Super Mario è comunista?

Ah, il buon vecchio Mario! Esiste un nome più di questo in grado di richiamare il videogioco? L’adorabile idraulico italiano è apparso in un’infinità di titoli Nintendo, per la gioia di milioni e milioni di giocatori con il suo spirito e il suo bel faccione baffuto. Tuttavia, nel tempo, è stata mossa l’ipotesi che Mario possa appoggiare strane tendenze politiche, una particolarmente opposta al mondo occidentale dov’è nato; stiamo proprio di quell’ideale tipicamente russo, quello più composto da lavoratori come lui, ovvero il Comunismo. Le idee, secondo alcuni, sono molto evidenti ed estraibili specialmente da Super Mario Bros., il titolo di lancio del NES che cambiò il landscape videoludico. Che dietro quel sorrisone, quegli «yahoo, mamma mia» ci sia un animo rosso fuoco in cerca di rivoluzione? Vi ricordiamo inoltre che questo sito parla di videogiochi, non di politica, e che queste sono in fondo teorie e/o segnali alla quale non è mai stata data una conferma dagli sviluppatori (né, quasi sicuramente, mai l’avranno); perciò prendete questo articolo con la giusta leggerezza, divertitevi e semplicemente immaginiamo il nostro Mario mettere una “X” sul simbolo del Partito Comunista del Regno dei Funghi – ci sarà nel suo Universo, no? Diamo uno sguardo a quegli elementi che, diciamo, meritano una seconda occhiata, ma prima torniamo un attimo a scuola!

Comunismo in 3, 2, 1…

Per capire questi elementi vi daremo velocemente un’infarinatura sul Comunismo e la sua storia, senza soffermarci troppo in nessun punto in particolare. Siamo nel bel pieno della Prima Guerra Mondiale, nel 1917, e la Russia, per far fronte alle spese belliche, decise di battere più moneta del solito; questo causò un’inflazione terribile, i prezzi del cibo salirono alle stelle (serviva un carretto di soldi solo per comprare un pezzo di pane) e la classe operaia, che lavorava in condizioni povere ed era sostenuta da una sanità carente, non vide alcun aumento nel loro salario. Il popolo non era affatto contento e la figura responsabile di tale povertà era solo una: lo Zar Nicola II. Fu da queste basi che partì la Rivoluzione di Febbraio, evento che portò all’abdicazione della famiglia reale. Si instaurò subito un governo provvisorio ma il popolo era ancora alla ricerca di un volto. Ecco che si fece avanti il Comunismo, un ideale, ispirato fra gli altri dalle idee di Karl Marx, che vedeva una società senza classi sociali in cui tutti, dai più poveri ai più ricchi, avrebbero beneficiato della ricchezza del paese; fu così che il Partito Bolscevico, con un colpo di stato, si insediò nel governo e diventò il nuovo scheletro della Russia nella cosiddetta Rivoluzione d’Ottobre. Infine, ricordiamo le tre figure chiave della rivoluzione russa: il primo è Vladimir Lenin che guidò il partito nella Rivoluzione d’Ottobre e tentò di trasformare la Russia in uno stato socialista; egli, però, ebbe vita breve alla guida del partito, morendo nel 21 Gennaio 1924 per via di una forma di sifilide che gli causò, in precedenza, ben tre ictus. Durante i suoi ultimi anni, Lenin designò Lev Trotsky come suo successore, ma il Generale Iosif Stalin finì per accaparrarsi il potere tutto per sé, esiliando e facendo eliminare il vero erede della rivoluzione. Per una bella e breve rappresentazione allegorica di queste vicende, leggete Animal Farm del buon vecchio George Orwell.

It’s a me, il proletariato! Yahoo!

Torniamo adesso nel coloratissimo Regno dei Funghi; diamo subito un’occhiata e vediamo quali miceti dominano la scena. È possibile notare, se diamo uno sguardo attento a tutti gli sprite del primo gioco, che il rosso domina particolarmente il design ed è, se non altro, il colore che da sempre ha contraddistinto Mario. Inutile dire che è lo stesso colore associato al pensiero comunista (il partito rosso, i rossi, le armate rosse, le brigate rosse, la stessa bandiera dell’Unione Sovietica era rossa) ma la storia ci dice che il caro idraulico italiano è rosso per contrastare il cielo azzurro del regno dei funghi; una storia credibile se solo non fosse che il rosso non è davvero opposto al blu. Nel disco dei colori primari e secondari (più precisamente conosciuto come disco di Itten) si più notare che è il vero opposto di quest’ultimo è l’arancione, uno di quelli che nella palette di colori del NES ha un sacco sfumature, addirittura più del rosso. Uno dei simboli più presenti nella saga è il Super Fungo, che presenta un cappello rosso con dei puntini bianchi; il suo corrispettivo reale è l’Amanita Muscaria, fungo velenoso che, al di là del provocare allucinazioni, si trova specificatamente in Siberia, la parte est della Madre Russia. Le ipotesi si fanno sempre più forti specialmente quando Mario prende il Fiore del Fuoco; i tipici colori dell’idraulico, il rosso e il blu (o marrone nel primo gioco), muteranno in rosso e bianco, i colori della bandiera del Partito Bolscevico di Lenin. Una strana scelta di colori, ma le ipotesi non si fermano qua.
Il cappello di Mario sembrerebbe abbastanza innocente se non fosse per la strana somiglianza con quello indossato spesso da Stalin; entrambi hanno un design molto simile, la visiera più o meno della stessa lunghezza e un emblema circolare al centro. Ogni buon Compagno, inoltre, vi dirà che un bel baffo è praticamente “parte dell’uniforme”; cos’altro contraddistingue il bel faccione del mangia-spaghetti? Lo scopettino sotto il nasone Mario sembra proprio strappato dalla faccia di Stalin! E se tutto questo ancora non vi convince: ricordate i suoi lavori? In Donkey Kong e Wrecking Crew era un carpentiere e con Mario Bros diventa ufficialmente idraulico, entrambi lavori che coinvolgono lavoro manuale, mestieri che compongono la classe operaia designata nella rivoluzione proletaria.

Mario il liberatore

E ora entriamo un po’ di più nel simbolismo della saga. Prima di prendere in esame le storie che coinvolgono in prima persona l’icona Nintendo, diamo uno sguardo alla sua nemesi: Wario potrebbe rappresentare, in un certo senso, l’idea stessa del capitalismo. L’antagonista di Mario è caratterizzato da una grossissima stazza e una spiccatissima avidità; tutti i suoi giochi si concentrano sul collezionare tesori e accumulare ricchezza (che permettono addirittura in alcuni giochi di ottenere un finale migliore), tipico comportamento di un avido capitalista senza scrupoli.
Tornando alla saga principale, al termine di ogni livello del primo titolo Mario abbassa una bandiera nemica per alzarne una sua in un fortino. La prima somiglia (visto che stiamo parlando di un gioco 8-bit) a un simbolo di pace verde su uno sfondo bianco mentre quella sua è una più chiara stella rossa a cinque punte. Questa, nell’iconografia comunista, è uno dei simboli più usati insieme alla “falce e martello“, rappresenta proprio la mano del lavoratore (cinque le punte, cinque le dita) ed è il simbolo dell’armata rossa, la stessa che prese il potere durante la Rivoluzione di Ottobre; dunque ricordate ancora l’obiettivo di Super Mario Bros.? Rovesciare il tiranno Bowser, come nella Rivoluzione di Febbraio, ribellarsi alla dittatura che porta scompiglio nel Regno dei Funghi e farlo tramite l’esercito rosso. Inoltre, come ribadito da Mao Zedong nei Discorsi alla conferenza di Yenan sulla letteratura e l’arte (dai, infiliamo anche lui nel mix): «non potrà esistere un amore universale finché la società sarà divisa in classi». Perciò, abbasso la (bandiera della) pace e viva il popolo!

Seriamente?

Quello di cui abbiamo parlato è ovviamente bizzarro, vi stiamo forse facendo credere che Nintendo abbia stretto strani accordi con l’ex Unione Sovietica; ci sentiamo di asserire che Mario non è comunista e che molti elementi sono delle divertenti coincidenze. Ricordiamoci che lo scopo del gioco è, sì, rovesciare Bowser ma è anche, e soprattutto, salvare la Principessa Peach per instaurare la sua più mite ed equa monarchia. Inoltre, quello che sembrerebbe un simbolo di pace al termine di un livello è in realtà un teschio; se fosse stato tale allora ci sarebbe stato qualche spazietto vuoto in più nella parte bassa dell’icona. Le tante coincidenze, specialmente nel primo gioco, ci hanno fatto pensare che Mario, vista anche la sua estrazione sociale, potesse essere comunista ma il gioco (come è giusto che sia) non fa alcuna propaganda politica e in fondo la storia parla semplicemente di un idraulico innamorato alla ricerca della sua amata principessa. Tuttavia c’è ancora un ultimo elemento di cui dobbiamo ancora parlare ma che non ha nulla a che vedere con Mario, bensì col Giappone. Il Partito Comunista Giapponese, dopo gli anni 50, ha avuto una buona influenza nella società giapponese e il suo periodo più prolifero è stato proprio negli anni ’80, esattamente gli anni in cui Super Mario Bros. venne sviluppato; durante le elezioni di quel periodo il partito prese il 10%, che corrispondono a ben 5 milioni di voti, perciò può esistere dunque la possibilità che una o più persone coinvolte nello sviluppo del gioco possano aver fatto trapelare in qualche modo le loro idee politiche. A ogni modo queste rimarranno sempre delle supposizioni e dubitiamo che Nintendo possa, un giorno, confermare o meno tutte queste teorie del web. E poi, alla fine della fiera, dove Mario metta la “X” durante le elezioni è solamente affar suo!

Bandiera del Partito Comunista Giapponese




The Secret of Middle City

Molti dei giochi indie a cui giochiamo sono spesso meri rimandi al passato,  giochi pixellosi a cui fa sempre un certo piacere giocare; tuttavia, ogni giocatore ha quasi sempre un “guilty pleasure”, un titolo non propriamente bello con la quale ha una certa affinità cui però, trovandosi in contesti pubblici, ne parla anche male. Dunque ci si accorge che il gioco è fondamentalmente carente, lo si prende a parolacce di fronte agli amici gamer ma appena si torna a casa la prima cosa che si fa è accendere il computer e giocare con quel gioco maledetto… ecco, The Secret of Middle City è potenzialmente uno di quei titoli!
Sviluppato dallo studio indie italiano GDG Entertainment, è un gioco punta e clicca dalle tonalità “singolari”: sebbene il budget per la realizzazione sia chiaramente ben ristretto, come spesso accade per questo tipo di giochi, qui si respira un’aria ancora più low cost, un’avventura grafica che si presenta alquanto “scrausa” e, da titolo per PC anni ’90, persino “rotta”. The Secret of Middle City, se non altro, è stato concepito col motore Hollywood, il che significa che, oltre a funzionare su PC e Mac, è stato concepito e gira su Amiga OS 4, sistema operativo ancora reperibile e tuttoggi supportato! L’operazione nostalgica riesce in tutto e per tutto, anche se, sfortunatamente, l’opera attinge troppo e solo al passato, portando con sé sia i pregi che i difetti dei giochi per computer dell’epoca; potremmo dire benissimo di amare e odiare questo gioco allo stesso tempo: lasciateci spiegare.

Un tipetto… singolare

Middle City, 22 Aprile: viene segnalata la scomparsa di Linda Patton, brillante ragazza di questa piccola comunità di montagna. Viene trovato un braccio mozzato vicino a un fiume, insieme a un braccialetto con il suo nome impresso, e perciò si teme il peggio. Si decide dunque di coinvolgere il governo e così viene inviato il miglior agente federale del FBI; purtroppo Dale Cooper è impegnato a Twin Peaks con Laura Palmer e così, in sostituzione, dobbiamo accontentarci dell’agente Cox, un agente provolone, tonto e cascamorto. Durante il filmato iniziale, verremo a conoscenza di un misterioso “grande albero”, un luogo che sembra custodire un grosso segreto; cominceremo così a girare per Middle City in cerca di indizi, tentando di ricostruire quello che è successo a Linda Patton la sera della scomparsa; tutto sembra avvolto nel mistero e, a quanto pare, in molti dicono di guardarci le spalle e che la città nasconde un segreto collettivo. Come in ogni buon punta e clicca dovremo ovviamente andare in cerca di indizi interrogando le persone del luogo, triggerando i dialoghi testuali, che risultano abbastanza esilaranti, mantenendo una linea comica ispirata alle più classiche avventure grafiche della LucasArts ma con sfumature tipicamente italiane. È possibile inoltre, passando il mouse sugli oggetti di un luogo, analizzare gli oggetti che non possiamo prendere; talvolta da questi indizi è possibile capire come procedere nella nostra avventura… o semplicemente scoprire il pensiero dell’agente Cox! Per come è strutturato il gameplay, non c’è in realtà alcuna ragione di spostarsi all’interno dell’ambiente al di fuori dei dialoghi: è possibile analizzare la stanza e raccogliere determinati oggetti solamente col mouse e dunque, se negli ambienti non ci sarà nessuno da interrogare, il nostro agente starà sempre fermo sulla soglia d’ingresso di certi ambienti senza mai spostarsi di un centimetro. Non è un difetto terribile, ma toglie certamente dinamismo e azione al titolo, ci sarebbe piaciuto vedere un detective più attivo anziché far sembrare il tutto una sorta di text game.
Nulla da eccepire riguardo comparto testuale ma, come abbiamo accennato all’inizio, certi elementi nostalgici potevano essere tranquillamente lasciati nel passato da siamo stati presi: non sappiamo se fosse intento dei developer, ma i dialoghi non sono più rivisitabili e dunque non si possono richiamare due volte. È vero che le finestre vanno avanti solamente tramite un nostro click, ma tante volte ci si può semplicemente dimenticare di un dettaglio, il nome di una persona o una destinazione, perciò vi converrà stare attenti a ogni parola che verrà detta anche se, nonostante i dialoghi siano molto divertenti, buona parte delle interazioni è praticamente inutile e non serviranno a ricostruire ciò che è successo la sera dell’accaduto o a costruire delle ipotesi su chi sia il colpevole della sparizione di Linda Patton. Il vero effetto di questa mancanza emerge ancor di più quando si salva e si ritorna a giocare dopo ore; il non poter richiamare determinati dialoghi alla riaccensione del computer è un male per i giocatori più smemorati e, a meno che non si guardi una guida online, finiremo per girare a vuoto per Middle City per parecchio tempo per trovare la conversazione da triggerare, per visitare una destinazione non ancora presa in esame, per consegnare un oggetto o, ancora più criptico, un oggetto combinato che ci permetterà di continuare la campagna. La logica in tal senso viene coinvolta ben poco ai fini della progressione nell’indagine: non si cercano indizi per scoprire i risvolti della scomparsa di Linda Patton ma si gioca per mandare avanti l’avventura. I NPC potrebbero anche parlarci di luoghi da visitare e/o persone da interrogare ma, fino a quando determinati obiettivi (di cui il gioco stesso ci tiene all’oscuro) non verranno soddisfatti, non potremo procedere verso certi luoghi.
Man mano andremo ricostruendo il quadro completo, Middle City si aprirà sempre di più, ma scoprire quali parti della città, dopo determinati dialoghi, risultano sbloccate è sempre abbastanza criptico: difficilmente sapremo quando e dove si troveranno i nuovi luoghi da visitare (sarebbe bastato segnalarlo con una schermata incidentale) e questo lede in termini di funzionalità il design.
L’inventario contiene le opzioni usa/dai e combina/unisci, ma capire quali sono gli oggetti da unire e quali da usare in certe circostanze è spesso molto difficile: forse questa è una caratteristica che solamente gli appassionati più infoiati delle avventure grafiche potranno apprezzare.

Floppy pieni di “sorprese”

La grafica di The Secret of Middle City è stata realizzata a mano per poi essere ritoccata in seguito nei computer Amiga; si nota un certo art style tipico delle avventure grafiche degli anni ’90, eppure alcuni elementi risultano fuori posto: cominciamo dalle cutscene, molte delle quali sono disegnate e colorate a matita; nulla in contrario a questa scelta stilistica, anzi, è uno stile molto audace in un ambiente in cui tutto è stilizzato e progettato millimetro per millimetro al computer. Si vede chiaramente la passione del disegnatore Stefano Buonocore, perno fondamentale dello sviluppo di questo gioco, per le vecchie avventure grafiche e per gli art stile tipici dei giochi per i vecchi computer europei; tuttavia alcuni NPC, nonostante gli ambienti siano ben lontani dallo stile delle cutscene, presentano spesso lo stesso stile a matita, ben lontano dal protagonista, facendoli spiccare in modo poco armonico rispetto al contesto, come fossero stati estrapolati da un altro gioco.
Il titolo verrà giocato in 3:4. Ai bordi troveremo le varie opzioni del gioco ma, anche se si tratta di un chiaro elemento nostalgico, rimanda a un’idea volontariamente cheap. L’inventario, per esempio, è richiamabile cliccando sulla sua icona ai bordi dello schermo, e per toglierlo bisognerà cliccare nuovamente sulla stessa; per rendere questo processo più veloce, e dunque tornare velocemente in azione, sarebbe stato molto meglio cliccare da qualche parte lontano dal box del menù anziché riportare il mouse sull’icona del menù oggetti.
Sembra voler intenzionalmente richiamare (in maniera nostalgica) alcuni di quei giochi presenti in Giochi per il mio Computer, a tratti anche quei terribili giochi per PC in regalo con le scatole di cereali Kellogs o con le merendine del Mulino Bianco; ci riesce anche, ma non è che stiamo finendo in un campo fin troppo nostalgico? È probabile inoltre che la programmazione avvenuta su Amiga impedisca al gioco una risoluzione ottimale: abbiamo ottenuto una versione del gioco standalone e non siamo riusciti a giocare a questo titolo in modalità full screen per via di un errore, costringendoci a giocarlo in modalità windowed. L’operazione è stata tentata su più di un PC, con lo stesso identico risultato. Non sappiamo dire se la stessa cosa avviene su Steam (dove il gioco è in vendita per 14,99€) o su Amiga OS 4.
I temi musicali del gioco richiamano a dovere l’epoca delle avventure grafiche anni ’90; i temi sono molto semplici ma riescono a restituire quelle le sensazioni di una passeggiata all’interno di questa piccola comunità di montagna. Non mancheranno chiaramente temi più “oscuri” quando andremo a visitare qualche luogo misterioso o intraprenderemo un dialogo particolarmente importante; in questi frangenti lo stile melodico richiama chiaramente quello tipico di Angelo Badalamenti, compositore dell’acclamatissima serie TV I Segreti di Twin Peaks (che, ovviamente, influenza tantissimo la trama di questo titolo), e bisogna dire che questi temi sono particolarmente belli, nonostante i toni demenziali della quale il gioco è intriso. Come abbiamo già detto, i dialoghi sono interamente testuali, ma ci sarebbe tanto piaciuto se questi fossero stati doppiati ed essere dunque di supporto al testo, come avvenuto lo scorso anno in Thimbleweed Park, punta e clicca di Ron Gilbert che compie la stessa “operazione nostalgia”.

Tirando le somme

Cosa pensiamo dunque di The Secret of Middle City? Dire, come abbiamo detto all’inizio, che sia allo stesso tempo bello e brutto non è un assurdità. Ci sono elementi, come la grafica, il sonoro o le battutine stupide di Cox, che rendono il gioco adorabile e un bel salto nel passato; tuttavia, ce ne sono altri, come l’astrusità dell’inventario, il non poter richiamare i dialoghi una seconda volta e il non poter capire quando e dove certi luoghi diventano accessibili, che ce lo fanno anche odiare. È chiaramente un titolo pensato principalmente per gli amanti delle avventure grafiche di una certa età (anche perché non mancano certi disegni e scene un po’ piccanti) e chiaramente non per tutti: è uno di quei giochi in cui si sarebbe potuto fare anche di più, ma si è puntato forse troppo sull’effetto nostalgia, prendendo del passato sia gli aspetti positivi che quelli negativi, riportandoli nel presente senza un’adeguata revisione, consegnando un’avventura grafica meno curata, con meno carattere e certamente non all’altezza di molti altri titoli odierni del genere. Il prezzo su Steam non risulta competitivo, e forse andrebbe rivisto verso il basso per stimolare l’acquisto a gamer curiosi che vogliano comunque godersi qualche ora di divertimento. Se vi mancano questo tipo di avventure grafiche, quel senso di “cheap” tipico di certi giochi per PC di fine anni ’90, e soprattutto se avete un AmigaOne X5000 (il modello corrente di Amiga), beh… allora questo gioco fa per voi!




La lore di Super Smash Bros.

Durante l’ultimo Nintendo Direct è stata rivelata una fantastica sorpresa, l’arrivo di un gioco i cui fan considerano quasi un evento, una tradizione che si ripete dal Nintendo 64 e che, come un grande evento cittadino, richiama un grosso numero di fan e giocatori al di fuori dell’utenza della grande N: stiamo parlando di Super Smash Bros., il rivoluzionario picchiaduro crossover che fa da arena ai protagonisti dei più famosi titoli Nintendo. A differenza del picchiaduro classico, i personaggi non hanno una barra dell’energia ma una percentuale che aumenterà a ogni colpo e che segnerà la possibilità di spedire un avversario “oltre i bordi dello schermo”, unico modo per vincere, oltre al far cadere i nemici nelle voragini; il suo stile è molto ammirato e il gameplay è stato più volte emulato in giochi come Playstation All-Stars Battle, Teenage Mutant Ninja Turtles: Smash Up e DreamMix TV World Fighters. La natura crossover del titolo spingerebbe a pensare che questo non abbia una lore, non una almeno, che coinvolgerebbe i singoli personaggi della storia; in realtà Super Smash Bros. ha un’identità nascosta, un tema che non è così evidente ma è presente sin dal primo gioco e che, specialmente verso gli ultimi titoli della saga, diventa sempre più cupa e tragica. Anche se la lore di questo gioco è celata e gli elementi della trama abbastanza difficili da identificare, preferiamo lanciare uno spoiler alert per quei giocatori che non hanno ancora giocato ai titoli precedenti, anche se in realtà questi non rovineranno la vostra prima esperienza con i vecchi Smash.

La spensierata gioventù

La saga, come già ribadito, comincia su Nintendo 64 con l’omonimo titolo che dà il nome alla saga. Gli elementi della trama sono già presenti sin dal filmato iniziale: vediamo Master Hand, il boss finale della classic mode di ogni capitolo, prendere dei giocattoli (dei pupazzetti di pelouche) da una scatola, sistemare libri, portapenne e una scatola di kleenex e “dare il via alle danze”. È teoria concordata che i combattimenti, così come anche gli scenari, siano frutto dell’immaginazione di Master Hand, il quale in Super Smash Bros. sarebbe un ragazzino fra i 12 e i 14 anni d’età. Analizziamo insieme la stanza dell’intro: vi è il poster di un’automobile sul muro e uno stereo, il che ne conferma il sesso maschile e che si interessa ad argomenti “da grandi”, dei libri e delle penne, che ci suggeriscono che va ancora a scuola, e una scatola di giocatoli accanto al suo letto che suggerisce la sua ancora tenera età. Giocare con i giocatoli immaginandosi scenari e storie fantastica è la più comune delle abitudini dei ragazzi di questa età; è un po’ la stessa cosa che avviene all’inizio di Toy Story 3 nella testa di Andy, il quale immagina uno scenario fantastico di cui Woody e compagni sono i protagonisti. Il gioco ha tuttavia un’atmosfera spensierata e la sola cosa che al giocatore interessa, e soprattutto a Master Hand, è spassarsela senza alcun pensiero per la testa.

I primi passi verso la maturità

Arriva il Gamecube e, dopo pochi mesi dalla sua uscita, arriva Super Smash Bros. Melee, da molti considerato il titolo più bello e competitivo della nota saga Nintendo. Proprio nel filmato iniziale, è possibile vedere un braccio di un ragazzo che nel frattempo è cresciuto e che, vista la sua più matura età, ha sostituito i suoi peluche con delle figurine collezionabili, più precisamente dei trofei (o al giorno d’oggi: Amiibo). Grazie all’opzione “stanza dei trofei” abbiamo la possibilità di dare un’occhiata alla sua vita: vediamo che il protagonista ha un mobile dove ha sistemato una TV, altri oggetti, diversi dal gaming, nonché diverse console Nintendo che, probabilmente, colleziona dalla sua tenera età; l’ordine nella sua stanza denota una certa maturità, ma la dozzinale disposizione dei trofei sul suo tavolino indica che ancora non è ancora pienamente adulto, con buona probabilità è un ragazzo fra i 18 e i 20 anni. In questo gioco, però, verrà introdotto Crazy Hand, un boss più o meno simile a Master Hand ma dalle caratteristiche ben diverse: se quest’ultimo è elegante, delicato ma anche brutale , questo nuovo personaggio è imprevedibile, incostante e tutto sommato un po’ pazzerello. In Master Hand, come già ribadito, si può evincere lo spirito creativo e la fantasia, mentre in Crazy Hand si può notare una certa voglia “di fare casino” che fa emergere quello spirito ludico nel protagonista, e che fa sì che giochi ancora con i suoi trofei disposti sul tavolino in maniera disordinata. Si nota anche un certo disappunto che nasce dal voler rimanere ragazzi mentre si è costretti a fare i conti con la società moderna e l’inevitabile processo di maturità. La descrizione del suo trofeo è abbastanza inquietante:

«mentre a Master Hand piace creare, il suo alter ego è impulsivo e distruttivo, consumato da quella sensazione di vuoto che ci prende quando vogliamo distruggere le nostre creazioni.».

Ma perché mai questo personaggio, che ama creare queste storie e giocare con questi personaggi, vorrebbe distruggere le sue creazioni allo stesso tempo?

L’accettazione

Finalmente, dopo diversi anni, arriva Super Smash Bros. Brawl su Wii, il titolo che introduce le sfere smash e i primi personaggi non-Nintendo, come Solid Snake e Sonic. La nuova modalità avventura è identificabile nella campagna “L’Emissario del Subspazio”, una storia partorita dalla mente di Kazushige Nojima, scrittore che ha sviluppato la trama per diversi episodi di Final Fantasy e Kingdom Hearts. La storia vede Bowser, Ganondorf e Wario collaborare con Master Hand per far sì che tutti i personaggi diventino dei trofei di pietra e non muovano più un muscolo per sempre; ma perché quest’ultimo, che in tutti questi anni si è divertito con questi personaggi Nintendo, vuole disfarsene? Scopriremo più in là che Master Hand non è in sé ed è controllato da un misterioso personaggio semplicemente chiamato Tabuu. Il nome di questo potente essere non è scelto a caso e, appunto, rimanda proprio al vocabolo usato anche in lingua italiana: un tabù è qualcosa di proibito o ristretto a una parte della società. In poche parole, rimanendo nel contesto di Super Smash Bros. Brawl, ai bambini è concesso di giocare con i giocattoli, agli adulti no, e Tabuu rappresenta proprio la società che vuole fare in modo che Master Hand smetta di giocarci. Alla fine, i personaggi Nintendo avranno la meglio su Tabuu e la sua sconfitta rappresenterà proprio l’accettazione di questa condizione. Il ragazzo che giocava nella sua stanza è finalmente cresciuto e la famosa immagine dei personaggi che guardano l’orizzonte luminoso rispecchia proprio il luminoso futuro; nonostante questo lo abbia portato verso dimensioni creative lontane, i ricordi delle battaglie immaginarie all’interno della sua stanza saranno sempre parte di lui e non dovrà mai vergognarsene o giustificarlo di fronte alla società.

L’eterna lotta interiore

L’Emissario del Subspazio sarebbe stato il perfetto finale della saga, ma una console Nintendo, a oggi, non è tale se non è presente un titolo di questa serie; ecco così che arriva Super Smash Bros. for Nintendo 3DS and Wii U, un titolo espanso più che mai. Qui la lore del gioco prende una piega ancora più negativa e oscura: una volta sconfitto Master Hand, viene sprigionato Master Core, un’entità inquieta e distruttiva come nessun’altra nella serie. Questa entità vive appunto dentro la mano creatrice e, a quanto pare, è sempre stata parte di lui: secondo alcune teorie, egli è presente in ogni gioco e persino visibile in Super Smash Bros. Melee come parte dello stage “Battlefield”. La battaglia contro di lui è la più feroce della saga, e questa entità è in grado di assumere diverse forme: una persona gigante, un mostro, una forma oscura del personaggio in uso, una fortezza, ma il finale ha molti aspetti interessanti: dopo una vera e propria carneficina, Master Core assume la sua vera forma, una sfera con dentro una sfera più piccola con il simbolo di Super Smash Bros., e da lì il combattimento non è più tale. La sfera rimane ferma al centro dello stage, passiva, in attesa che il personaggio in uso la scaraventi al di fuori dello schermo. Chi è davvero Master Hand e perché dopo una lotta all’ultimo sangue si arrende in questo modo? Se lui è il creatore di tali battaglie, allora non ci resta che associare questa figura a Masahiro Sakurai, creatore della saga picchiaduro, nonché del notissimo Kirby; la sua vita è praticamente riassumibile seguendo gli episodi di Smash.

Il lato oscuro del successo

Masahiro Sakurai nacque nel 1970, il che significa che ai tempi del Famicom aveva 13 anni, l’età del ragazzo del primo titolo della saga; Nintendo fu parte dell’infanzia di Sakurai. Da giovanissimo fu assunto alla HAL Laboratory dove a soli 19 anni concepì Kirby, una delle saghe platformer più amate di sempre, che vide il suo successo proprio nel Gameboy e soprattutto nel Famicom; il successo della saga, tuttavia, aveva un lato oscuro, ovvero il dover produrre sequel in continuazione. Questo comportò che il suo senso di frustrazione crebbe in maniera esponenziale, e in Super Smash Bros. Melee si presenta proprio Crazy Hand, la sua voglia di distruggere ciò che ha creato per via della troppa fatica da investire nei sequel; non a caso, dopo qualche anno dalla sua uscita, Sakurai lasciò la HAL per via dei troppi episodi richiesti sia per la saga di Kirby che per la nuova saga di picchiaduro crossover. Di quel periodo egli ricorda:

«era dura per me accettare il fatto che per ogni gioco che facevo la gente desse per scontato che avrei fatto un sequel. In un sequel, tanta gente deve ridare lo stesso il massimo per creare un gioco fantastico, ma il pubblico pensa che un sequel nasca secondo un processo naturale.»

Super Smash Bros. Brawl è la storia della sua accettazione: Sakurai crea giochi per vivere ma questi, agli occhi di molti, sono solamente dei “giocattoli”, specialmente in una società rigida come il Giappone. Tabuu rappresenta la pressione di dover crescere ma, alla fine, terminata la campagna “L’Emissario del Subspazio”, questa viene sconfitta; egli rigetta le aspettative della società e accetta il lato di sé che è cresciuto con Nintendo, che vuole dar vita alle cose che da piccolo lo rendevano felice, che ama giocare anche se questo significa non poter distogliere l’attenzione da questa saga e non potersi cimentare in nulla di nuovo, specialmente perché dietro a ogni Super Smash Bros. ci sono anni di sviluppo. Sakurai ha confessato a Game Informer che la programmazione di questi titoli è infinitamente stancante, e si chiede spesso se lui sia la persona adatta per mantenere tale impegno. Nonostante la costanza e la serietà che dedica alla saga, la sua creatura è diventata così grande da non poterla più controllare (come per esempio l’inclusione di personaggi molto lontani dal canone della saga, come Mega Man, Pac Man o Cloud solo per poter vendere di più, o il più chiaro fatto che i nuovi titoli debbano essere pronti in tempo senza potersi dedicare ad altro); Master Core, la rappresentazione dell’essenza del creatore stesso, esce rabbioso da Master Hand non solo rivendicando ciò che è suo, ma anche mettendo in guardia i fan sul futuro della saga stessa, ovvero abbandonare la direzione della sua creatura, esattamente come è successo per Kirby; tuttavia, nonostante ne rivendichi il possesso, egli rappresenta il suo senso di frustrazione nel non poter più abbandonare la serie nonostante la sua voglia di allontanarsi e dedicarsi ad altro, tanto è vero che alla fine dell’infuocata lotta, Master Core si abbandona a se stesso in attesa che il giocatore lo faccia fuori e faccia della serie quello che vuole. Ai colleghi di Game Infomer il noto game designer ha detto che ogni scadenza è per lui un cappio che si stringe sempre di più man mano che il tempo passa, e che vorrebbe dedicare un po’ più di tempo a se stesso ma, non solo non ci riesce, è anche incapace di immaginarsi un’altra persona che possa sostituirlo nel suo lavoro. Di certo Masahiro Sakurai non vuole rinunciare alla programmazione di ogni nuovo Super Smash Bros. ma è decisamente logorato dal fatto che a ogni gioco che produce i fan debbano chiedere automaticamente un sequel; pensate che egli aveva intenzione di chiudere la serie già ai tempi del Gamecube per potersi dedicare ad altro, ma la richiesta di un sequel è stata così alta da non poter essere ignorata e lo stesso Sakurai sa che il compito di continuare la saga spetta solo a lui, per senso di responsabilità e per amore verso la sua creatura; egli in fondo è Master Hand e sa benissimo che la saga senza di lui non potrebbe mai essere la stessa e perciò rimane anche se ciò significa versare sangue, sudore e lacrime, a sacrificio di altri progetti a cui si potrebbe dedicare.

I giocatori comandano

Il vero insegnamento di questa storia, alla fine della fiera, è che il compito di mettere il punto alla serie è in mano ai fan, e Masahiro Sakurai non può fare altro che del suo meglio per poter consegnare ai giocatori la migliore esperienza possibile. Fortunatamente Super Smash Bros. è una saga che (ancora) non ha visto alcun periodo buio; ogni uscita rappresenta per Nintendo una grossa opportunità per richiamare i fan e giocatori sempre nuovi ,e Sakurai non può che esserne fiero. Chissà se l’ex prodigio del game design nasconderà un nuovo messaggio nel nuovo Super Smash Bros. per Switch, se abbia accettato con più serenità il fatto che questa saga dovrà essere presente su ogni console Nintendo o se sarà ancora più logorato del capitolo scorso. Di una cosa siamo comunque certi: Masahiro Sakurai farà del suo meglio e, con la sua umiltà, consegnerà un altro titolo che cercherà di essere all’altezza – se non migliore – dei suoi predecessori.




Boo! Greedy Kid

Siete stanchi di tutte quelle grandi storie nei videogiochi degne di un colossal di Hollywood? Se persino un idraulico al salvataggio di una principessa è ancora troppo, allora Boo! Greedy Kid è il gioco che fa per voi! Titolo sviluppato da Flying Oak Games, Boo! Greedy Kid presenta un gameplay che mescola caratteristiche stealth, in stile Mark of the Ninja, e action/arcade, alla Elevator Action o Hotel Mario (non avremmo mai pensato di tirarlo fuori) per dire, il tutto consegnato anche con un bel level editor che apre il gioco a infinite possibilità. Boo! Greedy Kid è uno dei titoli più bizzarri a cui abbiamo mai giocato e il prezzo base di 4,99 € su Steam è sicuramente un bell’incentivo per aggiungere questa singolare opera alla propria libreria.

Nonno, sgancia la grana!

Il gioco sembra ambientato all’intero di una casa di riposo; un piccolo monellaccio si annoia (e come biasimarlo) e per passare il tempo è intenzionato a comprare per sé più lattine possibili della sua soda preferita. Il piccoletto è senza soldi, perciò li recupererà col solo metodo che conosce: far spaventare a morte i vecchietti urlando! Avete capito bene: l’obiettivo di questo gioco è racimolare i soldi spaventando i vecchietti per comprare la vostra soda preferita. Per quanto le premesse siano bizzarre, il gameplay ci si adatta benissimo; dovremmo andare alle spalle dei vecchietti e gridare fino a far perdere loro tutti i soldi, in tutto questo evitando infermieri, poliziotti, guardie con taser, forze speciali e Robot-cop (questo è il suo nome nel gioco e, sì, è esattamente ciò che state pensando). Il gioco ci offre tanti modi per risolvere i 99 stage di cui alcuni dei quali saranno composti da più schermate. I personaggi da spaventare, riconoscibili dal cuoricino sopra la loro testa, presentano caratteristiche diverse: mentre le anziane cadranno giù con un singolo “boo”, gli anziani e gli infermieri, a cui serve un secondo spavento, vi inseguiranno e potranno farvi perdere un punto vita se non li evitate con un’abile capriola o aspettando che raffreddino i loro bollenti animi dietro a un pezzo d’arredamento come una poltrona o una libreria. È consigliabile inoltre spaventare per primi gli infermieri in quanto, nel caso in cui trovino un anziano per terra, correranno in loro soccorso e li rianimeranno, vanificando dunque i nostri sforzi; l’unico modo per passare al livello successivo è ovviamente spaventare tutti gli anziani e raggiungere l’ascensore. Al termine dello stage, se avremmo raccolto tutti i soldi e saremmo arrivati all’ascensore nel minor tempo possibile, otterremo 3 stelle e se le otterremo in tutti i livelli della campagna principale avremmo accesso al miglior finale.

Abbiamo provato anche il level editor, avviabile con un’applicazione separata ma sempre accessibile tramite Steam: dopo esservi iscritti al suo Steam Workshop e aver dato un’occhiata al manuale al suo interno non sarà complesso creare i vostri livelli. I controlli nell’editor non sono molto intuitivi e all’inizio vi potrebbe sembrare tutto molto astruso ma, una volta familiarizzato con l’interfaccia, creare uno stage sarà molto semplice: create i corridoi, collegate le porte, posizionate i NPC, i mobili dove nascondervi, gli abbellimenti per le pareti, organizzate l’incursione delle squadre speciali e dei Robot-Cop… se avete giocato per molto tempo alla campagna principale (e avete un po’ di dimestichezza con titoli del tipo Super Mario Maker) creare uno stage sarà per voi un gioco da ragazzi: i tool dell’editor sono pochi e semplici e l’interfaccia è abbastanza user-friendly. Al momento, visto che il titolo non ha nemmeno un mese di vita, i livelli creati dagli utenti sono pochissimi ma sicuramente presto ci saranno molti livelli da giocare!

Meccaniche contro

L’azione in sé non è male, i controlli sono buoni (ricordiamo che è possibile utilizzare il microfono del vostro headset per triggerare il boo) e non ci sono grossi bug; a ogni modo, il titolo presenta alcune incongruenze a livello di gameplay. La componente stealth è portante in questo titolo, perciò è molto importante sapersi nascondere e aspettare il momento giusto per passare; dopo tutto, se ci buttiamo in un corridoio pieno di poliziotti e Robot-cop (che fra l’altro vi uccideranno con un colpo solo) rischieremo di perdere parte del denaro e dunque finire il livello senza le condizioni richieste per le 3 stelle. Tuttavia le stesse condizioni chiedono al giocatore di chiudere gli stage in tempi solitamente sotto il minuto e dunque, contando anche che ad alcuni serve un secondo boo, vi spingeranno a precipitarvi nei corridoi sperando di non incrociarvi con un poliziotto o un personaggio imbizzarrito. La componente time attack e quella stealth si annullano l’un l’altra e perciò, visto che le 3 stelle si possono ottenere solamente raccogliendo tutti soldi e finire il livello nel tempo limite, il gioco non presenta un gameplay equilibratissimo; non è possibile nemmeno fare due run per ottenere prima l’uno e poi l’altro risultato, bisogna chiudere lo stage con le condizioni richieste in un colpo solo. Avrebbero potuto basare il voto finale sullo stealth, sugli allarmi lanciati dai poliziotti, sulle rianimazioni degli infermieri, dunque su una nostra noncuranza… Insomma tante e tante possibilità che si sarebbero adattate meglio alla meccanica che più fa da pilastro a questo gioco. È possibile tuttavia ricominciare (e non “reinizializzare”) lo stage quante volte si vuole e perciò chi è desideroso di ottenere 3 stelle in tutti gli stage potrà cimentarsi nell’impresa fino a quando non otterrà il massimo risultato.
Un altro problema di Boo! Greedy Kid riguarda le intelligenze artificiali dei personaggi; una buona AI dovrebbe essere imprevedibile ma in questo titolo gli NPC si comportano in maniera incostante. Quando si spaventa un vecchietto o un infermiere ci si aspetta che questi, visto che si arrabbiano, ci vengano in contro per darcele di santa ragione; di conseguenza, aspettandoci una tale reazione, il nostro istinto sarà quello di superarli con una capriola e raggiungere un altro punto della stanza o una porta per andare da un’altra parte. Tuttavia alcuni di loro, anziché venirci incontro nella loro ira, andranno indietro e noi, fiondandoci in avanti con una capriola, finiremo per essere colpiti perdendo parte del denaro. È molto difficile in realtà capire cosa avvenga dopo un boo: andranno indietro? Andranno in avanti? Il gioco è molto inconsistente e ciò si sarebbe potuto risolvere tranquillamente aggiungendo due diverse reazioni: una per la paura, e dunque scappando nel verso contrario, e una per la rabbia. Inoltre gli NPC non si posizionano mai, all’avvio del livello, sempre nello stesso punto e il loro punto di partenza è sempre abbastanza approssimativo.

Uno stile abusato?

A dirla tutta, questo è uno di quei titoli che avrebbe potuto evitare la grafica vintage. Ovviamente non abbiamo nulla in contrario a una simile scelta stilistica (anzi, ci piace molto) però ci chiediamo comunque se fosse la scelta giusta per un gioco del genere; potrebbe anche essere, ma spesso oggi certi art-style paiono abusati e, secondo noi, questo è uno di quei casi. Ad ogni modo la grafica a 8-bit è molto curata: le animazioni sono molto fluide, ogni elemento dello stage è riconoscibile e la grafica, anche in questo stile, restituisce a pieno quello che è il mood umoristico di questo gioco. Forse avremmo visto meglio uno stile che rimandasse alle animazioni più caratteristiche degli anni ’90, come Ren & Stimpy, What a Cartoon! e Mucca e Pollo, però in fondo bisogna ammettere che quello presente nel  gioco funziona ugualmente.
La musica è una vera e propria monelleria chiptune: il tema è ben curato e si adatta a quello che è lo stile grafico. C’è solo un problema per ciò che riguarda il comparto audio: c’è soltanto una sola traccia che parte all’avvio del gioco e vi accompagnerà per tutti i 99 livelli della campagna principale, dall’inizio fino al finale del gioco… E non si ferma mai! Capiamo che il gameplay e gli ambienti rimangono uguali per tutto il gioco e, con buona probabilità, questo gioco è stato prodotto con un budget ristretto ma era così difficile comporre qualche altra traccia per il gioco? Dare un po’ di varietà nei temi è fondamentale e, se giocherete questo gioco con un headset (specialmente per sfruttare la caratteristica del microfono), vi assicuriamo che sentirete questo tema di continuo anche dopo aver smesso di giocare! Se siete in cerca di una bella colonna sonora non la troverete di certo in questo gioco.

Tutto qua?

In definitiva Boo! Greedy Kid non è un cattivo gioco, è ben programmato (nonostante qualche imperfezione), divertente e ha comunque un qualcosa di addicting; il vero problema del gioco risiede nella sua ripetitività. Per quanto bello, curato e longevo, il titolo offre veramente poco. Certo, il suo prezzo è molto basso e forse la grafica tenta proprio di rimandare a un gioco arcade in stile Pac Man o Lode Runner però il gameplay alla lunga risulta poco vario. I NPC, nonostante la varietà stilistica, hanno sempre le stesse caratteristiche, la difficoltà risiede solo nella disposizione di questi ultimi, a volte il titolo si fa un po’ confusionario, il sistema delle 3 stelle è sbilanciato… insomma, si sarebbe potuto fare molto di più. Il level editor aiuta a dare al gioco un po’ di varietà ma le uniche cose che cambieranno saranno i livelli, mai dunque una meccanica nuova o un puzzle solving diverso dal solito. Ci chiediamo se il PC sia la piattaforma ideale per un titolo simile; forse questo gioco sarebbe più adatto alla scena mobile dove potrebbe trovare un pubblico che potrebbe apprezzare di più le sue meccaniche ripetitive. Forse si andrebbe a perdere l’interazione col microfono, il level editor e si dovranno fare degli aggiustamenti per ciò che riguarda la visualizzazione dell’ambiente però, sinceramente, pensiamo che questo titolo sia più adatto a questo mercato.
Tuttavia il prezzo di 4,99 € è certamente congruo e siamo certi che Boo! Greedy Kid potrebbe essere uno di quei giochi da far provare ai vostri amici durante le cene e le serate noiose (pensate solo alle risate per le urla nel microfono).




Nintendo Direct 08.03.2018: riepilogo e opinioni a freddo

L’ultimo Direct di Nintendo a Gennaio, non contando l’annuncio di Nintendo Labo, è stato abbastanza agrodolce. Pochine le novità, Mario Tennis Aces era l’unico gioco nuovo da parte di Nintendo e per il resto abbiamo ricevuto solamente annunci riempitivi: DLC, date di uscita, re-release, remastered… Insomma, non si può dire di aver testimoniato a dei grandi annunci. Il Direct del 8 Marzo, al contrario, è stato veramente un successo e gli annunci si sono dimostrati all’altezza delle aspettative; la trasmissione live Nintendo ha decisamente messo i possessori di Switch e 3DS sulle spine e i giocatori non vedono l’ora di comprare alcuni di questi favolosi titoli. Diamo un’occhiata più da vicino agli annunci del Direct del 3 Marzo.

Warioware Gold

Un po’ come Mario Party: The Top 100, la saga di Warioware riceverà un titolo simile per 3DS; una collezione di 300 minigiochi che impiegheranno, al solito, l’uso del touchscreen, il microfono e altro. Un bellissimo annuncio visto che l’ultimo titolo della serie, Game & Wario, è uscito nel 2013; dal 3 Agosto 2018 in poi i giocatori potranno divertirsi con l’atipico personaggio Nintendo a scaccolare nasi, mangiare aglio e tuffarsi in altre imprese bizzarre!

Dillon’s Dead Heat Breakers

L’ultimo titolo della saga Dillon’s Rolling Western; questo gioco, che fonde meccaniche action e tower defense, vi darà la possibilità di fare squadra con i vostri Mii in forma animale. L’uscita del gioco è prevista per il 24 Maggio su 3DS ma i giocatori potranno provare la demo a partire da giorno 10 dello stesso mese.

Mario & Luigi: Bowser’s Inside Story + Bowser Jr.’s Journey

L’acclamato gioco per Nintendo DS, il terzo nella saga RPG Mario & Luigi sviluppata da AlphaDream, fa il suo ritorno su 3DS con una nuova grafica e nuove feature, come la possibilità di alternare il controllo fra Bowser e i fratelli e una nuova prospettiva della storia dagli occhi di Bowser Jr. Queste nuove caratteristiche faranno di questo gioco più di un semplice remake e, anche se la scelta è caduta su un titolo “vintage”, i nuovi giocatori che non hanno avuto modo di provare il titolo originale su DS non si sentiranno certamente estranei né alla storia e né alle meccaniche, che da sempre contraddistinguono questa spettacolare saga. Non abbiamo notizie esatte sul rilascio di questo titolo ma Nintendo prevede l’uscita per il 2019.

Detective Pikachu

Un titolo bizzarro… tanto quanto interessante! Chi l’avrebbe mai detto che avremmo visto Pikachu parlare in questo modo, bere caffè e prendere le vesti di un detective? L’uscita di questo titolo per 3DS è prevista per il 23 Marzo ma l’annuncio del Direct si è concentrato di più, oltre all’apertura dei preorder sul Nintendo eShop, sul nuovo Amiibo di Detective Pikachu che verrà lanciato il giorno dell’uscita e sarà alto ben 13 cm.

Luigi’s Mansion 3DS Remake

È stato uno dei titoli di lancio dell’ormai lontanissimo Nintendo Gamecube, una saga che negli anni è stata un po’ dimenticata; ma l’uscita di Luigi’s Mansion: Dark Moon per Nintendo 3DS nel 2013 (annunciato come l'”anno Luigi“) ha dato nuova vita alla serie che vede protagonista l’adorabile fratello del più famoso Mario. Nintendo oggi ci propone il classico che ha dato vita alla saga e che, stranamente, non ha visto alcuna re-release dal 2001 a oggi; questa nuova versione include una mappa attiva nello schermo inferiore della console e una nuova modalità Boss Rush. Non è stata annunciata una data ben precisa ma Nintendo dovrebbe riuscire a consegnare questo gioco entro il 2018.

Kirby Star Allies

Questo titolo verrà lanciato fra pochissimo su Nintendo Switch, esattamente giorno 16 Marzo; il Direct ha mostrato solamente l’interazione con alcuni personaggi storici della saga come King Dedede e Meta Knight. Altri personaggi verranno lanciati successivamente alla data d’uscita e i primi saranno Rick, Kine, Coo, Marx e Gooey. Nel frattempo vi ricordiamo che potete avere un assaggio di questo gioco grazie alla demo presente sul Nintendo eShop di Switch.

Okami HD

Uno di quei giochi che ha decisamente superato il confine fra videogioco e opera d’arte. L’acclamatissimo titolo Capcom è in arrivo su Nintendo Switch in HD; in questa nuova versione potrete usare il pennello celestiale, caratteristica principale di questo titolo, tramite touch screen in modalità portatile o con i Joycon in modalità dock. A quanto pare Okami HD verrà lanciato solamente in versione digitale sul Nintendo eShop per l’estate 2018.

Sushi Striker: The Way of Sushido

Da Indieszero arriva questo particolarissimo titolo puzzle per Nintendo Switch e 3DS. Lo scopo del gioco sarà mangiare più sushi possibile da piatti di uno stesso colore; una volta fatta una bella pila di piatti potremo lanciarla al nostro nemico e accumulare più punti possibili. Il gioco, da buon puzzle game che si rispetti, avrà una modalità multiplayer online e uscirà simultaneamente per entrambe le console per l’8 Giugno.

Octopath Traveler

L’attesissimo RPG targato SquareEnix, dalla grafica che mischia elementi 3D e 2D a la SNES, uscirà il 13 Luglio; il Direct ha introdotto i personaggi Tressa e Alfyn ed è stata annunciata la versione speciale del gioco che includerà una mappa, un libro animato e una replica di una moneta presente nel mondo di Octopath Traveler. Purtroppo la confezione speciale non includerà la colonna sonora ma sarà disponibile in un secondo momento in formato digitale.

Travis Strikes Again: No More Heroes

Travis Touchdown e la sua Beam Katana tornano su Nintendo Switch in una nuova fantastica avventura. L’esuberante protagonista della saga esplorerà i meandri di una potentissima console da gioco, la Death Drive Mark II, e affronterà giochi d’azione, di corsa, puzzle e molti altri; sarà possibile giocare anche in multiplayer locale affiancando Travis al suo amico Badman; questa bizzarra avventura sarà disponibile entro il 2018.

Dark Souls

Il rilascio di questo titolo invidiato dai possessori di Wii U sta per arrivare finalmente su Nintendo Switch. Prima del lancio verranno effettuati dei collaudi di rete e Dark Souls verrà rilasciato giorno 25 Maggio insieme all’Amiibo di Solaire of Astora, che vi permetterà di eseguire il gesto “praise the sun” a piacimento; una vera chicca anche per chi ha già giocato al primo capitolo di questa popolare saga altrove.

Captain Toad: Treasure Tracker

Un altro gioco proveniente dalla libreria del Wii U che arriverà su Switch e 3DS giorno 13 Giugno, un titolo molto particolare e dal successo semi-inaspettato; nato come bonus stage di Super Mario 3D World, Captain Toad: Treasure Tracker è un gioco che mischia elementi action ma soprattutto puzzle simili a Fez. Il gioco includerà nuovi stage tratti da Super Mario Odyssey, una modalità co-op per la versione Switch e dei controlli rivisitati per la versione 3DS.

Mario Tennis Aces

Già annunciato durante lo scorso Direct, qui ci vengono date un’infinità di notizie riguardante il prossimo gioco sportivo con protagonista l’idraulico più famoso al mondo. Il nuovo filmato di Mario Tennis Aces ci mostra un’infinità di personaggi diversissimi, modalità multiplayer locale da i 2 ai 4 giocatori (dando la possibilità di collegare fino a 4 Nintendo Switch), colpi tipici del tennis più un sacco di tiri speciali, come il colpo intenso che fa uso del giroscopio della console, danni alla racchetta, e la modalità online che si snoda in tornei dove sarà possibile ottenere costumi alternativi e personaggi sbloccabili. Come se non bastasse, i più fanatici del tennis potranno sfruttare i motion control dei Joycon per una sfida ancora più intensa e, in un certo senso, realistica. L’uscita ufficiale del gioco è prevista per giorno 22 Giugno ma presto Nintendo rivelerà delle nuove informazioni riguardanti un torneo online gratuito che avverrà poco prima del lancio.

Undertale

Toby Fox, sin dall’uscita del suo popolarissimo gioco, ha sempre mostrato interesse verso il mondo Nintendo ma finora, a detta sua, non ha potuto convertire il gioco per il Wii U in nessun modo; dopo il porting su Playstation 4, Undertale sta per arrivare su Nintendo Switch. I possessori della console della grande N avranno finalmente la possibilità di giocare a questo fantastico titolo nella casa che ha dato i natali alla saga di Mother/Earthbound, serie che ha profondamente ispirato il titolo di Toby Fox. Questo potrebbe anche dimostrare la facilità con la quale è possibile fare dei porting veloci da PS4 a Switch (anche se ovviamente parliamo di un gioco 2D che di certo non spinge la console allo stremo), come l’interno della macchina Nintendo sia diventato più accessibile verso gli indie developer ma soprattutto i cambiamenti di Nintendo dal Wii U allo Switch. Purtroppo non c’è ancora una data ben precisa ma Sans ci rassicura che il gioco arriverà… prima o poi.

Crash Bandicoot: N-Sane Trilogy

Questa non è la prima volta che vediamo un titolo di Crash Bandicoot su una console Nintendo ma la trilogia originale è da sempre rimasta esclusiva Sony. Tuttavia Crash Bandicoot: N-Sane Trilogy sta per arrivare su Switch e sembra che al porting non mancherà nulla dalla sua versione PS4; il gioco sembra eccellente sia in modalità dock che in portatile e potremo averlo dal 10 Luglio.

Little Nightmares: Complete Edition

Anche questo titolo indie, sviluppato da Tarsier Entertainment, sta per fare la sua comparsa su Nintendo Switch. Questa versione includerà tutti i DLC delle precedenti incarnazioni e, visto che il publisher è Namco Bandai, sarà possibile ottenere un costume alternativo scansionando l’Amiibo di Pac Man; dal 18 Maggio potremo mettere le mani su questo intrigante puzzle platformer che ci ricorda, in un certo senso, il popolarissimo Limbo.

South Park: The Fractured But Whole

L’ultimo titolo della saga RPG di South Park, ideata da Trey Parker e Matt Stone, sta per arrivare su Nintendo Switch. I DLC non saranno presenti nella versione base, che uscirà il 24 Aprile, ma potranno essere acquistati singolarmente o col season pass. Speriamo che Ubisoft possa rilasciare in futuro anche South Park: The Stick of Truth, gioco che non ha mai visto un rilascio su una console Nintendo.

Hyrule Warriors: Definitive Edition

È stato già annunciato che la versione Switch dello spin-off della saga di The Legend of Zelda, sviluppato dai creatori della saga di Dynasty Warriors, includerà tutti i DLC e le componenti delle versioni Wii U e 3DS; la sua presenza all’ultimo Direct è servita solamente ad annunciarne la data, stabilita per il 18 Maggio.

Arms

Sul fronte Arms nessuna novità se non l’annuncio di un Global Testpunch che partirà giorno 31 Marzo e durerà per tre giorni; se non avete ancora preso in considerazione l’acquisto di questo titolo questa è l’occasione buona per provare Arms nella sua interezza.

Splatoon 2

I fan di Splatoon 2, che ha di recente toccato le 2 milioni di unità in Giappone e 5 milioni in tutto il mondo, possono considersi i più fortunati di questo Direct. Il filmato si apre con l’annuncio delle finali dello Splatoon European Championship che avverrà giorno 31 Marzo al Polymanga in Svizzera; lo stesso giorno ci sarà un concerto delle idol del gioco, Alga e Nori, accompagnati da una vera band e il tutto, torneo incluso, sarà visualizzabile via streaming. A fine Aprile il gioco si aggiornerà alla versione 3.0 che porterà più di 100 nuovi capi d’abbigliamento, tre nuovi stage e il nuovo Rango X per le partite pro. Ma la più grande sorpresa del filmato è l’annuncio della Octo Expansion, una nuova campagna single player che ci farà vestire i panni di un octariano, Numero 8, ed espanderà la lore di Splatoon 2. Questo DLC sarà acquistabile separatamente e arriverà per l’estate 2018.

Super Smash Bros

Al termine della parte dedicata a Splatoon 2, Nintendo ci rivela un’ultima esplosiva sorpresa. Sembrerebbe un ulteriore annuncio riguardante il precendente gioco: due Inkling se le danno di santa ragione quando tutto l’ambiente si oscura e in lontananza si vede lo stemma di Super Smash Bros che si illumina glorioso nel buio; alla base dello stemma si possono notare i partecipanti classici della nota saga picchiaduro, dopo di ché, la vera sopresa del trailer, ovvero l’uscita prevista per il 2018. Speriamo solamente si tratti di un nuovo Super Smash Bros e non di un porting dell’ultimo titolo della serie per Wii U o 3DS (ma nulla sembra puntare verso quella direzione)… Purtroppo il trailer è solamente un teaser ma non vediamo l’ora di vedere ulteriori aggiornamenti su questo fantastico titolo Switch.




Come la fortuna viene implementata nei videogiochi

16 settembre 2007: uno youtuber giapponese, che rispondeva al nome di Computing Aestetic (oggi lo stesso canale si chiama Is mayonnaise an instrument?), caricò un video di 48 secondi dal titolo ULTRA MEGA SUPER LUCKY SHOT. Il video mostra il raggiungimento di un high score a Peggle, un gioco molto popolare vagamente ispirato al Pachinko in cui una palla viene sparata dall’alto e piano piano scende giù rimbalzando fra alcuni blocchi; più blocchi vengono colpiti più alto sarà il punteggio. Nonostante Peggle richieda al giocatore giusto qualche calcolo prima del lancio della palla, il gameplay vero e proprio è affidato al caso e il fatto che dei blocchi vengano colpiti o meno è solo questione di fortuna. La run di Computing Aestetic fu una delle più miracolose: la pallina, scendendo, non solo colpì gran parte dei blocchi ma richiamò anche una sezione bonus che gli permise di racimolare un punteggio da record. Incredulo, lo youtuber scrisse nella descrizione del video, che a oggi conta oltre le 200.000 visualizzazioni, «I couldn’t balieve this when it happened!!!!!!!!!» (Ndr).
Questo è solamente uno dei circa 20.000 video su YouTube che include i tag “Peggle” e “Lucky“, tutti video di giocatori così stupiti da voler condividere la loro fortuna col mondo. Tuttavia, i giocatori non sono così fortunati come il gioco spinge a credere. Jason Kapalka, uno degli sviluppatori del titolo, ci spiega come la fortuna, specialmente durante i primi livelli, venga manipolata giusto un po’ per evitare la frustrazione del giocatore nel breve periodo, e soprattutto perché possa imparare le regole del gioco divertendosi.

«L’apperente rimbalzo casuale della pallina in Peggle è spesso manipolato per dare ai giocatori un risultato migliore. […] Quando viene richiamato il “Lucky Bounce”, la palla tende a colpire di più blocchi possibili anziché cadere direttamente nelle zone morte. Questa fortuna extra è aggiunta nella prima dozzina di livelli affinché i giocatori si divertano imparando le regole del gioco. […] L’angolatura del rimbalzo viene modificato giusto di qualche grado, perché altrimenti la palla reagirebbe in maniera poco realistica; serve a incoraggiare i novizi e non a rendere il gioco “irreale” agli occhi dei giocatori più increduli».

La fortuna è in realtà manipolata da un game designer onnipotente: esso fa sì che un gioco regali al giocatore la giusta dose di vittoria al momento giusto. Anche Sid Meier, creatore dell’acclamata saga Civilization, ha capito che ridurre in una certa misura le avversità durante le battaglie riduce anche lo stress nei giocatori. Un test ha dimostrato che un giocatore che sapeva di avere il 33% di successo in battaglia, è riuscito a perdere per tre volte di fila, rendendolo alterato e incredulo (in Civilization puoi ripetere la stessa battaglia più volte, fino a quando non vinci, anche se ciò comporta dei costi a ogni sconfitta). A quel punto Sid Meier studiò più da vicino le distorsioni cognitive dei giocatori: se le probabilità di vittoria sono 1 su 3 è come se il gioco assicurasse che al terzo tentativo il giocatore vincerà la battaglia, dandogli dunque una falsa speranza. La fortuna di certo incentiva il gameplay ma se è troppa, diventa tutto surreale.

Dalla divinazione agli scacchi

In tempi antichi, la fortuna era il segno dell’intervento divino: i giochi erano un modo per mettere alla prova sia le abilità umane che l’esistenza divina. Platone ci ha raccontato che la fortuna era una componente fondamentale nei giochi dell’antico Egitto, luogo in cui fu creato, secondo la leggenda, il dado da gioco per mano della divinità Thot. Solitamente ricavato da ossa o zoccoli di animale, il dado veniva usato per i giochi da tavola o per una particolare divinazione mistica chiamata astragalomanzia; l’aiuto divino era così decisivo che molti dei dadi venivano portati nella tomba affinché il defunto potesse ricevere un ulteriore aiuto nell’aldilà.
Nel XI secolo, il re norvegese Olaf II Haraldsson si ritrovò in una disputa territoriale con il re svedese riguardo l’isola di Hising; non riuscendo a trovare un compromesso, il re della Norvegia si affidò ai dadi per risolvere la questione. Ottenendo per due volte il numero sei, il re Haraldsson disse che non c’era più motivo di continuare la disputa; convertitosi al cristianesimo, era certo che Dio l’avrebbe aiutato a ottenere sempre il 12. Olaf II, racconta ancora la leggenda, continuò a ottenere tale numero fino a quando, durante l’ultimo e decisivo lancio, uno dei dadi si spezzò mostrando sul tavolo due 6 e un 1; questo è uno dei motivi per cui il 13, in alcuni paesi, è spesso considerato un numero fortunato.
A ogni modo la fortuna, anche se non è più un segno divino, è ancora parte dei giochi moderni; così come un lancio dei dadi o la pesca di una carta probabilità a Monopoly può ribaltare le sorti della partita, lo sviluppatore indipendente Zach Gage ha introdotto l’elemento aleatorio nel gioco degli scacchi nel suo Really Bad Chess. Gage spiega che il gioco nella sua concezione originaria è molto bilanciato, e tutto risiede nelle abilità del giocatore; pertanto l’elemento della fortuna aiuta i giocatori meno capaci a capire le meccaniche e far sì che siano invogliati a giocare più a lungo. La sua app mobile del 2016 dà infatti al giocatore la possibilità si avere un set di cinque regine, sistemare le pedine in maniera asimmetrica e far sì che il giocatore più esperto giochi solo con un esercito di pedoni e un re. Zach Gage commenta:

«(queste aggiunte) danno ai giocatori più deboli almeno una chance contro i giocatori più esperti, rendendo la scacchiera più difficile da analizzare».

Dai giochi elettromeccanici ai videogiochi

Nei giochi elettromeccanici come le slot machine o i flipper, la fortuna è l’unico modo per “fregare” la macchina. Negli primi anni ’50 la Gottlieb, compagnia produttrice di giochi elettromeccanici e sviluppatori del classico arcade Q*bert, notò che le partite a flipper dei giocatori meno esperti duravano pochissimo; di lì a poco introdussero prima le alette per rispedire la palla in alto e poi il meccanismo “ball saver” che innalzava un muro fra queste. Il fatto che quest’ultimo entrasse o meno era questione di fortuna, un “mistero” celato nell’algoritmo del software.
Nei videogiochi la fortuna è in realtà ancora più evidente: vi siete mai chiesti come mai il portiere della vostra squadra preferita a FIFA riesce a parare la palla il più delle volte? Come mai quando siete fra le ultime posizioni in un racing game le auto avversarie sembrano rallentare? E ancora, anche se è cosa risaputa, come mai una volta una volta in testa a Mario Kart raccogliete solo banane, monete e qualche rarissimo guscio verde? Questo è perché “l’effetto fortuna” vi tiene concentrati e incentiva il vostro gameplay. Se veniste a conoscenza di questo fattore non giochereste con la stessa intensità; è giusto che tutto ciò rimanga un mistero poiché la fortuna è tale solamente quando è imprevedibile.

Nei tempi antichi gli artefici della fortuna venivano invocati tramite le preghiere; oggi è possibile trovarli su LinkedIn. Paul Sottosanti, uno dei principali game designer della Riot Games che ha lavorato a League of Legends, afferma che lo scoprire i meccanismi della fortuna nei videogiochi potrebbe distruggere ogni senso di gioia e realizzazione, dunque è importante che questi rimangano celati (più a lungo possibile) nel codice del gioco. Nei videogiochi si innesta spesso quello che Sottisanti chiama “Pity Timer“: il giocatore potrà ottenere una determinata ricompensa, per esempio, dopo 10 ore di gioco e ciò rende quest’ultima un risultato ancora più apprezzabile. In Castlevania Harmony of Despair, un “metroidvania” multiplayer con elementi RPG, ogni personaggio, al termine della battaglia col boss, riceveva un oggetto; su internet giravano mappe e FAQ che spiegavano dove e al termine di quale battaglia si potevano ottenere. Ma per quanto si “boostasse” il livello di fortuna, nelle statistiche del personaggio gli oggetti rari apparivano solamente al termine di un countdown nascosto; una volta scaduto il conteggio sarebbe entrata in aiuto quella determinata caratteristica del personaggio e la fortuna avrebbe davvero influenzato l’occorrere di un oggetto raro.

 

La fortuna per gli sviluppatori

Se in alcuni titoli la fortuna dà un senso di equilibrio nella difficoltà, ci sono altri giochi in cui questo fattore aleatorio genera profitto. L’arrivo degli smartphone e dei diversissimi titoli gratis sugli store hanno segnato anche l’inizio dell’era delle microtransazioni e delle lootbox; il “pity timer” all’interno di questi giochi è spesso sviluppato in maniera molto intelligente. In Hearthstone, spiega sempre Paul Sottosanti, è possibile ottenere una carta rara ogni 40 pacchetti circa; tuttavia, le stesse carte, sono acquistabili sullo store del gioco.
Il principio delle microtransazioni e lo spingersi oltre la “normale routine” è in sé un concetto non nuovissimo. Il dottor Burrhus Skinner, negli anni ’50, ha dimostrato come un essere senziente possa essere condizionato da una macchina; per farlo, si munì di degli animali, come topi o piccioni, e di una sua particolare invenzione, ovvero la Skinner Box. In pratica ha mostrato come questi animali, ricevendo una ricompensa ogni volta che un tasto fosse premuto, si stancassero o fossero subito sazi; tuttavia il dottore, programmando la ricompensa in maniera casuale, mostrò come l’animale fosse più incline a premere il tasto, tenendolo concentrato sull’azione sino a risultarne quasi dipendente. Questa dipendenza non era dovuta tanto alla ricompensa, ma al tasto. Il rilascio della dopamina nel cervello, che (mantenendoci in un linguaggio alla portata di tutti) manda i neurotrasmettitori in tilt, è dovuto all’attesa della ricompensa, e non all’ottenimento della stessa. Lo stesso principio, in realtà, accade con questo tipo di giochi: vi siete mai accorti, per esempio, delle lunghe animazioni prima di aprire unalootbox su Overwatch? Il cervello rilascia dopamina durante le animazioni e anche se otteniamo la solita ricompensa per l’ennesima volta il principio rimane. Nei videogiochi però si aggiunge il fatto che, per evitare la solita ricompensa dopo ripetute run, si è invece spinti a ottenere una ricompensa diversa, prima dello scadere del pity timer, pagando una somma di denaro. In questo caso, si potrebbe innescare il meccanismo “Sunk Cost Fallacy“: in poche parole, più soldi si investono in un gioco, in attesa della ricompensa desiderata, più sarà difficile abbandonarlo nonostante gli output poco soddisfacenti e le aspettative che calano. È la stessa cosa che avviene al casinò o persino in una relazione amorosa molto complicata: più è alto l’investimento e più è difficile smettere nonostante gli output siano semi nulli. Tuttavia non si può parlare di gioco d’azzardo in ciò che riguarda i videogiochi poiché, anche se si investissero 50 € per un set di lootbox, riceveremmo sempre qualcosa in cambio, a differenza del casinò dove si può invece uscire praticamente con le tasche vuote; il problema sta sempre e solo nell’aggirare quel maledetto algoritmo della fortuna.
È importantissimo dunque mantenere il controllo in quei giochi in cui la fortuna è il fulcro della dinamica. Lo psicologo Clark Edwards, direttore del centro della ricerca sul gioco d’azzardo dell’Università della British Colombia, spiega più in dettaglio certi meccanismi del nostro cervello e in quale zona finisca parte della dopamina:

«La parte interessata del cervello che regola la ricompensa e il movimento è lo Striato, dove ci sono diversi nuclei cerebrali. […] La stessa regione alimenta i vizi, che sono ovviamente collegati alle dipendenze».

Il futuro della fortuna

Nonostante l’ambiente videoludico sia cambiato drasticamente, ci sono molti game designer hanno tentato più volte di “eliminare la fortuna”. Larry DeMar, un noto designer di macchine flipper della Williams, ha tolto più volte il meccanismo “Ball Saver“, pensando da sempre che questo rovini la purezza del gioco.
Tuttavia, l’approccio purista non sempre convince il giocatore medio. Jason Kapala, lo sviluppatore di Peggle, dice che oggi i giocatori cercano tracce di manipolazione quando queste non ci sono. e ha persino pubblicato alcuni file per dimostrare che i risultati erano veramente casuali, ricordando:

«Quando lavoravo ai giochi online era quasi impossibile convincere i giocatori che i risultati non erano manipolati. Questi elaboravano teorie assurde su come i principianti ottenessero migliori risultati per far sì che continuassero a giocare e i veterani spinti a migliorare le loro abilità ottenute.».

Il gioco è un mezzo  di confronto per gli esseri umani ed è anche corretto pensare che questo rimanga puro e inalterato; tuttavia, delle perdite ripetute o semplici capricci ci portano a pensare che la fortuna funzioni seguendo uno schema logico. Ma, alla fine della fiera: a cosa serve la fortuna? La risposta è: a tutto. E a niente.
Il tutto si baserà sempre sulle nostre abilità ma, che sia un algoritmo o un segno divino, la fortuna ci accompagnerà sempre nella nostra esperienza da giocatori.




Nintendo Switch e l’esperienza Wii U

Il Wii U è stata una ottima console: non sono certamente venuti a mancare i titoli, una campagna di marketing mirata e una solida base d’utenza ma sappiamo che la precedente console  Nintendo non è andata come da Kyoto speravano. Quando se ne parla nei siti d’informazione, specialmente in paragone col Nintendo Switch, troviamo spesso le parole “fallimento”, “pasticcio” o “mediocre”: è chiaro che qualcosa è andato storto ma anche che qualcosa è cambiato radicalmente grazie all’esperienza Wii U.
Il criticatissimo gamepad della precedente console, evolutosi dalle precedenti console portatili Nintendo DS e 3DS, ha permesso esperienze uniche e mai sperimentate in nessun’altro sistema (se non nelle loro stesse portatili): basti pensare a The Legend of Zelda: The Wind Waker HD, Pikmin 3, Super Mario 3D World e lo strabiliante Super Mario Maker, gioco che ha veramente sfruttato a pieno le sue funzionalità. Persino alcuni 3rd party non sono rimasti estranei alle sue funzionalità e giochi come Batman: Arkham City o Lego City Undercover ne sono la dimostrazione.
Wii U è chiaramente l’anello di congiunzione fra il Wii, con i loro innovativi motion control, e Switch, la prima console ibrida. Dire che la precedente console Nintendo sia stata un fallimento è riduttivo. Proviamo quindi ad andare oltre i semplici numeri di mercato12:26:33.

Differenze sostanziali

Da poco Nintendo Switch ha compiuto un anno e i risultati sono senza precedenti. Per quanto strano possa sembrare, l’esordio di Wii U non fu così disastroso; il suo lancio, avvenuto nell’ormai lontano novembre 2012, non passò inosservato, tanto che nel Natale 2012, Nintendo esaurì le sue 400.000 scorte in Nord America. Sembrerebbe un buon risultato ma la richiesta della console più recente sul mercato era altissima e molti giocatori non riuscirono ad avere la console durante le feste; per questa ragione molti utenti, delusi anche dalla debole linea di lancio, finirono per vendere questa console molto presto su siti come eBay a prezzi da capogiro.
Nintendo, per il lancio di Switch, ha aumentato le scorte (visti anche i più che positivi pre-order) ma la richiesta si è rivelata comunque più alta del previsto. Ma, se la storia in tal senso sembra essersi ripetuta, come mai la console ibrida ha continuato a vendere come il pane? Wii U aveva alcuni limiti: presentò problemi con le connessioni Wi-Fi e HDMI, un aggiornamento “pericoloso” che se bloccato avrebbe brickato la console, un prezzo che non accennava a diminuire, né sul fronte “nuovo” né sul fronte “usato” (lì era persino più alto, in certi casi), e soprattutto tanta confusione su come funzionasse: i consumatori non capivano se si trovassero in mano una console casalinga o portatile e il collegamento con il gamepad era ridicolo; Nintendo, per il lancio di Switch, si assicurò infatti di mettere nei primi trailer un giocatore che usava la console in bagno “seduto sul trono”! La stampa, visti tutti questi problemi, non riuscì a dare al Wii U una bella immagine e le vendite non sono mai decollate.

Gioia e rivoluzione

L’interfaccia utente semplificata, la connettività online, la sua natura ibrida e la buonissima linea di titoli di lancio sono stati fattori vincenti per Nintendo Switch e la stampa e i reviewer su YouTube non hanno fatto altro che spingere i consumatori verso questo splendido hardware. Le sue vendite dopo il lancio non sono per niente calate e già a questo punto la nuova console Nintendo aveva già superato il precedente Wii U; anche se le caratteristiche online non erano (e forse sono a tutt’oggi) poco definite, non si può negare che i fattori positivi sono certamente superiori e la compagnia giapponese ha sempre trasmesso tanto entusiasmo nel promuovere la sua nuova fantastica console. È molto strano che Nintendo lanci il servizio online vero e proprio 18 mesi dopo  l’uscita della console ma, ad ogni modo questo non ha intaccato per nulla l’appeal che Switch ha sugli utenti (anche perché per ora il servizio è gratuito).
Il solo entusiasmo trasmesso con Switch è anche uno dei motivi per cui la console ha tanto successo e bisogna ammettere che lo stesso non è mai stato trasmesso per il Wii U.

Tante difficoltà

I giochi sul Wii U non sono mancati ma non c’è mai stata una vera killer app, soprattutto al lancio; ricordate forse grosse file per ottenere una copia di New Super Mario Bros U, ZombieU o il poco convincente Nintendo Land? Noi no! Successivamente ci sono stati altri grossi titoli come Super Smash Bros for Wii U, Pikmin 3, Star Fox Zero e Donkey Kong Country: Tropical Freeze ma nessuno di questi è stato in grado di risollevare le vendite di questa sfortunata console; gli unici giochi a far rimanere la console rilevante durante una console war spietata sono stati forse Mario Kart 8, ad oggi il titolo più venduto sulla piattaforma, Super Mario Maker e Splatoon, entrambi favoritissimi dalla critica.
Switch invece è stato lanciato con The Legend of Zelda: Breath of the Wild, una vera e propria definizione di killer app; ovviamente il titolo di Eiji Aonuma è uscito anche per Wii U ma, inutile a dirsi, gli occhi erano tutti puntati verso la versione per la nuova console Nintendo. Al di fuori di Breath of the Wild, i restanti titoli erano un po’ deboli ma la console è riuscita a vendere comunque ben 2.74 milioni di copie nel solo mese di marzo.
Se guardiamo ai primi 12 mesi di vita della scorsa console possiamo affermare che Nintendo ha imparato tanto dalla precedente esperienza. Quello che è successo a Wii U è un po’ quello che è successo con la Playstation 3 e allo stesso modo Nintendo, così come Sony, che ha saputo evidenziare le migliori caratteristiche di PS4, con Switch ha preso ciò che ha reso la sua precedente console buona e migliorato tutte quelle caratteristiche che la azzopparono.

Fallimento?

Nei primi 12 mesi, Wii U ha venduto solamente circa 3.91 milioni di console; nello stesso lasso di tempo Switch ha superato i 10 milioni di unità (quasi oltre il totale della vecchia console). Non possiamo andare contro proiezioni del genere, sul piano numerico, ma bisogna tener conto di vari  fattori nel valutare adeguatamente la precedente console Nintendo. Il timing è stato il motivo il motivo del successo di Switch e la caduta del Wii U: quest’ultima è stata lanciata circa un anno prima delle più potenti Xbox One e Playstation 4 e i giocatori erano poco propensiad acquistare una console di potenza inferiore; Switch invece è stato lanciato dopo circa 3 anni e mezzo dall’uscita delle concorrenti, in un periodo in cui i giocatori cercavano un qualcosa di fresco e innovativo.
Il nuovo anno per Nintendo prospetta per la sua console ibrida un futuro decisamente migliore della sua console precedente; nonostante la sua potenza, inferiore rispetto a PS4 e Xbox One, il futuro di Switch sembra luminoso e, anche se la nuova generazione sembra sia alle porte, la grande N ha un sacco di tempo per riuscire a farsi valere in un mercato spietato.




World to the West

Arriva su Nintendo Switch l’ultima impresa di Rain Games, la casa che ha prodotto il graziosissimo puzzle platformer Teslagrad (del quale trovate qui la nostra recensione); stiamo parlando di World to the West, un altrettanto curatissimo titolo, che serba una certa continuità narrativa con il titolo precedente, ponendosi però come titolo di avventura dagli elementi molto simili alla saga di The Legend of Zelda. Ci si allontana, dunque, dai puzzle di logica in favore di un gameplay più immediato, esplorativo e, tutto sommato, più approcciabile, anche se non esente da parti cervellotiche; tuttavia, il rimando a Zelda è comunque abbastanza vago in quanto, nonostante la grafica cartoonesca, la mappa divisa in quadranti e la visuale dall’alto, World to the West costringe il giocatore a un ritmo abbastanza diverso, con meccaniche “multi-personaggio” decisamente assente nella famosa saga Nintendo. Sebbene titoli come The Legend of Zelda: Four Sword, Four Sword Adventure e Tri Force Heroes abbiano dato alla saga di Link un’insolita veste multiplayer, World to the West dà al giocatore la possibilità di controllare ben quattro personaggi dalle abilità diverse, tutti in grado di compiere uno specifico compito per una specifica occasione; questa meccanica distanzia nettamente il titolo della Rain Games dalla nota saga Nintendo fra alti e bassi. Ma andiamo per gradi.

Lontano da casa

Il gioco comincia proprio a Teslagrad, dove prenderemo il controllo di Lumina, una teslamante che, spinta dalla curiosità, attiva per sbaglio un’antica macchina per il teletrasporto finendo per essere spedita anni avanti nel futuro. In questa strana terra, la macchina per il teletrasporto sembra sia inattiva da secoli, e ci sono ben poche speranze di ripararla; cominceremo dunque a muovere i nostri primi passi in questo nuovo mondo accorgendoci che la civiltà dei teslamanti è ormai perduta. Dopo essere caduta in un pozzo, la storia di Lumina verrà messa un attimo da parte per far spazio alle storie dei restanti protagonisti di questa storia. Conosceremo Knaus, un piccolo bambino orfano che si ritrova nel sottosuolo insieme ad altri bambini anch’essi orfani, che crede di trovarsi sulla Luna ma capisce di essere stato ingannato dopo aver trovato un alberello cresciuto grazie a uno spiraglio di luce proveniente dalla superficie; la storia punterà i riflettori in seguito su Miss Teri, un’esploratrice a caccia di tesori che verrà ingannata Lord Tychoon, un magnate senza scrupoli dell’alta società; infine conosceremo Lord Clonington, un fortissimo omone dalle nobili origini e, a detta sua, secondo solo a Lord Tychoon in quanto a ricchezza.
A questo punto, dopo che i quattro personaggi saranno tutti riuniti e capiranno di essere parte di un disegno ben più grande di loro, sarà da lì che partirà la vera e propria avventura; in pratica, dopo i primi capitoli che ci serviranno per imparare a conoscere i comandi dei personaggi semi-individualmente, avremo modo di comandare tutti e quattro a turni alterni. Per switchare da uno all’altro basterà raggiungere uno dei tanti totem, scolpiti in precedenza da un’anziana sciamana, sparsi in giro per il mondo. Attivato un nuovo totem sarà possibile cambiare personaggio o teletrasportarsi uno di quelli attivati in precedenza; questi checkpoint, che fra l’altro rappresentano anche i punti di salvataggio, dovranno essere attivati individualmente per ogni personaggio perciò, qualora sarà necessario che tutti si rechino nello stesso punto, il gruppo dovrà muoversi poco per volta, ripetendo la stessa strada per quattro volte, per far sì che tutti percorrano la stessa strada e attivino i totem necessari di conseguenza.
Gli amanti dei metroidvania, genere in cui il backtracking è una meccanica fondamentale, potrebbero decisamente trovare pane per i loro denti in World to the West; meno interessante però potrebbe esserlo per i giocatori un po’ più casual o, addirittura, per gli amanti della saga di The Legend of Zelda, più in particolare quelli che parallelamente potrebbero non trovare di loro gradimento titoli come Metroid, Castlevania, Shantae, Guacamelee o Axiom Verge.
Il movimento in gruppo non è implementato perfettamente o, per lo meno, come ci si aspetterebbe da un gioco che pone delle premesse simili; per quanto sia divertente scambiare i personaggi e percorrere strade diverse con ognuno di loro, non si crea alcuna complicità: ci si aspetterebbe che tutti e quattro collaborino fra loro, per aprire un cancello o per spostare un masso grazie alle abilità peculiari di ognuno, ma purtroppo in World to the West questa componente è sfruttata molto poco. Sono pochissime le volte in cui qualcuno dovrà mettere compiere azioni di cui gli altri personaggi possano beneficiare, ed è un vero peccato. Vengono sfruttati soltanto degli elementi ambientali adatti a pochi di loro, i cunicoli per Knaus o i campi energetici di Lumina (gli stessi visti in Teslagrad), senza dunque aiutarsi a vicenda. In pratica, ognuno va per la propria strada!

Lascia fare a me

I quattro personaggi hanno abilità diverse fra loro e ognuno può interagire con l’ambiente tramite i 3 comandi base, più o meno comuni a tutti: attacco, corsa e spostamento. Nonostante questo equilibrio nei controlli, i quattro personaggi soffrono di una certa disparità: è normale che in un gioco che pone delle premesse simili qualcuno debba compensare le mancanze di un altro, ma in World to the West le abilità sono distribuite in maniera abbastanza disomogenea. Lord Clonington e Lumina, ad esempio, sono i personaggi più piacevoli da usare in quanto sono in possesso di due o più attacchi, possono muoversi velocemente e possono risolvere con molta facilità molte delle difficoltà ambientali che gli si pongono davanti, come fossati o pareti da superare. L’abilità principale di Miss Teri, che ha comunque la corsa migliore dei personaggi, è il controllo mentale e, per quanto figo possa sembrare, questa caratteristica sarà poco utile senza che ci sia un nemico di cui possa prenderne il controllo; la sua sola sciarpa, che permette il controllo mentale stesso ma può essere usata anche come un rampino in certi punti, si rivela inefficiente dinanzi a un nemico impossibile da controllare come, ad esempio, un guardiano ancestrale; e questo è niente in confronto alle difficoltà di Knaus, la cui corsa funziona principalmente con i suoi pattini di ghiaccio, strumento che non funziona a dovere in assenza di acqua. Knaus può raggiungere i punti più alti solamente in presenza dei suoi specifici cunicoli ma soprattutto, e questo è il difetto più grave, non dispone di un vero sistema d’offesa; la sua pala, con la quale può scavare una buca per poi muoversi sottoterra (esattamente come faceva Bugs Bunny), può solamente stordire i nemici senza ucciderli effettivamente. L’unica cosa che può placare le orde nemiche è la sua sola dinamite che di per sé è molto potente ma, ovviamente, bisogna aspettare l’esplosione mentre il nemico, giustamente, si allontana.

Alti e bassi

Tutto sommato, anche se la disomogeneità di caratteristiche e la mancata cooperazione fra i personaggi minano la nostra esperienza videoludica, non sono elementi così gravi da creare al giocatore difficoltà nella godibilità del titolo; insomma, le abilità sono molto belle e la meccanica di gioco è di per sé validissima e stimolante. World to the West non è assolutamente un gioco frustrante, la difficoltà generale del gioco è ben equilibrata e il titolo risulta molto piacevole; ha una buona longevità, l’avventura continua anche dopo la quest principale alla volta delle batterie che serviranno ad alimentare una speciale zona nel sottosuolo che custodisce la verità sulla civiltà teslamante.
Stavolta, a differenza di Teslagrad, lo storytelling è molto più semplice e si affida ai dialoghi e ai testi come un qualsiasi altro gioco di questo genere. La grafica, dai toni molto accesi e cartoonesca, dà al titolo un bel caratterino frizzante e si adatta bene sia ai tratti umoristici dei dialoghi che alle fasi più cupe della storia; gli ambienti, anche se un po’ vuoti, sono ben caratterizzati, e perdersi è abbastanza difficile anche se alcune volte, nell’intento di proseguire la storia, si finisce per girare a vuoto per molto tempo. La mappa mostra sia tutto l’overworld che il mondo sotterraneo, al quale sono collegati anche i dungeon; tuttavia, anche se è possibile guardare le mappe più o meno contemporaneamente, la scarsa risoluzione non permette di capire dove siano i punti d’accesso per il sottosuolo o e quelli d’uscita per la superfice.
La colonna sonora di World to the West è nettamente superiore a quella di Teslagrad: i brani composti da Jørn Lavoll e Linn Kathrin Taklo toccano diverse sfere emotive grazie a tracce che spaziano dalla musica gitana e world music, alla classica sino a pezzi in stile ambient acustico e sperimentali. Anche il comparto degli effetti sonori è buono anche se è molto strano che Lumina, Knaus e Teri condividano quasi lo stesso mormorio quando saltano da una rupe.
Sfortunatamente,ì, però, come per il precedente titolo di Rain Games, World to the West non è esente da bug e alcuni di loro possono mandare in tilt il sistema di gioco e addirittura richiamare l’errore di sistema facendovi chiudere forzatamente l’applicazione; al di là di qualche piccolo bug fisico, molti degli errori di sistema sembra siano collegati al richiamo di alcuni menù e alla abilità di controllo mentale di Miss Teri. Durante il controllo mentale è impossibile per Miss Teri aprire i forzieri, né può farlo il nemico controllato, perciò sarà necessario abbandonare l’ipnosi, aprire la cesta e riprendere il controllo del nemico; a quanto pare il ripetuto collegamento-scollegamento mentale (con la probabile aggiunta di un’azione) fa crashare il gioco, costringendo a chiudere forzatamente l’applicazione e, dunque, riaprire il titolo dal menù.
Un altro terribile errore si potrebbe presentare alla fine della vostra avventura, un bug che potrebbe bloccare il vostro intero salvataggio compromettendo dunque ore e ore di gioco, perciò prendete queste parole come un vero e proprio avviso. Per scrivere questa recensione abbiamo controllato i comandi dei personaggi: l’abbiamo fatto durante lo scontro con il boss finale e, durante il filmato di chiusura, presi gli spunti necessari, siamo tornati al menù principale tramite il menù di pausa. Dovendo riaccendere la console, ci siamo accorti che il gioco cominciava dal filmato finale e, a metà di quest’ultimo, lo schermo si oscurava totalmente mentre la musica di sottofondo continuava senza che vi fosse seguito all’immagine nera: abbiamo così capito di aver compromesso il nostro file di salvataggio! Perciò, quando arriverete alla fine della vostra avventura, lasciate che il filmato finale proceda tranquillamente fino alla fine per evitare che il vostro file di salvataggio diventi praticamente inutilizzabile. Altri errori di sistema si sono presentati con l’apertura e la chiusura ripetuta di alcune finestre di dialogo e menù (specialmente quello degli animaletti di Miss Teri) e con il controllo mentale di un nemico in prossimità di un totem. Tutti questi bug non sono certamente segno di un gioco ben programmato e Rain Games dovrebbe prenderne nota.

Sulla strada giusta, malgrado tutto

Ad ogni modo, dopo un interessante ma acerbo Teslagrad, Rain Games ci consegna un gioco più definito, con più carattere, più accessibile e, tutto sommato, più divertente; è bene dire che questa volta lo studio norvegese ha fatto centro anche se con diverse penalità. La vera sfortuna di questo gioco è solamente quella di non presentare una buona relazione meccanica-ambiente, con un puzzle solving scialbo, talvolta inesistente; tutto questo, unito alla disparità dei personaggi, alla non chiarissima mappa e al backtracking ripetitivo (nonché tempi di caricamento invadenti nel passaggio da un quadrante all’altro), non fa di World to the West uno di quei indie game che sconvolgono lo scenario videoludico, ed è un vero peccato perché ci sono tanti ottimi spunti. Viene da pensare: come mai Rain Games, in un gioco in cui ci sono quattro personaggi che collaborano fra di loro, non abbia inserito nessuna componente multiplayer? Avrebbero potuto realizzare una modalità multigiocatore dividendo i quattro personaggi fra due o quattro giocatori… e invece niente!
Avere quattro personaggi, tutti con abilità diverse, è certamente il punto di forza di questo titolo ma i diversi difetti nell’esecuzione non regalano al giocatore un’esperienza memorabile. L’arrivo su Nintendo Switch, casa dei milioni di fan di The Legend of Zelda, è certamente un vantaggio per World to the West in quanto probabilmente ¾ degli utenti potrebbe prendere in esame l’acquisto di un simile titolo, il cui prezzo è comunque abbastanza accessibile; tuttavia, proprio il trovarsi nella casa della popolarissima saga Nintendo potrebbe rivelarsi un boomerang, in quanto un gioco come questo, che presenta persino parecchi difetti, potrebbe passare inosservato e venire praticamente eclissato dal più popolare Breath of the Wild.
World to the West, come Teslagrad, è certamente un esperienza per i più curiosi, per i giocatori alla ricerca di uno stravolgimento della formula classica. È un titolo un po’ migliore del suo predecessore e, se non fosse per i succitati bug (nulla che una buona patch non possa fixare) potrebbe meritare anche un 7.5 ma, allo stato dell’arte, non ce la sentiamo. Ad ogni modo, il titolo rimane molto valido e godibile e, se siete in grado di accettare la curiosissima meccanica multi-protagonista e i diversi bug presenti nel gioco allora procedete pure all’acquisto di questo titolo.




Oppaidius Summer Trouble!

Dalle abili mani di Vittorio Giorgi, fumettista italiano, arriva Oppaidius Summer Trouble!, visual novel tutta italiana. Genere videoludico che trova natali in Giappone, in anni recenti ha preso piede anche in Occidente grazie a saghe come quella di Phoenix Wright o il successo di giochi come To The Moon. Il raggiungimento (esuperamento) della cifra necessaria per procedere allo sviluppo vero e proprio di Oppaidius dimostra l’affezione e la passione dei fan, specialmente quelli italiani, verso un genere messo spesso da parte, e che valorizza la narrativa videoludica. Oppaidius – spiega il creatore su Tuttotek –  fonde le due principali passioni del proprio autore, ovvero i fumetti e i videogiochi, e lo fa consegnandoci una storia piccante, dotata di un umorismo simpatico, bizzarro, che non scade mai nel volgare. L’uscita di Oppaidius è prevista per l’autunno 2018 ma intanto, nell’attesa, possiamo avere un assaggio di ciò che sarà l’intero gioco grazie alla demo gratuita presente su Steam.

È una calda estate in una città di mare (con buona probabilità italiana) e noi vestiremo i panni di una persona poco incline a uscire, che preferisce stare a casa a giocare ai videogiochi nonostante l’afa estiva. La quotidianità viene interrotta quando la nuova vicina, Serafina, viene a bussare alla nostra porta per chiedere del latte, approfittando di fare un po’ di conoscenza nel vicinato. Diciamo che da quel momento in poi il nostro protagonista avrà un “determinato” pensiero fisso, anzi due, particolarmente grandi (!!!).
Dopo questo caldo incontro, una boccata di aria fresca a mare insieme all’amico Jimmy sembra essere quello che ci vuole per liberare la mente da “certi pensieri” ma la nostra Serafina si sta rilassando proprio da quelle parti. Vi lasciamo scoprire il seguito.
La demo è molto corta ma in fondo riesce benissimo a dare un idea di ciò che sarà il progetto finale: una visual novel dai dialoghi spiritosi e dai toni erotici e la contempo goffi e ironici. Le scelte di dialogo per la demo sono sicuramente pochine ma sulla pagina Kickstarter si promette una storia di ben oltre 11.000 parole e diverse diramazioni che sicuramente andranno a modificare il finale. L’abilità di Vittorio Giorgi si può già ben notare dalle splendide illustrazioni fatte a mano per una visual novel che si rivela molto promettente: riguardo lo stile grafico dei personaggi, l’influenza manga/anime è lampante, e molto in tono con il genere videoludico, ma in realtà ci sono probabilmente influenze diverse, anche proprie di stili fumettistici occidentalI. L’influenza giapponese c’è e non c’è, ma questo stile di disegno servirà sicuramente a Oppaidius per distinguersi all’interno di un genere videoludico particolarmente dominato dall’art style nipponico. Tutto è disegnato in toni caricaturali, nulla è da prendere con serietà e ovviamente la fantasia dell’artista è viva e arriva a pieno al giocatore.
Quanto il Sol Levante c’entri in questa storia è già annidato nel titolo: “oppai“, infatti, se in giapponese serve a indicare dei seni particolarmente grandi, è una parola usata spesso anche in contesti scherzosi e mai con volgarità, allontanando possibili timori di maschilismo o misoginia all’interno del titolo. E ancora ricordiamo anche che il progetto è una visual novel ecchi, fermandosi tutto dunque ad allusioni sessuali e ammiccamenti erotici non di rado utilizzati anche a scopi umoristici: non ci sarà alcuna scena di sesso esplicito (altrimenti saremmo di fronte a un hentai), ma varie scene di “vedo non vedo” e, tuttavia, un finale “hot” super-segreto. Il gioco andrà quindi accolto con la massima apertura, ed è già adesso una buona occasione per fatersi quattro risate con dialoghi pieni di doppi sensi, autoironia e momenti imbarazzanti.
Un vero e proprio tocco di classe, e chiaramente un tributo, sono i background, la cui grafica richiama quella del Nec PC-9801, popolarissimo computer giapponese noto proprio per aver ospitato diverse visual novel a sfondo erotico, e a tratti anche quella del PC Engine (cui il modello Duo-RX fa anche un’apparizione all’interno della stanza del personaggio).
Particolarissima la colonna sonora composta da Luca della Regina, compositore dello SHMUP italiano in corso di lavorazione Xydonia, e che si avvale principalmente del chip sonoro YM2151, utilizzato nei computer Sharp X68000 e in alcune schede arcade Konami e Sega; i temi sono su uno stile synthpop, a cavallo fra anni ’80 e ’90, perfetti per un’avventura retrò di questo genere, specialmente per la natura “da PC-98” del titolo. Interessante anche il brano Liberty che ricorda a tratti il singolo Boys di Sabrina Salerno… coincidenze? In fondo la cara cantante italiana era “particolarmente rotonda” e il video della canzone in questione particolarmente… Oppai! Infine, il progetto includerà ben 3 guest musician giapponesi di altissimo rango, ovvero Norihiko Hibino (Metal Gear, Zone of Enders, Bayonetta), che ha già rilasciato la preview di un suo pezzo sul canale Youtube di Vittorio Giorgi, Masashi Kageyama (Gimmick!, Sunsoft) e Tsuyoshi Kaneko (Segagaga, Yakuza, Thunder Force IV).

Oppaidius Summer Trouble! dimostra come la scena videoludica italiana sia tuttora in gran fermento e quanto i fan di tutto il mondo siano pronti a supportare game designer italiani come Vittorio Giorgi; gli amanti delle visual novel, i manga/anime ecchi e avventurosi riscopritori dei vecchi PC-98 e PC Engine ameranno sicuramente il progetto e potranno apprezzare di cuore tutta la passione che vi è stata trasfusa. Non possiamo fare altro che augurare il meglio a Vittorio Giorgi per il suo lavoro già pieno di potenziale e che ha coinvolto personalità molto influenti del mondo videoludico. Potrete seguire i risvolti di questo progetto dalla pagina Kickstarter ufficiale, dove è possibile ancora contribuire alla realizzazione, come è possibile scaricare la demo gratuita di questa bizzarra avventura su Steam, non dateci la colpa però se poi non riuscirete a dormire la notte pensando alle giga-boobs di Serafina!




A metà della guerra: come attrarre nuovi giocatori?

Siamo in un periodo in cui gran parte dei giocatori più assidui hanno già operato una scelta: chi ha optato per Playstation 4, chi per Xbox One e chi per Nintendo Switch, senza contare quei tanti giocatori che hanno saltato la console per l’acquisto di un PC. Le tre grandi case produttrici stanno facendo di tutto per amplificare le utenze delle loro rispettive stazioni di gioco, abbassando i prezzi e cercando di portare nuovi titoliche possano attrarre l’utente medio.
Microsoft non ha iniziato questa generazione col piede giusto e la strategia di marketing, nonché alcune scelte azzardate come l’obbligatorietà di Kinect, gli si è rivoltata contro; al volgere di una nuova generazione è fondamentale che l’utenza della precedente passi alla nuova. Switch si trova in una posizione diversa rispetto a PS4 e Xbox One, sia perché è l’ultima arrivata, sia per la sua natura ibrida; Nintendo Labo è il chiaro segno che la storica compagnia giapponese sta tentando di andare oltre gli storici utenti, la cui media oscilla fra i 25 e i 40 anni, e attirare a sé nuovo pubblico. Switch sarà certamente arrivata tardi ma sta riuscendo a ritagliarsi uno spazio nelle case degli giocatori che già possiedono PS4 o Xbox One come seconda console.
Arrivati a questo punto nel mercato gli utenti sono diversissimi gli utenti, tutti con bisogni e storie diverse: quelli che hanno acquistato una console al lancio e sono in cerca di una seconda console, bambini che finora si sono arrangiati con le console della generazione precedente, casual gamer che vogliono comunque trovare un modo comodo e moderno per poter giocare a Call of Duty, FIFA o Madden di tanto in tanto… Esistono poi diversi modi per appellarsi a queste fasce di pubblico e per farlo bisogna prendere in considerazione dei punti fondamentali.

Fascia di prezzo

I soldi non fanno la felicità ma averli è necessario per considerare l’acquisto di una console! Per questo un buon prezzo è una delle chiavi per attirare nuovi utenti all’acquisto di un nuovo dispositivo. Per quanto PS4 Pro e Xbox One X sono i combattenti di un match senza esclusione di colpi, le vere protagoniste sono le console slim e ridisegnate, solitamente in bundle con qualche gioco particolare, che aprono la porta ai giocatori più squattrinati. Nintendo si trova in una posizione diversa in quanto, essendo la console più recente sul mercato, sta tentando di mantenere il prezzo di lancio il più a lungo possibile, dando agli utenti un nuovo modo di giocare; si sa, Nintendo è da sempre un brand che riesce ad attirare a sé hardcore gamer e famiglie e, Switch ci sta decisamente riuscendo.

Software per un pubblico più ampio

Siamo stati tutti testimoni del fatto che Nintendo Wii e i popolarissimi Wii Sport, Wii Fit, Wii Music e molti altri abbiano avvicinato giocatori mai presi in considerazione. Sony, che in passato era riuscita nell’impresa grazie a titoli come Buzz e EyeToy, a oggi sta faticando a ritagliarsi una fetta in questo mercato e ci sta provando tramite l’iniziativa PlayLink; anche se questi titoli si rivolgono potenzialmente a qualsiasi persona con uno smartphone, è improbabile che Sony indirizzi questa fascia di mercato verso l’acquisto di una console per piccoli titoli digitali, che dunque non godono di una buona visibilità. Certo, sono dei titoli molto divertenti ma probabilmente questi titoli non hanno certamente lo stesso appeal di titoli come Singstar.
Tuttavia, è da notare che Sony è la compagnia con la più ampia fascia di pubblico e dunque è quella che più si sta mettendo in gioco per soddisfare i giocatori più svariati: hanno potuto sviluppare titoli esclusivi sia per i giocatori più casual, come il remake di Ratchet & Clank, la serie dei titoli PlayLink, i svariati titoli VR, i giochi di baseball MLB,, sia per gamer più indirizzati verso generi specifici con titoli come Gran Turismo Sport, God of War, Horizon: Zero Dawn e The Last Guardian. Di certo Sony conta di più su titoli come questi ultimi ma il fatto di non lasciare indietro i giocatori più casual, e il fatto che queste siano esclusive PS4, è certamente un loro punto a favore.

E Nintendo Labo?

Tanti sono stati quelli che hanno visto con scetticismo la nuova mossa Nintendo quanti quelli che ne sono rimasti affascinati. Molti genitori potrebbero vedere in Labo una vera e propria fregatura e potrebbero essere molto scoraggiati a comprare essenzialmente dei pezzi di cartone molto costosi. Tante volte si tende a vedere Nintendo come una compagnia di giocattoli, intenti a consegnare il “giocattolo dell’anno”, e il NES mini ne è la prova; Nintendo Labo sicuramente non sarà da meno e con quasi certezza vedremo presto, magari il prossimo Natale, le vetrine dei negozi colme di questi stravaganti giochi/accessori. Quello a cui punta Nintendo è far sentire la propria presenza sul mercato, essere dappertutto per poter attirare l’attenzione di giocatori e non e spingerli verso l’acquisto di Switch e Labo. Il vero problema però sarà convincere i genitori a comprare questa nuova stravaganza, specialmente in combinazione con Switch; se i prezzi rimarranno gli stessi allora sarà molto difficile che i bambini troveranno Nintendo Labo e Switch sotto l’albero di natale.