Alla conquista del podio: la guerra dei Battle Royale

Cos’è una Battle Royale? È questa la prima domanda da porre. Il genere “Battle Royale” è stato sdoganato dall’omonimo film giapponese (tratto a sua volta dall’omonimo romanzo di Koushun Takami) uscito nel 2000,  realizzato da Kinji Fukasaku, ultima sua opera prima della morte, avvenuta nel 2003. Il film narrava la storia di una classe di adolescenti bloccati su un’isola remota e costretti a combattere fino alla morte, che avrebbe lasciato soltanto un sopravvissuto. Questo genere è stato adattato successivamente in produzioni cinematografiche di ampio rilievo come Hunger Games (a sua volte tratta dalla trilogia letteraria di Suzanne Collins)
Un simile concetto non ha tardato a essere inserito all’interno di una struttura videoludica che oggi è di grande successo, vedendo come attuali campioni del genere titoli come PlayerUnknown’s Battlegrounds e Fortnite, i quali al momento si battono a colpi d’aggiornamenti per la “corona” del re dei Battle Royale.
Al momento il genere è molto in voga tra i giocatori di tutto il mondo e, di conseguenza, tutte le software house che vogliono garantirsi un posto di rilievo tra i “big” del settore (e soprattutto sul mercato) stanno cercando di sfruttare il trend a proprio favore. Non pare lontana l’ipotesi di un “bagno di sangue” tra le varie aziende, visto che, al momento, ci sono circa una dozzina di concorrenti che inseguono il successo di Pugb e Fortnite, nella speranza di usurpare il trono o com,unque di ritagliarsi una fetta di rilievo sul mercato. Ogni volta che un genere vede un boom, non poche software house si gettano alla cieca in progetti di emulazione nella speranza di spuntarla, in una Battle Royale nella quale solamente una uscirà vincitrice. I titoli che al momento comandano il genere sono in realtà delle “copie”: beninteso, non parliamo di plagio, ma del fatto che il titolo che attualmente registra i numeri più alti, PUBG, è in realtà nato da una mod di Arma II, DayZ: Battle Royale, a sua volta variante della mod DayZ ispirata al film omonimo.
Fino a pochissimi anni fa era il genere MOBA a farla da padrone e, anche allora, tutto partì da una mod, più precisamente da alcune mappe: quella di Aeon of Strifetratta da Starcraft, fu la prima, anche se ancor più celebre fu quella sviluppata per Warcraft III, quella di Defense of the Ancients (DotA). Seguirono una miriade di esponenti del genere, da giochi in flash come Minions, sviluppato da The Casual Collective nel 2008, sino ad arrivare al notissimo League of Legends, a oggi probabilmente il MOBA più giocato al mondo, passando per il secondo capitolo di DotA.
Durante gli anni, quindi, l’universo videoludico ha visto l’evolversi di varie tendenze, dal boom degli MMO, come World of Warcraft, per poi passare agli FPS come Call of Duty, fino ai MOBA e ai titoli Battle Royale.

Esistono vari fattori che possono determinare il successo di un videogioco: primo tra tutti è il costo del titolo poiché, se un giocatore ha acquistato H1Z1, ovviamente sarà meno propenso a comprare PUBG, visto che dovrà spendere altri soldi per giocare a un titolo che potenzialmente presenta le medesime caratteristiche. Il secondo problema è il fattore “compagnia“, in virtù del quale un giocatore sarà più o meno propenso ad acquistare un titolo posseduto dagli amici, effettuando battaglie in co-op e non. Ultimo, ma non meno importante, è il fattore accessibilità: essere un free-to-play può avere dei vantaggi, da questo punto di vista, rispetto a un titolo a prezzo pieno, permettendo a più persone di provarlo ed eventualmente effettuare ulteriori acquisti in-game. Per esempio Fortnite ha chiaramente questo target, fornendo a tutti gli utenti la possibilità di giocare gratuitamente la modalità battle royale.
Durante queste variazioni di tendenza della domanda da parte degli utenti, le software house minori, osservando l’andamento sul mercato di titoli massivi come PUBG, ritengono di riuscire a replicare simili successi, addirittura migliorando il prodotto. Ma gli eventuali upgrade apportati difficilmente riescono a spostare una grande fetta d’utenza dal titolo preferito dai più a quello dei più piccoli: semplicemente perché, a parità di caratteristiche e struttura, il gioco non vale la candela.
Per poter creare qualcosa di nuovo e coinvolgente, in grado di smuovere il mercato, bisogna analizzare e capire cosa sia possibile aggiungere e migliorare, così da poter rendere il proprio lavoro unico e interessante agli occhi del pubblico, al fine di essere promotori di una nuova tendenza.




Ubisoft si appresta ad aprire un nuovo studio a Winnipeg

La nota software house e publisher Ubisoft si appresta ad aprire un nuovo studio in suolo canadese. In aggiunta alle sedi di Montreal, Quebec City, Saguenay, Toronto e Halifax, la società ha scelto Winnipeg come sede per il suo nuovo studio.
A capo del nuovo studio vi è suo primo e unico impiegato al momento, l’amministratore delegato Darryl Long. Quest’ultimo ha trascorso gli ultimi 15 anni all’interno della sede di Montreal, inzialmente come programmatore specializzato in intelligenza artificiale e, al momento, ricopre la carica di produttore di Far Cry 5.

Il team di GamesIndustry.biz ha approfittato di quest’occasione per intervistare Long, il quale ha affermato che la possibilità di avviare uno studio da zero è stata un’opportunità irripetibile e che, inoltre, lo avvicinerà alla sua città natia.
L’amministratore delegato ha affermato che questa sede  è stata creata per contribuire alla realizzazione di giochi AAA del calibro di saghe quali Assassin’s Creed, Far Cry e Watch Dogs. L’obiettivo della sede è quello di ricercare, sviluppare strumenti, aumentando la qualità del “fattore open world” dei loro giochi.
Long ha affermato che lo studio conta di raggiungere i 100 impiegati entro 5 anni; Ubisoft conta di trovare impiegati talentuosi e, ha specificato, che tra Manitoba e Winnipeg è presente un’ampia quantità di talenti videoludici nascosti. Infatti, ha sottolineato che i vari corsi della Red River College e i programmi d’ingegneria, informatica, intelligenza artificiale e robotica dell’Università di Manitoba siano adatti a produrre sviluppatori in grado di aiutarli nel loro progetto.
Prima di ricoprire le vesti d’amministratore delegato, Long, si è appunto occupato della costruzione di 1/3 del mondo di Far Cry 5 presso Ubisoft Toronto, popolando l’universo di gioco con la fauna insiema al team di Shanghai mentre, con il team della sede di Kiev, ha lavorato sul motore grafico e sulla versione per PC.
Attualmente Ubisoft conta 13.000 dipendenti distribuiti in 30 paesi di tutto il mondo, anche se 4.500 di lavorano in Canada.




La storia del più grande Kickstarter del sud-est asiatico

Se siete a Kuala Lumpur e state cercando sviluppatori indipendenti, potreste andare al fiorente centro tecnologico di Bangsar South.

Grazie a un accordo con UOA Holdings, agenzia che si occupa dello sviluppo immobiliare, la Malesia Digital Economy Corporation (MDEC) ha compiuto un grande passo verso il suo obiettivo, cioè quello di trasformare rapidamente, Bangsar South (zona di Kuala Lumpur) nel principale centro del paese per lo sviluppo di giochi di ogni tipo; ospiterà da grandi aziende come Streamline Studios, ai tanti team piccoli e creativi che operano da Komune.
Forse, il più interessante tra tutti questi sviluppatori è Magnus Games, che è riuscito a  raggiungere una fama senza precedenti per uno sviluppatore del sud-est asiatico delle sue dimensioni. Lo studio è stato fondato nel 2015 dai due fratelli malesi, DC Gan e Welson Gan. I loro primi sforzi di sviluppo erano tutti rivolti a un’area del mercato che i tutte le software house emergenti preferiscono scegliere come target: giochi mobile gratuiti. Questo portò i due fratelli in una zona inesplorata, visto che non sapevano “creare” un gioco circondato dalle monetizzazioni, infatti, come ha affermato DC «quando compro un hamburger mi aspetto di ricevere un hamburger».
Quindi, i due fratelli si trovarono rapidamente al di fuori della loro zona di comfort, cercando di programmare titoli che raramente giocavano. Infatti, lo stesso, definisce il loro lavoro di quel periodo come un fallimento.
Magnus Games è sempre stata alla ricerca di free-to-play capaci di fornirgli una reputazione e, di conseguenza, fargli ottenere qualche finanziamento per ciò che DC chiama “il nostro gioco dei sogni”. Tuttavia, vicini al fallimento, i fratelli si riunirono e decisero di puntare il tutto per tutto.
Essi passarono dal free-to-play al premium, dai dispositivi mobile al PC e alle console, il tutto reso possibile da una piccola quantità di investimenti privati ​​e denaro preso in prestito da amici e familiari. Grazie ai loro innumerevoli sforzi riuscirono a realizzare il loro sogno sviluppando Re: Legend, l’ibrido simulatore di giochi di ruolo. Il titolo è stato approvato da Square Enix nel 2016.

In Re:Legend, i fratelli hanno cercato di combinare le varie esperienze fornitegli dalle ore di gioco di titoli che hanno fatto la storia.
Ma cos’ha portato la Magnus Games tra le braccia di Square Enix? Quando la società si è rivolta a Kickstarter, era sicura di avere un prodotto che fosse in grado di suscitare entusiasmo in diversi tipi di giocatori e quindi, di attrarre il tipo di pubblico che avrebbe investito in un gioco che potrebbe essere vicino al rilascio.
La campagna “Re: Legend Kickstarter” è iniziata alla fine di luglio 2017, con un obiettivo di finanziamento di circa $53.000 ma dopo 30 giorniera già a quota 480.000, garantendo al gioco versioni per Xbox One, PlayStation 4 e Nintendo Switch,  assicurandogli un doppiaggio completo nei dialoghi. La loro non era solo la più grande campagna Kickstarter di uno sviluppatore di giochi in Malesia; infatti è stato, inoltre, il più grande Kickstarter nella storia del sud-est asiatico.
Durante questi 30 giorni, DC ha affermato che lui e suo fratello lasciarono a malapena la loro casa. Infatti, trascorrevano le giornate gestendo tutto,  dalla copertura della stampa, al contatto con gli streamer, inviando centinaia di e-mail e rispondendo direttamente a ogni singolo commento lasciato dalla comunità Kickstarter.
Il denaro che Magnus Games ha racimolato, quando la campagna è finita nell’Agosto del 2017, è stato abbastanza da permettergli di creare la versione di Re: Legend che i fratelli avevano immaginato. In pochissimo tempo, il loro titolo cominciò a essere confrontato con i titoli AAA. Il che costringe la società a mantenere il livello di aspettativa che tutti i loro fan si aspettano da questo titolo.
In Malesia, raccogliere fondi per una start-up di giochi non è un’impresa da poco: L’industria locale è ancora troppo giovane ed è per questo che il governo è intervenuto per aiutare le società, con il sostegno e le sovvenzioni con organizzazioni come MDEC. Tre anni fa, Magnus Games ha deciso di abbandonare il settore mobile e free to play per inseguire il suo sogno, ma così facendo, si è trovata davanti a qualcosa di più grande di quanto potesse immaginare. Per la giovane start-up, la nuova sfida è soddisfare il suo pubblico senza rovinare tutto quello che è stato costruito con il loro duro lavoro.




Scribblenauts Showdown

Dopo la disastrosa cancellazione di Scribblenauts: Fighting Worlds, 5th Cells ci ritenta con Scribblenauts Showdown. Rilasciato su Nintendo Switch, Ps4 e Xbox One il 9 Marzo del 2018, nuovo capitolo di una saga di gran successo tra i giocatori del Nintendo DS, si tratta di un puzzle game con l’aggiunta della componente da party game. Ma l’aver trasformato la saga in un party game è stata una buona idea?
L’originalità del titolo stava proprio nel poter risolvere i vari indovinelli del gioco con soluzioni fuori dal comune, vista la possibilità d’invocare qualsiasi oggetto in nostro soccorso, e questo elemento viene a mancare, ma vedremo meglio più avanti.
Partiamo dal menù iniziale, che ci riserva un’ottima accoglienza con una bella varietà di colori. All’interno della schermata ci ritroveremo a dover scegliere tra tre modalitàdue basate su minigiochi e l’ultima la tipica modalità sandbox.
La prima modalità si chiama Versus, è giocabile da massimo due giocatori, può essere eseguita contro un amico o contro l’intelligenza artificiale. Sarà possibile scegliere se la sfida debba essere basata sulle “parole” o sulla “velocità” o su tutte e due. Se si scelgono le parole come criterio, si dovrà competere utilizzando quello che viene scritto. Per esempio, nella sfida di cucina, il gioco chiede di scegliere che cosa dovranno mangiare i due contendenti. Alcune parole portano evidenti vantaggi, in relazione alla grandezza e lunghezza di quello che si scrive. Le sfide proposte in questa modalità sono godibili e rapide. Versus è ottima in una tipica serata tra amici, anche se la quantità di mini giochi offerta non è così ampia e alla lunga può diventare abbastanza ripetitivo.

La seconda modalità di gioco proposta è probabilmente la migliore sul piano competitivo: si tratta del Gioco dell’Oca con le carte al posto dei dadi. Ad ogni turno il giocatore dovrà pescare una carta e, di conseguenza, dovrà toglierne una dalla propria mano di gioco. L’obiettivo finale è quello d’arrivare alla fine prima degli altri giocatori. Esistono diverse tipologie di carte: alcune carte ci faranno avanzare, altre fanno retrocedere gli avversari e altre potrebbero ribaltare completamente la situazione. Tuttavia, per attivare la carta, dovremmo vincere il minigioco proposto, anche perché in caso di sconfitta il bonus sarà utilizzato dalla nostra controparte. Questa è la modalità che sta alla base di questo titolo. Gli sviluppatori sembrano aver puntato il tutto per tutto su questa modalità ma, pur essendo questa molto elaborata, risulta manchevole in qualche aspetto: non rende infatti granché se giocata singolarmente, e l’aggiunta di una modalità multi giocatore online era d’obbligo.

Starite?STARITE?? Ebbene sì, eccoci arrivati alla terza e ultima modalità, chiamata sandbox. Pensavate che il team di 5th Cells avesse dimenticato la modalità principale dei predecessori della serie Scribblenauts? Sandbox è strutturata in una serie di livelli dove dovrete “esaudire” i desideri di chi li esprimerà. Tutti i desideri saranno posti in maniera enigmatica, ed è qui che entra la componente da puzzle game, e il giocatore sarà chiamato a risolvere gli enigmi in qualsiasi modo voglia. L’obiettivo principale sarà quindi quello di ottenere tutte le starite, stelle luminose usate come “merce” di scambio. All’interno di questo capitolo ci sono ben 8 livelli. Gli enigmi non sono molto difficili, e in vostro soccorso potrete usufruire di suggerimenti “a pagamento”. Se ogni desiderio espresso correttamente vi garantirà 10 starite, ogni suggerimento richiesto ve ne sottrarrà 5. Un’ottima aggiunta è data dalla possibilità di assegnare degli aggettivi a qualsiasi cosa animata, così da rendere un minotauro “docile” o “aggressivo”. Inoltre, sarà possibile scambiare le starite raccolte con vestiti/accessori ed è possibile acquistare oggetti così da aggiungerli tra quelli che si possono già evocare (oggetti esotici presi dai vari livelli). Infine, i vestiti e accessori acquistati potranno essere utilizzati nella personalizzazione del vostro personaggio.

Il titolo si presenta con una grafica colorata e cartoonesca, il team di sviluppatori è riuscito a utilizzare e migliorare nel tempo lo stesso motore grafico utilizzato sin dal primo capitolo della saga, migliorando i colori, i modelli poligonali e le varie rese grafiche, non tradendo l’art style originario ma rendendo il titolo, graficamente parlando, valido ancora oggi.
Il sonoro non è certamente di alto rilievo, ma i suoni e le musiche sono molto orecchiabili, le riproduzioni sonore dei vari animali e delle armi e ben rese, anche se tutto l’insieme è un riciclo preso dai capitoli precedenti.
Una grande mancanza rispetto al passato è probabilmente  quella della free-mode, dov’era possibile trascorrere del tempo evocando qualsiasi cosa vi passasse per la ment (per esempio era possibile far combattere 10 militari contro un drago).
Tirando le somme, Scribblenauts Showdown, non riesce a tenere alto l’onore del franchise, visto che il team di sviluppo ha tentato di proporre qualcosa che è abbastanza lontano da quello che rappresenta il marchio originario.
Il titolo rimane comunque abbastanza godibile e, per chi volesse comunque usufruire di un gioco simpatico da tirar fuori in una serata con gli amici, l’acquisto può essere consigliabile, ancora meglio quando si troverà a un prezzo leggermente inferiore.




Dal 3DS allo Switch: l’evoluzione di Circle Entertainment

Circle Entertainment è un nome che sarà immediatamente familiare ai giocatori dei dispositivi marchiati Nintendo, grazie alla sua gamma di eccellenti titoli scaricabili su 3DS e Switch. Con IP del calibro di Mercenary Saga e World Conqueror alle sue spalle, la software house si sta preparando a rilasciare un nuovo titolo. Il team di Nintendo Life ha intervistato Thomas Whitehead, Product Manager, per conoscere il passato, presente e futuro della società giapponese. Circle Entertainment è sul mercato da oltre un decennio, quindi ha una lunga storia alle sue spalle. Whitehead, ha scoperto la società per cui lavora tramite il DSiWare (un gioco per DSi che può essere acquistato solo nel canale DSishop) e all’interno del 3DS eShop, dove la software house si presentava con un numero prolifico di pubblicazioni in Occidente, con giochi  dai temi bizzarri e con prezzi convenienti. Oltre 170 giochi di Circle sono stati pubblicati in varie forme, territori e piattaforme in oltre 12 anni.

Whitehead, ha affermato che la Circle Entertainment è vicina a un’altra software house, Flyhigh Works, descrivendole come un “duo editoriale”. A rafforzare la sua tesi ha aggiunto che il suo biglietto da visita è a doppia faccia: da un lato la Circle e Flyhigh sull’altro.
Il productive manager ha imparato molto dal suo periodo da editore di Nintendo Life, arrivando all’idea che i giocatori sono molto interessati i giochi in formato digitale. L’input principale, glielo ha fornito il Nintendo Wii, e il suo WiiWare, studiandone il funzionamento come poi fatto successivamente con DSi, 3DS, Wii U e Switch. Parte del loro successo, secondo Whitehead, potrebbe essere dovuto al fatto che i sistemi Nintendo non vengono inondati da tutti i principali giochi AAA, dando quindi più spazio a realtà minori che altrimenti non avrebbero modo di farsi notare. Tutto questo, è sospinto anche degli ottimi rapporti tra Circle e Nintendo, elogiando l’ottima disponibilità del colosso nipponico.
WhiteHead, è rimasto inoltre sopreso dallo strepitoso successo di Nintendo Switch. Nintendo è stata intelligente, creando un prodotto versatile e soprattutto curando la line-up nei suoi primi mesi di vita così da poter garantire almeno 3 giochi a settimana nel suo E-Shop. Il futuro è ancora incerto ma pare che il producer  abbia le idee chiare: si aspetta un arrivo di diverse tipologie di videogiochi come, per esempio, un mix di giochi per console e per PC in uscita su Switch.
Circle ha appena rilasciato World Conqueror X, mentre l’arrivo di OPUS: Rocket of Whispers Shelter Generations è imminente. La software house ha una lunghissima lista di videogiochi che verranno rilasciati strategicamente a seconda delle tendenze d’interesse globale, asiatico e occidentale.




Non solo Labo: quando Nintendo produceva giocattoli

Senza alcun dubbio, la recente presentazione del Nintendo Labo è stata una grande sorpresa, soprattutto per i veterani che attendevano la rivelazione di qualcosa come il Virtual Boy 2 o, addirittura, il ritorno dello sfortunato Vitality Sensor.
Mentre in apparenza potrebbe essere facile catalogare il Nintendo Labo come un accessorio rivolto ai bambini, quando si pensa alla fetta di pubblico a cui Nintendo mira, l’idea dietro quest’accessorio ha perfettamente senso. Il Labo rappresenta, probabilmente, qualcosa che solo un’azienda come la grande N , con le sue radici di produttrice di giocattoli, avrebbe potuto escogitare. Infatti, il colosso nipponico ha fabbricato giochi di vario tipo per anni prima che iniziasse a produrre videogiochi. Possiamo, quindi, definire il Labo  come il successore di questi giocattoli.

In onore dell’annuncio di questo accessorio, abbiamo raccolto alcuni dei giocattoli più strani e meravigliosi realizzati da Nintendo negli anni ’60 fino agli anni ’80, prima che la società di Kyoto entrasse nel mercato dei videogiochi.

Rabbit Coaster – 1964

Il primo ingresso di Nintendo nel regno dei giocattoli fu segnato dalla creazione del Rabbit Coaster. L’idea era semplice, ma avvincente: i bambini posizionavano delle capsule su un tracciato e le facevano gareggiare lungo una pista tortuosa per vedere quale capsula avrebbe raggiunto il traguardo per prima. Durante gli anni sono state create molte varianti di questo giocattolo, inclusa una con un mostro simile a King Kong. Il che dimostra che anche prima della creazione di Donkey Kong, Nintendo era ossessionata dalle scimmie giganti!

My Car Race – 1965

My Car Race è stato il primo giocattolo elettronico della Nintendo e, in un certo senso, era un Rabbit Coaster ma con gli steroidi. Questo giocattolo utilizzava l’elettricità per alimentare un nastro trasportatore che spostava le auto poste sulla pista. L’obiettivo era quello di scoprire chi sarebbe arrivato prima al traguardo.

Ultra Hand – 1966

Una menzione speciale è dedicata a Ultra Hand, ideato da Gunpei Yokoi, creatore di Game & Watch, inventore del D-Pad e designer originale del Game Boy. A ogni modo, l’Ultra Hand era un semplice braccio che si estendeva per afferrare oggetti da molto lontano. Nella sua semplicità, questo giocattolo è stato uno dei più venduti di Nintendo.

Love Tester – 1969

Proprio mentre la “Summer of Love” degli anni ’60 volgeva al termine, il vecchio Gunpei Yokoi creò un giocattolo conosciuto come Love Tester che, apparentemente, poteva calcolare se due persone si amassero davvero. L’idea era quella che la coppia felice si tenesse per mano e nell’altra mano tenesse una parte del Love Tester. Quindi, attraverso di essi sarebbe passata una corrente elettrica innocua che avrebbe determinato il loro amore in base alla loro conduttività.

Ele Conga – 1970

Nel 1970 Nintendo stava creando un diverso tipo di musica con Ele Conga. Questo dispositivo a forma di tamburo è stato inventato da Gunpei Yokoi (si, sempre lui) ed era in grado di produrre dei suoni elettronici quando suonato. Sfortunatamente, all’epoca è stato un po’ un flop commerciale.

Paper Model – 1974

Molto prima che il Labo fosse stato concepito dallo staff della grande N, Nintendo aveva creato una vasta gamma di modelli di carta. In questi kit si trovavano vari pezzi di cartone e tramite le istruzioni si potevano creare cose come auto e aerei, a seconda del tema del kit. Sono stati concepiti circa 40 di questi kit. Questo “gioco” potrebbe essere visto come il vero predecessore di Nintendo Labo.

Duck Hunt – 1976

Questo gioco veniva fornito con un proiettore e una pistola alimentata a batteria. Il dispositivo proiettava immagini di anatre volanti sulla vostra parete e riusciva a rilevare quando riuscivate a colpirle, il che era spettacolare vista la tecnologia che era presente all’epoca. Non a caso lo si ritroverà anni avanti, sul primo NES 8-bit.

Crossover – 1983

Infine, ecco uno dei giocattoli di Nintendo più rari e addirittura l’ultimo giocattolo non elettronico realizzato dal colosso nipponico. Crossover era un’altra creazione di Gunpei Yokoi, un puzzle che prese la forma di una griglia 4×4 in cui i giocatori avrebbero fatto scorrere le tessere avanti e indietro per risolvere il puzzle.

Poteva non arrivare un Nintendo Labo?




I dock di terze parti potrebbero danneggiare Nintendo Switch

Se state usando un dock di terze parti sul vostro Nintendo Switch, molto probabilmente potreste voler tornare al modello ufficiale, poiché si stanno diffondendo numerose testimonianze che affermano che i dock non ufficiali portano alla morte della console dopo il recente aggiornamento.

Sul mercato sono disponibili innumerevoli tipologie di dock, molte delle quali sono più piccole e quindi non conformi alle misure del guscio originale. Di recente, lo youTuber Spawn Wave ha postato un video dopo che il suo Switch si è danneggiato. Lo youtuber ha citato il dock prodotto da Nyko come causa del guasto. Da allora la casa produttrice dei “gusci” si è offerta di sostituire la console, il che suggerisce un certo grado di colpevolezza da parte della casa produttrice.

JTNDaWZyYW1lJTIwd2lkdGglM0QlMjI1NjAlMjIlMjBoZWlnaHQlM0QlMjIzMTUlMjIlMjBzcmMlM0QlMjJodHRwcyUzQSUyRiUyRnd3dy55b3V0dWJlLmNvbSUyRmVtYmVkJTJGZWxPcU1LbG5fV0klMjIlMjBmcmFtZWJvcmRlciUzRCUyMjAlMjIlMjBhbGxvdyUzRCUyMmF1dG9wbGF5JTNCJTIwZW5jcnlwdGVkLW1lZGlhJTIyJTIwYWxsb3dmdWxsc2NyZWVuJTNFJTNDJTJGaWZyYW1lJTNF

Questa non è la prima volta che il dock di Nyko è stato citato per simili problemi. Infatti, l’anno scorso è stato riferito che il prodotto causava un malfunzionamento  della porta di ricarica dello Switch, ma la società ha affermato di aver risolto il problema nella produzione.

Avete riscontrato anche voi dei problemi? State utilizzando un dock di terze parti ?




Ancient Frontier

Ancient Frontier è uno sci-fi ruolistico, uno strategico a turni con caratteristiche GDR sviluppato da Fair Weather Studios, già creatori dello sfortunato Bladestar. Sin dal primo impatto, troveremo un menù principale ben strutturato, comprensivo anche della “lore” che ci introdurrà al mondo di gioco.
L’umanità era sull’orlo dell’estinzione, finché non venne creata la compagnia dei Tecnocratici. Quest’ultimi riuscirono a ristabilire l’equilibrio con scoperte in ambito tecnologico e con la colonizzazione di Marte, che portò alla rinascita dell’umanità. La compagnia riuscì, inoltre, a scoprire i segreti dietro i viaggi interstellari, che portarono ricchezza e prosperità al genere umano. Questo portò alla creazione di ordini quali la Human Federation Star Force, la qualeprese il comando di Marte e che iniziò la costruzione di innumerevoli navi.
Per la costruzione di quest’ultime sono necessari a loro volta materiali quali la proto energy e l’hydrium, che si trovano solamente nello spazio profondo. Per svolgere la ricerca di questi materiali venne creato l’ordine dei Corporate Mining Station.

Nella modalità storia, che presenta più slot per i salvataggi, ci ritroveremo a dover scegliere due differenti campagne di gioco. Nella prima, chiamata Alliance Campaign, vestiremo i panni di uomini alla ricerca delle ricchezze dello spazio.
Nella seconda, chiamata Federation Campaign, vestiremo invece i panni del comandante della flotta protettrice di Marte e, in entrambe le campagne, dovremo difenderci dai pirati spaziali che cercheranno di derubarci e ucciderci.
All’interno del single player, sono presenti tre difficoltà strutturate in relazione del livello del giocatore.

Avremo 2 tipi di missioni: le principali (che trattano la lore) e le secondarie. Le missioni secondarie hanno tre tipologie di avventure. Nel primo tipo ci ritroveremo a dover sconfiggere i pirati, nel secondo dovremo raccogliere le varie risorse sparse nella mappa e nell’ultimo il nostro obiettivo sarà quello di raggiungere una zona prima di un tot di turni.
La storia viene raccontata tramite dei dialoghi disposti su un “menù a tendina” prima di ogni missione. La trama non è molto densa ma, fortunatamente, in videogame come Ancient Frontier altri fattori possono egregiamente compensare. Durante il nostro gameplay, la mappa di gioco sarà rappresentata da un’enorme “scacchiera”, la mappa è divisa blocco per blocco da esagoni che delimitano le caselle dove poter spostare le nostre pedine. Una caratteristica del titolo che ci ha fatto storcere il naso è l’impossibilità di poter scegliere, durante i turni, l’ordine di attacco delle proprie unità. Questa caratteristica allontana il titolo dalla sua componente strategica. All’interno del campo da gioco, saranno presenti degli asteroidi che possono sia ripararci dal fuoco nemico, sia ostacolarci durante i nostri movimenti.

Uno dei grandi vantaggi di questo titolo è la modesta varietà di personalizzazione. Infatti, prima d’ogni missione, potremo scegliere la composizione della nostra flotta dotandola, quindi, di navi di ricerca, d’assalto, di supporto ecc. Il titolo presenta una sezione di gestione per le risorse, navi, ricerche e missioni. Le caratteristiche GDR si vedono  nelle ricerche, che portano all’aumento di determinate peculiarità. Ogni classe di nave ha il suo albero delle abilità nel quale si ha la possibilità di potenziare determinate caratteristiche. Non sarà istantaneo familiarizzare con i comandi di gioco, infatti, bisognerà sforzarsi un po’ a capire la struttura del gameplay, anche perché il tutorial non è estremamente dettagliato ed è sviluppato in sotto-forma d’immagini e dialoghi.
La grafica del titolo risulta pulita e con una buona resa complessiva. I modelli della navicelle sono ben strutturati e abbastanza originali. Mancano una localizzazione in lingua italiana. Infine, il comparto sonoro non è nulla di speciale ma, riesce a rendere le svariate ore di gameplay piacevoli.

In conclusione, Ancient Frontier rappresenta un valido passatempo e un buon titolo per gli appassionati del genere strategico a turni. Il titolo è disponibile su Steam con un rapporto qualità/prezzo ottimo.




Storie videoludiche: gli “umili” esordi di National Insecurities

Entrare nel settore dello sviluppo videoludico non è mai stato facile, e una delle attività più ostiche è quella di trovare i fondi necessari per trasformare il proprio sogno in realtà. Oggigiorno, anche avendo i finanziamenti, in realtà, non è semplice farsi sentire in mezzo alla moltitudine di concorrenti del settore, né è detto che si producano bei giochi. Ma con una buona dose di perseveranza, duro lavoro e voglia d’imparare tutto è possibile. Un esempio di tutto ciò lo forniscono sviluppatori come National Insecurities, start-up britannica che ha debuttato l’anno scorso con 2000:1: A Space Felony,  i cui buoni risultati hanno permesso alla piccola software house di lanciarsi in progetti più grandi.

La loro storia ha inizio nel 2012, anno nel quale il team di incontra durante il primo anno d’università. I ragazzi iniziarono a lavorare al loro primo titolo, chiamato The Old Gods Are Dead, solamente due anni più tardi. È stato lo sviluppo di quest’ultimo a portare alla formazione del team che, durante uno showcase, venne notato da una società gallese interessata a distribuire il loro primo gioco. Tuttavia, la compagnia non era in grado di finanziarli e questo portò i membri di National Insecurities a cercare possibili finanziatori.
Il lead designer del team, Gary Kings decise di mettersi alla ricerca di editori, come Team 17 e Devolver Digital, che avevano dimostrato di saper aiutare delle piccole start-up. Sfortunatamente, furono rifiutati. Questo spinse Kings a rivolgersi all’amministratore delegato della UKIE CEO DR Jo Twist che lo indirizzò verso il Games Finance Market.

Pochi mesi dopo, la National Insecurities presentava The Old Gods Are Dead a una miriade di possibili investitori. Inizialmente, trovarono un investitore che poi, successivamente, lì abbandonò e le altre società interessate al progetto erano fallite o non erano più interessate. I ragazzi non si diedero per vinti e deciso di presentarsi alla fiera per il secondo anno: il Games Finance Market mise su un bootcamp per preparare i team partecipanti agli incontri con i potenziali investitori. Questo fu impagabile, afferma Kings, capì come discutere con gli editori e, infatti, fu la sua abilità nell’interloquire a fargli ricevere i fondi che servivano alla società. Secondo lui è molto importante incontrare i finanziatori faccia a faccia e mostrar loro quanto straordinari siano i titoli che si è capaci di creare.
L’oggetto di ogni incontro era The Old Gods Are Dead, ma il team aveva già in cantiere 2000:1: A Space Felony, e Kings aveva intenzione di cominciare a tastare il terreno per il nuovo titolo. Scoprì che Humble Bundle aveva lanciato un programma di finanziamento indirizzato a lavori indipendenti, Humble Originals, e decise di provare ad attirare la loro attenzione. Creò un finto gioco chiamato Disorient on the Murder Express e lo inviò inserendo un messaggio interamente in maiuscolo all’interno della descrizione:

«QUESTA NON È UNA VERA APPLICAZIONE, È UN TENTATIVO DI ATTIRARE LA VOSTRA ATTENZIONE SU UN ALTRO GIOCO SU CUI STO LAVORANDO PER HUMBLE ORIGINALS».

Tre giorni dopo, ricevette il rifiuto di Humble Bundle. Il giorno dopo ancora, arrivò un’altra mail, dove Humble Bundle domandava «E allora, questo gioco?». Fu così che lo studio ricevette 10.000 dollari per completare lo sviluppo e, nel luglio 2017, 2000:1 : A Space Felony è stato pubblicato su Humble Originals. La società ha ricevuto un ulteriore finanziamento di 30.000 dollari per rifinire il lavoro su due propri titoli.
Quello della National Insecurities è soltanto uno degli esempi, inserirsi e crescere sul mercato videoludico non è facile; ma le lezioni imparate dai piccoli sviluppatori possono essere utili non meno di quelle provenienti dai grandi, oggi. Il consiglio dello stesso Kings al termine della chiacchierata con i colleghi di Gamesindustry è esemplificativo, invitando gli sviluppatori agli inizi a non aver fretta di avere successo immediato, perché i risultati spesso arrivano dopo un po’, e soprattutto a non aver paura di far la figura di quelli che sanno poco:

«Concedetevi il lusso di non sapere, e chiedete sempre a quelli ne sanno più di voi – che sono poi quasi tutti quelli che incontrate, quando siete ancora agli inizi. Trovate un mentore, se potete: se incontrate qualcuno che conosce come vanno le cose che sia disposto ad aiutarvi, tenetevelo stretto.»

Il messaggio dei giovani developer di National Insecurities è quello che «il successo può essere trovato lungo la strada grazie a ciò che hai imparato»: in un’epoca in cui a molti sembra già di sapere tutto, quello di essere sempre pronti a imparare ci sembra il miglior consiglio che si possa dare.

Fonte: GameIndustry




Offensive Combat: Redux!

Dopo un paio d’anni, ecco il ritorno del famoso titolo di casa Three Gates AB, Offensive Combat: Redux.
Remake di Offensive Combat, titolo free-to-play sviluppato nel 2012 per browser da U4iA Game, studio fondato dal creatore di Call of Duty DustyWelch, il gioco è un FPS arena online che dovrebbe permettere «di scontrarsi con altri 14 giocatori in ben 8 mappe differenti». Il condizionale in questo caso è d’obbligo.
Il titolo è dotato di una modalità multiplayer e di una single player, all’interno della quale ci ritroveremo ad affrontare dei nemici con un livello d’intelligenza pari a quello di una noce di cocco (con tante scuse al frutto tropicale).
Uno dei pochissimi vantaggi di questo titolo riguarda le animazioni PWN, che potrebbero permettere chiunque sia di umiliare i nemici (se mai si riuscisse a trovarne qualcuno), sia d’ottenere più esperienza.
La modalità single player non ha una vera e propria trama, visto che il suo unico scopo è quello di preparare il giocatore ai combattimenti che farà all’interno del multiplayer.
Questa si suddivide in tre tipologie di missioni: nella prima, chiamata “Map exploration mode”, dovremo solamente esplorare le mappe così da poterci preparare per le prossime partite; nella seconda, chiamata “Annihilator”, dovremo semplicemente uccidere i bot che troveremo all’interno della mappa; e, infine, la terza modalità chiamata “Wave defense” dove saremo impegnati ad abbattere le orde di nemici che cercheranno di sopraffarci.

La quantità d’armi tra le quali scegliere è abbastanza soddisfacente, come del resto il grado di personalizzazione di ogni personaggio. È inoltre possibile aggiungere vari accessori. Gli sviluppatori hanno lasciato ampia libertà riguardo la personalizzazione, si potrà modificare il proprio personaggio dalla testa ai piedi. Per poter acquistare i vari componenti avremo bisogno della valuta di gioco. La grafica del titolo suona un po’ datata, i modelli poligonali utilizzati all’interno del gioco risultano superati da tempo e non sono minimamente in grado di farlo competere con altri titoli dello stesso genere; anche il comparto sonoro non registra alcun punto degno di nota.
Se questo è  quel che troviamo nel single player, è arrivato ora il momento di parlare della modalità multigiocatore.

ERROR 404 : MULTIPLAYER NOT FOUND

Cos’è successo? Non c’è neanche un cane all’interno della modalità online di questo gioco: giorni e giorni a provare, server deserti.
Non ce la sentiamo di consigliare un titolo a cui non giocano neanche gli stessi sviluppatori, e che purtroppo soffre proprio in quello che dovrebbe essere il proprio punto forte. Se ciò non bastasse da sè, insieme non riesce a raggiungere neanche la sufficienza e il gioco, in queste condizioni, non riesce a rendere congrui neanche gli 8 euro richiesti all’acquisto.