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Se mi ami, non morire

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Quello della migrazione è oggi un tema particolarmente caldo nel nostro paese, da anni migliaia di uomini provenienti soprattutto dal Nordafrica sbarcano sulle coste del meridione d’Italia sperando in punto di partenza per una nuova vita che spesso andrà oltre il paese d’attracco, verso altre destinazioni europee. La questione è talmente grande che ha generato speculazioni economiche, schieramenti ideologici contrapposti e non pochi problemi dal punto di vista della gestione dell’emergenza. Il problema si è posto soprattutto negli ultimi anni, ma in realtà è una questione antica: le migrazioni sono iniziate con la storia umana e non sono mai terminate. Non vedere il quadro globale del tema è figlio di un atteggiamento NIMBY, proprio di chi non sia abituato a buttare l’occhio oltre il proprio cortile. Per questo opere come Se mi ami non morire, esperienza mobile uscita da neanche un anno, risultano importanti nel panorama odierno.

Bury me, my love

Il titolo italiano è figlio di una trasposizione non letterale del ben più forte Bury me, my love, titolo che richiama senza perifrasi due elementi centrali di questa storia: amore e morte, o meglio l’allontanamento dai propri cari per trovare una via di salvezza e il costante pericolo di non farcela e di perire durante un viaggio lungo, clandestino e pericoloso. L’impianto del gioco è completamente text-based: vedremo la storia dalla prospettiva di Majd, restando in contatto costante con la moglie Nour per il suo intero viaggio dalla Siria alla volta della Germania. Il viaggio può andare o meno a buon fine, sono disponibili 19 finali diversi con esiti più o meno felici che restituiscono bene il senso dell’aleatorietà del destino di un essere umano che si incammini in un simile percorso. L’interazione è semplicissima, basata sulla scelta multipla fra varie delle opzioni di dialogo disponibili all’interno del titolo. A volte si tratterà di semplici consigli, osservazioni o scherzi con Nour, ma vi saranno delle scelte decisive, dove Majd indicherà alla moglie cosa fare. I dialoghi selezionati saranno in tal caso quelli che determineranno il percorso della nostra consorte, che si troverà a dover scegliere fra più di un itinerario, nel corso del quale incontrerà ostacoli di ogni tipo, trovandosi a sfuggire ai controlli, a dover nascondersi, talvolta a scegliere se aiutare o meno chi è in difficoltà, affrontandone di volta in volta le conseguenze.

Non ci resta che piangere

La scrittura di Bury me, my love risponde a criteri di stretto realismo: i nostri personaggi sono due siriani di buona cultura, con sogni, aspirazioni e sentimenti comuni. Più la storia si dipana attraverso i loro dialoghi via sms, più ci rendiamo conto di quanto i protagonisti siano simili a noi, nel loro umano vivere i sentimenti e le relazioni, e più rimaniamo atterriti dalla distanza abissale fra la loro normalità quotidiana, fatta di bombe e continue emergenze, e la nostra, fatta di problemi che si rimpiccioliscono di fronte agli scenari di guerra attraversati nel titolo. Perché Nour passa da uno scenario bellico all’altro, da Damasco a Beirut passando per Aleppo si manifesta un mondo da noi lontano, le cui immagini passano spesso distrattamente davanti ai nostri occhi nei tre minuti di un servizio al telegiornale. A queste storie se ne accompagnano altre che non sentiamo ai notiziari, come il passaggio per il confine serbo-ungherese o quello fra Ventimiglia e Mentone, ogni nazione è un limite da superare per giungere all’agognata meta, quella che per molti di loro rappresenta la fine della guerra sempiterna e il passo verso una nuova esistenza. Nell’ombra queste zone grigie c’è il tempo per i “mi manchi”, per ricordarsi a vicenda il proprio amore, per esprimere dolore e preoccupazioni e narrare storie, come quella della coppia di anziani e delle loro 2 figlie:

«C’era una volta una coppia di anziani, che avevano due figlie. Entrambe erano sposate: la maggiore a un fattore, la più piccola a un vasaio. Ed entrambe vivevano nei villaggi circostanti. Un bel giorno, l’anziana disse al marito: “È da molto tempo che le nostre figlie non vengono a trovarci. Mi chiedo se stiano bene. Va a trovarle tu, e quando tornerai mi dirai cosa hai visto.” Così l’anziano salì in groppa al suo asino, e si diresse verso il villaggio in cui viveva la figlia più grande.
“Figlia mia, come stai?” le chiese
“Caro padre, guardate a est: cosa vedete?”
“Campi arati”, rispose lui.
“Guardate a ovest, a nord, a sud: cosa vedete?”
“Campi arati”, rispose lui di nuovo
“Questi sono i nostri campi. Sono tutto ciò che abbiamo, ed è dei loro frutti che viviamo. Se non piove il raccolto sarà perduto, e noi saremo rovinati. Se vi preoccupate per me, padre, pregate il cielo che cada la pioggia.”
L’anziano uomo si rimise in viaggio, pregando Dio che mandasse la pioggia. Preghiera dopo preghiera, raggiunse il secondo villaggio dove viveva la figlia minore.
“Figlia mia, come stai” le chiese
“Caro padre, guardate a est: cosa vedete?”
“Terreni argillosi.”, rispose lui.
“Guardate a ovest, a nord, a sud: cosa vedete?”
“Terreni argillosi.”
“Questa è la nostra argilla. È tutto ciò che abbiamo, ed è con l’argilla che viviamo. Se piove, l’argilla andrà perduta, e noi saremo rovinati. Se vi preoccupate per me, padre, pregate il cielo che non cada la pioggia.”
L’anziano uomo si rimise in viaggio, pregando Dio che non mandasse la pioggia. Una volta tornato a casa, si diresse verso la moglie.
“Allora, come stanno le nostre figlie?” chiese lei.
Ed egli gli rispose triste: “Se piovesse, non ci rimarrebbe altro che piangere.  Se non piovesse, comunque non ci rimarrebbe altro che piangere.”»

Nour dà allora a Majd l’unica risposta possibile: «Majd, ho una brutta notizia: non ci resta che piangere»

Amara terra mia

Il sentimento della coppia di anziani è quello che, in misura diversa deve provare qualunque genitore che veda il proprio figlio costretto ad andar via dalla propria terra per trovare migliori condizioni di vita nell’impossibilità di ottenerle nel luogo natio. La situazione riguarda coloro che vanno via dal Meridione, chi va via dall’Italia, chi passi da un continente all’altro. Non è meno doloroso andar via per trovare lavoro o per realizzarsi professionalmente, pur essendo minore l’urgenza rispetto a chi scappi da una guerra, come Nour. Eppure lei e suo marito non rinunciano alla propria umanità, messi di fronte all’emergenza si trovano a dover prendere decisioni umane e a scambiarsi affetti e a compiere azioni quotidiane, le stesse che farebbe chiunque con uno smartphone. Bury me, my love si compone di una grafica semplice, l’interfaccia di base è quella di un’app di messaggistica. Quel che si aggiunge su schermo sono le foto inviate, dai selfie alle immagini dei luoghi attraversati, che restituiscono attraverso semplici disegni lo stato delle città e delle persone, dando al titolo una maggior vitalità ed eleganza, e soprattutto spezzano un ritmo che rischia di farsi monotono riducendosi al solo scambio testuale. L’opera non è infatti arricchita da alcun effetto sonoro diverso da quello di una semplice app di sms, né è presente una soundtrack: se da un lato questa scelta conferisce realismo, dall’altra rischia di appiattire l’esperienza, che non sempre mantiene la sua carica emotiva. Proprio a favore del realismo è la possibilità di scegliere fra due modalità di fruizione, quella immediata o quella “real-time”, dove nella prima si ha modo di fruire dello scambio in maniera consecutiva, mentre nella seconda si segue il tempo reale di Nour: in quest’ultimo caso la simulazione durerà qualche giorno, con notifiche che arriveranno sullo smartphone con il distacco temporale effettivo con il quale Majd sente la propria consorte (la quale a volte avrà il cellulare scarico, altre volte non potrà scrivere per le ragioni più disparate). Quest’ultima modalità è consigliata certamente a chi voglia vivere un’esperienza più vicina alla realtà, magari ritrovandosi ogni tanto a guardare lo schermo e ad attendere un sms chiedendosi frattanto: «Cosa starà facendo Nour? Starà ancora bene?»

Incontro d’amore in un paese di guerra

Sviluppato da The Pixel Hunt, in collaborazione con Figs e ARTE France, Bury me, My love è stato distribuito da Playdius Entertainment nell’ottobre 2017 su iOS e Android.
L’idea di un’app per far vivere l’esperienza di chi fugga dalla guerra e avvicinare a queste tematiche è ottima, la narrazione è ben gestita, la scrittura si fa raramente pesante e i contenuti sono davvero buoni. La stessa idea di fornire una mappa consultabile sulla quale vedere le tappe passate in rassegna da Nour nel corso del proprio viaggio, con relative informazioni sui luoghi riguardo guerra e politiche migratorie, è ottima e offre un buon valore aggiunto al racconto.
Il limite ravvisabile in quest’esperienza riguarda il livello di engagement ottenibile con una simile operazione: l’app è proposta all’abbordabile prezzo di circa 3 €, ma quel che manca è qualcosa che vada oltre la semplice narrazione, qualcosa che porti il titolo oltre il mero confine simulativo-esperienziale e metta in gioco degli elementi di gaming. La “gamification” di questo tipo di esperienza (anche tramite elementi semplici come puzzle, enigmi, indovinelli di base o forme di mini-game elementari tirando in ballo un’altra interfaccia, magari rendendo parzialmente esplorabile lo smartphone di Majd) avrebbe aiutato non poco ad arricchire un titolo che rischia di strozzarsi in termini di ritmo, non bastando i pur belli innesti grafici che restituiscono la porzione di mondo attraversata da Nour. Un elemento non poco penalizzante, che rende difficile collocare il titolo nell’ambito strettamente videoludico, essendo la componente gaming ridotta ai minimi termini.
Ciò nonostante, Bury me, my love rimane un’esperienza da affrontare e da diffondere, se non altro per il suo valore divulgativo e sensibilizzante, e per il suo essere un unicum, in un panorama in cui l’esigenza di sensibilizzazione nei confronti dei rifugiati e migranti va di pari passo con il bisogno di informazione riguardo le condizioni in cui certi esseri umani vivono in determinati paesi del mondo odierno. Per ricordarci ancora una volta il nostro bisogno di restare umani.

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