Telltale potrebbe riuscire a terminare The Walking Dead

Telltale, ha rimosso The Walking Dead: The Final Season dai negozi per dare priorità all’esplorazione di altre strade e riuscire a finire i due episodi rimanenti in seguito al licenziamento di almeno 250 dipendenti. Un rappresentante ha confermato che i Season Pass sono stati deliberatamente rimossi dallo sviluppatore:

«Al momento stiamo ancora lavorando per trovare un modo per distribuire la produzione degli Episodi 3 e 4 in modo che la stagione possa essere completata. Il risultato di tali sforzi determinerà quando e come The Final Season ritornerà nei negozi. Speriamo di avere una conferma prima della fine della settimana. Per ora, ci scusiamo per qualsiasi inconveniente.»

Il futuro della serie è stato messo in discussione lo scorso fine settimana dopo che Telltale ha licenziato la maggior parte del suo staff a causa di un round finanziario fallito. Successivamente, i dipendenti hanno intentato una causa legale contro la società accusandola di aver violato una legge statale e federale non notificando in anticipo i licenziamenti e non fornendo alcuna indennità o benefit oltre all’ultimo stipendio mensile percepito.




Nintendo Switch Online: un nuovo supporto per le chat vocali

Nato come un helper per alcuni titoli come Splatoon 2, Nintendo Switch Online ha da poco ricevuto un aggiornamento, aggiungendo un supporto per chat vocale per Mario Tennis Aces, Arms, Mario Kart 8 Deluxe e la raccolta di giochi NES forniti con il servizio di abbonamento a pagamento. Per questi titoli la chat vocale è supportata non solo tra amici, ma anche in lobby come la free-play di Mario Tennis e le gare globali di Mario Kart 8, le cui lobby saranno popolate da estranei con cui giocare.




Riot Games impara le buone maniere

La software house Riot Games, dopo le accuse di sessismo tra i dipendenti, ha ingaggiato l’ex vicepresidente senior di Uber, Frances Frei, per contribuire a migliorare la cultura sul posto di lavoro.
Frei fungerà da consulente senior per il Creator’s Culture Strike team di League of Legends, dopo aver trascorso una carriera aiutando aziende come Uber ad affrontare la loro cultura contorta promuovendo integrazione e lavoro di squadra.
Il ruolo assegnatogli è una risposta diretta di Riot alle recenti segnalazioni di sessismo e molestie sul posto di lavoro, con ex-dipendenti e attuali che hanno attaccato lo studio.
Riot Games ha pubblicato un piano in sette punti che spiega come intende affrontare il problema, chiedendo inoltre scusa alle persone colpite.
Frei crede che Riot stia facendo uno sforzo concentrato per redimersi e in merito dichiara:

«Dopo aver passato del tempo con la leadership di Riot e molti altri dipendenti in tutta la società mi sono accorto che Riot sta davvero impegnandosi a far evolvere la propria cultura. Durante le mie interazioni con i dipendenti, ho visto livelli straordinari di coinvolgimento su questi temi da parte di tutta l’azienda: ogni dipendente con cui ho parlato si è preoccupato veramente dell’iintegrazione, il che significa che è possibile un vero cambiamento. Infatti la software house non è interessata semplicemente a risolvere problemi superficiali, ha intenzione di essere un master del settore e di fornire un esempio da seguire. Condivido questa ambizione e sono desideroso di indirizzare Riot Games verso la giusta.»



Memorie in Open World

Correva l’anno 2007, uno come tanti se non fosse che, da qualche parte nell’estremo sud del Bel paese, un ragazzino cominciò ad avere il primo approccio con un mondo nel quale poi, sarebbe rimasto immerso fino al collo: quello videoludico. Tutto ebbe inizio su una PlayStation, un po’ per svago, un po’ per caso. Un po’ come tutti, insomma, e segnati da titoli storici come Crash Bandicoot, Asphalt e Need for Speed. Giochi straordinari, ma a far breccia fu la serie di Grand Theft Auto, quella che ancora oggi, – agli occhi di chi scrive – rimane senza pari. Nella moltitudine di titoli che componevano la saga, era inevitabile restare folgorati da San Andreas, titolo controverso che ha letteralmente assistito la mia infanzia. Vi sono sentimentalmente attaccato: quante partite giocate in co-op locale insieme alla mia sorellina più piccola, da un lato il joypad, dall’altro un bel biberon di latte, decine di missioni da completare e nessuna Memory Card su cui salvare i dati (il che mi spingeva a completare il maggior numero di missioni nel minor tempo possibile), cosa potevo desiderare di meglio che godersi la totale libertà in game in compagnia di mia sorella? Per me era quella la felicità, giocare con chi vuoi e a cosa vuoi senza preoccuparti di altro. Passare le giornate a esplorare quell’universo gangsta di cui, grazie al fascino del male che un po’ tutti prima o poi ci tocca, si sognava in qualche modo di far parte: a chi non piacerebbe andare in giro a conquistare i territori delle altre gang a suon di bazooka e molotov? Certo, non avevo ancora l’età per giocarci – non ditelo a nessuno! –  e nonostante il PEGI non sia più un problema per me, mi rendo conto che all’epoca questo avrebbe potuto precludermi questo divertimento, anche se giustamente. C’è un tempo per tutto e lo stesso vale per San Andreas.
Uno dei grandi meriti della serie
GTA è l’aver dato a tutti noi la possibilità di fare quel che non avremmo mai potuto osare. Potevo rubare uno Shamal fiammante al Los Santos International Airport e volare su e giù per l’intero Stato schivando missili termici, elicotteri e jet militari, e forse è proprio tutto quel tempo passato a volare che ha generato in me una curiosità quasi morbosa verso i simulatori di volo come Microsoft Flight Simulator X e X-Plane-7, passione che coltivo tutt’oggi con discreto interesse. Ero, e sono, un explorer da competizione, mi piaceva passare a menadito tutto il calpestabile del gioco, dai meandri più nascosti verso i Map Exit fino alle vette più alte: le avrei mai viste, altrimenti? Quel gioco era un piccolo, perfetto saggio di come creare un mondo aperto. Ecco, quel che le generazioni precedenti alla mia non hanno avuto a quell’età è sintetizzato in due parole: Open World.
Dopo la saga
GTA, per me vennero Just Cause 2, Watch Dogs, Dirt, titoli in cui perdersi nella digitale immensità geografica e nella cura dei dettagli. Oggi ho trasmesso questa mia passione alle mie sorelle che, non solo hanno apprezzato il genere, ma hanno anche cominciato a muovere i loro primi passi su titoli come Minecraft: certo, meno esplosivo, ma volete mettere quel potenziale di creatività primitiva espressa nel crafting di questo sandbox immenso e squadrato? A volte mi siedo accanto a loro, le guardo giocare, ogni tanto faccio un giro anch’io in quei paesaggi geometrici. Ma subito mi viene da pensare alle corse sulle strade di San Andreas, ai tramonti visti sfrecciando sul lungomare, e in qualche modo mi sento vecchio nonostante la mia giovanissima età; pesco da ricordi che sembrano lontanissimi mentre cerco di dare loro consigli su cosa fare e come fare, ma loro sono sempre un passo avanti a me. Ed è questo che forse ci ricordano i videogiochi, che c’è sempre da imparare, anche dai più piccoli che da noi cercano saggezza e insegnamenti che poi spesso troviamo in loro.




Rockstar Games ha rilasciato un nuovo gameplay di Red Dead Redemption 2

Rockstar Games, ha da poco rilasciato un gameplay di Red Dead Redemption 2 (che trovate qui in fondo), un titolo attesissimo che uscirà il 12 ottobre di quest’anno. Il capitolo precedente si era guadagnato il titolo di una delle migliori IP della grande R*. La domanda che dunque ci poniamo è: riuscirà Red Dead Redemption 2 a riscuotere talmente tanto successo da riuscire a raggiungere le vendite di Grand Theft Auto V? Potrebbe essere possibile, in quanto il titolo conta già su una community ampia, che sicuramente attenderà con fremito l’uscita di questo nuovo sequel.




Il dietro le quinte della produzione Nintendo

Ogni anno, le società statunitensi quotate in borsa presentano dei rapporti alla Securities and Exchange Commission (CSR) riportanti nel dettaglio le origini dei minerali utilizzati nei loro prodotti e i relativi paesi di estrazione. Sebbene non sia obbligato a presentare il proprio rapporto negli Stati Uniti, Nintendo lo ha comunque consegnato e sfortunatamente, non è migliorato molto dall’anno scorso.
Infatti i minerali utilizzati dalla casa giapponese per i loro prodotti, sono estratti in concentrazioni elevate in alcune regioni in stato di conflitto dell’Africa. I minerali estratti più comuni sono oro, stagno, tungsteno e tantalio. Queste materie prime vengono estratte da gruppi di schiavi, che poi vendono per finanziare conflitti armati continuando ad alimentare questo circolo vizioso che ha come perno le continue violazioni dei diritti umani.

Questi minerali sono necessari per produrre molti prodotti che usiamo quotidianamente, tra cui varie tecnologie e console di gioco. Dato che i clienti non hanno modo di sapere se il loro Amiibo viene prodotto attraverso il lavoro degli schiavi, spetta alle aziende essere trasparenti riguardo alle loro linee di rifornimento. Ciò significa anche esercitare pressioni sui propri fornitori, che a loro volta devono svolgere la dovuta diligenza assicurando che le fonderie o i raffinatori (SOR) che ricevono minerali siano esenti da conflitti. Spesso, questo viene fatto tramite un sondaggio annuale inviato dalla società ai fornitori, i quali quindi segnalano se i raffinatori sono stati certificati senza conflitti dall’Iniziativa dei Minerali Responsabili (RMI) o da un gruppo simile. Tuttavia, alcune aziende registrano tassi di rendimento dei sondaggi scadenti che, purtroppo, non riescono a reprimere ogni anno. Anche altre società hanno avuto questo genere dilemma etico, come Apple, Sony e Microsoft, ma i risultati dei rapporti CSR andavano dal record stellare di sourcing etico appartenente ad Apple ai bassifondi etici di Sony e alle sue decisioni vaghe e inefficaci nell’affrontare il problema. Nonostante Nintendo in quel momento avesse già re-inviato il proprio rapporto CSR, con una contabilità più dettagliata dei sondaggi sui minerali estratti, la documentazione non fornì i dettagli dei minerali fino alla fine di luglio.



Nintendo, nel 2014, iniziò col piede sbagliato: stando a quanto riportato, si poteva solo certificare che il 47% dei suoi SOR non stavano commettendo violazioni dei diritti umani. Il numero è migliorato nettamente nel rapporto 2015, con il 72% dei fornitori di Nintendo certificati esenti da conflitti. Nel 2016 rallentò con una crescita misera fino al 74%. Nintendo sembra comunque essersi presa l’impegno di ottenere un tasso di rendimento del 100% dai suoi fornitori, un ottimo segno di speranza per l’etica della società.
Sfortunatamente, anche il miglioramento del rapporto del 2017 è stato lieve in cui Nintendo si è limitata a vedere il 76% dei suoi SOR senza conflitti. Dei 339 SOR, 320 erano nell’elenco standard e 256 di questi erano certificati o in procinto di esserlo. Sebbene ci sia un miglioramento, Nintendo punta ai numeri di Microsoft in termini di percentuale di certificazione, che si aggirano intorno all’80-89%. Purtroppo i livelli di certificazione di Sony sono ancora sconosciuti.
Nonostante le promesse della grande N, questa crescita non sembra ancora esserci. Come parte dei report archiviati negli Stati Uniti, le aziende sono tenute a identificare le origini delle materie prime per ottenere la certificazione SOR e in seguito definire le misure di azione per risolvere eventuali problemi. Nintendo, in mancanza di tali requisiti, ha fornito solo la seguente riga per indicare quale potrebbe essere il piano per affrontare il potenziale lavoro degli schiavi nella sua linea di produzione:

«Abbiamo valutato i risultati e condotto interviste dirette con i fornitori e raffinatori ad alto rischio per capire accuratamente la situazione e mirare a risolvere il problema.»



Shuhei Yoshida racconta gli alti e bassi di PlayStation

PlayStation è da sempre stata uno dei migliori brand di console al mondo, vivendo anch’essa di alti e bassi, lanciando sul mercato console di successo come PlayStation 4 Pro ma anche PlayStation Vita, di cui noi tutti conosciamo storia ed esiti. Il presidente di Sony Interactive Entertainment Worldwide Studios, Shuhei Yoshida, ha fatto luce su cosa è andato bene e cosa no nella storia di PlayStation.
Ricordando il successo di PlayStation 2, Yoshida ha dichiarato:

«A causa della rapida transizione tra PlayStation e PlayStation 2, non avevamo idea di come l’industria avrebbe reagito»

Yoshida ha scherzato sul fatto che quando è stata lanciata PlayStation 2 non c’erano molti titoli disponibili, ma ha notato che i prezzi delle console erano sconvolgenti, soprattutto quando gareggiavano per emergere anche sul mercato dei lettori DVD. A tal proposito:

«È stato davvero un successo fin dall’inizio; PS2 è stata venduta oltre le aspettative. Ma quando è stata lanciata in Giappone, il software più venduto era in realtà il DVD Matrix. Il DVD stava ancora prendendo piede, ma era un sistema molto costoso ma PS2 uscì con la stessa capacità di lettore DVD di alta qualità con prezzi molto più bassi e dirompenti»

Il successo è stato molto meno incisivo con il lancio di PlayStation 3 e Yoshida ha ricordato il prezzo rivelato all’E3 come un “momento orribile”. Accoppiato con un catalogo limitato di terze parti e un’infrastruttura hardware che era notoriamente difficile da realizzare per i giochi, PS3 è stata nei guai fin dal primo minuto.

«Ken Kutaragi è stato un geniale ingegnere: la squadra che ha lavorato per lui era molto motivata, infatti era un grande motivatore»

E a proposito:

«Forse stava usando i videogiochi come un trampolino di lancio per realizzare la sua visione e i suoi sogni. Voleva diventare il prossimo Intel o qualcosa del genere. Non ha visto il bisogno di coinvolgere gli sviluppatori di giochi nella progettazione del sistema: è così che è stata realizzata PS3 ed è stato molto efficace»




Ubisoft e il futuro degli open world

Ubisoft, si è sempre contraddistinta per i suoi titoli open world praticamente immensi. Ma da una intervista al vice president of creative, Lionel Raynaud, sembra che Ubisoft si voglia superare, tramite l’introduzione di viaggi in epoche differenti e mappe paragonabili come dimensione a Origins,  all’interno di un singolo capitolo di Assassin’s Creed, che molto probabilmente arriverà sulle prossime console di nuova generazione.

“Abbiamo una tecnologia in grado di superare i limiti della attuale memoria e con questo, saremmo in grado, di vivere diversi periodi storici in Assassin’s Creed, utilizzando l’Animus per viaggiare da uno all’altro.” 
Sembra inoltre che il passaggio tra una mappa e l’altra possa avvenire senza soluzione di continuità, arrivando a esplorare terre lontane nello spazio e nel tempo in batter d’occhio. Non dimentichiamo che tutto ciò potrebbe essere applicato ad altri franchise come Far Cry e Watch Dogs, anche se più sulle ambientazioni geografiche che temporali. 

Con queste dichiarazioni si spera nell’arrivo di nuovi Assassin’s Creed in cui si potrà seguire una timeline differente in base alle scelte effettuate e magari, avere una storia diversa dagli altri giocatori.




Microsoft mette da parte i piani VR per Xbox One

Il chief marketing officer per il gaming di MicrosoftMike Nichols, ha rivelato ai colleghi di Gamesindustry.biz che l’azienda statunitense non intende, almeno per il momento, sviluppare un visore VR per Xbox One. Ciò significa che se Halo fosse sviluppato per questa tecnologia, i giocatori Xbox verrebbero tagliati fuori, a vantaggio di quelli PC che potranno utilizzare visori Oculus HTC. Tuttavia la Mixed Reality,  in grado di unire reale a virtuale, come dimostrato da HoloLens, verrà comunque sviluppata, e secondo i fan sarebbe già in arrivo. Riguardo il settore VR, per Sony, le vendite di PlayStation VR sono state inferiori alle previsioni di mercato, e potrebbe essere per questo motivo che Microsoft non vuole andare in avanscoperta, lasciando fare il lavoro pesante a Oculus e HTC.




Sony fermerà la produzione di titoli fisici per PS Vita nel 2019

La fine di PlayStation Vita, nonostante potrebbe attirare nuove cerchie di fan, in particolare per generi come indie e JRPG, sembra essere vicina. Infatti Sony, ha deciso di darle il fatidico colpo di grazia terminando la produzione di titoli fisici entro il 31 marzo 2019. La notizia giunge da una lettera agli sviluppatori, la cui società chiede di presentare i loro ordini di acquisto finali entro il 15 febbraio 2019. Sony continuerà comunque a vendere titoli digitali Vita sul PlayStation Store, ma le costose schede di memoria, proprietarie della console – uno dei motivi per cui la portatile non ha avuto il successo sperato – potrebbero rallentarne il mercato. Numerosi sono i fattori che hanno contribuito alla morte della PS Vita, come l’ascesa dei titoli mobile e la non considerazione della console da parte delle divisioni europee e americane dopo il lancio del 2012. Nel 2015, il presidente di Sony Worldwide StudiosShuhei Yoshida, ha dichiarato che la società non riesce a vedere un futuro per la console.
Oltre a smettere di produrre titoli fisici, Sony, smetterà anche di includere i titoli PS3  PS Vita nell’elenco PlayStation Plus gratuiti per il mese. Quindi i giocatori della portatile, potranno acquistare solo titoli digitali prima del totale abbandono della console.