Zeus’ Battlegrounds

Sviluppato da Industry Games, Zeus’ Battlegrounds è un battle Royale free to play che, a differenza di colossi come Fortnite e PUBG, propone uno stile di combattimento basato principalmente sul combattimento melee (corpo a corpo).
Il titolo è ambientato nell’antica Grecia, dove vestiremo i panni di un combattente che tenterà di prevalere sugli altri così da guadagnarsi il suo posto d’onore nell’Olimpo.

Fin dalla schermata iniziale avremo la possibilità di scegliere il sesso del nostro personaggio, e di personalizzarlo a nostro piacimento così da creare qualcosa di più vicino alla nostra forma ultra-terrena. Una volta finita l’attesa nella piattaforma dove ci “accoglierà” Zeus, verremo catapultati fuori e come meteore ci schianteremo sulla terra. Una volta atterrati ci ritroveremo disarmati. L’obiettivo primario sarà quello di cercare delle armi fra le molte all’interno del titolo, da asce, martelli, doppie spade e altro ancora. Inoltre, sarà possibile trovare armi da lancio, e anche delle magie elementari consumabili. Per facilitarci i movimenti gli sviluppatori hanno inserito anche le cavalcature, infatti, in svariati punti della mappa sarà possibile trovare dei cavalli da poter usare come mezzi di trasporto. Tuttavia, il controllo di quest’ultimi è abbastanza impreciso ma, fortunatamente, essendo un gioco in early access tutto può ancora variare. Inoltre, come in ogni titolo del genere potremo scegliere diverse modalità quali solo, duo e team.

Durante la nostra permanenza nel battleground, potremo dotarci di vari tipi di armi, grazie all’enorme quantità di varianti presenti. Anche le armature non sono da meno: infatti, potremmo trovare 4 livelli d’armatura e vari tipologie di quest’ultime. Come ogni altro titolo del genere, ogni tanto per la mappa verrà “inviato” un forziere sacro che conterrà armi di tutt’altro livello, in una parola “divine”. Inoltre, all’interno della mappa saranno presenti i templi di dei come Atene e Zeus, dei quali, una volta raggiunti, si otterrà il loro favore, che conferirà un’abilità temporanea atta a favorire il nostro personaggio con alcuni vantaggi. Al momento, il titolo necessita di alcuni bilanciamenti su alcune armi che risultano troppo forti, o altre dove l’hit box è pessima. Infatti, in alcuni casi, mi sono ritrovato realmente in difficoltà nell’effettuare delle lotte con determinate armi.

La mappa di gioco è veramente gigantesca e molto variegata, talmente grande che è come se si giocasse a nascondino. Il titolo presenta una coerenza ammirevole, non sono presenti forzature visibili, ogni scelta stilistica risulta congrua. Un punto in suo favore è sicuramente la possibilità di poter giocare il titolo sia in prima che in terza persona. Il FOV è ben regolato in entrambi i casi. Una delle pecche è la resa grafica, vedere tante di magnifiche ambientazioni semplificate nella definizione è veramente uno strazio per gli occhi, spero vivamente che la migliorino al più presto, anche se da quel punto di vista c’è da dire che il team di sviluppo ha fatto un buon lavoro con la gestione dei modelli e delle texture. Dal punto di vista del sonoro, la OST è orecchiabile e gli effetti sono discreti.

Per gli amanti del genere battle royale, il titolo è assolutamente da consigliare, Zeus’ Battlegrounds merita sicuramente una possibilità. Togliendo i vari bug e la grafica di medio livello, questo gioco ha grandissime chance di riuscire a farsi valere con la grande quantità di opportunità che un titolo del genere, se migliorato, può proporre. Infine, vi ricordiamo che il titolo sarà disponibile su PC e PS4.




Il calo degli utenti di PUBG

Secondo un grafico pubblicato da SteamDB lo scorso 10 Settembre, Playerunknown’s Battleground avrebbe mantenuto il record di una media di circa 1 milione di utenti giornalieri, per un intero anno dall’8 settembre 2017. L’unico gioco che su Steam sia riuscito a raggiungere 1 milione di giocatori giornalieri era finora Dota 2. Il titolo è andato così bene da arrivare a un picco 3,2 milioni di utenti nello scorso gennaio: è suonato quasi strano il calo dei giocatori nella giornata di ieri, dove PUBG si attestava sui 960mila utenti, con un abbassamento di 80mila giocatori rispetto al 9 Settembre. Ma la spiegazione arriva facile: come riporta anche Eurogamer.net, il calo potrebbe essere dovuto all’apertura della beta privata su Ps4 di Call of Duty Black Ops 4, nel quale è presente una modalità Battle Royale.

In ogni caso, gli utenti di PUBG sembrano essere in graduale calo. A cosa possiamo ricollegare questa perdita di giocatori?
Ovviamente in questi casi si pensa a Fortnite, eterno rivale del gioco di Bluehole che sta giocando bene la propria partita sul piano degli aggiornamenti e dei bugfix. Infatti, Pubg ha ancora numerosissimi bug grafici ed è proprio questo che fa preferire il titolo di Epic a un certo numero giocatori; oltre al fatto, per niente sottovalutabile, che Fortnite è gratis. Gli sviluppatori di PUBG Corp. avevano comunque annunciato già lo scorso Agosto la “Fix PUBG campaign“, pubblicando una roadmap che illustrava i cambiamenti e miglioramenti che verranno apportati nei prossimi 2 mesi, a partire dei bug grafici insidiosi.
La Battle Royale dunque continua, anche nell’arena dei developer.




Trovata una cura per il backlog: gli arretrati non faranno più paura

Ogni giocatore che si rispetti ha un elenco infinito di titoli comprati fra saldi e momenti di hype ma lasciati lì a prendere polvere, aspettando l’occasione migliore per recuperarli. Il backlog è un problema reale, che colpisce quasi tutti i gamer: trovare il tempo e la voglia per giocare una saga o un singolo gioco non è semplice, soprattutto se si lavora, si studia, si ha una famiglia e se i mille impegni quotidiani non danno tregua.
Molte volte ci ritroviamo a comprare giochi che non utilizzeremo mai solo perché sono scontati o costano poco, ma solo con una flebile intenzione di giocarli, un giorno.
Il problema nasce dal fatto che un titolo che ha una storia non cambia nel tempo; prendiamo a esempio Kingdom Hearts: ogni suo capitolo non ha mai subito dei cambiamenti al gameplay, né è stato aggiunto qualcosa di nuovo con un aggiornamento, non è mai cambiato; quindi si può finire un capitolo passando subito al successivo.
Finire gli arretrati può essere visto anche come un compito, una sorta di “lavoro” e questo è sicuramente negativo per un videogiocatore. Essere “vincolato” dall’acquisto di un nuovo gioco per colpa del backlog non è una situazione piacevole.
Ma se si prendono in esame brand come Fortnite, Rainbow Six Siege o Destiny ci si può accorgere che sono tutti loro sono in continua evoluzione, supportati da aggiornamenti e DLC vari che implementano nuove funzionalità, rendendoli anche più longevi.

Non di rado chi vuole recuperare tutti i titoli non completati che ha acquistato lo fa non solo per quella che è certamente la voglia di giocarci, ma anche per una sorta di senso di colpa: vedere che il gioco è lì, mai stato aperto, è come comprare un’auto senza mai guidarla, un acquisto inutile. Chi veda le cose da questa prospettiva potrebbe essere gravato
Da questo punto di vista il futuro può venirci incontro: i videogame in streaming di cui tanto si parla e che pare debbano essere il prossimo passo dell’evoluzione del settore, non avranno il solo vantaggio di alleggerire gli hard disk, ma anche quello di non metterci di fronte alla condizione di accumulare un corposo backlog alle spalle.
Questi nuovi servizi in abbonamento offrono gli stessi vantaggi di Netflix: pagando un quota mensile si possono giocare tutti i giochi che si desiderano.
A meno che non ci si trovi davanti a casi clinici o di forsennati “binge racer”, non c’è fretta: la piattaforma sarà lì, i giochi per lo più rimarranno (come le serie tv, che vengono periodicamente aggiornate ma che per un periodo consistente di tempo rimangono disponibili) e si potrà tranquillamente terminare un gioco per poi completare quello che piace di più.
Vero, lo streaming non ci vedrà possessori dei videogame che giochiamo: ma dite che con Steam e la sua mancanza di DRM la situazione è tanto diversa?




Gamescom 2018: finalmente la versione 1.0 di PlayerUnknown’s Battlegrounds

Dopo anni di sviluppo e early access, l’acclamatissimo PlayerUnknown Battlegrounds è pronto a fare il suo debutto definitivo, anche in versione fisica, su Xbox One. Includerà tutti gli aggiornamenti avuti finora, a cominciare da nuove mappe e armi, oltre a una versione speciale del controller (venduto separatamente).
PUBG 1.0 arriverà il 4 Settembre ma i preordini sono già disponibili; per cui, se volete l’esperienza definitiva di uno dei titoli che ha sdoganato le battle royale, è l’occasione giusta.




La PUBG Corp. cita in giudizio Epic Games per Fortnite

Per l’ennesima volta, sulla scena si scontrano due dei colossi virtuali più giocati sul web su cui, solo nel loro primo anno solare di vita, si sono aperte centinaia di accese discussioni riguardo la loro somiglianza.
Sin dal principio PUBG Corp., avanzò l’accusa che Fortnite fosse una copia carbone del loro prodotto Playerunknow’s Battlegrounds. Per quanto possa sembrare assurda l’accusa, la PUBG Corp. sta adesso impugnando un’azione legale nei confronti di Epic Games per “violazione di copyright“, chiedendo in sede di udienza se Fortnite abbia o meno, copiato da PUBG.

La news arriva direttamente dal Korea Times, che riporta anche le parole di un funzionario di PUBG Corp., il quale afferma:

«Abbiamo depositato i diritti a Gennaio per preservarne il copyright.»

Nello specifico, tali accuse, sono state indirizzate alla divisione coreana di Epic Games, la quale si sta preparando a lanciare sul mercato una versione asiatica del gioco, in collaborazione con la Neowiz Games, produttori e sviluppatori di un celebre MMO in Corea. In effetti, questa avventata azione legale, potrebbe lasciar pensare più che altro che la PUBG Corporation, voglia gambizzare Epic Games minando in questo modo la probabile espansione della concorrenza sul territorio asiatico.




Spartan

Da pochissimo è arrivato Spartan su Nintendo Switch, un simpatico platformer sviluppato da Sinister Cyclops Game Studios, misconosciuto developer con all’attivo questo solo titolo, uscito anche su Playstation 4 e Xbox One. Spartan si presenta come una sfida old school, un gioco piattaforme non lineare per i più allenati e che attinge, probabilmente, da classici come Mc Kids o Alex Kidd.

Questo è Spartan!

Siamo nell’antica Grecia: scompaiono improvvisamente tutte le armi, le armature e l’oro della leggendaria città-stato e appaiono diversi strani portali in tutta la penisola greca; toccherà dunque al re guerriero Leonida, figura ormai resa popolarissima dal film 300 (tratto a sua volta dall’omonimo fumetto di Frank Miller), andare alla ricerca degli oggetti scomparsi e capire chi sta dietro a questo mistero. L’obiettivo di ogni livello è trovare degli oggetti nascosti (normalmente 5), sparsi per tutta l’area di gioco, che servono per attivare il portale e avanzare nell’overworld; sotto questo punto di vista Spartan tenta di rievocare uno stile di platformer non molto popolare, già visto in giochi retrò come Oscar o Mc Kids (entrambi titoli non entusiasmanti e pieni di difetti), la cui caratteristica principale era la non linearità dei livelli e, appunto, il collezionare degli oggetti per poi uscire dal livello; bisogna dare comunque un po’ di credito a questo nuovo titolo in quanto le aree di gioco non sono mai troppo confusionarie e, anche se non c’è una mappa del livello e bisogna spesso fare backtracking, è abbastanza facile capire dove si è stati e dove no, specialmente grazie ai checkpoint ben disposti e di cui l’ultimo attivato è raggiungibile in ogni momento premendo il tasto “X” nel menù di pausa.
I controlli su Nintendo Switch sono abbastanza semplici: rispettivamente, con “B” e “Y” si salta e si attacca e con i dorsali “ZL” e “ZR” ci si difende e si corre; un set di tasti abbastanza semplici ma purtroppo il tutto è rovinato da una sorta di scivolosità nei movimenti che rovina l’esperienza generale poiché non solo molti dei salti devono essere effettuati con precisione ma spesso ci sono anche tanti ostacoli che ci uccideranno in un solo colpo e che, dunque, ci rispediranno al checkpoint. All’inizio gli attacchi e la difesa di Leonida ci sembreranno sufficientemente buoni ma, procedendo nel gioco, ci accorgeremo che ci sono degli evidenti sbilanciamenti e che ostacoleranno la nostra esperienza. I colpi di spada, come ci aspetteremo, sono corti però i nemici che ci si pongono davanti, all’inizio, sono sempre alla nostra portata e, soprattutto, cadranno con un solo attacco; tuttavia, andando avanti nel gioco, ci si presenteranno sempre nemici sempre più forti, veloci e che ovviamente necessiteranno più di un colpo per cadere giù e qui ci accorgeremo di quanto sia corto il nostro attacco, lento il nostro Leonida (nonostante la chiara differenza quando si preme “ZR“) e inconsistente il nostro scudo. La difesa, così come l’attacco, ci sembrerà funzionare a dovere ma tantissime volte non funziona mai come ci aspetteremo; lo scudo ha due posizioni di difesa (frontale e alta, richiamabile premendo su) ma, per un’esigenza di animazione, quando si richiama la prima posizione (che è quella di default), si attiverà per un millesimo di secondo la seconda posizione; non sembrerebbe un grande difetto ma lo sarà quando, senza capire il perché, lo scudo reagirà diversamente a uno stesso colpo che abbiamo parato in precedenza; in poche parole, se non si capisce questo meccanismo, alcune volte lo scudo vi difenderà, altre no. Non sono i soli difetti, poiché, talvolta, lo scudo potrà risultare inefficace all’occorrenza (e non per i problemi spiegati pocanzi, ma perché, semplicemente, alcuni attacchi saranno “perforanti”) e perderemo inevitabilmente dei punti vita; se affronteremo nemici nell’area di gioco che ci porteranno allo stremo perché la difesa è incostante, che correranno come dei dannati e per i quali saranno necessari almeno 5 colpi per mandarli al tappeto, immaginate com’è combattere contro un boss! In-game non è possibile recuperare energia ma ci è permesso cambiare la difficoltà durante il gioco accedendo così a dei “cuoricini stock” (3 in tutto, come del resto i punti vita) che ci concederanno di recuperare dei punti vita; dunque un metodo per recuperare energia esiste in qualche modo ma ci chiediamo lo stesso perché non far apparire dei cuoricini dai nemici uccisi? Perché una cosa semplice come recuperare energia deve essere un progetto di scienze?
Vi diciamo solamente che dalla seconda sezione del gioco in poi, in media, completavamo un livello in oltre 30 minuti perché sinceramente abbiamo trovato il level design poco curato da come si può evincere dai troppi ostacoli “one hit kill” sparsi un po’ dappertutto quasi senza logica; abbiamo giocato a tanti bei giochi indie, difficili “al punto giusto”, ma questo, nonostante le buone collocazioni dei checkpoint, risulta poco bilanciato. Tutto questo, misto ai tempi di caricamento lunghissimi (di almeno 20 secondi) fra un menù, l’overworld e un livello, assurdi per un gioco 2D come questo, renderanno Spartan un gioco infernale, così difficile e astruso da non essere per niente divertente. Tuttavia, non si può dire che il titolo non sia longevo; almeno i 24 livelli, fra il trial and error e i tempi di caricamento, saranno un’ “insolita” lunga esperienza.

Un’anima debole

Il gioco presenta una colorata grafica 2D, gli elementi sono distinguibili, ben disegnati e le animazioni molto fluide ma il tutto sembra molto scarno e ricorda quasi uno di quei tanti cloni di Super Mario Bros per smartphone; quel che stupisce è che l’intero comparto grafico è stato realizzato con Unreal Engine 4, il motore grafico di Dragon Ball Fighterz, Fortnite, Kholat, Playerunknown’s Battlegrounds, Sea of Thieves e il prossimo Crackdown 3, che qui dà risultati risibili, degni dei browser game in flash giocabili su www.newgrounds.com, popolarissimi nella scorsa decade. Insomma… ci saremmo aspettati qualcosina in più sul piano grafico. anche se per fortuna tutto gira su Switch in maniera stabile e senza bug rilevanti o rallentamenti.
Le musiche riescono a richiamare quell’atmosfera e quelle sonorità tipicamente mediterranee tramite scale e strumenti tipici greci, con giusto una qualche sfumatura moderna, un po’ come accade in giochi “solari” come quelli della saga di Shantae; possiamo almeno dire che la musica lascia almeno una nota positiva in questo gioco un po’ disastrato.

Lasciamo perdere

Il gioco, dai video e dai trailer, sembrava essere interessante, curioso, poteva essere una piccola gemma nascosta in mezzo ai tanti titoli indie dell’E-shop ma purtroppo non si rivela all’altezza della competizione, soprattutto su Nintendo Switch dove ci sono moltissimi platform 2D e 3D indie degni di nota (basti pensare a Celeste). Il gioco sembra promettere bene, non ha una cattiva presentazione – insomma, giocare nei panni di Leonida è fantastico – ma, al di là delle graziose ambientazioni greche e di una non-linearità più o meno ben implementata, ha decisamente ben poco da offrire; se non fosse per i controlli scivolosi, attacco e difesa inconcludenti, lunghissimi tempi di caricamento e un gameplay alla lunga tedioso (e non piacevolmente difficile come sarebbe stato appropriato) dai troppi ostacoli “one hit kill”, potremmo avere un bel titolo. È bene precisare che non è un problema di mera difficoltà: giochi come I Wanna Be the Guy risultano ben più ostici, ma le logiche di trial and error sono ben bilanciate e inserite in un level design di tutto rispetto, cosa che non avviene in questo titolo. Sinister Cyclops Game Studio ha ancora strada da fare come developer,  e questo titolo sarebbe anche meglio collocabile titolo sull’App Store di iOS o sul Play Store di Google, sempre a patto di ribilanciarlo.
Ci dispiace veramente dire, poiché amiamo i giochi indie di questo genere, che l’ago della bilancia penda di più verso gli elementi negativi e perciò vi consigliamo, visto anche il non meritevole prezzo di 11.99€ sul Nintendo E-Shop, semplicemente di provare qualcos’altro. Un’occasione mancata.




Alla conquista del podio: la guerra dei Battle Royale

Cos’è una Battle Royale? È questa la prima domanda da porre. Il genere “Battle Royale” è stato sdoganato dall’omonimo film giapponese (tratto a sua volta dall’omonimo romanzo di Koushun Takami) uscito nel 2000,  realizzato da Kinji Fukasaku, ultima sua opera prima della morte, avvenuta nel 2003. Il film narrava la storia di una classe di adolescenti bloccati su un’isola remota e costretti a combattere fino alla morte, che avrebbe lasciato soltanto un sopravvissuto. Questo genere è stato adattato successivamente in produzioni cinematografiche di ampio rilievo come Hunger Games (a sua volte tratta dalla trilogia letteraria di Suzanne Collins)
Un simile concetto non ha tardato a essere inserito all’interno di una struttura videoludica che oggi è di grande successo, vedendo come attuali campioni del genere titoli come PlayerUnknown’s Battlegrounds e Fortnite, i quali al momento si battono a colpi d’aggiornamenti per la “corona” del re dei Battle Royale.
Al momento il genere è molto in voga tra i giocatori di tutto il mondo e, di conseguenza, tutte le software house che vogliono garantirsi un posto di rilievo tra i “big” del settore (e soprattutto sul mercato) stanno cercando di sfruttare il trend a proprio favore. Non pare lontana l’ipotesi di un “bagno di sangue” tra le varie aziende, visto che, al momento, ci sono circa una dozzina di concorrenti che inseguono il successo di Pugb e Fortnite, nella speranza di usurpare il trono o com,unque di ritagliarsi una fetta di rilievo sul mercato. Ogni volta che un genere vede un boom, non poche software house si gettano alla cieca in progetti di emulazione nella speranza di spuntarla, in una Battle Royale nella quale solamente una uscirà vincitrice. I titoli che al momento comandano il genere sono in realtà delle “copie”: beninteso, non parliamo di plagio, ma del fatto che il titolo che attualmente registra i numeri più alti, PUBG, è in realtà nato da una mod di Arma II, DayZ: Battle Royale, a sua volta variante della mod DayZ ispirata al film omonimo.
Fino a pochissimi anni fa era il genere MOBA a farla da padrone e, anche allora, tutto partì da una mod, più precisamente da alcune mappe: quella di Aeon of Strifetratta da Starcraft, fu la prima, anche se ancor più celebre fu quella sviluppata per Warcraft III, quella di Defense of the Ancients (DotA). Seguirono una miriade di esponenti del genere, da giochi in flash come Minions, sviluppato da The Casual Collective nel 2008, sino ad arrivare al notissimo League of Legends, a oggi probabilmente il MOBA più giocato al mondo, passando per il secondo capitolo di DotA.
Durante gli anni, quindi, l’universo videoludico ha visto l’evolversi di varie tendenze, dal boom degli MMO, come World of Warcraft, per poi passare agli FPS come Call of Duty, fino ai MOBA e ai titoli Battle Royale.

Esistono vari fattori che possono determinare il successo di un videogioco: primo tra tutti è il costo del titolo poiché, se un giocatore ha acquistato H1Z1, ovviamente sarà meno propenso a comprare PUBG, visto che dovrà spendere altri soldi per giocare a un titolo che potenzialmente presenta le medesime caratteristiche. Il secondo problema è il fattore “compagnia“, in virtù del quale un giocatore sarà più o meno propenso ad acquistare un titolo posseduto dagli amici, effettuando battaglie in co-op e non. Ultimo, ma non meno importante, è il fattore accessibilità: essere un free-to-play può avere dei vantaggi, da questo punto di vista, rispetto a un titolo a prezzo pieno, permettendo a più persone di provarlo ed eventualmente effettuare ulteriori acquisti in-game. Per esempio Fortnite ha chiaramente questo target, fornendo a tutti gli utenti la possibilità di giocare gratuitamente la modalità battle royale.
Durante queste variazioni di tendenza della domanda da parte degli utenti, le software house minori, osservando l’andamento sul mercato di titoli massivi come PUBG, ritengono di riuscire a replicare simili successi, addirittura migliorando il prodotto. Ma gli eventuali upgrade apportati difficilmente riescono a spostare una grande fetta d’utenza dal titolo preferito dai più a quello dei più piccoli: semplicemente perché, a parità di caratteristiche e struttura, il gioco non vale la candela.
Per poter creare qualcosa di nuovo e coinvolgente, in grado di smuovere il mercato, bisogna analizzare e capire cosa sia possibile aggiungere e migliorare, così da poter rendere il proprio lavoro unico e interessante agli occhi del pubblico, al fine di essere promotori di una nuova tendenza.




Epic Games: la barriera tra Xbox e Playstation cadrà inevitabilmente

Fortnite è uno di quei prodotti che ha fondato un nuovo modello di gioco nella games industry, secondo Tim Sweeney, CEO di Epic Games,  e uno dei motivi per il quale le barriere tra le piattaforme verranno presto abolite promuovendo il cross-platform.

Sweeney, parlando durante la sessione State of Unreal di Epic al GDC, ha descritto il boom dei giochi mobile negli ultimi dieci anni come una delle cose più eccitanti che possano accadere nel settore videoludico. Tuttavia, quello che una volta risultava essere nuovo ed entusiasmante forse oggi non lo è più:

«Per un po’, questa industria mobile è stata stagnante. Ci sono oltre 100.000 giochi pubblicati ogni anno sugli store, molti dei quali sono giochi ad-driven e molti di loro hanno modelli di monetizzazione abbozzati. L’industria ha davvero bisogno di rivitalizzazione».

Tuttavia, nei mercati asiatici si è sviluppata una nuova tendenza, una che mette in discussione l’ipotesi che il mercato della telefonia mobile sia dominato dai “casual games”. Parlando con GamesIndustry.biz in una riunione prima dello State of Unreal, Sweeney ha descritto questa “tendenza” come: «la cosa più eccitante per Epic nel settore in questo momento.»

«Stiamo assistendo a un cambiamento di tendenza, dove prima esistevano i casual games, adesso, come successo in Corea e in Cina, ci sono dei veri e propri giochi per “gamer”. Lo abbiamo visto con Lineage 2, un MMO open-world che ha avuto un successo enorme. Adesso in moltissimi paesi giochi come questo, segnano grandi numeri per le entrate, per il tempo di gioco e per la nuova forma che stanno dando al settore nella games-industry

Epic ritiene che stia cominciando ad accadere lo stesso processo in mercati come gli Stati Uniti e l’Europa, grazie in gran parte alle rifiniture e ai miglioramenti apportati al motore grafico Unreal Engine. Sempre durante lo State di Unreal, i co-fondatori di Studio Wildcard, Doug Kennedy e Jesse Rapczak, sono saliti sul palco per parlare di Ark: Survival Evolved su smartphone, annunciando anche il porting su Nintendo Switch.

Un altro esempio è ovviamente Fortnite della stessa Epic Games, che secondo Sweeney è l’esempio migliore, considerato lo sviluppo su Unreal Engine oltre che ovviamente per il “trend” che ha fino a ora sviluppato il gioco in sé.

La versione per Android di Fortnite deve ancora essere rilasciata, ma quando  questo avverrà, sarà il prodotto che girerà su tutte le principali piattaforme, con la stessa esperienza condivisa al suo interno e proprio questo, secondo Sweeney, sarà un aspetto essenziale di come la game-industry cambierà e continuerà a crescere negli anni a venire.

«Non riesco a immaginare nulla di meglio per la crescita collaterale del settore console rispetto a questa nuova generazione di bambini, cresciuta con dispositivi Android e iOS e che stanno imparando a giocare lì. Magari giocando a Fortnite [sui dispositivi mobili, ndr], che poi magari vorranno giocare sulla TV di casa, con controlli più precisi grazie a un joypad e una migliore esperienza visiva, facendo quindi un passaggio a piattaforme come PlayStation o Xbox.»

Ovviamente, l’idea che i possessori di PlayStation e Xbox possano un giorno giocare insieme, è e rimane un tema di grande attualità. Fortnite sarà solo uno in più tra quei giochi che non possono essere riprodotti su entrambe le piattaforme, con Microsoft che sostiene molto più la necessità di cross-play rispetto a Sony. Da parte sua, Sweeney è un grande sostenitore del cross-platform, ma è attento anche a sottolineare la natura senza precedenti di Fortnite, pienamente inter-operabile su mobile, PC, Mac e console. Proprio per questo motivo crede fermamente che questa situazione di stallo, non durerà ancora per molto. Sempre durante l’evento, il CEO di Epic, menziona anche la legge di Metcalfe, secondo la quale “il valore di qualsiasi esperienza connessa per un determinato utente è direttamente proporzionale al numero di persone a cui è possibile connettersi nel mondo reale”. In parole povere il prossimo passo logico nel settore console, sarebbe quello di eliminare le barriere tra gli utenti Sony e il resto del mondo.

In effetti ormai i giochi sono diventati esperienze sociali allo stesso modo di Facebook o Twitter, e queste esperienze hanno davvero senso e possono definirsi tali, solo se gli utenti possono comunicare con tutti i loro amici indistintamente.




Playerunknown’s Battlegrounds

Negli ultimi anni, il dominio di certi multiplayer in campo videoludico è innegabile, innescando una competizione che ha portato alla realizzazione di numerosissimi titoli che fanno parte del genere. Fra tantissimi giochi, davvero pochi sono quelli che sono riusciti a realizzare numeri strabilianti, al punto da stravolgere il mercato: uno di questi è certamente Playerunknown’s BattlegroundsMMO di PUBG Corporation che, in appena otto mesi, quando era ancora in fase beta, è riuscito a incassare ben 712 milioni di dollari. Un successo su cui approfondiremo, iniziando alle origini del gioco fino ad arrivare alla versione odierna e tutt’ora giocata dagli utenti.

Massive Multiplayer Online

Sulle origini di PUBG è stato già detto tanto: si tratta appunto di un MMO, un multiplayer di massa il cui unico obiettivo è sopravvivere a ogni costo sul campo di battaglia contro altri 99 giocatori per un totale di 100 in una mappa che pian piano inizia a diventare sempre più stretta, con red-zone continuamente bombardate e air-drop contenenti armi, accessori e oggetti utili alla sopravvivenza, introvabili normalmente sulla mappa di gioco, costringendo i giocatori a scontrarsi e a dover anche ingegnarsi per la sopravvivenza e la vittoria. Il gioco si basa principalmente su due variabili: la fortuna e l’abilità del giocatore. Quest’ultima non riguarda soltanto la bravura sul campo in un FPS, bensì anche la gestione dell’inventario, razionando cure, munizioni e gadget nello spazio fornito dallo zaino, se lo si trova in tempo, che può variare a sua volta di 3 livelli, dal meno capiente livello 1 al più spazioso livello 3. Le mappe sono vastissime e spaziano da una regione imprecisata della Russia, Erangel, a un deserto Messicano, Miramar.

Gameplay

Non avendo il titolo una trama, ci focalizzeremo solo sugli aspetti di gameplay: sappiamo solo che ci troviamo su un aereo e che prima o poi saremmo costretti a lanciarci su una mappa enorme, l’uno contro l’altro per la sopravvivenza. Detto questo, il gameplay offre due scelte fondamentali, FPP e TPP. Il gameplay in FPP permette di avere la visuale in prima persona, come un normale FPS. D’altra parte, il gameplay in TPP permette la visuale in terza persona, con la possibilità di cambiarla in prima quando si vuole con l’ausilio di un tasto. La differenza tra le due è dunque la visuale di gioco. Nulla per un giocatore che si rispetti è meglio della visuale completa su tutto il campo da gioco, valutando rischi, osservando il nemico, ecc… Nel menù principale, si può scegliere di intraprendere questa avventura da soli, in compagnia come duo, in trio o in un team da 4 giocatori, con amici o persone casuali accoppiate automaticamente dai server. Il gioco lascia molto spazio ai più intrepidi donandogli la possibilità di affrontare team da due, tre e quattro giocatori in 1 man-squad.

Passando al lato tecnico del gioco, bisogna fare una premessa: normalmente qualche bug ci può stare, ma in un gioco competitivo e pieno di tensione come PUBG il minimo errore è punito, e chi ne paga le conseguenze è sempre il giocatore. Come se non bastassero i bug, i lag e i server che vanno in crash, si aggiungono i cheater (maledetti, aggiungerei) che, nonostante i 2 milioni di ban effettuati da Battleye, continuano a persistere e a far imbestialire i giocatori, sin da qando è uscito il gioco in beta. C’è da dire che tutto sommato, dopo il recente aggiornamento, e grazie alle misure messe in atto per contrastare gli utenti scorretti, si trovano molti meno cheater, e forse Battleye è sulla strada giusta per trovare un sistema efficace anti-cheat.
Sulla fluidità di gioco, poco da eccepire: data la numerosissima utenza e i continui aggiornamenti, il gioco non fa che migliorare di volta in volta: già attualmente si è raggiunti un buon equilibrio, ma qualche miglioria non può fare altro che stabilizzare il gioco. In termini di ingegno e organizzazione, PUBG ha fatto sue queste caratteristiche mettendo al giocatore a disposizione mezzi, armi, accessori, granate, caschi, vestiti, giubbotti anti-proiettile, cure (Medkit, FirstAid, Bende, Antidolorifici, energy drink e adrenalina) e zaini, di cui i caschi, zaini e giubbotti anti-proiettile sono forniti di tre livelli (da 1 a 3) in relazione a efficienza, protezione e capienza. Tutto all’interno del gioco è utile per la sopravvivenza, bisogna solo sapere come e quando usare un determinato oggetto. L’organizzazione è tutto in PUBG, ma la fortuna non è da sottovalutare, anzi:  il 50% delle componenti decisive per vincere la partita lo fanno loot armi, zaini ed equipaggiamenti che ci ritroveremo, il 25% di trovarsi in una zona non troppo affollata, il 20% lo fa il ritrovarsi più o meno lontani dalla safe-zone, il 3% trovare un veicolo fuori zona e il 2% l’avere la possibilità d’afferrare per primi l’airdrop. L’abilità del giocatore quindi può essere condizionata dalla fortuna, dato che migliori sono le suddette condizioni, più aumenta la possibilità di vincita.

La mira si basa anch’essa su 3 livelli, il primo in prima persona, cambiando automaticamente dalla terza alla prima per una mira più precisa a distanza, il secondo basato principalmente sulla restrizione del mirino restando in terza persona, rallentando il movimento della visuale per una maggiore precisione da ravvicinato, e il terzo livello è quello più tattico, nel quale si può sporgersi da un angolo in modo da non esporre tutto il corpo ma soltanto una minima parte, riducendo la visibilità al nemico, non intaccando la nostra.

Personalizzazione e mercato

Uno degli aspetti che caratterizzano questo gioco è di certo la possibilità di guadagnare giocando, che siano indumenti da poter utilizzare nel gioco o soldi veri. Quando si finisce una partita, in qualsiasi posizione si ci trovi con qualsiasi numero di uccisioni, si guadagnano delle monete di gioco, chiamati BP. Ovviamente più alto è il numero di uccisioni, più in cima si arriva più punti si fanno: ma a che servono i punti? Servono ad acquistare delle “casse” di gioco, ognuna diversa per contenuto, rarità e ovviamente prezzo, vengono assegnate in maniera assolutamente casuale tra: Survivor crate, Wanderer crate, Gamescom invitational crate, Desperado crate, Biker crate, Militia crate, Fever crate, Triumph crate e Raider crateLa modalità di acquisto è semplice: basta recarsi dal menù principale del gioco e andare nella sezione rewards, dopodiché acquistare la quantità di casse desiderata; le casse passano da un prezzo base di 700 BP al corrispondente raddoppiato dopo l’acquisto di una cassa: da 700 passano a 1400 e da qui in poi sempre raddoppiato. Niente paura, ogni inizio settimana il costo delle casse si azzererà fino allo standard di 700. Dentro le casse si possono trovare indumenti per il proprio avatar di gioco, che posseggono un livello di rarità e valore e skin armi catalogate sempre in base alla rarità. Si può quindi decidere di tenere l’indumento oppure venderlo al mercato di Steam, stessa cosa per le skin. Sfatando qualsiasi mito, nessun indumento di gioco può dare abilità in più, né qual si voglia tipo di vantaggio: hanno funzioni puramente decorative.

Conclusioni

PUBG è sicuramente un gioco che suscita interesse, ma non è l’unico nel suo genere: esistono altri titoli (anche Microsoft, dopo aver portato il titolo su Xbox, sta dando la propria risposta con l’interessante The Darwin Project, dallo scorso 9 marzo uscito su Steam) che offrono ormai un’esperienza di Battle Royale, primo fra tutto il principale concorrente del titolo di Bluehole Studio, Fortnite, Free-To-Play di Epic games: in questa lotta fra Battle Royale combattuta a colpi di record è difficile decidere, essendo entrambi sfaccettati e completi ognuno per il suo verso (abbiamo trattato gli aspetti dei due titoli in questo speciale) che abbiamo fatto al riguardo.

In breve, è un titolo che vale la pena provare, sopratutto con gli amici, oppure può essere un’occasione per farsene di nuovi giocando; ad ogni modo l’esperienza provata è uguale per tutti, ansia, paura e coraggio, per poi decretare un vincitore. Su 100  giocatori chi dimostrerà di essere il migliore?




PUBG: costruire hype a costo zero

Per molte persone, il successo di PlayerUnknown’s Battlegrounds è arrivato dal nulla. Ma come spiega Sammie Kang, community manager di PUBG, il risultato che possiamo apprezzare oggi, deriva da un progetto ben preciso e pianificato. Nel 2016, PUBG Corporation era ancora conosciuta come Bluehole, con un team di 25 persone che hanno lavorato insieme per circa 10 anni su Devilian, mmorpg fantasy. Queste le parole di Kang:

«Dovevamo avere un successo minimo, per promuovere il nostro videogioco a costo 0 su Twitch e sapevamo che questa, poteva essere la nostra prima strategia di marketing fin dall’inizio.»

La Bluehole non aveva la possibilità economica di pagare gli streamer di high-tier allo scopo di sponsorizzare il videogioco, dunque si rivolsero agli streamers mid-tier; quest’ultimi avevano l’unico interesse di portare qualcosa di nuovo sul loro canale creando qualcosa di unico. Purtroppo molti di questi streamer non disponevano di hardware e connessioni adatte per un contenuto esclusivo tripla A. Gli sviluppatori allora decisero che quella era un’occasione per offrire hardware e contenuti esclusivi agli streamer che ne necessitavano e in cambio, quest’ultimi avrebbero fatto del loro meglio per promuovere e sponsorizzare il gioco sul loro canale.

Dopo quattro mesi di sviluppo, il gioco era pronto per una closed pre-alpha, che ospitò 1100 tester e proseguì per 6 ore distribuite nel corso dei giorni a seguire.

Per capire meglio cosa desiderassero streamer e spettatori, Kang ha seguito su Twitch uno svariato numero di streamer e con alcuni di loro contribuito a creare uno speciale feeling tra sviluppatore e streamer. Kang, interessato molto dunque al parere delle persone allo scopo di migliorare il suo videogioco, si mette a disposizione di tutti, insieme al suo team, per rispondere a tutte le richieste ricevute, a tutte le ore del giorno.

Kang continua

«I content creators e gli streamer non sono strumenti di Marketing, molte case di produzione li pagano per giocare un videogioco, ma non saranno in grado in questo modo di creare una relazione di amicizia duratura. Gli streamer devono essere coinvolti emotivamente e per fare questo, abbiamo creato una situazione vantaggiosa per entrambi i lati.»