziamento dell’opera avrebbe ragione di arrabbiarsi.
Titolo dedicato «a chi sia stato incompreso, mal giudicato, sottovalutato, a tutti quelli che non sarebbero mai riusciti a far qualcosa» e in parte ispirato a una storia vera accaduta alla fine del XVII secolo, Perception rappresenta una grossa occasione mancata, tradendo ottime premesse dal punto di vista del concept e della storia e rivelandosi un gioco certamente godibile ma globalmente privo di spessore, povero di sfida e mal congegnato dal punto di vista del gameplay, in un genere – quello del survival horror – che offre oggi omologhi ben più degni d’attenzione.




Gamecompass SummerPlay #2

Seconda puntata di SummerPlay, versione estiva di GameCompass
Protagoniste di oggi le videorecensioni di Drifting Lands, Tumbleseed e Tokyo 42 a cura di Marcello Ribuffo. Inoltre, una Top 7 dedicata alle peggiori trasposizioni cinematografiche in campo videoludico. In studio i nostri Gero Micciché, Daniele Spoto e Vincenzo Zambuto.