Moonlighter

Da giocatori, o più precisamente da avventurieri, siamo stati in una marea di negozi, fra venditori più o meno tirchi per comprare o vendere oggetti. Ma vi siete mai chiesti cosa si prova a stare al posto del venditore? Come fa questi ad avere tanti begli oggettini da vendere? Per la prima volta potremo scoprirlo in Moonlighter, il piccolo miracolo indie della Digital Sun Games pubblicato da 11 Bit che incorpora parti action à la The Legend of Zelda, e dungeon per raccogliere tesori, e parti da business simulator in cui dovremmo vendere, in base alla domanda e al valore, tutto ciò che abbiamo saccheggiato (o parte di esso) e gestire il nostro negozio e il piccolo villaggio dove risiede il nostro Will. Il titolo è disponibile per Playstation 4, Xbox One e PC, e quest’ultima è la versione che prenderemo in considerazione.

Sogno di un commesso viaggiatore

Una notte, vicino al villaggio di Rynoka, appaiono dal nulla delle porte che conducono a dei dungeon, delle cripte in continuo mutamento piene di tesori preziosi; si formano così due squadre di esploratori contrastanti, i mercanti e gli eroi. Di questi non molti fanno ritorno e, con l’aumentare delle vittime, gli abitanti del villaggio decidono di chiuderne tutte le entrate. Senza tesori da vendere, Will, proprietario del negozio Moonlighter, vive giorni molto bui, ma un giorno, armato del suo coraggio e la sua voglia di seguire le orme del suo avventuroso padre Pete, decide di andare di entrare in un dungeon per cambiare la sorte della sua attività ed essere sia un eroe che mercante. Il gioco si alterna in sezioni diurne, nelle quali potremo aprire il negozio al pubblico e guadagnare più soldi possibili, e notturne, che sfrutteremo principalmente per andare a saccheggiare i dungeon. La loro forma richiama immediatamente quella del primo The Legend of Zelda (stanze rettangolari con quattro porte) ma la particolarità di queste cripte, così come accennato nella storia, è che a ogni nostro ingresso troveremo una struttura diversa; i dungeon si comporranno su tre livelli e, più scenderemo nel profondo, più rari saranno i tesori che troveremo (ma anche più resistenti e forti i nemici). Non troveremo mai porte da aprire con delle chiavi: è possibile infatti fiondarci direttamente all’ingresso delle sezioni successive, ma il tempo che dedicheremo all’esplorazione verrà ripagato col ritrovamento di ceste che conterranno dei tesori molto preziosi oppure oggetti che potremo usare per costruire armi, armature, migliorie per quest’ultime o creare delle pozioni. Il nostro inventario è composto da 20 blocchi (disposti a 5×4) ma il disporre i tesori all’interno di esso non è molto facile in quanto tutti gli oggetti che raccoglieremo dalle casse (che saranno sempre quelli che valgono di più o i più utili nel crafting) avranno delle maledizioni o degli incantesimi particolari: alcuni dovranno essere messi obbligatoriamente sul fondo o sulla cima della nostra borsa, altri distruggeranno un oggetto vicino quando usciremo dal dungeon oppure non appena gli troveremo una collocazione nella borsa, altri si romperanno se prenderemo troppi colpi e altri ancora rimarranno oscurati fino alla nostra uscita; a ogni modo, sempre dalle casse, avremo modo di raccogliere dei tesori intrisi da incantesimi che possono distruggere le maledizioni sopracitate (e dunque poter raggruppare un determinato numero dello stesso tesoro in un solo blocco), mandare i nostri ritrovamenti più preziosi direttamente al Moonlighter liberando la nostra borsa oppure addirittura trasformare un tesoro vicino in uno più prezioso. Se proprio non abbiamo più spazio per portare altri tesori possiamo “sacrificare” i tesori allo specchio magico che trasformerà istantaneamente i tesori in denaro; una meccanica semplice e intelligente purtroppo rovinata dall’assenza di un tasto “seleziona tutto”, che si traduce nel dover portare ogni singolo oggetto (o gruppo di oggetti) dallo slot dell’inventario, o cassa, allo slot dello specchio che si trova in basso a sinistra… per ogni singolo tesoro! La gestione dell’inventario, insieme all’azione vera e propria, è decisamente l’elemento più importante e bisogna sin da subito capire il meccanismo delle maledizioni e incantesimi per poter fare uscire dai dungeon più tesori possibili al fine di migliorare il nostro equipaggiamento sin da subito senza perdere troppo tempo; a tal proposito, non ci sono molti tutorial e, per quanto l’inglese utilizzato nel gioco non sia eccessivamente astruso, bisognerà comprendere il prima possibile questi meccanismi per non finire nel logorio di un grinding che potrebbe rivelarsi lungo, talvolta erculeo, in quanto i prezzi del fabbro che crea le armi e la strega che prepara le pozioni sono veramente tarati per un margine d’errore vicino allo zero!
Per questa ragione – dover guadagnare denaro di continuo per ottenere le migliorie necessarie – ci toccherà andare in uno stesso dungeon più volte, con il risultato di un gameplay ripetitivo, ma ciononostante piacevole, in un certo senso molto simile alla meccanica dei 3 giorni proposta in The Legend of Zelda: Majora’s Mask; capiterà spesso che, per esempio, arrivati alla terza sezione non saremo abbastanza forti o non avremo un armatura decente e perciò potremo uscire in qualunque momento offrendo dei soldi al talismano o al catalizzatore (catalyst) che, a differenza del primo, potrà farci tornare nella stessa stanza del dungeon dalla quale siamo usciti (e dunque senza doverlo ripercorrere dalla prima sezione). Gli altri due modi per uscire dai i livelli sono i più classici, ovvero uccidere il boss di fine livello, che ci farà avere accesso ai tesori più preziosi della cripta, oppure l’essere sconfitto in qualunque parte del dungeon, che comporterà la perdita di tutti gli oggetti nella borsa a eccezione dei primi cinque blocchi in alto che rappresentano le nostre tasche (è meglio dunque mettere in queste posizioni gli oggetti più importanti). Per non morire dovremo capire sin da subito che tipo di approccio vogliamo utilizzare: Will potrà portare due delle cinque armi proposte nel gioco, ovvero spada e scudo, lancia, spadone, artigli e arco e frecce, e a ciò consegue che il giocatore potrà scegliere tra stili di gioco diversi. Abbiamo un temperamento audace? Preferiamo sferrare pochi attacchi ma potenti? Contempliamo per lo più attacchi ravvicinati? L’arma di base sarà la spada e lo scudo ma ben presto, come scenderemo nel Golem Dungeon, avremo modo di prendere i primi materiali per poter costruire le restanti armi e capire velocemente quale stile di combattimento ci si addice di più, anche perché Moonlighter non è affatto un gioco facile; fino a quando, procedendo nel gioco e finendo nei dungeon successivi, non avremo un’armatura completa (e possibilmente omogenea visto che possiamo comporre delle armature di stoffa, acciaio o ferro) i nemici ci faranno sempre il cappotto e perciò avere una buona armatura fin da subito è fondamentale. Controllare Will è molto semplice: si muove e attacca esattamente come farebbe Link in titoli come A Link To The Past anche se l’esperienza è rovinata da una sorta di legnosità generale (persino all’interno dei menù); i comandi rispondono bene, ma alternare attacco e difesa risulta un po’ astruso, specialmente se si usano armi diverse dalla spada e lo scudo, che si richiama col tasto B se si usa un controller per Xbox. Con le altre armi, al posto di difenderci con lo scudo, è possibile sferrare degli attacchi speciali (caricati) e dunque mettere al tappeto i nemici in tempi più brevi; l’unica vera maniera per difenderci con le armi diverse dalla spada è il tasto RB che, in perfetto stile Link, farà allontanare Will con una capriola (che funzionerà ugualmente andando contro il nemico o tentando di superare un attacco a proiettile). Nonostante qualche piccola sbavatura, il gameplay puro risulta tuttavia molto piacevole, è molto soddisfacente uccidere i nemici per raccogliere i loro tesori e una volta abituati alla legnosità dei comandi si imparerà a sfruttare al meglio le capacità di Will; tuttavia, il gameplay all’interno dei dungeon non è che il 50% del gioco.

Che vada a lavorare!

Come abbiamo accennato prima, Will è il proprietario del negozio Moonlighter, che di giorno ci toccherà gestire accogliendo i clienti interessati alla nostra mercanzia. Ogni tesoro ha, diciamo, un valore oggettivo ma dovremo venderlo tenendo conto della domanda generale. Quando venderemo un oggetto per la prima volta, e dunque non ne conosciamo il giusto prezzo di vendita, dovremo fare attenzione alla reazione del cliente e, a seconda di questa, potremo ogni volta parametrarci. Ci sono 4 reazioni principali e saranno mostrate sul balloon al di sopra di ogni cliente intento a comprare un oggetto:

  • la prima ci mostra una faccina molto felice con degli occhi “a monetina”; questa reazione ci indica che il cliente ha trovato un oggetto a un prezzo stracciato e dunque, anche se faremo la sua felicità, la prossima volta che rivenderemo lo stesso oggetto ci converrà gonfiare un po’ il prezzo.
  • La seconda è una faccina normalmente felice; beccare questa reazione significa fondamentalmente aver trovato il prezzo perfetto e ci converrà mantenerlo a discapito della domanda.
  • La terza faccia è una faccina triste; solitamente il cliente eviterà di comprare l’oggetto ma è anche possibile che lo prenda ugualmente e lo pagherà per il prezzo stabilito. Tuttavia, se lo farà, farà abbassare la domanda generale e perciò quando vedremo un cliente reagire in questo modo e lascerà l’oggetto sullo scaffale ci converrà cambiare tempestivamente il prezzo prima che si verifichi lo stesso caso con uno che lo comprerà (ovviamente è possibile cambiare il prezzo durante le fasi di vendita).
  • L’ultima faccina è quella oltraggiata; se un cliente reagirà così di fronte a un oggetto significa che il prezzo supera di gran lunga il suo valore effettivo e perciò nessuno comprerà mai l’oggetto.

Tutti i dati che raccoglieremo sui tesori in fase di vendita, ovvero i prezzi correlati alle emozioni che vengono scaturite e il livelli della domanda, saranno segnati sul nostro quaderno del mercante e ciò ci sarà di grande aiuto sia in negozio che nei dungeon qualora ci troveremo nella situazione di dover scartare un oggetto in favore di un altro. A ogni modo, gestire un negozio (così come nella realtà) non consiste solamente nel piazzare degli oggetti sugli scaffali e nell’aspettare che i clienti vengano a comprarli; dobbiamo rendere l’ambiente piacevole e, come si solitamente si dice, avere gli occhi anche dietro la testa. È possibile anche intuire quale tipo di oggetto vogliono i clienti quando entrano (sempre da un balloon che appare sopra la loro testa), così come possiamo capire se qualcuno è intenzionato a rubare; noi non possiamo cacciare i ladri quando entrano ma dobbiamo stare attenti a non perderli di vista in mezzo alla folla e quando allungano le mani e tentano di scappare con la refurtiva dobbiamo fermarli tempestivamente con una capriola. Ai clienti, inoltre, non piace fare shopping in un ambiente scialbo e perciò dobbiamo fare in modo che si trovino a loro agio… così da far in modo che sborsino di più! Avremo modo di abbellire il negozio con oggetti da appoggiare al bancone o sui muri e ognuno di essi avrà un effetto particolare: alcuni faranno sì che i clienti lasciano una percentuale di mancia, altri fanno fanno scorrere il tempo più lentamente, altri diminuiscono i furti o fanno sì che in una giornata entrino più clienti del normale. Tuttavia nulla di tutto ciò è possibile fino a quando non apporteremo la prima modifica al negozio. All’inizio il nostro negozio sarà minuscolo e ci sarà spazio per giusto quattro oggetti per la vendita ma possiamo allargarlo utilizzando la bacheca al centro del villaggio dalla quale è possibile finanziare il proprio negozio per delle migliorie: queste includono l’allargamento del locale, l’aggiunta dei cesti per gli oggetti in offerta, casse più larghe per accumulare gli oggetti invenduti o quelli che ci servono per la creazione delle armi e pozioni, migliori letti, che ci faranno dormire meglio recuperando così della vita oltre il massimo, e migliori registratori di cassa per far sì che i clienti lascino una grossa percentuale di mancia (magari fosse così semplice nella vita vera). Un buon imprenditore però non è tale fino a quando non investe i propri soldi in altre attività; in Moonlighter avremo anche la possibilità di finanziare altre attività e queste ci daranno l’opportunità sia le fasi di vendita che la nostra esperienza nei dungeon. Dalla bacheca potremo finanziare un fabbro, che ovviamente ci costruirà le armi e le armature, un negozio di pozioni, un negozio simil Moonlighter che venderà gli stessi oggetti che troviamo nei dungeon (molto comodo se, per esempio, abbiamo bisogno di un certo materiale per costruire un arma e ci noia andare in un dungeon per un solo oggetto), un negozio per gli oggetti che servono ad abbellire il nostro locale e un banchiere che investirà un po’ del nostro capitale in altre attività e ce lo restituirà dopo sette giorni con gli interessi. L’esperienza commerciale di questo gioco è veramente curata e trasmessa con passione ma, un po’ come accade per le armi e le pozioni, il tutto è sempre collegato ai meccanismi dei tesori dei dungeon perché i prezzi, anche per i finanziamenti, sono tarati per un margine di errore pari a zero.

Venti di cambiamento

In termini di grafica Moonlighter ci delizia con una pixel art veramente deliziosa che si esprime nelle fasi di gameplay e  nelle brevi cutscene che mostrano delle immagini statiche (sempre molto belle). La grafica, in maniera generale, si rifà per lo più a The Legend of Zelda: the Minish Cap e ai giochi Pokémon della generazione del Gameboy Advance e perciò, nonostante la palette da 16/32-bit, personaggi e ambienti risultano molto curati, e dettagliati quanto basta. Non ci sono bug grafici di rilievo, e quelli presenti sono addirittura utili per avere un vantaggio con i nemici; in poche parole, è possibile (specialmente con lo spadone) colpire i nemici dalla parte opposta di un muro e rimanere protetti da (alcuni) attacchi nemici. Il titolo non si pone certamente come un gioco altamente realistico e dunque piccolezze come queste possono essere perdonate senza grossi compromessi e, in questi casi, persino sfruttate. La colonna sonora presentata è veramente deliziosa e tranquillamente accostabile a una di quelle di The Legend of Zelda; nulla al livello di Koji Kondo, ça va sans dire, ma i pezzi sono davvero ben composti, ben caratterizzati e anche ben registrati. Ci sono in totale quattro livelli, il dungeon di pietra, della foresta, del deserto e quello tecnologico, e pertanto i pezzi proposti sono molto vari e riescono a dare la giusta personalità, e persino serietà, ai determinati ambienti; ci sono bei pezzi orchestrali, riprodotti molto fedelmente, sfumature etniche, elettroniche nel dungeon tecnologico… insomma, si riesce a adattare perfettamente a ogni situazione regalando al giocatore un ottima cornice per un’avventura veramente particolare. Ogni dungeon ha sempre il suo tema e man mano si cambia di sezione varierà anche il tema, senza perdere le melodie portanti o il mood generale del pezzo; davvero molto ambizioso per un gioco indie. Unico problema, forse, è che si sarebbe potuto fare di più sul piano delle voci; non si chiedeva certamente un gioco interamente doppiato ma sentire anche un lamento da parte del personaggio principale sarebbe stata una buona implementazione. Abbiamo pertanto un personaggio con, sì, una personalità ben definita ma senza alcuna vera profondità; Will non si dimena quando dà un colpo di spada, non si lamenta quando viene colpito e non urla quando cade. Un po’ deludente come fattore.

Diamo a Will ciò che è di Will

Moonlighter è un gioco veramente curato in ogni dettaglio, è pieno zeppo di obiettivi, personalizzazioni, crafting e tanto altro. Può certamente interessare ai fan di The Legend of Zelda, gli amanti dei dungeon crawler e persino dei gestionali. Il solo problema di questo titolo, che sorprendentemente è al contempo anche il suo punto forte, è l’esubero di contenuti, non tanto perché risulti difficile stare dietro ai tanti obiettivi che il gioco ci pone, ma tanto perché è un po’ come giocare a Jenga! È davvero snervante andare in un dungeon con l’obiettivo di cercare un determinato oggetto che ci servirà per creare o migliorare un arma per poi uscire, ad esempio, con una quantità insufficiente oppure terminare una sessione di vendita e non avere ancora abbastanza soldi per poter finanziare un’attività o comprare qualcosa dal fabbro o dalla strega pur avendo i materiali. Insomma, se si fa qualcosa di sbagliato crolla tutto il resto! È importantissimo inoltre comprendere il funzionamento del sistema di maledizioni e di incantesimi dei tesori per fare più soldi possibili e purtroppo è molto difficile comprenderlo senza un tutorial o una vera guida.
Bisogna appunto essere molto pazienti con questo titolo, sperimentare, stare attenti alle icone e, in fase di vendita, alle reazioni, alle intenzioni dei clienti, e altro. Ci sono molte cose su cui dovremo istruirci, ma in Moonlighter saremo soli contro un sistema un po’ difficile da capire. Ma nella vita non abbiamo un tutorial, e anche per gestire un’attività bisognerà far ricorso a intelligenza e intuito.
È un titolo che o si ama o si odia, Moonlighter. Noi abbiamo più motivo d’amarlo, per la sua marcata personalità, per l’originalità e per meccaniche di gioco che sembrano non aver nulla in comune fra loro ma che in realtà si amalgamano molto bene. È uno Zelda-like molto più efficace e armonico di altri recentemente usciti come World to the West, che semplicemente soffrono di un’identità non troppo marcata. Speriamo solo che Moonlighter possa annoverarsi presto fra i grandi indie come Undertale, Axiom Verge o Limbo. Davvero sorprendente!




Tower 57

Ricordate i tempi dell’Amiga? Quei giochi per computer un po’ scrausi, un po’ over the top e dal character design alquanto bizzarro che trovavate in mezzo ai vostri floppy senza neanche capire come fossero finiti all’interno del vostro raccoglitore? Ecco che Pixwerk ci porta indietro nel passato con stile, in un epoca fatta di tempi di caricamento lunghissimi (tranquilli, qui non ce ne sono), violenza accentuata e joystick con le ventose da attaccare al tavolino: stiamo parlando di Tower 57, un bellissimo e divertentissimo top-down twin stick shooter per PC, acquistabile tramite le piattaforme Steam, GoG e Humble Bundle.
Il gioco è una vera e propria lettera d’amore per i fan di Alien Breed e Chaos Engine, entrambi popolarissimi titoli per Amiga e DOS, ma anche per chi apprezzato classici per console come Zombies ate my Neighbours e Smash Tv; la sua realizzazione è stata possibile grazie ai finanziamenti di quasi 2000 appassionati, ma Tower 57 offre di più di una semplice operazione nostalgica: è un titolo che fonde più generi, implementa nuove meccaniche, impossibili per i controller dell’epoca, ponendosi così come un gioco moderno, pieno d’azione ma soprattutto divertentissimo.

Time to kick some ass

La civiltà non è più come quella che conosciamo, le città non esistono più e le comunità di persone si sono organizzate in torri, come quella in cui stiamo per infiltrarci: si raggiungono in treno e all’interno di esse ci sono strade, negozi, ospedali, centri di bellezza, hotel e persino fabbriche. A quanto pare, in un piano della Torre, c’è una rivolta in corso e la I.T.G. ha inviato di nascosto 3 dei suoi 6 agenti di punta affinché questo spirito di rivoluzione non si diffonda come un virus. Scesi dal treno prenderemo subito dimestichezza con i semplici controlli e ci recheremo presto nella prima area di gioco, le fogne. I (bizzarri) personaggi del titolo hanno tutti più o meno le stesse caratteristiche: un’arma standard con proiettili infiniti (poco utile durante le mischie più selvagge), un’arma caratteristica più potente e dal raggio d’azione più ampio, un’arma o strumento di supporto e un attacco speciale che distruggerà tutti i nemici in una schermata. Quest’ultimo potrà essere attivato soltanto quando la barra speciale, che si riempie lentamente a ogni nemico annientato, sarà piena e metà della stessa potrà permetterci anche di cambiare personaggio in vista di guai o di una situazione meglio gestibile con un altro agente; non avremo più la possibilità di cambiarli una volta avviato il file di salvataggio perciò è bene trovare il giusto equilibrio sin da subito (anche se è molto difficile visto che dal menù possiamo solo osservare l’immagine dell’arma caratteristica e un’animazione del suo attacco speciale).
Il gioco, essendo un twin stick shooter, permette di controllare gli agenti in azione sia con un controller con due levette analogiche sia con mouse e tastiera, ed entrambi i metodi sono molto precisi e reattivi, perciò basterà scegliere con calma il metodo che più vi si addice. Eliminare tutto quello che c’è in una schermata non è per niente una passeggiata, i nemici si faranno sempre più frequenti e a ogni piazzola ci sarà sempre una vera e propria carneficina; il gameplay è ispirato ai più classici top-down shooter, come i già menzionati Chaos Engine, Zombies ate my Neighbors o Smash TV, ma attinge anche, da come si può notare nelle schermate più “affollate”, dai bullet hell alla Touhou, un po’ come avviene per le schermate di combattimento di Undertale (complesse, sì, ma nulla di impossibile); in aggiunta, come se non bastasse, gli elementi ambientali saranno quasi sempre distruggibili, alcune volte rivelando anche sezioni e passaggi nascosti, e avremo inoltre la possibilità, in alcuni stage, di salire a bordo di un carro armato e moltiplicare il caos in maniera esponenziale. Gli upgrade alle armi e alle parti del corpo danno al titolo, abbastanza definito nel suo genere, un’insolita veste RPG e dunque più potenti saremo, meglio riusciremo liberare le schermate dai nemici; sfortunatamente il gioco chiede molto grinding sin da subito e tutto quello che faremo per livellarci non sempre sarà ripagato. Per quanto sia divertente spazzare via i nemici nelle maniere più violente possibili per poi raccoglierne i soldi, che servono proprio per comprare gli upgrade, questi spesso non saranno mai abbastanza per comprare le migliorie negli appositi banconi; già dal secondo livello gli upgrade saranno decisivi e si finirà inequivocabilmente per creare disparità temporanee fra i personaggi. Tuttavia Tower 57 si pone come un gioco molto tosto, con la giusta pazienza (e con i giusti trucchetti per vincere alle scommesse nelle bische clandestine dell’hub world) è possibile completarlo in single player ma per godere veramente del potenziale di questo titolo vi consigliamo di giocarlo in co-op locale, proprio come si faceva con i titoli sopramenzionati; il gioco offre anche la possibilità di una cooperativa online, però, momentaneamente, i server sembrano deserti, e dunque non siamo proprio riusciti a provare questa modalità per mancanza di giocatori (anche per questo vi consigliamo di sedervi davanti al pc con un amico).

Follia con classe

Le peculiarità grafiche, come già accennato all’inizio, si rifanno allo stile e alla palette di colori 16 bit tipica dell’Amiga, ma il vero punto forte di questo titolo è il suo art style: le tecnologie retro-futuristiche/fantascientifiche che caratterizzano gli ambienti di questa società distopica si rifanno al dieselpunk, stile che fonde elementi steampunkcyberpunk con una spruzzata di Art Deco degli anni ’30; il tutto si fonde perfettamente con la coloratissima, seppur opaca, grafica dei popolarissimi tardi computer Commodore. Per darvi un idea di questo particolarissimo stile vi basterà pensare a giochi come Bioshock o Grim Fandango, oppure a film come Blade Runner, Brazil di Terry Gilliam o il leggendario Metropolis di Fritz Lang (film che influenzano, difatti, anche la trama di Tower 57). Non mancheranno, inoltre, infiniti rimandi all’Amiga stesso come le sfere a scacchi un po’ dappertutto, simbolo del popolarissimo PC, o il floppy che segna il salvataggio automatico con i tipici temi arcobaleno; tocchi del genere sono delle vere chicche per i più nostalgici! L’art stile generale influenza, di conseguenza, anche i personaggi giocabili e i ritratti che li raffigurano, così come quelli degli altri NPC del gioco, che risultano bizzarri e over the top, inutile a dirlo, in pieno stile anni ’90!
Gli stessi personaggi godono di doppiaggio, e le linee di dialogo, quando questi esaminano un oggetto o raccolgono medi-kit e munizioni, sono veramente esilaranti, specialmente quelle di The Don che, essendo italiano, quando analizza qualcosa di cui non ne capisce il significato ci delizia con un bel «che c***o è» (espresso con un poco convincente accento anglosassone, un po’ alla Italian Spiderman). La musica che fa  da sfondo al gioco si mantiene nell’area elettronica, attinge dal chiptune dei giochi per computer europei, un po’ dalla demoscene ma senza necessariamente utilizzare quegli stessi suoni; tutto sommato la colonna sonora è ben composta e ci sono molti bei temi anche se, nonostante sia molto valida, rimane impresso poco e niente delle melodie dei livelli.

E chi se lo aspettava!

Tower 57 è davvero una bellissima sorpresa: è difficile, ha stile, diverte con meccaniche molto semplici e presenta pochissimi bug sul piano del gameplay. Il vero peccato questo gioco è la sua longevità; anche se la difficoltà ci terrà lontani dal completarlo in un batter d’occhio purtroppo il gioco finisce proprio quando cominceremo a diventare veramente bravi, il che significa fra le 3 e le 5 ore di gioco. Ad ogni modo, i diversi personaggi permettono almeno un po’ di rigiocabilità più, specialmente se si vuole ottenere il finale buono, ma la vera peculiarità del titolo sta nel suo multiplayer, pensato e tarato per una sessione di gioco in compagnia. Raccomandiamo vivamente Tower 57 anche se vi servirà un buon inglese per apprezzare la storia e lo humor; il gioco non è tradotto in italiano e la lingua utilizzata è giusto un po’ astrusa, forse per attenersi meglio ai toni noir della storia. Con 11,99€ potrete però portarvi a casa un bel titolo in grado di regalarvi piacevolissime ore insieme ai vostri amici o online (se riuscite a trovare qualcuno): una vera e propria gemma nascosta.