Octopath Traveler

Sin dal suo annuncio nel gennaio del 2017, Octopath Traveler ha riscontrato parecchio interesse tra i possessori dell’ibrida di casa Nintendo, molti dei quali (me compreso) nostalgici dell’era a 16 bit, che non potevano restare indifferenti a uno stile grafico richiama chiaramente giochi come Final Fantasy VI e in generale molti jrpg presenti sulla console Super Nintendo.
Da allora sono state pubblicate due versioni dimostrative, la prima permetteva di utilizzare soltanto 2 personaggi (Primrose e Olberic), mentre la seconda permetteva di giocare con tutti gli 8 personaggi, e permetteva di mantenere il salvataggio per poterlo utilizzare nella versione completa.

Possiamo scegliere un personaggio tra gli 8 disponibili, ognuno dei quali ha una storia personale; progredendo nell’avventura potremo incontrare gli altri protagonisti e scegliere se portarli insieme a noi oppure ignorarli. Nel primo caso sarà possibile anche ascoltare la loro storia e inserirli nel nostro party (è possibile utilizzare soltanto 4 personaggi alla volta).
Ogni storia è suddivisa in 4 parti, ognuna delle quali con un livello consigliato per affrontarla e un un boss finale (unico per ogni personaggio): ciò che differenzia maggiormente il gioco dagli altri jrpg è il tono più maturo di alcune delle storie, che affrontano anche temi difficili e scottanti quali la prostituzione, e sono raccontati molto bene, godendo di buona localizzazione in italiano, di cui sono presenti i sottotitoli.
Un limite narrativo è dato dalla mancata interazione dei personaggi tra loro: a parte qualche dialogo opzionale, ogni storia è vissuta allo stesso modo indipendentemente dagli elementi del nostro party, i quali servono soltanto ad aiutarci nelle battaglie e non influiscono minimamente nella trama.

Gli sviluppatori hanno voluto adottare uno stile grafico (chiamato da loro HD-2D) atto a evocare la nostalgia degli appassionati di jrpg a 16 bit degli anni ’90, usando però anche le tecnologie moderne; il gioco gira sull’ Unreal Engine 4, gli sprite sono rigorosamente in pixel art 2D, mentre il mondo di gioco è in 3D, pur mantenendo uno stile rigorosamente retrò: come se un gioco del Super NES acquistasse la terza dimensione ed effetti di luce e particellari moderni, insomma.
Di certo non si griderà al miracolo, non può certo reggere il paragone con i giochi AAA attuali, ma gli appassionati apprezzeranno sicuramente il lavoro di Acquire.
La colonna sonora a cura di Yasunori Nishiki è di ottima fattura e calza a pennello con ogni situazione di gioco, sia nei combattimenti che durante l’esplorazione della mappa o le visite nelle  città, anche il doppiaggio in inglese è ottimo, gli attori fanno il loro dovere nelle svariate situazioni, il gioco è sottotitolato in italiano per la gioia di chi non mastica l’inglese.

I produttori di Octopath Traveler hanno lavorato precedentemente a Bravely Default Bravely Second: End Layer e la somiglianza maggiore tra questi titoli sta nel combat system: se in Bravely  Default potevamo accumulare potenza mettendoci in difesa, per poi eseguire fino a 4 colpi consecutivi, in Octopath Traveler saremo in grado di colpire i punti deboli dei nemici (una volta trovati) fino a quando questi entreranno nello status “dominio”, nel quale rimarranno storditi per un turno, e noi potremo punirli accumulando potenza dei colpi fino a 4 volte e rilasciarla con un devastante attacco.
Gli scontri sono rigorosamente a turni, e offrono un livello di sfida sempre crescente, alcuni boss necessitano di una buona strategia per essere sconfitti, ma il tutto non risulta mai frustrante, e le sconfitte ci spronano a trovare nuove strategie e combinazioni di classi.
Ogni personaggio rappresenta una classe: Olberic è il guerriero, Ophilia è la guaritrice, Therion il ladro e via dicendo. Ognuno di loro ha delle abilità uniche, Olberic può sfidare altri NPC a duello per guadagnare esperienza, mentre Therion può rubare loro degli oggetti. Ogni personaggio può però scegliere una classe secondaria (trovando dei santuari che le sbloccano) tra cui anche 4 classi speciali (segrete). Le combinazioni sono davvero tantissime, considerando sia le abilità attive che quelle passive che ogni personaggio acquisisce con l’aumentare del proprio livello.
Gli scontri avvengono in maniera casuale mentre si esplora la mappa o i numerosi dungeon, esattamente come i vecchi jrpg dell’era a 16 bit, e potrebbe essere motivo di frustrazione per chi non digerisce questo tipo di meccanica.
Oltre alle storie principali dei protagonisti, possiamo affrontare tantissime missioni secondarie, alcune delle quali aggiungono degli importanti pezzi alla trama principale, ma trovarle è davvero difficile, e potrebbero passare inosservate ai poco attenti; inoltre il gioco non ci aiuta minimamente su come risolverne alcune davvero ostiche, il diario tiene traccia soltanto delle storie principali e non c’è modo di controllare le missioni che stiamo seguendo, e forse riguardo questo aspetto si poteva fare di più.
La longevità si attesta su ottimi livelli, per finire le storie principali ci vogliono circa 40 ore di gioco, mentre per completarlo al 100% ce ne vorranno almeno il doppio.

Octopath Traveler si rivela un titolo molto interessante, ma non per tutti, chi non digerisce la grafica in pixel art e i jrpg old school con combattimenti a turni e scontri casuali ne stia alla larga, ma per i nostalgici dell’era a 16 bit è un gioco da tenere altamente in considerazione. Anche se non perfetto, offre tantissimi contenuti che terranno impegnati per svariate ore. Se amate i giochi di ruolo giapponesi di altro tempo e siete possessori di Nintendo Switch, non lasciatevelo scappare.




Estate a Metro City

Ho conosciuto i videogiochi d’estate, da bambino,  a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, quei cabinati nelle sale giochi dopo una giornata di mare attiravano sempre la mia attenzione, rimanevo affascinato da quei colori, dai suoni, dagli sprite in movimento, e ben presto ne diventai un frequentatore assiduo.
Riuscivo a stare per ore attaccato a un cabinato senza mai annoiarmi: ricordo di essere riuscito persino a finire un gioco come Ghouls ‘n Ghosts con un solo gettone, e non è un’impresa facile. Molti conoscono il famoso titolo di Tokuro Fujiwara, platform a scorrimento orizzontale con forte componente action in cui si impersona un cavaliere di nome Arthur, impegnato nella sfida di salvare la principessa rapita da un potente demone. Come in ogni gioco a piattaforme che si rispetti, il nostro personaggio deve correre e saltare tra i vari livelli, bellissimi e cupi a vedersi, dal cimitero iniziale a una foresta di cristalli fino al castello del nemico. Quel che mi piaceva, ed era uno dei motivi per cui finivo per preferire una sessione a Ghouls ‘n Ghosts talvolta anche al mare, era la miriade di armi da lancio che di cui potevi disporre: si poteva possedere un’arma alla volta, ma ognuna aveva la propria peculiarità e magia personale. Si partiva con indosso un’armatura, quella normale che assorbe un colpo dai nemici, ma si poteva acquisire anche quella magica che oltre ad assorbire un colpo permetteva di utilizzare delle mosse speciali (differenti a seconda dell’arma che stiamo utilizzando). Persa l’armatura si moriva inesorabilmente al colpo successivo. Il tutto risultava di una difficoltà esagerata, niente a che vedere con la gran parte dei giochi odierni, se si aggiunge anche il fatto che bisogna portarlo a termine due volte prima di vedere la schermata finale,  completarlo era davvero un’impresa titanica.
L’estate era un ottimo momento per dedicarsi a una simile sfida, il tempo libero permetteva di vestire l’armatura e combattere i terribili demoni che hanno generato le bestemmie di migliaia di giocatori.
L’estate era anche un ottimo momento per menar botte, e infatti arrivò Final Fight: molti ricorderanno questo storico beat ‘em up a scorrimento orizzontale, caratterizzato da sprite enormi per l’epoca, e con una giocabilità di molto migliorata rispetto ai precursori: bellissimo Double Dragon, ma il passo in avanti era netto. A partire dalla scelta dei personaggi, e dalla loro ognuno contraddistinto da caratteristiche uniche: a cominciare da Mike Haggar, il sindaco e padre che tutti vorrebbero avere: primo cittadino della criminosa Metro City, si vede rapire la propria figlia Jessica dalla folle gang criminale Mad Gear e si lancia senza remore nel cammino per riprenderla. Lento rispetto agli altri personaggi, ma anche il più potente, poteva afferrare i nemici per poi usare mosse da wrestling che ricordavano quelle di Zangief (il russo di Street Fighter, anch’egli nella scuderia Capcom, deve molto al nerboruto combattente di Final Fight); ad accompagnarlo Cody, personaggio molto equilibrato nelle caratteristiche, capace di usare i coltelli come arma da mischia e lanciarli, e da Guy, meno potente degli altri ma caratterizzato da un’estrema velocità, capace di saltare sui muri e rimbalzare per poi eseguire un calcio volante; cos’altro poteva catalizzare le attenzioni di noi giovani gamer, che avremmo pure potuto giocare in co-op, menando legnate in due in giro per la città con mosse spettacolari ed effetti sonori esagerati? Il gioco era un’icona annunciata.
Se mi chiedete di ricordare le mie estati, l’uomo che sono ricorderà le serate con gli amici, le bevute e le risate, ma il gamer che già all’epoca coltivavo richiamerà alla mente questi due titoli, quelli che più hanno totalizzato la mia attenzione da ragazzino, fino all’arrivo di sua maestà Street Fighter II: non penso abbia bisogno di presentazioni, e ci metteremmo una stagione intera a parlarne.
Era veramente difficile schiodarmi da un cabinato, anche col caldo che faceva, per questo motivo a volte attiravo sguardi di ammirazione dagli altri bambini, altre volte li innervosivo, e capitava anche di essere partecipe anche di piccole zuffe tra ragazzini (succedeva anche questo, nelle sale giochi della mia città, anche l’arcade poteva regalarti momenti di vita vera).

Di estati da allora ne sono passate, la mia passione per i videogiochi non è mai diminuita: si è gradualmente spostata dall’ambiente delle sale giochi a quello casalingo, ero un fiero possessore di Sega Mega Drive con annesso Mega Cd (su cui ho potuto finalmente giocare a Ghouls ‘n Ghosts  e Final Fight comodamente seduto sulla mia poltrona), e d’estate adesso potevo organizzarmi con gli amici per giocare a Golden Axe, Mortal Kombat nel salotto di casa mia; certo, avevo anche amici possessori del Super NES, e lì si andava a giocare a Street Fighter 2 e Mario Kart: la console war era feroce, si faceva a gara se fosse meglio Sonic o Super Mario, ma alla fine vincevano sempre i videogame. Perché i videogiochi, quelli belli, non hanno tempo né un colore politico o calcistico, i videogiochi belli si giocherebbero in ogni stagione e, sia al caldo dell’estate o durante la pigrizia invernale, sono sempre un’occasione per ritrovarsi con gli amici, pronti ancora una volta menar le mani a Metro City o in una favela del Brasile, ovunque ci portino in vacanza i nostri amici virtuali.




Fortnite “cannibalizza” utenti da altri titoli

Il successo di Fortnite è stato accolto bene anche da compagnie come EA, Activision Blizzard e Take-Two, le quali ritengono che il gioco attiri nuovi giocatori sul mercato videoludico invece che rubare i loro (giocatori).
Ma secondo una ricerca di Superdata ci sarebbero di indizi di «materiale cannibalizzazione dei migliori franchise» e che quindi il titolo di Epic Games stia in realtà danneggiando il successo di giochi del calibro di  League of Legends, Counter-Strike: Global Offensive, e Overwatch.
Superdata ha anche notato che il pubblico di questi giochi generalmente guarda anche altri giocatori in streaming su Twitch, in termini di visualizzazioni possiamo osservare che nei mesi di aprile, maggio e giugno c’è stato un incremento del 59% per Fortnite, paragonato al -19% di  League of Legends, al -51% di CS:GO e al -16% di Overwatch.
Inoltre  la ricerca ha messo in risalto che le vendite di titoli digitali  su console hanno subito un duro colpo a causa di Fortnite.
Le vendite digitali totali per console, in questa ricerca definite come un combinato di titoli premium e free to play per Playstation e Xbox, sono salite al 49% nel giro di un anno, rispetto al secondo trimestre del 2017 ,afferma Superdata, e le vendite di questo trimestre sono salite dall’1 al 7% per lo stesso periodo rispetto allo scorso anno. Non considerando gli incassi generati da Fortnite sul controllo il quadro cambia di molto. Senza Fortnite le vendite totali digitali per console nel secondo trimestre 2018 calano del 6% rispetto allo scorso anno.

 




Bandai Namco ha tre nuovi marchi registrati in Europa

Bandai Namco ha appena registrato tre nuovi marchi della serie Taiko: Drum Master in Europa.
In particolare i giochi sono: Drum Master (29 giugno), Drum Session! (13 luglio) e Drum ‘n’ Fun!  (13 luglio).
Il primo marchio non ha bisogno di presentazioni, mentre il secondo dovrebbe riferirsi a Taiko Drum Master: Drum Session! uscito su PS4 nel 2017 sia in Giappone che in Asia con i sottotitoli in inglese. Il terzo marchio si riferisce probabilmente al prossimo titolo per nintendo Switch: Taiko Drum Master: Nintendo Switch Version! , che uscirà il Giappone il 19 luglio, e in Asia  con una patch per i sottotitoli in inglese il 9 agosto.




God of War

A metà tra un reboot e un sequel, l’ultima fatica di Santa Monica Studio approda su PS4, perdendo la numerazione e cambiando genere da hack’n slash ad action adventure con elementi ruolistici.
Cambia anche l’ambientazione: non si affronteranno più le divinità appartenenti alla  mitologia ellenica (anche perché sono morti praticamente tutti nei capitoli passati), ma le divinità norrene (tema già trattato nell’ottimo Hellblade: Senua’s Sacrifice)

In barba all’Olimpo

Dopo aver decimato gli dei dell’Olimpo ed essere scampato alla morte, Kratos appare molto più maturo rispetto ai titoli passati: è invecchiato nell’aspetto (anche grazie alla barba), si è ritirato nelle gelide lande della Scandinavia e ha avuto un figlio di nome Atreus dalla sua nuova compagna, la quale viene a mancare all’inizio del gioco. Padre e figlio dovranno attraversare una moltitudine di insidie per poter versare le ceneri della donna dal monte più alto dei nove regni e onorare la sua memoria.
Durante questo lungo viaggio, Kratos approfondirà il rapporto con il bambino, e gli insegnerà a combattere e sopravvivere contro gli innumerevoli avversari che affronterà insieme a lui.
La storia ha un tono decisamente più maturo rispetto al passato, e viene prevalentemente raccontata durante i dialoghi tra padre e figlio, il più delle volte quando si trovano in barca mentre navigano nel Lago dei Nove, una mappa aperta dove si possono raggiungere tante aree più piccole e lineari, il loro rapporto si consoliderà proseguendo nel gioco, e Atreus, oltre a imparare a combattere, cambierà carattere a seconda di ciò che gli accadrà intorno o di come verrà trattato dal padre.

Un lunghissimo piano sequenza

Sin dalla schermata del titolo, fino ai titoli di coda, il gioco verrà mostrato con la tecnica del piano sequenza, con una telecamera sempre in movimento e alcuno stacco nel cambio di prospettiva, che segue costantemente KratosAtreus con movimenti cinematografici e cambi di zoom, mantenendo una sostanziale linearità nell’inquadratura, anche grazie al fatto che nel gioco sono totalmente assenti le schermate di caricamento, sapientemente nascoste dalle cut-scene o da piccoli segmenti di gioco interattivi.
Alla tecnica registica si affianca un comparto tecnico che fa gridare al miracolo: tutto è rappresentato con una cura ai dettagli vista raramente, sia su console che su PC, i personaggi principali sono modellati in maniera impeccabile, e i paesaggi sono ricchissimi di particolari che ammalieranno il giocatore con piante rigogliose o distese innevate o ancora ambientazioni vulcaniche.
Se a tutto ciò aggiungiamo un gameplay frenetico e che raramente scende sotto ai 30 fps anche su una PS4 standard, possiamo dire a cuor leggero di trovarci di fronte al punto più alto toccato al momento sulla console di casa Sony.
Anche il comparto audio è d’eccezione, con una colonna sonora azzeccatissima che il vincitore di Emmy Award, Bear McCreary, ha composto per il gioco, la quale adesso si sposa a meraviglia con le ambientazioni nordiche e con i temi più maturi e a volte anche più emozionanti che il titolo di Santa Monica Studio ci offre.
Anche il doppiaggio in italiano questa volta non delude rispetto a quello originale in inglese, a parte forse la voce di Atreus che sembra molto più grande rispetto alla voce anglofona, i dialoghi sono recitati benissimo e gli attori si comportano bene sia nelle situazioni comiche che in quelle più cupe.

Un’ascia chiamata Leviatano

Un cambiamento fondamentale rispetto al passato è l’arma principale di Kratos,:il nostro ex dio della guerra sembra essersi liberato delle Lame del Caos, donategli da Ares (precedente dio della guerra) e causa di innumerevoli atrocità.
Adesso lo spartano impugna l’ascia chiamata Leviatano donatagli dalla moglie, grazie alla quale si gode di un rinnovato combat system che riflette benissimo il cambio di genere del gioco: i comandi sono simili a quelli di un souls-like, con il tasto dorsale destro dedicato all’attacco leggero, il grilletto destro all’attacco pesante, dorsale sinistro dedicato alla parata con lo scudo, con il grilletto sinistro si mira con l’ascia per poi lanciarla con un attacco leggero o pesante, adesso non è più possibile saltare, ma si può schivare premendo la x , dare ordini ad Atreus con il tasto quadrato, e interagire con leve o porte o casse con il tasto cerchio.
A questo si aggiunge anche il sistema di crescita del personaggio, con un albero delle abilità con cui è possibile imparare nuove mosse o abilità legate alle armi di Kratos e Atreus; inoltre adesso anche le armature aumentano le caratteristiche dei personaggi, alle quali si possono anche aggiungere delle gemme per potenziarle ancora di più. Le armature e i potenziamenti variano per rarità, vanno dal “comune” al “leggendario”, con i classici colori che contraddistinguono le categorie, ben noti ai giocatori di action rpg à la Diablo.
Al contrario degli episodi precedenti, il gioco parte molto lentamente per permetterci familiarizzare con il nuovo sistema di combattimento. I giocatori più esperti potrebbero anche annoiarsi un po’ ma, se si ha la pazienza di andare un po’ avanti, si apprezzera l’ottimo lavoro fatto dagli sviluppatori, con un parco mosse sempre in crescita che da un certo punto in poi esploderà e non avrà più nulla da invidiare ai capitoli in puro stile hack’n slash. La varietà di modi con cui affrontare i nemici lascia di stucco, è possibile ucciderli a distanza, stordirli con Atreus, colpirli a mani nude, congelarli con i poteri del Leviatano per poi frantumarli, e tanto altro ancora.
La storia principale ci terrà impegnati per almeno una ventina di ore mentre, se si vuole esplorare ogni angolo della mappa, le due aree opzionali dedicate all’end game, finire le quest secondarie e raccogliere tutti i collezionabili ce ne vorranno almeno il doppio.

Conclusioni

God of War rappresenta il punto più alto toccato da un action-adventure in terza persona, con un valore produttivo al passo con le migliori esclusive di casa Sony, un comparto tecnico eccellente, un gameplay che riesce a stupire anche i fan più scafati degli hack’n slash, e una longevità di tutto rispetto.
Se si avrà la pazienza di superare una fase iniziale un po’ lenta, le sorprese che riserverà il gioco sapranno ripagare ampiamente l’impegno.




Il prossimo The Witcher non sarà un quarto capitolo

La saga dello Strigo ha aiutato CD Project a farsi conoscere al grande pubblico, partendo da un piccolo studio, fino a diventare una delle software house più famose e premiate al mondo.
Dopo la trilogia che concludeva la storia di Geralt di Rivia e con  Cyberpunk 2077  in arrivo, sembrava che CD Project Red avesse messo la parola fine alla saga di The Witcher, ma parrebbe (anche se non nell’immediato futuro) che la serie possa continuare, anche se probabilmente con una nuova trilogia. Dunque, niente The Witcher 4.
In un’intervista, il presidente di CD ProjectAdam Kicinski, ha dichiarato che i tre giochi dedicati allo Strigo , sono per definizione una trilogia, quindi non potranno chiamare il nuovo gioco The Witcher 4; questo però, non significa che si dimenticheranno del mondo di The Witcher, sul quale hanno lavorato per più di 12 anni, e che rappresenta uno dei pilastri su cui si basa la compagnia.




Ubisoft vorrebbe allontanarsi da esperienze di gioco “finite”

In un’intervista rilasciata nel suo blog,  Lionel Raynaud di Ubisoft ha spiegato il motivo per cui la compagnia francese vorrebbe tenere impegnati i giocatori, smettendo di proporre esperienze di gioco  che siano “finite”, in favore di titoli costruiti attorno non più a una lunga storia, ma una narrativa più frammentata in diversi archi più piccoli.
Secondo Raynaud, lo studio non vuole che i loro giochi non abbiano più nulla da offrire dopo aver portato a termine la storia principale e questo, significa creare un’esperienza che sia abbastanza ricca da spingere il giocatore a ritornare a giocare anche dopo il finale principale.
Ubisoft aveva anche espresso opinioni simili alla conferenza E3 di quest’anno, come riportato da VentureBeat, dove è stato spiegato come in Assassin’s Creed: Odyssey i giocatori non potranno semplicemente portare a termine la storia, e che le loro decisioni porteranno sempre a nuovi conflitti e avventure.




NVIDIA: opinioni positive in cambio di informazioni

Il team Heise, tramite un leak ha pubblicato il nuovo NDA (accordo di non divulgazione) di NVIDIA, nel quale l’azienda dichiara che le informazioni confidenziali dovranno essere usate soltanto per il beneficio di NVIDIA.
Il nuovo NDA ha una durata complessiva di cinque anni in cui, chi lo sottoscrive (con solo due giorni di tempo per decidere se farlo o meno) è indotto a divulgare solo opinioni positive sull’azienda californiana,  evitando – ovviamente – di divulgare informazioni ritenute segrete da Nvidia.
Resta da capire se questo contratto ha valenza anche per chi usufruisce di GPU con accesso anticipato, oltre a varie informazioni confidenziali.
Questa notizia fa pendant con le polemiche scaturite dal GeForce Partner Program, dove veniva creato un forte legame con i produttori di schede video, creando quasi una sorta di monopolio. Queste polemiche potrebbero minare l’immagine di Nvidia, ma solo il tempo potrà dirci con che gravità.




Capcom rilascerà due titoli tripla A entro il 31 marzo 2019

Capcom ha annunciato che rilascerà due titoli AAA, in aggiunta ad altri entro il 31 marzo 2019, come riportato nell’ultima presentazione dei propri risultati finanziari.
Non si sa ancora quali siano: potremmo sperare si tratti del tanto atteso Deep Down, oppure  un titolo assente da lunga data come Onimusha. La risposta arriverà probabilmente all’E3 2018 che si terrà dal 12 al 14 giugno a Los Angeles.
Inoltre le vendite di Monster Hunter: World sono arrivate a quota 8 milioni in data 16 aprile, davvero un ottimo risultato per Capcom.




Yakuza 6: The Song of Life

Yakuza 6 rappresenta l’avventura finale della saga che vede al centro l’apprezzatissimo protagonista Kazuma Kiryu. Nonostante i sette episodi,  questo è soltanto il terzo titolo della saga principale a sbarcare su PS4 e l’unico a essere stato sviluppato esclusivamente per la console Sony (ricordiamo che Yakuza 0 e Kiwami sono usciti anche su PS3 in Giappone), con un motore nuovo di zecca, il Dragon Engine, che sfrutta a dovere la console targata Sony.

Il canto del drago

Il gioco ha inizio con un flashback che riprende le sequenze finali del quinto capitolo: Kiryu è gravemente ferito e viene ricoverato in ospedale, mentre Haruka (in un certo senso sua figlia adottiva) rinuncia alla sua carriera di idol per dedicarsi all’orfanotrofio di cui si occupava in precedenza insieme al Drago di Dojima.
Purtroppo Kiryu viene arrestato (per sua stessa volontà) mentre è ancora in ospedale e passerà tre anni in prigione per ripulire il suo nome e uscire una volta per tutte dai legami con la Yakuza, così da potersi dedicare a Haruka e all’orfanotrofio.
Scontati gli anni di prigionia, Kiryu viene a sapere che Haruka ha avuto un grave incidente a Kamurocho finendo in coma; inoltre ha avuto anche un bambino del quale non si conosce il padre.
Queste sono le premesse di una trama ricca di colpi di scena che non deluderà i fan della saga e ci farà conoscere la determinazione del Drago di Dojima nel cercare i colpevoli dell’incidente, prima a Kamurocho e poi a Onomichi (prefettura di Hiroshima).
Rispetto agli ultimi titoli della serie, questa volta l’assoluto protagonista, nonché unico personaggio controllabile, sarà Kiryu: conosceremo il Drago di Dojima nel profondo, come anche il rapporto che lo lega alla giovane Haruka, assistendo a momenti davvero toccanti.

La potenza del Drago

Per questo capitolo Sega ha utilizzato un motore nuovo di zecca e ha pensato appositamente per l’hardware odierno. Il Dragon Engine segna un punto di svolta con il passato: infatti, i giochi precedenti, portavano dietro il peso di essere stati sviluppati anche su PS3, con un motore che sebbene offrisse una resa grafica decente, non poteva tenere il passo con altri giochi pensati per le console moderne.
Adesso invece il nuovo motore, oltre a gestire un numero di poligoni nettamente superiore, effetti particellari, texture e animazioni migliori, permette ai giocatori di potere affrontare i combattimenti senza alcun caricamento, così come nei cambi di schermata (ad es. entrare dentro i locali) rendendo il gameplay molto più fluido e meno spezzettato rispetto al passato.
Rispettando le buone pratiche dei precedenti capitoli, il comparto audio è ottimo, la qualità recitativa dei doppiatori giapponesi (l’audio è soltanto in giapponese con sottotitoli in inglese) è sempre di alto livello. In questo episodio è presente anche un mostro sacro del cinema giapponese, Takeshi Kitano, nei panni di un boss di Onomichi modellato a sua immagine e somiglianza.
Le musiche e gli effetti  sono sempre scelti con cura, adatte ai contesti le prime e rispondenti alle azioni su schermo le seconde, in linea con lo standard al quale ci ha abituati la serie.

La determinazione del Drago

Le novità non riguardano soltanto l’aspetto tecnico, ma anche il gameplay: il sistema di combattimento a un primo sguardo potrebbe anche risultare peggiorato rispetto al passato, non essendo più presenti i quattro stili di combattimento di Yakuza 0 e Kiwami, con conseguente limitazione del combat system, ma giocando ci si rende conto che gli scontri sono stati bilanciati in modo da offrire una sfida più soddisfacente rispetto al passato. L’intelligenza artificiale dei nemici, sia comuni che i boss, è stata migliorata parecchio e dovremo impegnarci di più rispetto al passato; in poche parole gli scontri risultano sì meno spettacolari, ma sicuramente più impegnativi.
I comandi rimangono agganciati ai classici stilemi, permettendo di sferrare pugni, calci, effettuare prese (o raccogliere armi), schivare e parare, e infine il tasto adibito alle mosse speciali (heat moves). È concessa la possibilità di imparare nuove mosse spendendo punti esperienza, con i quali potremo anche aumentare la nostra barra della vita e quella per le mosse speciali (heat bar, la quale adesso può essere anche usata per potenziare per un tempo limitato gli attacchi).
Come al solito, oltre alla storia principale, ci saranno anche moltissime missioni secondarie e mini-game di ogni tipo, compresa la versione completa di Virtua Fighter 5: Final Showdown in modalità arcade, insieme ai grandi classici coin-op di Sega presenti nei capitoli precedenti.
Potremo anche frequentare una palestra e seguire una dieta per acquisire punti esperienza, giocare a freccette, frequentare delle hostess nei night club o videochattare con ragazze giapponesi (sono presenti delle vere pornostar giapponesi che interpretano le ragazze in video)
Per finire il gioco saranno necessarie più di 30 ore, ma come al solito per vedere tutto ciò che offre ne saranno necessarie più di 100.

Gran finale

Sega ha chiuso nel migliore dei modi l’arco narrativo riguardante Kazuma Kiryu, con un gioco che mostra un netto miglioramento nel comparto tecnico e una trama e una sceneggiatura tra le migliori dell’intera saga, con un combat system meno vario ma più equilibrato e un’ottima longevità grazie alla moltitudine di cose da fare. Yakuza 6  entra di diritto tra le migliori esclusive PS4 del 2018, anche se dovremo dire addio al nostro amato protagonista che ci ha tenuto compagnia dal 2006 (ma che ritornerà in Yakuza Kiwami 2, remake del secondo capitolo in arrivo ad Agosto).